INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/06866 presentata da TASSONE MARIO (MISTO) in data 20010205

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic3_06866_13 an entity of type: aic

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro per i beni e le attivita' culturali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: nella Galleria nazionale d'Arte moderna e contemporanea di Roma (importantissima soprintendenza speciale e sede dirigenziale del Ministero per i beni e le attivita' culturali, da ora in poi definita "Gnam" nella presente interpellanza), da circa cinque anni si registrano tensioni riguardanti il personale addetto; particolarmente rilevante, anzi emblematico, risulta il conflitto tra la soprintendente dottoressa Bianca Alessandra Pinto (dirigente, ivi pervenuta nell'anno 1995) e il dottor Mario Ursino, funzionario appartenente all'ex-carriera direttiva (storico dell'arte direttore ed anche laureato in giurisprudenza nonche' in scienze politiche, di area professionale "C3" - gia' definita come nona qualifica funzionale del comparto dei ministeri - ed ivi in servizio dal 1987 nonche' complessivamente da oltre 23 anni in servizio nel ministero per i beni e le attivita' culturali) -: se il dottor Ursino abbia finora esercitato in un ottimo rapporto interpersonale con i collaboratori - le proprie funzioni con la dedizione e la cura di chi ama il proprio lavoro, se egli abbia investito ogni personale energia nel perseguimento dei risultati connessi al proprio ruolo (immedesimando il proprio appagamento professionale col complessivo miglioramento dell'offerta culturale, resa all'utenza della Gnam), se alle iniziative da lui curate abbia fatto conseguire - per l'impegno profuso e l'alto profilo tecnico-scientifico-culturale - notevoli apprezzamenti dall'utenza e da addetti ai lavori (ottenendone notazioni di merito all'interno dell'Amministrazione, Basti citare in proposito il notevole contributo fornito all'incremento - per varie decine di miliardi di lire - del patrimonio della Gnam: ad esempio, il recupero del dipinto "Il giardiniere" di Vincent van Gogh, la riacquisizione della sede museale del "Villino Andersen", la soluzione dei complessi problemi riguardanti le donazioni di celebri maestri quali Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Lucio Fontana), e se quindi l'Ursino possa essere obiettivamente definito un funzionario d'indiscutibile capacita' professionale nonche' di comprovata indipendenza ideologico-partitica, nell'ottica di una ricerca costante nonche' quotidiana, coerente e coraggiosa della trasparenza amministrativa (anche nell'organizzazione delle varie attivita' culturali della Galleria); se la dottoressa Pinto, fin dal suo avvento nella Galleria (1995), abbia dimostrato ostilita' nel rapporto interpersonale con vari dipendenti, tra cui principalmente il dottor Ursino; se, particolarmente, essa abbia posto in essere una costante nonche' univoca e mirata condotta lesiva e pregiudizievole del ruolo professionale rivestito dal dottor Ursino, del suo prestigio personale, della natura e della qualita' dell'impegno lavorativo a lui affidato, nonche' piu' generalmente dell'intera collocazione professionale di lui nella Gnam, diretta dalla medesima; se fin dall'inizio del rapporto con la nuova dirigente il predetto funzionario sia stato da lei privato delle franzioni esercitate fino ad allora nell'ufficio del contenzioso nei suoi aspetti piu' vasti della tutela del patrimonio storico-artistico (acquisizioni, donazioni, depositi; attivita' di referente per l'Avvocatura generale dello Stato, per il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri - Nucleo per la tutela del patrimonio artistico - e per l'analogo nucleo del Comando generale della Guardia di Finanza), e sia stato quindi assegnato a non meglio precisati "compiti di studio" nonche' di responsabile del servizio statistico, obiettivamente impossibili da svolgere compiutamente nella Gnam perche' la dottoressa Pinto avrebbe sempre omesso d'assegnare all'Ursino sia incarichi specifici, sia qualunque unita' di personale; se - allora come oggi - i compiti ascritti alla figura del responsabile del servizio statistico siano completamente estranei a quanto descritto nei 22 punti del profilo professionale di storico dell'arte (come da Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana pubblicata il 30 ottobre 1985), e siano per contro riferibili ad un collaboratore amministrativo d'ex-settima qualifica funzionale; se il funzionario, di fronte a quest'autentico "demansionamento" (che peraltro si sarebbe concretato anche in un vero danno erariale, considerando che un dipendente statale avrebbe continuato a ricevere una determinata retribuzione a fronte d'un lavoro di quantita' e