RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00003 presentata da VISCO VINCENZO ALFONSO (PROG.FEDER.) in data 19940803
http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic6_00003_12 an entity of type: aic
La Camera, esaminato il documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 1995- 1997, presentato dal Governo in data 22 luglio 1994, considerato che: la disoccupazione di massa rappresenta il problema fondamentale della nostra epoca in grado, se non risolto, di minare le basi delle democrazie occidentali, sconvolgendone i valori fondamentali e portanti, ed annullando le conquiste frutto delle lotte e della evoluzione civile degli ultimi cinquanta anni; e riafferma quindi il diritto costituzionale del popolo italiano e quello naturale di tutti i popoli al lavoro e alla massima occupazione; alla base della disoccupazione attuale vi sono numerosi fattori, non limitabili alla sola questione di una vera o presunta rigidita' dell'offerta. Decisive nel determinare gli attuali livelli di disoccupazione sono state sicuramente le scelte di politica economica seguite in occidente negli ultimi quindici anni, condizionate dall'assenza di una credibile leadership mondiale, dalla mancanza di coesione politica tra i principali paesi industriali, da una sotterranea guerra commerciale tra Stati Uniti e Giappone, dalla preoccupazione americana nei confronti dell'integrazione europea, dalla assenza di un valido coordinamento delle politiche economiche e quindi dal prevalere di politiche monetarie restrittive a livello di singolo Stato, come unica garanzia per la stabilita' dei prezzi e dell'equilibrio delle bilance dei pagamenti. Tali politiche tuttavia hanno provocato per un lunghissimo periodo, come mai era stato dato di vedere nell'intera storia del capitalismo, tassi di interesse elevatissimi; hanno creato un rallentamento della crescita; disoccupazione di massa; e sono in Europa responsabili della quasi totalita' dei diciotto milioni di disoccupati esistenti; hanno distorto le scelte di investimento allontanandole da quelle a rendimento differito nel lungo termine; hanno creato disavanzi nei bilanci pubblici e l'accumulo del debito in tutti i paesi e in tutto il mondo; hanno provocato una finanziarizzazione delle economie probabilmente eccessiva rispetto alle necessita' di finanziamento delle imprese; hanno determinato enormi processi di redistribuzione del reddito a favore dei ceti piu' abbienti e meno laboriosi; hanno contribuito a mettere in crisi gli equilibri finanziari degli istituti del welfare; e' quindi necessario che l'attenzione dei governi, l'impegno dei parlamenti, della pubblica opinione e dei popoli si concentri sulla rimozione delle cause di tali processi involutivi e sul capovolgimento delle linee dl politica economica imposte dalle destre politiche in tutto il mondo. Il fallimento di queste politiche e' infatti di fronte agli occhi di tutti. Essendo pienamente consapevoli del fatto che il problema della disoccupazione (in particolare giovanile) non e' un problema solo italiano, bensi' parte di una ben piu' ampia questione mondiale, ritiene indispensabile un impegno fattivo, continuo, incessante del nostro Paese nelle sedi internazionali perche' la massima occupazione diventi di nuovo l'obiettivo principale delle politiche economiche, in conseguenza stigmatizza l'approccio, seguito dal Governo attuale, di disimpegno e ripiegamento provinciale in politica estera, nonche' la sua concezione della Europa come mera area di libero scambio. Esiste tuttavia una specificita' italiana rappresentata dalla eccezionale concentrazione della disoccupazione oltre che tra i giovani, nel mezzogiorno, e nella popolazione femminile. La questione meridionale rimane quindi un problema nazionale che va risolto nel contesto di una ipotesi di sviluppo valida per l'intero Paese, che va economicamente unificato creando le condizioni ambientali per lo sviluppo dell'impresa e del lavoro. Cio' implica forti investimenti (pubblici e privati) nel sistema delle infrastrutture e nel