MOZIONE 1/00156 presentata da ZAMPA SANDRA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 30/07/2013

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Atto Camera Mozione 1-00156 presentato da ZAMPA Sandra testo di Lunedì 9 dicembre 2013, seduta n. 134 La Camera, premesso che: l'articolo 10- bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», così come modificato dall'articolo 1, comma 16, lettera a) , della legge 15 luglio 2009, n.94, ha introdotto nel nostro ordinamento il «reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato»; i centri di identificazione ed espulsione, istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n.40, e previsti dal testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286), sono strutture di trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all'espulsione; l'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n.189, cosiddetta legge Bossi-Fini, prevede che «quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento», «il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso» il centro di identificazione ed espulsione e che, quindi, tali strutture siano destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, dei cittadini stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione; dall'8 agosto 2009, con l'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n.94 (cosiddetto pacchetto sicurezza), il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è passato da 60 giorni a 18 mesi complessivi, rafforzando così la loro natura di luoghi di permanenza obbligatoria, caratterizzandosi come luoghi di detenzione amministrativa delle e dei migranti; secondo i dati forniti dalla polizia di Stato, nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati, con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,54 per cento. Rispetto al 2010, il rapporto tra i migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione è incrementato di appena il 2,3 per cento, mentre rispetto al 2011, l'incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3 per cento): si conferma, dunque, la sostanziale inutilità dell'estensione della durata massima del trattenimento ai fini di un miglioramento nell'efficacia delle espulsioni; il citato articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, al comma 2, dispone che in tali centri lo straniero è trattenuto «con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità»; l'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394, specifica che le modalità del trattamento nei centri di identificazione ed espulsione «devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all'interno del centro e con visitatore proveniente dall'esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona» e che in tali centri devono essere presenti «i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà di culto» e i «servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale»; all'interno dei centri di identificazione ed espulsione si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani, come denunciato sia da inchieste ed articoli di stampa, sia dalle associazioni di volontariato e dalle associazioni per la tutela dei diritti umani, tra le quali anche Amnesty international e Medici senza frontiere, e fin dall'indagine interministeriale presentata dall'ambasciatore de Mistura nel 2007; in particolare, come risulta dall'indagine «Arcipelago CIE» realizzata tra febbraio 2012 e febbraio 2013 da Medici per i diritti umani e pubblicata a maggio 2013, la struttura dei centri di identificazione ed espulsione è simile a quella dei centri di internamento. «L'inattività forzosa per prolungati periodi di tempo, in spazi angusti ed inadeguati, insieme all'incertezza sulla durata e l'esito del trattenimento, rendono il disagio psichico dei migranti uno degli aspetti più preoccupanti e di più difficile gestione all'interno dei centri»; da un punto di vista prettamente sanitario, le indagini di Medici per i diritti umani evidenziano che: «In generale all'interno dei CIE non è previsto personale medico specialistico anche laddove sarebbe certamente necessario». I servizi sanitari, erogati in tutti i centri direttamente dagli enti gestori, non sembrano garantire in modo adeguato il diritto alla salute: permangono ostacoli rilevanti nell'accesso alle cure specialistiche e agli approfondimenti diagnostici, dovuti essenzialmente alle caratteristiche di strutture chiuse al mondo esterno dei centri di identificazione ed espulsione; oltre all'assistenza sanitaria, gli enti gestori