qualita' vistosamente inferiori!), abbia invano reiteratamente richiesto - in via formale e gerarchica - il riaffidamento del contenzioso, e per risposta la soprintendente - sul pretesto del riconoscimento d'un buon risultato conseguito dal dottor Ursino "nel lavoro di ricerca e raccolta della letteratura giuridica sui beni culturali" - abbia sostanzialmente confermato l'incarico di studio; se peraltro, nella tabella elencativa (affissa per qualche mese e poi abolita) degli uffici affissa all'esterno della sede Gnam in Valle Giulia a Roma, risultasse inesistente l'ufficio-studi; se nel frattempo il dottor Ursino, nel pieno esercizio del suo mandato sindacale (nell'a'mbito della Dirstat-Confedir il sindacato indipendente dei dirigenti e funzionari direttivi dello Stato) abbia espresso - con correttezza formale giudizi su talune disposizioni adottate dalla dottoressa Pinto (immagine e proiezione esterna della libreria della Galleria nonche' scelta ed utilizzazione del logo della medesima), e se percio' essa abbia ritenuto censurabile l'intervento del dottor Ursino (lettera dell'11 marzo 1996 diretta a tutto il personale dei servizi di vigilanza); se per contro la dottoressa Pinto si sia resa colpevole di marcate anomalie nella gestione dei rapporti sindacali come ad esempio risulterebbe dallo svolgimento di uno specifico incontro per l'esame dei profili professionali e delle mansioni affidate al personale in relazione al contratto-ministeri allora vigente (anno 1996), allorquando essa invio' in propria rappresentanza un funzionario di settima qualifica anziche' uno dei numerosi funzionari di nona qualifica allora a disposizione nell'organico (si registro' anche - a quanto risulta - una lettera di protesta della Dirstat-Confedir in ordine a tale comportamento, che per l'importanza dell'argomento trattato risultava irriguardoso nei confronti di tutti i sindacati ivi presenti); se nel medesimo anno 1996 il dottor Ursino abbia formalizzato, per via gerarchica, rimostranze in ordine alla bozza d'organigramma presentata dalla dottoressa Pinto, evidenziando ulteriormente come i compiti a lui assegnati risultassero del tutto inadeguati al suo profilo professionale ed in contrasto con le norme regolanti il ruolo funzionale connesso alla posizione del funzionario stesso, e se la mancanza d'ogni riscontro l'abbia indotto ad inoltrare quindi una nota di rammarico e di richiesta d'intervento all'allora direttore generale del personale di quel dicastero (una lettera di contenuto analogo risulto' inoltrata dalla Dirstat-Confedir); se a seguito di tale ultimo episodio la dottoressa Pinto abbia irrogato al dottor Ursino un provvedimento di censura, e se soltanto in se'guito la dirigente abbia risposto per iscritto al funzionario reiterandogli di fatto l'incarico pertinente al fantomatico "servizio studi e statistica" della Galleria, assegnando peraltro al destinatario il termine (brevissimo ed obiettivamente inadeguato) d'un mese per l'esecuzione di quanto commessogli e contestualmente negandogli qualunque unita' di personale, salva l'ipotesi di "consistente immissione di nuove unita' in servizio civile" e qualora "il materiale lavorato dal Servizio Studi abbisognasse di gestione quotidiana" (esclusivamente l'improbabile ipotesi di un'eccezionale mole di lavoro, che inizialmente il dottor Ursino da solo avrebbe dovuto sviluppare su una materia inesistente e non definibile in quell'ambito lavorativo, l'avrebbero abilitato a ricevere personale in servizio civile nella Gnam, previa sua "consistente" immissione dall'esterno non ancora avvenuta in quei mesi del 1996 e neppure a tutt'oggi!); se il dottor Ursino abbia di nuovo chiesto formalmente alla dottoressa Pinto un riesame dell'incarico attribuitogli (data la sua comprovata e naturale competenza giuridica, certamente estranea - nel caso specifico - alla disciplina statistica), e se essa gli abbia riconfermato l'incarico contestatole, ed anzi abbia chiesto fin dal 1995 al funzionario d'attivarsi personalmente per un proprio trasferimento o comunque un allontanamento dalla Gnam; se quindi il perpetrarsi di tale condotta da parte della dottoressa Pinto, l'assegnazione al dottor Ursino d'un incarico del tutto inadeguato al proprio livello ed alla propria competenza (normalmente espletato da funzionari di ben due livelli inferiori), la formalizzazione di quest'incarico all'interno di una bozza d'organigramma non approvata consultando i sindacati di settore, l'evidentissima disparita' di trattamento nei confronti del dottor Ursino, rispetto ad altri funzionari di pari livello ed anche di livello inferiore (ai quali erano stati assegnati, tra il 1995 ed il 1996, molteplici incarichi e direzioni ben superiori all'incarico virtualmente conferito a lui), abbiano indotto il medesimo