sistema formativo e la repressione della criminalita' organizzata. Esistono tuttavia anche cause di lungo periodo per la riduzione dell'occupazione, legate allo sviluppo delle nuove tecnologie. Negli ultimi anni le valutazioni usuali che collegavano l'aggravarsi della disoccupazione dei paesi industrialmente avanzati alla ridotta crescita economica hanno progressivamente ceduto il posto all'attenzione per un fenomeno nuovo, la dissociazione tra stato dell'economia - come misurato dagli indicatori classici - e prospettive dell'occupazione. I trenta milioni di disoccupati dei paesi dell'OCSE, i venti milioni di disoccupati nell'Unione Europea, all'interno del quali si collocano i due milioni di disoccupati in Italia, confermano il carattere generale del fenomeno. Sarebbe errato tuttavia ritenere che lo sviluppo delle nuove tecnologie crei inevitabilmente una dissociazione permanente tra crescita economica e occupazione. Non e' cosi': nella storia economica mondiale gia' altre volte si sono presentate situazioni di vera e propria rivoluzione tecnologica che hanno provocato una completa trasformazione dei modi di produzione, la fine dei lavori tradizionali e una forte crescita della disoccupazione (ancorche' temporanea). Viviamo oggi una fase analoga; e le caratteristiche strutturali di questo processo cominciano a risultare sufficientemente chiare, tanto da indicare le scelte in certa misura obbligate che devono essere effettuate dai governi per poter intervenire con efficacia, per gestire un processo di transizione di dimensioni epocali. L'enorme avanzata tecnologica di questi ultimi decenni si e' tradotta in un'altrettanto accelerata crescita di produttivita'. Questo processo si e' intrecciato con una progressiva "saturazione" degli indici di penetrazione nelle famiglie dei beni di consumo di massa, mentre l'orario di lavoro si e' mantenuto sostanzialmente costante. E' dall'insieme di questi elementi che deriva la rottura del parallelismo tra espansione dei consumi, della produzione e dell'occupazione, che ha garantito la stabilita' sociale, nonostante le periodiche perturbazioni, per un intero periodo storico. E, d'altra parte, al rilancio dell'espansione a dimensione mondiale secondo forme tradizionali si oppone la condizione oggettiva della questione ambientale, vero e proprio fattore limitante: essa oggi delimita lo sviluppo complessivo sostenibile mentre le condizioni della distribuzione del benessere nel mondo non lasciano prevedere che destinatari dello sviluppo possano essere tutt'ora i paesi piu' ricchi. E' da questi fatti che discendono le strategie conseguenti, oggi all'ordine del giorno del dibattito internazionale. Queste strategie individuano nelle grandi linee un percorso obbligato, gia' sperimentato in epoche passate, che comportera' necessariamente una riduzione dei tempi di lavoro e una diversa composizione della domanda e della produzione che si rivolgeranno sempre piu' a soddisfare nuovi bisogni e nuove attitudini di consumo. Cio' significa per i paesi industriali, una sostanziale riallocazione di risorse finanziarie e di occupazione dalle produzioni di beni materiali per soddisfare consumi individuali ormai insostenibili, alla produzione di qualita' della vita. Solo in tale contesto potra' essere affrontata la stessa questione demografica. I settori tradizionali dell'attuale impianto produttivo, in seguito ad interventi di razionalizzazione e innovazione tecnologica potranno mantenere un ruolo, e reali prospettive di mercato, ma lo sforzo da compiere e l'evoluzione naturale della domanda determinera' un passaggio progressivo dalle produzioni di beni materiali ad attivita' produttive orientate al risanamento urbano, al risanamento ambientale, alla valorizzazione e fruizione dei beni, culturali, alle tecnologie per il risparmio energetico, all'impiantistica per i rifiuti, alla ristrutturazione della mobilita', all'ampia e generalizzata strumentazione informatica, alla prevenzione sanitaria, alla formazione, all'istruzione. Compito dei governi e dei bilanci pubblici