MOZIONE 1/00214 presentata da CRIPPA DAVIDE (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 21/10/2013

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Atto Camera Mozione 1-00214 presentato da CRIPPA Davide testo di Mercoledì 23 ottobre 2013, seduta n. 103 La Camera, premesso che: la chimica italiana ha una lunga storia fatta di numerosi insediamenti industriali sparsi in tutta la penisola oltre che di ricerca e sviluppo ai massimi livelli, basti pensare al premio Nobel Natta che inventò nel 1963 il polipropilene isotattico ed il polietilene ad alta densità; a livello mondiale questo comparto rappresenta ancora una realtà industriale dinamica, con un mercato di oltre 3.000 miliardi di dollari; oggi si vive una contraddittoria dicotomia: da un lato la chimica mondiale che è in sviluppo grazie, soprattutto, ai crescenti consumi globali di prodotti chimici nei Paesi emergenti, dall'altro l'Europa, e l'Italia in particolare, che vede sempre maggiori difficoltà per il comparto; il continuo sviluppo del settore, a livello globale, è legato all'effetto traino della domanda crescente nei cosiddetti Paesi emergenti in cui si è sviluppata rapidamente una fiorente industria chimica, là dove, congiuntamente ad un ridotto costo del lavoro, è possibile, in alcuni casi, disporre di materie prime – in particolare di petrolio – ed energia a costi estremamente competitivi; in Europa, invece, il prezzo del greggio ha ormai raggiunto stabilmente prezzi superiori ai 100 dollari al barile, che tenderanno verosimilmente ad aumentare ancora nei prossimi anni grazie alla crescente domanda di energia e di consumi in Paesi, quali Cina, India, Brasile ed altre economie emergenti, penalizzando al contempo l'industria chimica comunitaria e nazionale che utilizza proprio il greggio come materia prima, la cosiddetta petrolchimica; è opportuno ricordare che proprio la petrolchimica ha comportato ingenti danni ambientali e di salute in diverse località italiane, come Porto Marghera, Porto Torres, Gela e Priolo. I territori delle città sopra menzionate hanno avuto una media di mortalità della popolazione per malattie tumorali ben al di sopra di quella nazionale; in Italia non esiste ad oggi un quadro completo e aggiornato a livello nazionale dello stato di attuazione degli interventi di bonifica. A ciò si aggiunge un quadro di applicazione della normativa vigente particolarmente vasto e complesso, nel quale sarebbe auspicabile un processo di semplificazione, al fine di accelerare le attuali procedure amministrative, la cui farraginosità sta rallentando ulteriormente l'attuazione degli interventi stessi; nell'ambito di un riordino normativo della materia, con l'articolo 2 del decreto-legge n.208 del 2008 sulle risorse idriche – convertito, con modificazioni, dalla legge n.13 del 2009 – è stata introdotta una procedura alternativa a quella previgente in materia di copertura di oneri di bonifica e risarcimento del danno ambientale nei siti di interesse nazionali. La novità ha riguardato l'introduzione della stipula di contratti di transazione con le imprese direttamente interessate, in ordine al rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino di ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale; attualmente sussiste una prioritaria esigenza di alleggerimento e riordino della normativa e della procedura amministrativa di bonifica, a cui deve associarsi la necessità di garantire che le attività di vigilanza e di controllo sulle relative operazioni nei siti siano svolte da strutture e da realtà adeguate e competenti; da un punto di vista industriale e sanitario, i procedimenti di riciclo e recupero meccanico della plastica potrebbero rappresentare una grande opportunità di rilancio dell'intero comparto industriale del nostro Paese; dai sopra citati procedimenti la plastica da «rifiuto» non può che diventare «risorsa» . Esempi dei prodotti derivanti dai procedimenti chimici possono essere polimeri, come il polietilentereftalato (pet, utilizzato per esempio per contenitori per liquidi o vaschette per frigo o forno), il polietilene ad alta densità (hdpe, utilizzato per esempio per imballaggi o tubazioni agricole) e il polietilene a bassa densità (ldpe, utilizzato per esempio per sacchetti, contenitori o materiali plastici di laboratorio); oggi il 55 per cento della plastica usata viene riciclata mentre il restante 45 per cento incenerita. Con le attuali procedure di riciclo e trasformazione si potrebbe arrivare al recupero della quasi totalità della plastica raccolta con la differenziata; altra problematica del mercato della plastica è il cosiddetto contributo Conai (Consorzio nazionale imballaggi). I produttori, infatti, devono pagare circa 110 euro per ogni tonnellata di plastica prodotta al consorzio (non molto, considerando che già nel 2010 il corrispettivo in Italia era di 160 euro per ogni tonnellata, la media dei Paesi dell'Unione europea era di 222 euro per ogni tonnellata, ma la media tra i principali Paesi europei era di 440 euro per ogni tonnellata), il quale a sua volta dovrebbe girare buona parte del contributo ai comuni per contribuire alle spese di gestione dei processi di raccolta differenziata; nel 2011, però, dei circa 800 milioni raccolti da Conai, solo 100 sono arrivati ai comuni. Il resto pare sia compreso in ipotetiche «spese di gestione». Quindi, solo il 37 per cento del totale raccolto da Conai va ai comuni, che rappresenta poi concretamente solo il 20 per cento delle spese di gestione della raccolta differenziata; in Francia, ai comuni arriva il 92 per cento del contributo