funzionario ad inoltrare all'allora direttore generale del personale un esposto (in plico chiuso, ai sensi della normativa tuttora prevista in materia dall'ancor parzialmente vigente testo unico degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3) concluso da una nuova richiesta d'intervento; se finalmente sia stata allora disposta ed effettuata (luglio 1996) un'ispezione ministeriale, che avrebbe accertato la piena sussistenza di un contrasto concreto tra la dottoressa Pinto e il dottor Ursino ma avrebbe anche genericamente rilevato una compatibilita' delle mansioni affidategli col suo profilo professionale senza far cenno all'effettivo contenuto ne' alla congruenza, alla rilevanza ed all'adeguatezza sostanziale di tali mansioni e compiti, ed anzi avrebbe ipotizzato una possibile responsabilita' disciplinare a carico del dottor Ursino in ordine ad un non meglio identificato rispetto della fissazione delle ore d'ufficio per l'entrata e l'uscita nonche' in ordine alle critiche da lui formulate (nell'esercizio del mandato sindacale???), e se il dottor Ursino si sia allora determinato ad inviare al direttore generale del personale una nota (di riscontro alla relazione ispettiva) formalizzante - pur in presenza delle considerazioni di cui sopra sull'utilizzazione adeguata delle forze lavorative - il proprio recesso da ogni obiezione sul proprio incarico e la richiesta di continuare a prestare servizio nella medesima soprintendenza; se successivamente il dottor Ursino, di fronte alle due censure irrogategli dalla dottoressa Pinto (1996 e 2000), l'abbia diffidata legalmente dal mantenerle e quindi essa abbia inizialmente revocato la prima, e se invece nel 1998 la soprintendente gli abbia poi affidato (guardandosi bene dal formalizzarlo in maniera propria) l'incarico di coordinare il servizio dei prestiti, incarico prettamente amministrativo e precedentemente svolto da impiegati di livelli inferiori (risulto' anche un'altra protesta del sindacato Dirstat-Confedir); se poi la dottoressa Pinto abbia nuovamente violato (gennaio 2000) il profilo funzionale del dottor Ursino, in quanto avrebbe formalizzato (con provvedimento inoltrato al ministero) la nomina a proprio sostituto - in assenza congiunta di se stessa e del funzionario piu' anziano - nei confronti di altro funzionario di livello inferiore a quello del dottor Ursino, stravolgendo cosi' la graduazione gerarchica normativamente configurata; se intanto il dottor Ursino, proseguendo nel lavoro di ricerca scientifica mai abbandonato (malgrado tutto cio'), abbia redatto e pubblicato il volume "Capolavori della pittura italiana", se egli ne abbia trasmesso copia all'attuale ministro per i beni e le attivita' culturali, se il medesimo ministro abbia risposto per iscritto esprimendo vivo apprezzamento per il lavoro, e se invece la dottoressa Lucia Urcioli segretario particolare del ministro - con nota ministeriale protocollata abbia destinato allo studioso una singolare comunicazione (inviata pure alla soprintendente dottoressa Pinto), che l'avrebbe invitato "a non fare uso di tale lettera per qualsiasi altro fine non investendo essa alcuna funzione oltre quella di mero ringraziamento"; come valuti la predetta comunicazione (su cui il funzionario avrebbe chiesto chiarimenti) e se ritenga che possa apparire una forma tacita di collaborazione, a favore della dottoressa Pinto, nell'opera di isolamento personale e professionale che risulterebbe perseguita contro il dottor Ursino; se peraltro la dottoressa Pinto abbia espressamente proibito d'esporre all'interno della rivendita di libri (il book shop) allestita nella Galleria il volume scritto dal dottor Ursino, se per protesta contro l'ingiustificato provvedimento lo studioso abbia invocato per iscritto l'intervento del direttore generale dell'ufficio centrale per i beni ambientali, artistici e storici del ministero (il quale non avrebbe risposto), e se la dirigente - quale ennesima manifestazione d'aperta avversione - abbia irrogato al funzionario (maggio 2000) una nuova censura (contestata prontamente dall'interessato - anche sul piano legale -, e successivamente oggetto di protesta da parte della Dirstat-Confedir) per asserite e non dimostrate violazioni delle disposizioni da lei impartitegli in merito alla mostra "Naturalismo astratto" nonche' genericamente per l'insufficienza dell'impegno profusovi (circostanza che risulterebbe ampiamente smentita dai fatti e dai lusinghieri risultati ottenuti); se, a seguito di quest'ultimo episodio vessatorio e della sedimentazione di quelli pregressi, siano insorti nel dottor Ursino vizi cardiaci d'importante rilevanza e crisi ipertensive di frequenza crescente nonche' sindromi ansioso-depressive ricorrenti e disturbi del sonno, e se tale quadro clinico (accertato da