sono tenuti a fornire i servizi di mediazione linguistico-culturale, l'orientamento legale e il supporto socio-psicologico. Gli standard di erogazione di tali servizi sono apparsi non omogenei tra i vari centri e nel complesso insoddisfacenti; in una lettera indirizzata al Ministro dell'interno pro tempore , Anna Maria Cancellieri, e datata 11 luglio 2012, gli onorevoli Livia Turco e Roberto Zaccaria hanno riferito circa le visite ispettive, effettuate da parte di alcune delegazioni di parlamentari, all'interno di diversi centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio italiano nel corso del mese di giugno 2012, al fine di avere una conoscenza diretta delle condizioni di permanenza dei migranti trattenuti; dalle visite effettuate sono emerse diverse criticità e primariamente un'altissima compressione dei diritti fondamentali: pur in presenza di un titolo di detenzione solo amministrativo, ai fini dell'identificazione, dell'espulsione o del rimpatrio, si è riscontrata la presenza di persone private della libertà personale per lunghissimi periodi di tempo, impossibilitate a svolgere alcun tipo di attività ricreativa, lavorativa, formativa; l'assenza di un regolamento «comune» per tutti i centri di identificazione ed espulsione presenti in Italia e la presenza di soli regolamenti adottati dalle prefetture di competenza determinano un diverso grado di flessibilità nei diritti concessi, anche sulla base della diversa interpretazione delle «ragioni di sicurezza»; altro dato preoccupante è costituito dalla forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione: vi si trovano persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che, ad un certo punto, per le ragioni più diverse, hanno perso il permesso di soggiorno (cosiddetti overstayer ); richiedenti asilo che hanno inoltrato la domanda dopo essere giunti al centro di identificazione ed espulsione e che, dunque, non sono stati trasferiti in un centro di accoglienza per richiedenti asilo; ex detenuti, a fine pena, che sono stati poi trasferiti nel centro di identificazione ed espulsione in attesa di identificazione o di rimpatrio; nonché numerose persone che sono state a lungo trattenute nei centri di identificazione ed espulsione, poi rilasciate e che, nuovamente fermate, vi rientrano; in particolare, ha destato preoccupazione la presenza nei centri di identificazione ed espulsione di un elevato numero di ex detenuti, che dopo aver scontato pene anche di diversi anni, vengono trattenuti per ulteriori lunghi periodi di tempo all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, nonostante una direttiva interministeriale del 30 luglio 2007, degli allora Ministri Amato e Mastella, stabilisse che, in linea con le indicazioni dell'allora rapporto De Mistura, l'identificazione per i detenuti dovesse avvenire in carcere, e non più negli allora centri di permanenza temporanea, da considerarsi come luoghi destinati più utilmente al riconoscimento di altri soggetti. Riconoscimento che, comunque, si presenta problematico e che causa un considerevole impiego di forze dell'ordine, sia per gli impegnativi compiti di sorveglianza che per quelli di accompagnamento presso i tribunali competenti; tutte le criticità rilevate nel corso delle visite da parte di delegazioni di parlamentari, sono fortemente aggravate dall'allungamento del termine massimo di permanenza all'interno di un centro di identificazione ed espulsione, che, senza riuscire a facilitare il problema dell'identificazione e dei rimpatri, ha finito per creare una sorta di limbo giuridico, caratterizzato dalla negazione di diritti «anche fondamentali», nel quale i trattenuti possono permanere fino a 18 mesi e al quale occorre urgentemente porre rimedio; nel giugno del 2012, in concomitanza con l'emersione di lacune strutturali che avevano portato alla chiusura del «Serraino Vulpitta» di Trapani e del «Malgrado tutto» di Lamezia Terme e di gravi inadempienze contrattuali emerse in numerosi centri, il Ministro dell'interno pro tempore , Anna Maria Cancellieri, ha istituito una task-force , con il compito di analizzare la situazione in cui versano i centri di identificazione ed espulsione, relativamente agli aspetti di carattere normativo, organizzativo e gestionale, al fine di elaborare proposte normative atte a migliorare l'operatività dei centri di espulsione ed assicurarne l'uniformità di funzionamento a livello nazionale; precedentemente, nel luglio 2006, con decreto dell'allora Ministro dell'interno, Giuliano Amato, venne