e' quello facilitare questo processo di aggiustamento che implica una grande trasformazione delle attivita' produttive e un progressivo spostamento delle preferenze dei consumatori, sostenuti anche da adeguate campagne culturali e interventi di incentivazione. E' in questi settori che si possono creare le nuove opportunita' di lavoro e le nuove occasione di sviluppo nei paesi economicamente piu' avanzati. In sostanza l'idea di una "societa' sostenibile", in cui le necessita' dell'economia possono finalmente incontrarsi con le necessita' della salvaguardia della salute e dell'ambiente, per costruire una societa' a misura d'uomo, e' oggi non solo espressione di una spinta ideale, ma anche di precise esigenze economiche e di crescita materiale e culturale. E' in questa ottica che va affrontato il problema del risanamento finanziario del paese dopo i guasti compiuti dal governi penta e quadripartito negli anni '80, che rimane una priorita' ineludibile. Il risanamento non e' un fatto meramente contabile ne' un fine astratto; bensi' esso rappresenta lo strumento per liberare risorse reali per lo sviluppo attraverso la riduzione dei tassi di interesse e del disavanzo pubblico. Da questo punto di vista va respinta con forza la politica seguita finora dal Governo, e che si e' espressa in interventi che hanno determinato aumenti di spesa e riduzioni di entrata per oltre 7.000 miliardi di lire nel 1995, provocando la reazione dei mercati finanziari, il crollo della lira e delle borse, il riaprirsi del differenziale dei tassi di interesse italiani rispetto a quelli degli altri paesi, e oneri aggiuntivi complessivi per la finanza pubblica per oltre 25.000 miliardi di lire. In pochi mesi sono stati cosi' compromessi i risultati di due anni di sacrifici, e da una situazione finanziaria pressoche' riportata in condizioni di stabilita' il Paese si trova di nuovo in una situazione precaria non facilmente recuperabile. La crescita dei tassi, inoltre, pregiudica e rallenta il processo di ripresa iniziato alla fine dello scorso anno. Occorre quindi riprendere il cammino interrotto: di fronte al conservatorismo senza princi'pi, alla deriva clientelare e corporativa dell'attuale governo, e alla cinica violazione di ogni impegno elettorale, e' necessario avanzare al paese una proposta che renda esplicito il fatto che il risanamento della finanza pubblica puo' essere una grande occasione per ridisegnare l'azione dei pubblici poteri in modo da aprire la strada a una nuova fase di sviluppo del paese e a una svolta nel suo processo di crescita civile. Si tratta di sollecitare le energie imprenditoriali, di lavoro, di istruzione e cultura presenti nella societa' italiana e rifiutare la politica disgregante del tessuto civile del paese che l'attuale governo sta conducendo, e costruire una prospettiva economica e civile e diversa, che utilizzi il lavoro di tutti, valorizzi il patrimonio ambientale e culturale del Paese, dia forma a una nuova qualita' della vita per tutti i cittadini. Tuteli e valorizzi il risparmio delle famiglie esposto oggi ai rischi derivanti dalla condotta irresponsabile del governo e di una possibile ripresa dell'inflazione. Il risparmio puo' essere garantito da una diversa politica, che sappia creare le condizioni perche' possa indirizzarsi verso impieghi che assicurino una stabile redditivita' in quanto collegato all'attivita' di investimento delle imprese e allo sviluppo del Paese. In conseguenza, la Camera, considerato che il quadro macroeconomico e della finanza pubblica prospettato dal documento appare scarsamente attendibile, in particolare in riferimento alla credibilita' delle quantificazioni delle entrate e delle spese, a causa soprattutto della mancata indicazione degli strumenti legislativi che si intendono adottare, e che tale incertezza e' aggravata dal fatto che alcune delle misure piu' rilevanti, quali quelle relative alla previdenza, che dovrebbero consentire imponenti risparmi di spesa, sono tuttora argomento di studio da parte di Commissioni appena insediate e oggetto di