vari referti medici) l'abbia talvolta costretto a periodi d'inattivita' forzata; se dunque la vicenda in esame, negli oltre cinque anni del suo continuo verificarsi, sia spiccatamente connotata da mobbing (o, specificamente, da bullying) in quanto determinatasi come un complesso d'atti, caratterizzati da ripetitivita' e durata di medio-lungo periodo, posti in essere da un "capo" contro il dipendente di livello inferiore e comportanti la sistematica non attribuzione d'incarichi adeguati o l'assegnazione di compiti squalificanti, la formulazione di continue critiche alle prestazioni od alle capacita' professionali del "mobbizzato" anche con atti di rilevanza esterna al luogo di lavoro, l'irrogazione di censure prive d'effettiva motivazione o con motivazione scarna e lacunosa, la compromissione dell'immagine professionale e personale sul luogo di lavoro ed altre conseguenze negative sul soggetto colpito, tra cui un progressivo e crescente logorio psicofisico tale da provocare l'insorgere di patologie mediche ed alterazioni neuro-psicologiche, con effetti talvolta irreversibilmente lesivi per l'organismo anche in ordine alla possibile durata della vita fisica; se l'articolo 2087 del codice civile italiano preveda espressamente per il datore di lavoro l'obbligo di prevenire i danni alla salute, se tale principio sia stato ribadito nonche' esteso dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive integrazioni, quando impone tra le misure di tutela "il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro... e nella definizione dei metodi di lavoro", se l'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, preveda esplicitamente quale danno "la lesione dell'integrita' psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona", e se la Corte di Cassazione civile (sezione-lavoro, sentenza n. 14443 del 6 novembre 2000) statuisca che "il demansionamento costituisce lesione della dignita' del lavoratore, tutelata dall'articolo 41 della Costituzione e dall'articolo 2087 del codice civile", osservando parimenti che il demansionamento professionale da' luogo ad una pluralita' di pregiudizi incidenti solo in parte sulla potenzialita' economica del lavoratore, che il demansionamento - oltre a determinare violazioni normative - costituisce lesione del diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della personalita' nel luogo di lavoro (specie se con effetti piu' che vantaggiosi per il datore di lavoro, come nell'ipotesi in esame) e che percio' il conseguente pregiudizio incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, con un'indubbia dimensione patrimoniale (anche se non concretamente provata nella sua entita') la quale lo rende risarcibile e valutabile anche equitativamente, dato che la mortificazione della professionalita' del lavoratore offende l'affermazione d'un valore superiore della professionalita' (direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore medesimo, e costituente sostanzialmente un bene materiale); se nella fattispecie concreta, in relazione a tali responsabilita' del datore di lavoro, si possa veramente sostenere che il ministero per i beni e le attivita' culturali abbia dato prova, nei suo interventi, d'imparzialita' e di tempestivita' nonche' d'efficacia; se pertanto le obiettive caratteristiche di tale vicenda, culminata in una specifica lesione del bene-salute (individuata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 179/1989, all'interno delle "malattie professionali non gabellate") possano far legittimamente pensare che il comportamento della dottoressa Pinto - nell'impossibilita' evidente d'allontanare dalla soprintendenza il dottor Ursino con un qualche procedimento amministrativo sostanzialmente e formalmente valido - appaia preordinato da ben cinque anni a rovinare (con qualunque effetto...) la salute psicofisica di quel funzionario allo scopo di non averlo comunque piu' "tra i piedi" e di non farlo piu' imbattere in alcuna delle competenze gestionali che gli spetterebbero istituzionalmente nella Gnam, della quale essa e' dirigente; se infine, per quanto sopra detto, vi sia spazio per inchieste eventualmente attivate dai competenti organi giurisdizionali, se possa ammettersi che un funzionario valido e coraggioso (il quale intenda scongiurare l'eventuale instaurarsi d'un sistema d'ingiustizie in spregio dei bisogni della comunita' nazionale e delle regole del nostro ordinamento giuridico) continui ad esser sottoposto ad atteggiamenti persecutori che si rifletterebbero negativamente anche sulla vita personale e familiare, e se - in generale - non sia il caso di sorvegliare affinche' nella vita amministrativa italiana non sia avallato l'insorgere d'un "regime organizzato di privilegi" che possa addirittura costituire garanzia inviolabile di