istituita la Commissione De Mistura, il cui citato rapporto fu depositato il 31 gennaio 2007. Vale rilevare la diversa composizione delle due commissioni: la Commissione del 2012 è stata composta esclusivamente da funzionari del Ministero dell'interno, mentre la Commissione precedente era composta sia da membri ministeriali che da appartenenti all'associazionismo (una commissione «mista»); la Commissione De Mistura operò visitando tutti i centri, incontrando le prefetture, le questure, ascoltando le associazioni dei vari territori, gli enti locali e le persone trattenute; esaminò, inoltre, i documenti che le venivano sottoposti e raccolse direttamente migliaia di dati, anche attraverso l'utilizzo di apposite schede di rilevazione; le conclusioni della Commissione De Mistura non trovarono attuazione, né paiono esser state tenute a riferimento nell'impostazione dell'indagine 2012. Le risultanze dei due rapporti appaiono estremamente diverse, così come le conclusioni. Infatti, mentre la commissione De Mistura, dopo avere analizzato tutte le criticità presenti nei luoghi di detenzione amministrativa, concludeva per il «superamento» degli allora centri di permanenza temporanea e assistenza attraverso il loro «svuotamento», la più recente task-force ha elaborato un «documento programmatico», che, pubblicato solo ad aprile 2013, e quindi in fase di dimissioni del Governo, è volto ad implementare i centri di detenzione amministrativa, individuando le criticità prevalentemente imputabili alla condotta delle persone trattenute; le soluzioni prospettate nel progetto di revisione del «sistema Cie», tutto condensato in 27 pagine, più allegati, muove dal presupposto della necessità dei centri di identificazione ed espulsione e prevede numerose novità, sia dal punto di vista amministrativo che del funzionamento vero e proprio; in tal senso, nel cosiddetto rapporto Ruperto, si coglie una sorta di ulteriore discostamento delle prassi e delle normative sul trattenimento amministrativo in Italia, rispetto alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento e del Consiglio, nota come «direttiva rimpatri»; infatti, ogni passo del rapporto apre un elemento di problematicità: ad esempio, nel prendere atto del fatto che i centri di identificazione ed espulsione operano con capienza ridotta a causa del danneggiamento dei locali causato dai trattenuti, non affronta il correlato tema per cui il forte ribasso dei corrispettivi previsti dalle convenzioni agli enti gestori ha portato ad una diminuzione del personale degli stessi; nel rapporto si annuncia poi che molti immigrati senza documenti potranno essere rimpatriati con maggiore velocità utilizzando non i centri di identificazione ed espulsione, ma i centri di primo soccorso e accoglienza, che, con procedimenti spesso informali, comportano il rischio del ricorso alle espulsioni cosiddette collettive – la cui pratica è da ritenersi illegittima secondo l'articolo 4 del protocollo 4 allegato alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali – in violazione degli stessi accordi di Schengen; altro aspetto su cui il rapporto si sofferma molto è la necessità di prevenire e contenere gli atti di ribellione, isolando in appositi spazi i rivoltosi e addirittura i «potenziali» rivoltosi, prevedendo celle speciali in carceri speciali: la grave carenza di spazi e attività ricreative all'interno dei centri di identificazione ed espulsione costituisce uno degli elementi che provoca maggior malessere tra i trattenuti. I drastici tagli nei bilanci a disposizione degli enti gestori, insieme al prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi, hanno contribuito ad accrescere la tensione nei centri e a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita dei trattenuti nel corso dell'ultimo anno; a questo proposito, appaiono quanto mai appropriate e attuali le considerazioni – risalenti al 2008 e contenute nel XVIII Dossier statistico immigrazione di Caritas/Migrantes –: «Proprio la prevista dilatazione della restrizione della libertà di movimento (estensione dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi), tuttavia, forse rivela il vero intento della norma: introdurre una lunga carcerazione preventiva per pochi malcapitati, in modo che serva come monito e deterrente per altri. In realtà, e non solo in Italia, il contrasto dell'immigrazione irregolare ormai entrata sul territorio nazionale si muove secondo logiche casuali e crudeli. (...) In definitiva, gli immigrati effettivamente espulsi sono modeste