MOZIONE 1/00357 presentata da SPERANZA ROBERTO (PARTITO DEMOCRATICO) in data 05/03/2014

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Atto Camera Mozione 1-00357 presentato da SPERANZA Roberto testo di Mercoledì 5 marzo 2014, seduta n. 183 La Camera, premesso che: in Italia, la maggiore presenza delle donne nella vita economica, sociale e politica – pur offrendo uno straordinario contributo alla crescita del Paese – è ancora lontana dagli obiettivi europei. La carenza di servizi comporta che sulle donne gravino compiti insostenibili, aggravati, in alcuni casi, da una crescita intollerabile di forme di violenza di cui le stesse sono vittime; per affrontare l'impegnativa sfida di incrementare l'occupazione femminile, è necessaria una valutazione attenta dell'impatto che la crisi economica e sociale in atto sta producendo sulla situazione occupazionale e sulla qualità della vita delle donne italiane; occorre la piena consapevolezza che, già ben prima dell'attuale crisi, il sistema economico italiano risultava strutturalmente penalizzato dalla scarsa partecipazione femminile al lavoro, collocandosi al terz'ultimo posto tra i Paesi OCSE (davanti a Turchia e Messico) per livello di partecipazione femminile nel mercato del lavoro: 51 per cento contro il 58,6 per cento della media dell'Unione europea e il 65 per cento della media OCSE; è opportuno tener conto di un contesto economico che, da un lato, vede un peggioramento complessivo della consistenza e della struttura dell'intero mercato del lavoro (a marzo del 2014 il tasso di disoccupazione ha toccato l'11,5 per cento, mentre il tasso di disoccupazione di lunga durata sale di un ulteriore 1,2 per cento); dall'altro, amplia i divari di genere già presenti nel nostro sistema; il rapporto ISTAT 2013 mostra con tutta evidenza l'ampia gamma di fattori che concorrono al deterioramento della condizione occupazionale delle donne italiane: a) nel 2012 il tasso di occupazione femminile è ulteriormente sceso al 47,1 per cento: il punto più basso toccato dal 2008, anno a partire dal quale è iniziata l'inversione di tendenza rispetto al precedente ciclo positivo per l'occupazione femminile (nel 2008 si erano registrate 1 milione 694 mila occupate in più rispetto al 1993); b) nel periodo 2008-2012, il fenomeno della riduzione dell'occupazione qualificata e del contestuale incremento di quella non qualificata colpisce in misura nettamente più elevata le donne: l'occupazione non qualificata femminile cresce del 24,9 per cento, a fronte di un 10,4 per cento di quella maschile; c) nel medesimo periodo si dilatano i meccanismi di segregazione verticale e orizzontale: il 23,3 per cento delle occupate risulta relegato in attività che richiedono titoli di studio meno qualificati rispetto a quelli posseduti, contro un'incidenza del 20,6 per cento del medesimo fenomeno per la componente maschile; d) si assiste ad una crescita esponenziale nella componente involontaria del part-time (soprattutto nel terziario): nel corso del 2012, diminuiscono i contratti a tempo pieno e aumentano di 199 mila unità le donne impegnate part-time ; e) anche la dilatazione dei fenomeni di precarizzazione del lavoro colpisce le donne in misura maggiore rispetto agli uomini: le occupate con contratti a termine raggiungono nel 2012 il 20,5 per cento, con un incremento dell'11 per cento (oltre il doppio di quello registrato nella componente maschile); il segmento dei contratti atipici vede la componente femminile crescere del 4 per cento in più rispetto a quella maschile; f) si assiste al mantenimento dei gap salariali e di progressione in carriera: in media, la retribuzione netta mensile delle dipendenti resta inferiore di circa il 20 per cento rispetto a quella degli uomini; occorre, inoltre, considerare come la crisi stia contribuendo a peggiorare stabilmente alcune anomalie strutturali del sistema economico e sociale italiano, con specifico riferimento alla gravissima situazione delle aree del Mezzogiorno del Paese, che vedono scendere la propria forza lavoro femminile addirittura al 30,5 per cento (contro il 56,1 per cento del Nord); è necessario tener presente che – secondo le indagini ISTAT – gli attuali divari di genere nel nostro sistema occupazionale non dipendono da atteggiamenti o scelte culturali delle donne italiane, le quali, anzi, risultano particolarmente disponibili ad entrare nel mercato del lavoro, anche quando «contabilizzate» come statisticamente inattive: la quota di donne inattive (15-74 