salvaguardia in danno d'ogni esigenza di giustizia concreta (3-06866) Per sapere - premesso che: nella Galleria nazionale d'Arte moderna e contemporanea di Roma (importantissima soprintendenza speciale e sede dirigenziale del Ministero per i beni e le attivita' culturali, da ora in poi definita "Gnam" nella presente interpellanza), da circa cinque anni si registrano tensioni riguardanti il personale addetto; particolarmente rilevante, anzi emblematico, risulta il conflitto tra la soprintendente dottoressa Bianca Alessandra Pinto (dirigente, ivi pervenuta nell'anno 1995) e il dottor Mario Ursino, funzionario appartenente all'ex-carriera direttiva (storico dell'arte direttore ed anche laureato in giurisprudenza nonche' in scienze politiche, di area professionale "C3" - gia' definita come nona qualifica funzionale del comparto dei ministeri - ed ivi in servizio dal 1987 nonche' complessivamente da oltre 23 anni in servizio nel ministero per i beni e le attivita' culturali) -: se il dottor Ursino abbia finora esercitato in un ottimo rapporto interpersonale con i collaboratori - le proprie funzioni con la dedizione e la cura di chi ama il proprio lavoro, se egli abbia investito ogni personale energia nel perseguimento dei risultati connessi al proprio ruolo (immedesimando il proprio appagamento professionale col complessivo miglioramento dell'offerta culturale, resa all'utenza della Gnam), se alle iniziative da lui curate abbia fatto conseguire - per l'impegno profuso e l'alto profilo tecnico-scientifico-culturale - notevoli apprezzamenti dall'utenza e da addetti ai lavori (ottenendone notazioni di merito all'interno dell'Amministrazione, Basti citare in proposito il notevole contributo fornito all'incremento - per varie decine di miliardi di lire - del patrimonio della Gnam: ad esempio, il recupero del dipinto "Il giardiniere" di Vincent van Gogh, la riacquisizione della sede museale del "Villino Andersen", la soluzione dei complessi problemi riguardanti le donazioni di celebri maestri quali Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Lucio Fontana), e se quindi l'Ursino possa essere obiettivamente definito un funzionario d'indiscutibile capacita' professionale nonche' di comprovata indipendenza ideologico-partitica, nell'ottica di una ricerca costante nonche' quotidiana, coerente e coraggiosa della trasparenza amministrativa (anche nell'organizzazione delle varie attivita' culturali della Galleria); se la dottoressa Pinto, fin dal suo avvento nella Galleria (1995), abbia dimostrato ostilita' nel rapporto interpersonale con vari dipendenti, tra cui principalmente il dottor Ursino; se, particolarmente, essa abbia posto in essere una costante nonche' univoca e mirata condotta lesiva e pregiudizievole del ruolo professionale rivestito dal dottor Ursino, del suo prestigio personale, della natura e della qualita' dell'impegno lavorativo a lui affidato, nonche' piu' generalmente dell'intera collocazione professionale di lui nella Gnam, diretta dalla medesima; se fin dall'inizio del rapporto con la nuova dirigente il predetto funzionario sia stato da lei privato delle franzioni esercitate fino ad allora nell'ufficio del contenzioso nei suoi aspetti piu' vasti della tutela del patrimonio storico-artistico (acquisizioni, donazioni, depositi; attivita' di referente per l'Avvocatura generale dello Stato, per il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri - Nucleo per la tutela del patrimonio artistico - e per l'analogo nucleo del Comando generale della Guardia di Finanza), e sia stato quindi assegnato a non meglio precisati "compiti di studio" nonche' di responsabile del servizio statistico, obiettivamente impossibili da svolgere compiutamente nella Gnam perche' la dottoressa Pinto avrebbe sempre omesso d'assegnare all'Ursino sia incarichi specifici, sia qualunque unita' di personale; se - allora come oggi - i compiti ascritti alla figura del responsabile del servizio statistico siano completamente estranei a quanto descritto nei 22 punti del profilo professionale di storico dell'arte (come da Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana pubblicata il 30 ottobre 1985), e siano per contro riferibili ad un collaboratore amministrativo d'ex-settima qualifica funzionale; se il funzionario, di fronte a quest'autentico "demansionamento" (che peraltro si sarebbe concretato anche in un vero danno erariale, considerando che un dipendente statale avrebbe continuato a ricevere una determinata retribuzione a fronte d'un lavoro di quantita' e qualita' vistosamente inferiori!), abbia invano reiteratamente richiesto - in via formale e gerarchica - il riaffidamento del contenzioso, e per risposta la soprintendente - sul pretesto del riconoscimento d'un buon risultato conseguito dal dottor Ursino "nel