contrastato dibattito interno alla maggioranza. Individuando come assoluta priorita' la necessita' di promuovere un processo di rilancio economico, di nuovi investimenti e di uno sviluppo sostenibile che apra nuove prospettive di occupazione e di imprenditorialita', considera fortemente inadeguato il documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), invita il Governo a ritirarlo e a procedere ad una nuova e piu' corretta formulazione sulla base dei seguenti impegni: a) a proseguire nel processo di risanamento della finanza pubblica stabilizzando il rapporto debito/PIL a partire dal 1996, mantenendo costante la pressione fiscale, contenendo la dinamica della spesa, e riprendendo e perseguendo coerentemente una politica di riduzione dei tassi di interesse; b) a battersi nelle sedi internazionali per l'attuazione del piano Delors e dei progetti di investimento comunitari in esso previsti da finanziare anche attraverso l'emissione di obbligazioni europee a lungo termine e a ridotto tasso di interesse, garantite dai paesi membri della comunita'; per coordinare le politiche fiscali e monetarie dei paesi membri con l'obiettivo di ridurre i tassi di interesse e fornire un quadro di riferimento stabile a lungo termine per le imprese e gli investitori; per realizzare accordi che consentano una adeguata e uniforme tassazione dei redditi da capitale, ed evitino l'elusione delle imposte sui profitti e il riciclaggio dei proventi da attivita' illecite; per accelerare il processo di integrazione politica; c) a coordinare gli interventi di gestione del mercato del lavoro per coadiuvare le politiche per lo sviluppo e l'occupazione, riordinando l'insieme degli interventi in modo da realizzare una maggiore flessibilita', tutelando appieno i diritti dei lavoratori, rifiutando la logica del Governo che affastella nuovi istituti ad altri similari gia' esistenti e per alcuni aspetti interpreta la flessibilita' come arbitrio. Il riordino della normativa e dei sussidi dovra' avere al centro un'Agenzia, articolata sul territorio mediante idonea trasformazione delle attuali agenzie del lavoro regionali, che gestisca in termini manageriali e con vincoli di bilancio l'insieme degli stanziamenti per ammortizzatori sociali, corrispondendo un adeguato sussidio a coloro che restano senza lavoro in camblo di un lavoro interinale o, nei casi in cui cio' non sia possibile, di un lavoro socialmente utile. E' inoltre necessario operare per rendere flessibile l'orario di lavoro anche attraverso la sua riduzione puntando a ridisegnare i regimi di orario e a consentire una maggiore possibilita' di scelta del lavoratore nella gestione dei propri tempi di vita e di lavoro. Vanno altresi' incoraggiati i contratti di solidarieta', lasciando alle parti sociali la scelta se ricorrere ad essi o alla cassa integrazione (da riformare nell'ambito dell'Agenzia); vanno incoraggiati, nel rispetto della tutela dei diritti dei lavoratori, i contratti part-time, il ricorso a congedi (autofinanziati dai lavoratori con prestiti a condizioni di favore), lo scambio, ancne individuale, salario-ferie, la flessibilizzazione dell'eta' di pensionamento (con una retribuzione pensionistica che rispecchi rigorosamente i contributi versati); d) a riorganizzare la pubblica amministrazione per centri di spesa responsabili, con vincoli di bilancio e, laddove possibile, con possibilita' di gestire entrate proprie, realizzando al suo interno in sistema di incentivi efficace e sottoponendone l'azione, ogni volta che cio' sia possibile, al vaglio del mercato, in modo da provocare un salto di efficienza e di efficacia nell'erogazione dei servizi pubblici e piu' in generale nel servizi di welfare che consenta un loro maggiore finanziamento per via di mercato, tale da garantirne in prospettiva lo sviluppo. A tal fine, oltre alla privatizzazione e regolamentazione delle aziende produttrici, vanno incoraggiate le sinergie tra pubbliche amministrazioni e iniziativa privata, cooperativa, volontaria; e) a riformare, razionalizzare, modern izzare e rendere