percentuali, e non sono necessariamente i più pericolosi o parassitari»; al riguardo, la sentenza 12 dicembre 2012, n.1410, del tribunale di Crotone, ha stabilito che i protagonisti della rivolta nel centro di identificazione ed espulsione di Crotone – i quali, saliti sul tetto della struttura, hanno lanciato alcuni oggetti contundenti contro le forze dell'ordine – non sono colpevoli di danneggiamento e offesa a pubblico ufficiale in quanto agirono per «legittima difesa» e la reazione degli stranieri alle «offese ingiuste» è da considerarsi proporzionata. Il giudice ha, infatti, scritto che, nel caso dei centri di identificazione ed espulsione, si tratta di «strutture – nel loro complesso – al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani. E, si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale; per cui lo standard qualitativo delle condizioni di alloggio non deve essere rapportato al cittadino straniero irregolare medio (magari abituato a condizioni abitative precarie), ma al cittadino medio, senza distinzione di condizione o di nazionalità o di razza»; precedentemente, la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n.105 del 2001, ha rilevato che: «Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia dell'immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani»; anche il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti, in un rapporto del 2010, denuncia in numerosi Stati l'uso sproporzionato della detenzione nella gestione dell'immigrazione, sottolineando come essa dovrebbe essere utilizzata solo come misura di ultima istanza; da ultimo, il caso Alma Shalabayeva ha mostrato come, secondo quanto dichiarato dal Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica, in un articolo pubblicato su L'Unità del 17 luglio 2013, «accade che la politica dei respingimenti venga praticata con brutale efficienza nei confronti di migliaia di anonimi immigrati e richiedenti asilo» e come, dunque, tale caso istituzionale «potrebbe rappresentare l'occasione per ripensare a fondo la materia e per interrogarsi, in particolare, sulla legittimità di queste forme di rimpatrio: quante espulsioni espongono lo straniero al rischio di trattamenti illegali e crudeli?», impegna il Governo: a ripensare gli attuali strumenti di gestione dell'immigrazione irregolare che risultano inefficaci (per quanto attiene all'effettività dei provvedimenti di espulsione) e costosi – tenendo conto che l'aumento dei costi è incongruo rispetto agli obiettivi – e ad abbattere i tempi di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione, oggi inaccettabili per durata e inutili, oltre il periodo iniziale, all'effettiva identificazione delle persone trattenute; ad assumere iniziative per riformare l'intera disciplina dell'ingresso, del soggiorno e dell'allontanamento dei cittadini stranieri, riducendo a misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, il trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio, a favorire l'opzione del rimpatrio volontario assistito prima di procedere a qualunque forma di allontanamento coatto e a mettere in atto programmi di assistenza al rimpatrio volontario e di reintegrazione nei Paesi di origine, assicurando una capillare informazione su questi programmi; ad assumere iniziative per rivisitare le norme che sanzionano l'ingresso e il soggiorno irregolare, fermo restando il diritto del Paese, secondo le norme internazionali vigenti, all'espulsione come sanzione amministrativa quando non esistano i requisiti per il soggiorno regolare o per l'accoglimento dell'istanza di protezione umanitaria; ad introdurre politiche migratorie atte a garantire effettive possibilità di ingresso regolare e di inserimento sociale, nonché a introdurre meccanismi di regolarizzazione ordinaria; ad intervenire sulla disciplina di permanenza, per evitare il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione di coloro che hanno bisogno di protezione, come le vittime di tratta, i minori, i richiedenti asilo; a evitare il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione di coloro che, dopo un periodo di detenzione penale, non siano già stati identificati in carcere come previsto e come è da incentivare come prassi ordinaria; a garantire che le pratiche necessarie ai fini dell'identificazione e delle eventuali procedure di rimpatrio avvengano nel massimo della trasparenza, garantendo ai profughi (a maggior ragione se minorenni) un'adeguata ospitalità presso centri appositi in cui sia garantita l'assistenza psicologica