corrispondente al nostro, che contribuisce a coprire i procedimenti di raccolta e riciclo per il 70 per cento dei costi; negli ultimi anni stanno emergendo sul mercato italiano e internazionale settori dell'industria chimica e plastica, che, al contrario di quelli riferiti al recupero e al riciclo, fanno sorgere perplessità sia riguardo i consumi delle materie prime, sia per il livello occupazionale raggiunto; dal punto di vista dei consumi è emblematico l'esempio delle cosiddette «bioplastiche», cioè le plastiche biodegradabili. Questo è un settore industriale che sta trovando in questi ultimi anni un notevole sviluppo nel nostro Paese, ma che necessita per la sua produzione di ingenti materie prime organiche, come l'amido di mais, per le quali si vedrebbe la necessità di dedicare grandi quantità di colture altrimenti destinate alla produzione alimentare. Si arriverebbe, quindi, alla situazione paradossale di completare sul territorio la filiera per la produzione delle bioplastiche, per poi importare materie prime, al fine di poter consumare prodotti tipici delle cucine locali italiane, come la polenta; dal punto di vista occupazionale, oggi tra gli addetti alla produzione e alla trasformazione vi è un rapporto di 1 a 50. Tali dati fanno pensare che sarebbe più conveniente investire sul recupero e la trasformazione dei prodotti plastici, piuttosto che partire dalla materia prima vergine; attualmente in Italia circa il 40 per cento dei 7 milioni di tonnellate di plastiche prodotte ogni anno è destinata agli imballaggi; difendere il livello occupazionale di questo settore industriale non può e non deve significare mantenere invariata la produzione annuale di plastiche vergini, in quanto questo significherebbe minare ancora di più le filiere del riciclo locale e nazionale, contribuendo paradossalmente a fornire rifiuto agli inceneritori; pertanto, se la chimica da fonti rinnovabili o chimica verde potrebbe rappresentare una soluzione alla reindustrializzazione dei poli chimici nel medio e lungo periodo, se accompagnate a politiche di bonifica e di riciclaggio, nessuna obiezione, anche perché l'obiettivo della chimica verde è ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, grazie all'affrancamento dalle fonti fossili come materia prima, nonché valorizzare le risorse del territorio, riducendo al contempo il peso dell’ import di materie prime, come il greggio; prima di intraprendere degli investimenti è necessario verificare la validità tecnico-scientifica della cosiddetta chimica verde; tale definizione esiste da più di vent'anni, ma non vuol dire che in questo campo tutto sia stato fatto. Anzi, al contrario, quel che si può mettere in atto per rendere i processi produttivi in ambito chimico maggiormente «verdi» è ancora molto. Da un lato, le difficoltà tecnico-scientifiche rimangono forti e numerose: le tecnologie adottate fino a ora non sono state scelte a caso, ma al contrario sono state preferite ad altre perché più semplici e di maggior rendimento. Dall'altro, ci possono essere inevitabili resistenze di ordine economico: l'industria chimica deve per sua natura badare anche al risultato economico, che garantisce maggiori guadagni, impegna il Governo: ad intervenire per una vigorosa applicazione della normativa di derivazione comunitaria volta a far sì che grandi e piccoli produttori chimici si facciano carico in applicazione del principio «chi inquina paga» delle operazioni e delle spese economiche legate alla bonifica dei siti utilizzati per la produzione; a sostenere la «chimica verde» in coerenza con la strategia della biochimica sostenuta dalla Commissione europea attivando presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di alto livello tra stakeholder chiave ed Enti di ricerca sul tema della chimica verde per assistere il Governo nell'elaborazione di una strategia nazionale sulla bioeconomia che individui gli interventi più efficaci, in particolare per lo sviluppo di tecnologie semplici e di maggior rendimento; a sviluppare una politica di forte sostegno all'innovazione, che veda la ricerca come elemento fondamentale anche attraverso la destinazione di fondi e di incentivi; ad intraprendere ogni iniziativa per accelerare i processi di bonifica dei siti chimici di interesse nazionale, concordando i percorsi con gli enti locali e le regioni; ad individuare nuove linee di sviluppo industriale del Paese, in particolare nel campo della green economy , dell'ecoinnovazione e dell'efficienza energetica, dei nuovi materiali, delle bioingegneria e della nuova chimica verde, favorendo il crearsi delle condizioni per la nascita di nuove imprese innovative nei settori della green economy e la riconversione delle produzioni verso la sostenibilità e l'ecoefficienza. (1-00214) (Testo modificato nel corso della seduta) « Crippa , Da Villa , Fantinati , Prodani , Mucci , Vallascas , Della Valle , Petraroli , Nuti ».
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COLLETTI ANDREA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
DA VILLA MARCO (MOVIMENTO 5 STELLE) 
DEL GROSSO DANIELE (MOVIMENTO 5 STELLE) 
DELLA VALLE IVAN (MOVIMENTO 5 STELLE) 
FANTINATI MATTIA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
MUCCI MARA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
NUTI RICCARDO (MOVIMENTO 5 STELLE) 
PETRAROLI COSIMO (MOVIMENTO 5 STELLE) 
PRODANI ARIS (MOVIMENTO 5 STELLE) 
VACCA GIANLUCA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
VALLASCAS ANDREA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
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