lavoro di ricerca e raccolta della letteratura giuridica sui beni culturali" - abbia sostanzialmente confermato l'incarico di studio; se peraltro, nella tabella elencativa (affissa per qualche mese e poi abolita) degli uffici affissa all'esterno della sede Gnam in Valle Giulia a Roma, risultasse inesistente l'ufficio-studi; se nel frattempo il dottor Ursino, nel pieno esercizio del suo mandato sindacale (nell'a'mbito della Dirstat-Confedir il sindacato indipendente dei dirigenti e funzionari direttivi dello Stato) abbia espresso - con correttezza formale giudizi su talune disposizioni adottate dalla dottoressa Pinto (immagine e proiezione esterna della libreria della Galleria nonche' scelta ed utilizzazione del logo della medesima), e se percio' essa abbia ritenuto censurabile l'intervento del dottor Ursino (lettera dell'11 marzo 1996 diretta a tutto il personale dei servizi di vigilanza); se per contro la dottoressa Pinto si sia resa colpevole di marcate anomalie nella gestione dei rapporti sindacali come ad esempio risulterebbe dallo svolgimento di uno specifico incontro per l'esame dei profili professionali e delle mansioni affidate al personale in relazione al contratto-ministeri allora vigente (anno 1996), allorquando essa invio' in propria rappresentanza un funzionario di settima qualifica anziche' uno dei numerosi funzionari di nona qualifica allora a disposizione nell'organico (si registro' anche - a quanto risulta - una lettera di protesta della Dirstat-Confedir in ordine a tale comportamento, che per l'importanza dell'argomento trattato risultava irriguardoso nei confronti di tutti i sindacati ivi presenti); se nel medesimo anno 1996 il dottor Ursino abbia formalizzato, per via gerarchica, rimostranze in ordine alla bozza d'organigramma presentata dalla dottoressa Pinto, evidenziando ulteriormente come i compiti a lui assegnati risultassero del tutto inadeguati al suo profilo professionale ed in contrasto con le norme regolanti il ruolo funzionale connesso alla posizione del funzionario stesso, e se la mancanza d'ogni riscontro l'abbia indotto ad inoltrare quindi una nota di rammarico e di richiesta d'intervento all'allora direttore generale del personale di quel dicastero (una lettera di contenuto analogo risulto' inoltrata dalla Dirstat-Confedir); se a seguito di tale ultimo episodio la dottoressa Pinto abbia irrogato al dottor Ursino un provvedimento di censura, e se soltanto in se'guito la dirigente abbia risposto per iscritto al funzionario reiterandogli di fatto l'incarico pertinente al fantomatico "servizio studi e statistica" della Galleria, assegnando peraltro al destinatario il termine (brevissimo ed obiettivamente inadeguato) d'un mese per l'esecuzione di quanto commessogli e contestualmente negandogli qualunque unita' di personale, salva l'ipotesi di "consistente immissione di nuove unita' in servizio civile" e qualora "il materiale lavorato dal Servizio Studi abbisognasse di gestione quotidiana" (esclusivamente l'improbabile ipotesi di un'eccezionale mole di lavoro, che inizialmente il dottor Ursino da solo avrebbe dovuto sviluppare su una materia inesistente e non definibile in quell'ambito lavorativo, l'avrebbero abilitato a ricevere personale in servizio civile nella Gnam, previa sua "consistente" immissione dall'esterno non ancora avvenuta in quei mesi del 1996 e neppure a tutt'oggi!); se il dottor Ursino abbia di nuovo chiesto formalmente alla dottoressa Pinto un riesame dell'incarico attribuitogli (data la sua comprovata e naturale competenza giuridica, certamente estranea - nel caso specifico - alla disciplina statistica), e se essa gli abbia riconfermato l'incarico contestatole, ed anzi abbia chiesto fin dal 1995 al funzionario d'attivarsi personalmente per un proprio trasferimento o comunque un allontanamento dalla Gnam; se quindi il perpetrarsi di tale condotta da parte della dottoressa Pinto, l'assegnazione al dottor Ursino d'un incarico del tutto inadeguato al proprio livello ed alla propria competenza (normalmente espletato da funzionari di ben due livelli inferiori), la formalizzazione di quest'incarico all'interno di una bozza d'organigramma non approvata consultando i sindacati di settore, l'evidentissima disparita' di trattamento nei confronti del dottor Ursino, rispetto ad altri funzionari di pari livello ed anche di livello inferiore (ai quali erano stati assegnati, tra il 1995 ed il 1996, molteplici incarichi e direzioni ben superiori all'incarico virtualmente conferito a lui), abbiano indotto il medesimo funzionario ad inoltrare all'allora direttore generale del personale un esposto (in plico chiuso, ai sensi della normativa tuttora prevista in materia dall'ancor parzialmente vigente testo unico degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3) concluso