e legale; a garantire il periodico monitoraggio da parte delle prefetture delle reali condizioni di vita nei centri, verificando la congruenza dei servizi offerti con le convenzioni in essere e ad uniformare ed armonizzare i regolamenti e le convenzioni su tutto il territorio nazionale, così da assicurare unità di trattamento nei centri di identificazione ed espulsione; a eliminare ogni restrizione e difficoltà al normale ingresso di associazioni umanitarie e organizzazioni non governative all'interno dei centri, al fine di umanizzare le condizioni di vita, sostenere un clima di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti, individuare e sciogliere eventuali problemi sociali non identificabili al momento dell'ingresso, favorire, laddove possibile, il reinserimento sociale, nonché prevenire tensioni; ad assumere un'iniziativa normativa organica in materia di asilo nel rispetto dell'articolo 10 della Costituzione. (1-00156) (Seconda ulteriore nuova formulazione) « Zampa , Marazziti , Santerini , Schirò , Martella , Civati , Villecco Calipari , Murer , Mogherini , Madia , Cenni , Bellanova , Gozi , Grassi , Lenzi , Carra , D'Incecco , Tullo , Amoddio , Blazina , Incerti , Iori , Carlo Galli , Fabbri , Giuseppe Guerini , Porta , Garavini , Piccione , Cinzia Maria Fontana , Laforgia , Malpezzi , Marco Di Maio , Ghizzoni , Marzano , Pes , Gadda , Senaldi , Gribaudo , Cimbro , Gnecchi , Quartapelle Procopio , Velo , Lattuca , Moscatt , Tentori , Antezza , La Marca , Fiano , Capone , De Micheli , Chaouki , Beni , Biondelli , Baruffi ».
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BELLANOVA TERESA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CARRA MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
CENNI SUSANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
D'INCECCO VITTORIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
DE MICHELI PAOLA (PARTITO DEMOCRATICO) 
FIANO EMANUELE (PARTITO DEMOCRATICO) 
GARAVINI LAURA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GHIZZONI MANUELA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GNECCHI MARIALUISA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GOZI SANDRO (PARTITO DEMOCRATICO) 
GRASSI GERO (PARTITO DEMOCRATICO) 
LENZI DONATA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MADIA MARIA ANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MARTELLA ANDREA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MURER DELIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
PES CATERINA (PARTITO DEMOCRATICO) 
PORTA FABIO (PARTITO DEMOCRATICO) 
TULLO MARIO (PARTITO DEMOCRATICO) 
VELO SILVIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
AMODDIO SOFIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
ANTEZZA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BARUFFI DAVIDE (PARTITO DEMOCRATICO) 
BENI PAOLO (PARTITO DEMOCRATICO) 
BIONDELLI FRANCA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BLAŽINA TAMARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CAPONE SALVATORE (PARTITO DEMOCRATICO) 
CHAOUKI KHALID (PARTITO DEMOCRATICO) 
CIMBRO ELEONORA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CIVATI GIUSEPPE (PARTITO DEMOCRATICO) 
DI MAIO MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
FABBRI MARILENA (PARTITO DEMOCRATICO) 
FONTANA CINZIA MARIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GADDA MARIA CHIARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GRIBAUDO CHIARA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GUERINI GIUSEPPE (PARTITO DEMOCRATICO) 
INCERTI ANTONELLA (PARTITO DEMOCRATICO) 
IORI VANNA (PARTITO DEMOCRATICO) 
LA MARCA FRANCESCA (PARTITO DEMOCRATICO) 
LAFORGIA FRANCESCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
LATTUCA ENZO (PARTITO DEMOCRATICO) 
MALPEZZI SIMONA FLAVIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MARAZZITI MARIO (SCELTA CIVICA PER L'ITALIA) 
MARZANO MICHELA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MOGHERINI FEDERICA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MOSCATT ANTONINO (PARTITO DEMOCRATICO) 
PICCIONE TERESA (PARTITO DEMOCRATICO) 
QUARTAPELLE PROCOPIO LIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SANTERINI MILENA (SCELTA CIVICA PER L'ITALIA) 
SCHIRO' GEA (SCELTA CIVICA PER L'ITALIA) 
SENALDI ANGELO (PARTITO DEMOCRATICO) 
TENTORI VERONICA (PARTITO DEMOCRATICO) 
GALLI CARLO (PARTITO DEMOCRATICO) 
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ZAMPA SANDRA (PARTITO DEMOCRATICO) 
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