flessibile il sistema formativo italiano, al fine di non indebolire ulteriormente le prospettive di sviluppo futuro del Paese, di ridurre le diseguaglianze e garantire a tutti i cittadini, e soprattutto ai giovani, pari opportunita'. A tal fine e' necessario aumentare progressivamente, fino al 10 per cento del PIL, le risorse destinate al sistema formativo; riformare la scuola secondaria superiore, estendere l'obbligo scolastico; modificare la legislazione sulla formazione professionale, sviluppando una rete di formazione post-secondaria accanto a quella dei diplomi universitari, valorizzare la professionalita' docente; f) a realizzare l'impegno assunto con i sindacati nel protocollo del luglio 1993 che fissava gli investimenti per la ricerca al livello del 2 per cento del PIL, con particolare riferimento e incentivazione delle tecnologie piu' promettenti nei settori delle telecomunicazioni, dell'informatica, del super calcolo, della biologia, dello spazio, e dei progetti che reallizzino sinergie tra queste tecnologie. A realizzare l'integrazione tra ricerca di base, ricerca applicata, sviluppo tecnologico e diffusione dei risultati, riorganizzando il rapporto tra universita', enti di ricerca e imprese; g) a riformare il sistema fiscale in senso federale attribuendo alle regioni e agli enti locali non solo la partecipazione al gettito di imposte erariali, o la possibilita' di introdurre sovraimposte ai tributi erariali, ma soprattutto la titolarita' di tributi propri, dato che una reale autonomia esiste solo in presenza della possibilita' di manovrare autonomamente le aliquote; i trasferimenti del bilancio dello Stato devono realizzare la necessaria perequazione tra regioni con diverso grado di sviluppo. Va respinto l'approccio implicitamente punitivo al problema del federalismo contenuto nel DPEF che vede il decentramento come un'occasione per limitare gli spazi di autonomia degli enti decentrati, riducendo le risorse disponibili, tagliando i trasferimenti, scaricando sulle comunita' locali oneri ulteriori; h) a ridisegnare il sistema fiscale nel suo complesso. In primo luogo, vanno completati gli studi di settore per la definizione degli imponibili dei redditi da lavoro autonomo e impresa minore, cosi' da superare la minimum-tax con forme trasparenti e controllate di accertamento con adesione che consentano la verifica approfondita delle posizioni di ciascun contribuente in contradditorio con l'amministrazione, e senza il ricorso in nessun caso a ipotesi di concordati di massa per intere categorie basati sull'utilizzo di coefficienti statistici non in grado di distinguere la peculiarita' dei singoli operatori. E' necessario inoltre riequilibrare il prelievo tra imposte dirette sul reddito, imposte indirette e imposte sul patrimonio, cosi' da incentivare lavoro, risparmio, imprenditorialita'; vanno ridotte le aliquote delle imposte sul reddito congiuntamente alla riduzione delle agevolazioni e delle possibilita' di elusione; vanno soppressi Ilor, Iciap, contributi sanitari e tassa sulla salute nell'ambito di una operazione di decentramento fiscale. Il sistema tributario del suo complesso dovra' comunque rispettare i princi'pi costituzionali di progressivita' del prelievo e di uniforme imposizione di tutti redditi; i) ad utilizzare lo strumento fiscale per incentivare l'introduzione di nuove tecnologie meno inquinanti e modificare l'allocazione delle risorse in chiave ecologica mediante l'introduzione di un sistema di fiscalita' ambientale e di scopo senza aumento della pressione fiscale complessiva e a parita' di gettito. L'uso della leva fiscale a fini ambientali va previsto anche a livello locale; l) a rilanciare gli investimenti in infrastrutture moderne (reti telematiche, cablaggio del territorio, valorizzazione delle risorse idriche, ecc.) decisivi per il riequilibrio economico e ambientale, lo sviluppo del Mezzogiorno, e il recupero di competitivita' sistemica, senza peggiorare la situazione del bilancio pubblico, ma coinvolgendo i privati in joint ventures e in attivita' da