da una nuova richiesta d'intervento; se finalmente sia stata allora disposta ed effettuata (luglio 1996) un'ispezione ministeriale, che avrebbe accertato la piena sussistenza di un contrasto concreto tra la dottoressa Pinto e il dottor Ursino ma avrebbe anche genericamente rilevato una compatibilita' delle mansioni affidategli col suo profilo professionale senza far cenno all'effettivo contenuto ne' alla congruenza, alla rilevanza ed all'adeguatezza sostanziale di tali mansioni e compiti, ed anzi avrebbe ipotizzato una possibile responsabilita' disciplinare a carico del dottor Ursino in ordine ad un non meglio identificato rispetto della fissazione delle ore d'ufficio per l'entrata e l'uscita nonche' in ordine alle critiche da lui formulate (nell'esercizio del mandato sindacale???), e se il dottor Ursino si sia allora determinato ad inviare al direttore generale del personale una nota (di riscontro alla relazione ispettiva) formalizzante - pur in presenza delle considerazioni di cui sopra sull'utilizzazione adeguata delle forze lavorative - il proprio recesso da ogni obiezione sul proprio incarico e la richiesta di continuare a prestare servizio nella medesima soprintendenza; se successivamente il dottor Ursino, di fronte alle due censure irrogategli dalla dottoressa Pinto (1996 e 2000), l'abbia diffidata legalmente dal mantenerle e quindi essa abbia inizialmente revocato la prima, e se invece nel 1998 la soprintendente gli abbia poi affidato (guardandosi bene dal formalizzarlo in maniera propria) l'incarico di coordinare il servizio dei prestiti, incarico prettamente amministrativo e precedentemente svolto da impiegati di livelli inferiori (risulto' anche un'altra protesta del sindacato Dirstat-Confedir); se poi la dottoressa Pinto abbia nuovamente violato (gennaio 2000) il profilo funzionale del dottor Ursino, in quanto avrebbe formalizzato (con provvedimento inoltrato al ministero) la nomina a proprio sostituto - in assenza congiunta di se stessa e del funzionario piu' anziano - nei confronti di altro funzionario di livello inferiore a quello del dottor Ursino, stravolgendo cosi' la graduazione gerarchica normativamente configurata; se intanto il dottor Ursino, proseguendo nel lavoro di ricerca scientifica mai abbandonato (malgrado tutto cio'), abbia redatto e pubblicato il volume "Capolavori della pittura italiana", se egli ne abbia trasmesso copia all'attuale ministro per i beni e le attivita' culturali, se il medesimo ministro abbia risposto per iscritto esprimendo vivo apprezzamento per il lavoro, e se invece la dottoressa Lucia Urcioli segretario particolare del ministro - con nota ministeriale protocollata abbia destinato allo studioso una singolare comunicazione (inviata pure alla soprintendente dottoressa Pinto), che l'avrebbe invitato "a non fare uso di tale lettera per qualsiasi altro fine non investendo essa alcuna funzione oltre quella di mero ringraziamento"; come valuti la predetta comunicazione (su cui il funzionario avrebbe chiesto chiarimenti) e se ritenga che possa apparire una forma tacita di collaborazione, a favore della dottoressa Pinto, nell'opera di isolamento personale e professionale che risulterebbe perseguita contro il dottor Ursino; se peraltro la dottoressa Pinto abbia espressamente proibito d'esporre all'interno della rivendita di libri (il book shop) allestita nella Galleria il volume scritto dal dottor Ursino, se per protesta contro l'ingiustificato provvedimento lo studioso abbia invocato per iscritto l'intervento del direttore generale dell'ufficio centrale per i beni ambientali, artistici e storici del ministero (il quale non avrebbe risposto), e se la dirigente - quale ennesima manifestazione d'aperta avversione - abbia irrogato al funzionario (maggio 2000) una nuova censura (contestata prontamente dall'interessato - anche sul piano legale -, e successivamente oggetto di protesta da parte della Dirstat-Confedir) per asserite e non dimostrate violazioni delle disposizioni da lei impartitegli in merito alla mostra "Naturalismo astratto" nonche' genericamente per l'insufficienza dell'impegno profusovi (circostanza che risulterebbe ampiamente smentita dai fatti e dai lusinghieri risultati ottenuti); se, a seguito di quest'ultimo episodio vessatorio e della sedimentazione di quelli pregressi, siano insorti nel dottor Ursino vizi cardiaci d'importante rilevanza e crisi ipertensive di frequenza crescente nonche' sindromi ansioso-depressive ricorrenti e disturbi del sonno, e se tale quadro clinico (accertato da vari referti medici) l'abbia talvolta costretto a periodi d'inattivita' forzata; se dunque la vicenda in esame, negli oltre cinque anni del suo continuo verificarsi, sia spiccatamente connotata da mobbing (o, specificamente, da bullying) in quanto