anni) che «non cercano attivamente lavoro, ma sono subito disponibili a lavorare» in Italia è quasi 4 volte più elevata che in Europa (16,6 per cento vs. 4,4 per cento); l'emergenza legata all’«occupazione femminile» non va intesa come omaggio formale alla cultura dei diritti: non possono esservi solide prospettive di ripresa economica e di crescita se le donne rimangono confinate in una condizione di inattività o di attività dequalificata e precaria; vanno prese in seria considerazione le proiezioni dell'OCSE, pubblicate all'inizio del 2013, secondo le quali qualora – a parità di altre condizioni – la popolazione attiva femminile raggiungesse i livelli maschili, la forza lavoro italiana crescerebbe in dieci anni del 7 per cento e il prodotto interno lordo pro-capite crescerebbe di 1 punto percentuale l'anno; affrontare la sfida della crescita e della riqualificazione dell'occupazione femminile costituisce condizione essenziale per sostenere il reddito familiare e, dunque, per promuovere la ripresa della domanda di beni e servizi; il Consiglio dell'Unione europea, in attuazione della Strategia comunitaria «Europa 2020», ha approvato – il 21 ottobre 2010 – il cosiddetto «pacchetto occupazione» (decisione sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, 2010/707/UE), con il quale l'Unione europea invita gli Stati membri ad adottare misure in grado di «aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e combattere la segmentazione, l'inattività e la disuguaglianza di genere, riducendo nel contempo la disoccupazione strutturale» (orientamento 7); il Parlamento europeo, il 19 febbraio 2013, ha approvato una risoluzione sull'impatto della crisi economica sull'uguaglianza di genere e i diritti della donna (2012/2301(INI)), con la quale si invitano gli Stati membri ad «esaminare con grande serietà la dimensione della parità di genere» nel «gestire la crisi e nell'elaborare soluzioni», nonché «a rivedere e a focalizzarsi sull'impatto immediato e a lungo termine della crisi economica sulle donne, esaminando in particolare se, e in che modo, essa accentua le disuguaglianze di genere esistenti, e le relative conseguenze»; la risoluzione del Parlamento europeo mette, inoltre, in evidenza il doppio impatto negativo che la crisi sta producendo sulle donne europee: un effetto «diretto», «con la perdita del posto di lavoro, i tagli salariali o la precarizzazione del lavoro» ed un effetto «indiretto», quale conseguenza «dei tagli di bilancio ai servizi pubblici e agli aiuti sociali»; il nostro Paese risulta tra quelli maggiormente segnati da tale «doppio impatto negativo», soprattutto con riferimento alle ripercussioni della riduzione della spesa per i servizi alla persona: solo il 12,7 per cento circa dei bambini italiani frequenta gli asili nido (a fronte di una media superiore al 40 per cento di Belgio, Norvegia, Danimarca, Svezia, Francia, Paesi Bassi); la percentuale di donne che dichiara di lavorare part-time per conciliare lavoro e responsabilità familiari risulta del 33 per cento contro una media OCSE del 24 per cento (dati OCDE); il 40,8 per cento delle lavoratrici donne dichiara di aver abbandonato il lavoro dopo la nascita del primogenito, mentre il 5,6 per cento ammette di aver rinunciato alla propria vita professionale per dedicarsi alla famiglia o alla cura di parenti non autosufficienti (dati ISFOL); il 7 marzo 2011 è stato siglato un accordo fra Governo e parti sociali per sostenere le politiche di conciliazione fra famiglia e lavoro, assumendo il valore del « family-friendly » come opzione organizzativa e gestionale auspicabile per le imprese. Un indubbio passo avanti collegato alla modulazione degli orari e dei tempi di lavoro coerenti con politiche di conciliazione aziendale, che creeranno benefici fiscali di detassazione nell'ambito di accordi territoriali o aziendali; è necessario adottare una strategia complessiva e organica per affrontare con la massima urgenza un fenomeno che, per le dimensioni assunte, esige l'adozione di misure ed iniziative sia di livello nazionale, che di livello europeo, volte a rilanciare la partecipazione attiva delle donne al lavoro e le politiche di conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa, impegna il Governo: a convocare entro sei mesi una Conferenza nazionale sulla «Strategia per fronteggiare l'emergenza occupazionale delle donne», che coinvolga tutti gli attori istituzionali, le parti sociali e le organizzazioni della società civile, al fine di programmare e