finanziare con smobilizzo del patrimonio immobiliare pubblico e con tecniche di project financing; m) a riallocare le risorse del bilancio pubblico a favore delle giovani generazioni rivedendo le politiche relative agli assegni familiari, alla durata e alla qualita' dell'istruzicne, al diritto allo studio, alla formazione professionale, al sostegno delle nuove attivita' economiche, alla ricerca tecnologica, alla politica previdenziale, ecc.; n) a riprendere in forme nuove le linee essenziali della legge sugli appalti pubblici per realizzare un quadro normativo nel settore delle opere pubbliche che dia certezza del diritto, trasparenza e concorrenzialita' al mercato; al tempo stesso finalizzare gli investimenti pubblici a valorizzare il patrimonio ambientale e a dotare il paese di una adeguata rete infrastrutturale e di servizi (trasporti, telecomunicazioni, ecc.); o) a ridisegnare regole e soggetti del mercato finanziario, in modo che esso sia in grado di sostenere l'attivita' di investimento produttivo e di articolazione e arricchimento del tessuto imprenditoriale del Paese in un contesto di effettiva trasparenza, applicazione delle regole e autonomia degli organi di controllo; decisivo e' lo sviluppo di soggetti in grado di sostenere finanziariamente le piccole e medie imprese, una questione fondamentale per l'insieme dell'economia italiana ma in particolare per le possibilita' di sviluppo delle regioni meridionali; a canalizzare nei fondi pensione il flusso di risorse accantonate annualmente nel TFR; p) a creare, con un'azione innovativa soprattutto degli enti locali, le condizioni perche' si sviluppino nuove attivita' di mercato nel settore dei servizi; q) a rinnovare la pianificazione urbanistica, rifiutando la logica del condono edilizio che lascia mano libera agli speculatori e compromette l'assetto del territorio, in modo da dare regole certe e chiare (regime dei suoli, eliminazione degli ostacoli al trasferimento degli immobili, istituzione del governo delle aree metropolitane) a un nuova strategia urbana, fondata sulla riqualificazione delle periferie, sulla integrazione dei problemi ecologici e di mobilita', sulla tutela e valorizzazione del territorio come bene limitato e non ripetibile; r) a modificare il sistema di finanziamento della sanita' inserendolo nel contesto di una organica riforma fiscale in senso federale. Si tratta quindi di procedere a una fiscalizzazione strutturale dei contributi sanitari sostituendoli con una imposta sul valore aggiunto di impresa su base regionale: le regioni avrebbero cosi' in consistente flusso di entrate proprie in materia sanitaria, con un effetto di ampliamento dell'autonomia e a un tempo della responsabilita' loro; si ridurrebbe il cuneo fiscale che oggi alza il costo del lavoro, con effetti positivi sull'occupazione e sulla competitivita' delle imprese. A perseguire nell'immediato tutte le possibili forme di razionalizzazione e di risparmio di spesa a parita' di prestazioni (azione di controllo sui prezzi della Commissione unica del farmaco, revisione del prontuario farmaceutico, revisione di tutte le convenzioni con i privati, ecc.). A porre in liquidazione l'attuale gestione delle USL facendo emergere i debiti accumulatisi nel corso degli anni, e a prevedere un meccanismo (a base regionale) che assicuri il pagamento del fornitori non oltre i novanta giorni. In tale contesto le proposte contenute nel DPEF appaiono molto discutibili, sia perche' non attendibili quantitativamente, e quindi destinate a scaricare sulle regioni gli oneri di inevitabili disavanzi di gestione, sia perche' l'aumento del prelievo prescinde dall'entita' del reddito ed e' realizzato direttamente o indirettamente a carico degli assistiti, in modo consistente e sperequato. In prospettiva occorre tuttavia creare nella sanita' un mercato regolamentato in luogo di quello attuale caratterizzato da regole tutte a favore dei soggetti produttori e non dei fruitori. Vanno percio' attivati meccanismi nuovi, dalla responsabilizzazione budgettaria dei medici di