determinatasi come un complesso d'atti, caratterizzati da ripetitivita' e durata di medio-lungo periodo, posti in essere da un "capo" contro il dipendente di livello inferiore e comportanti la sistematica non attribuzione d'incarichi adeguati o l'assegnazione di compiti squalificanti, la formulazione di continue critiche alle prestazioni od alle capacita' professionali del "mobbizzato" anche con atti di rilevanza esterna al luogo di lavoro, l'irrogazione di censure prive d'effettiva motivazione o con motivazione scarna e lacunosa, la compromissione dell'immagine professionale e personale sul luogo di lavoro ed altre conseguenze negative sul soggetto colpito, tra cui un progressivo e crescente logorio psicofisico tale da provocare l'insorgere di patologie mediche ed alterazioni neuro-psicologiche, con effetti talvolta irreversibilmente lesivi per l'organismo anche in ordine alla possibile durata della vita fisica; se l'articolo 2087 del codice civile italiano preveda espressamente per il datore di lavoro l'obbligo di prevenire i danni alla salute, se tale principio sia stato ribadito nonche' esteso dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive integrazioni, quando impone tra le misure di tutela "il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro... e nella definizione dei metodi di lavoro", se l'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, preveda esplicitamente quale danno "la lesione dell'integrita' psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona", e se la Corte di Cassazione civile (sezione-lavoro, sentenza n. 14443 del 6 novembre 2000) statuisca che "il demansionamento costituisce lesione della dignita' del lavoratore, tutelata dall'articolo 41 della Costituzione e dall'articolo 2087 del codice civile", osservando parimenti che il demansionamento professionale da' luogo ad una pluralita' di pregiudizi incidenti solo in parte sulla potenzialita' economica del lavoratore, che il demansionamento - oltre a determinare violazioni normative - costituisce lesione del diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della personalita' nel luogo di lavoro (specie se con effetti piu' che vantaggiosi per il datore di lavoro, come nell'ipotesi in esame) e che percio' il conseguente pregiudizio incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, con un'indubbia dimensione patrimoniale (anche se non concretamente provata nella sua entita') la quale lo rende risarcibile e valutabile anche equitativamente, dato che la mortificazione della professionalita' del lavoratore offende l'affermazione d'un valore superiore della professionalita' (direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore medesimo, e costituente sostanzialmente un bene materiale); se nella fattispecie concreta, in relazione a tali responsabilita' del datore di lavoro, si possa veramente sostenere che il ministero per i beni e le attivita' culturali abbia dato prova, nei suo interventi, d'imparzialita' e di tempestivita' nonche' d'efficacia; se pertanto le obiettive caratteristiche di tale vicenda, culminata in una specifica lesione del bene-salute (individuata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 179/1989, all'interno delle "malattie professionali non gabellate") possano far legittimamente pensare che il comportamento della dottoressa Pinto - nell'impossibilita' evidente d'allontanare dalla soprintendenza il dottor Ursino con un qualche procedimento amministrativo sostanzialmente e formalmente valido - appaia preordinato da ben cinque anni a rovinare (con qualunque effetto...) la salute psicofisica di quel funzionario allo scopo di non averlo comunque piu' "tra i piedi" e di non farlo piu' imbattere in alcuna delle competenze gestionali che gli spetterebbero istituzionalmente nella Gnam, della quale essa e' dirigente; se infine, per quanto sopra detto, vi sia spazio per inchieste eventualmente attivate dai competenti organi giurisdizionali, se possa ammettersi che un funzionario valido e coraggioso (il quale intenda scongiurare l'eventuale instaurarsi d'un sistema d'ingiustizie in spregio dei bisogni della comunita' nazionale e delle regole del nostro ordinamento giuridico) continui ad esser sottoposto ad atteggiamenti persecutori che si rifletterebbero negativamente anche sulla vita personale e familiare, e se - in generale - non sia il caso di sorvegliare affinche' nella vita amministrativa italiana non sia avallato l'insorgere d'un "regime organizzato di privilegi" che possa addirittura costituire garanzia inviolabile di salvaguardia in danno d'ogni esigenza di giustizia concreta. (3-06866)
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CUTRUFO MAURO (MISTO) 
DELFINO TERESIO (MISTO) 
VOLONTE' LUCA GIUSEPPE (MISTO) 
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