concertare l'adozione di strumenti e misure in tema di politiche di welfare e di politiche di sviluppo, che comprendano agevolazioni ed incentivi, anche di natura fiscale, per il settore dei servizi alla persona e per le imprese che investono sulla crescita dell'occupazione femminile; a scegliere quale sede per lo svolgimento della Conferenza, preferibilmente, una regione del Mezzogiorno, in considerazione della particolare gravità che in tale area del Paese ha assunto il fenomeno della disoccupazione e dell'inattività femminile, con grave danno per la vita sociale ed economica di quei territori; ad adottare con urgenza i provvedimenti necessari all'attuazione della Strategia definita e concertata durante la Conferenza nazionale. (1-00357) « Speranza , De Micheli , Grassi , Martella , Fregolent , Garavini , Pollastrini , Mauri , Rosato , De Maria , Gnecchi , Roberta Agostini , D'Incecco , Coscia , Ascani , Mariani , Narduolo , Valeria Valente , Mongiello , Martelli , Quartapelle Procopio , Carocci , Venittelli , Amoddio , Covello , Murer , Berlinghieri , Bargero , Blazina , Fabbri , Giacobbe , Morani , Antezza , Manzi , Capozzolo , Malisani , Scuvera , Villecco Calipari , Giovanna Sanna , Ghizzoni , Sbrollini , Moretto , Lenzi , Piccione , Iacono , Sereni , Maestri , Iori , Rossomando , Gasparini , Cominelli ».
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COSCIA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
D'INCECCO VITTORIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
DE MICHELI PAOLA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GARAVINI LAURA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GHIZZONI MANUELA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GNECCHI MARIALUISA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GRASSI GERO (PARTITO DEMOCRATICO) 
LENZI DONATA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MARIANI RAFFAELLA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MARTELLA ANDREA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MURER DELIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
POLLASTRINI BARBARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
ROSATO ETTORE (PARTITO DEMOCRATICO) 
ROSSOMANDO ANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SBROLLINI DANIELA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SERENI MARINA (PARTITO DEMOCRATICO) 
VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GASPARINI DANIELA MATILDE MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
AGOSTINI ROBERTA (PARTITO DEMOCRATICO) 
AMODDIO SOFIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
ANTEZZA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
ASCANI ANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BARGERO CRISTINA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BERLINGHIERI MARINA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BLAŽINA TAMARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CAPOZZOLO SABRINA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CAROCCI MARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
COMINELLI MIRIAM (PARTITO DEMOCRATICO) 
COVELLO STEFANIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
DE MARIA ANDREA (PARTITO DEMOCRATICO) 
FABBRI MARILENA (PARTITO DEMOCRATICO) 
FREGOLENT SILVIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GIACOBBE ANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
IACONO MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
IORI VANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MAESTRI PATRIZIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MALISANI GIANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MANZI IRENE (PARTITO DEMOCRATICO) 
MARTELLI GIOVANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MAURI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO) 
MONGIELLO COLOMBA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MORANI ALESSIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MORETTO SARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
NARDUOLO GIULIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
PICCIONE TERESA (PARTITO DEMOCRATICO) 
QUARTAPELLE PROCOPIO LIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SANNA GIOVANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SCUVERA CHIARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
VALENTE VALERIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
VENITTELLI LAURA (PARTITO DEMOCRATICO) 
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