base sul modello inglese, alla configurazione delle USL come intermediari tra soggetti di offerta, che erogano i servizi, e soggetti di domanda, le famiglie. L'essenziale, affinche' il mercato possa dare frutti positivi in un settore delicato (caratterizzato da' forti poteri di monopolio dal lato dell'offerta che possono compromettere l'universalita' e la qualita' delle prestazioni), e' che l'autorita' pubblica governi attentamente il sistema e quindi abbia i poteri e le capacita' per regolarlo e controllarlo adeguatamente; s) a riformare il sistema previdenziale tenendo presente che attualmente le risorse destinate in Italia alla previdenza coincidono con quelle che, in altri paesi, vengono destinate alla previdenza, al mantenimento del reddito dei disoccupati e al sostegno dei bisognosi. Cio' significa che in Italia sul sistema previdenziale sono stati scaricati rilevanti oneri impropri. In ogni caso il sistema previdenziale deve rimanere incentrato sul meccanismo della ripartizione, che va ridisegnato in modo da garantirne l'equilibrio finanziario complessivo, cosi' da dare certezza di diritti ai cittadini, eliminando la giungla delle ingiustizie, e allargando i margini di scelta individuale responsabile circa i tempi del proprio pensionamento. I criteri fondamentali di riforma devono essere i seguenti: omogeneizzazione dei trattamenti e unificazione delle normative e del tassi di rendimento superando i molteplici regimi attuali e assicurando un tasso al rendimento medio compatibile con la quota di PIL che si intende trasferire alla popolazione anziana; flessibilita' dei requisiti di accesso ai trattamenti, sopprimendo da un lato il vincolo di un'eta' pensionabile rigidamente fissata a sessantacinque anni, e consentendo ai singoli di anticipare o ritardare l'eta' di pensionamento a condizione di una stretta equivalenza tra contributi e benefici; correggere le misure penalizzanti sul calcolo della retribuzione pensionabile dei lavoratori giovani, indicizzandola sulla base della crescita del reddito medio procapite intervenuta nell'arco della vita lavorativa; indicizzare le pensioni al reddito prodotto. In questo quadro di coerente riassetto del sistema pubblico, e' possibile dare spazio allo sviluppo di fondi pensione integrativi. A questo scopo (v. lettera i) si tratta di utilizzare in particolare il TFR in modo da attivare una base di finanziamento ampia dei fondi e da garantire ai lavoratori un rendimento degli accantonamenti per le liquidazioni superiore a quello del regime in vigore. (6-00003)
xsd:string
RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00003 presentata da VISCO VINCENZO ALFONSO (PROG.FEDER.) in data 19940803
xsd:integer
1
19940803-19940803
RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00003 presentata da VISCO VINCENZO ALFONSO (PROG.FEDER.) in data 19940803
RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA
AGOSTINI MAURO (PROG.FEDER.)
ALBERTINI GIUSEPPE (PROG.FEDER.)
ANGELINI GIORDANO (PROG.FEDER.)
BERLINGUER LUIGI (PROG.FEDER.)
BOGI GIORGIO (MISTO)
BOSELLI ENRICO (PROG.FEDER.)
BRUNALE GIOVANNI (PROG.FEDER.)
CALZOLAIO VALERIO (PROG.FEDER.)
CAMPATELLI VASSILI (PROG.FEDER.)
CARLI CARLO (PROG.FEDER.)
CENNAMO ALDO (PROG.FEDER.)
DALLA CHIESA CURTI MARIA SIMONA (PROG.FEDER.)
DE BENETTI LINO (PROG.FEDER.)
DE BIASE GAIOTTI PAOLA (PROG.FEDER.)
DI ROSA ROBERTO IGNAZIO (PROG.FEDER.)
FERRANTE GIOVANNI (PROG.FEDER.)
FINOCCHIARO FIDELBO ANNA MARIA (PROG.FEDER.)
GIANNOTTI VASCO (PROG.FEDER.)
GUERZONI LUCIANO (PROG.FEDER.)
INNOCENTI RENZO (PROG.FEDER.)
MANCA ANGELO RAFFAELE (PROG.FEDER.)
MARIANI PAOLA (PROG.FEDER.)
MASINI NADIA (PROG.FEDER.)
MATTINA VINCENZO (PROG.FEDER.)
MATTIOLI GIANNI FRANCESCO (PROG.FEDER.)
MUSSI FABIO (PROG.FEDER.)
NARDONE CARMINE (PROG.FEDER.)
NEGRI MAGDA (PROG.FEDER.)
NOVELLI DIEGO (PROG.FEDER.)
RASTRELLI GIANFRANCO (PROG.FEDER.)
REBECCHI ALDO (PROG.FEDER.)
RINALDI ALFONSINA (PROG.FEDER.)
RUFFINO ELVIO (PROG.FEDER.)
SALES ISAIA (PROG.FEDER.)
SCHETTINO FERDINANDO (PROG.FEDER.)
SITRA GIANCARLO (PROG.FEDER.)
SOLAROLI BRUNO (PROG.FEDER.)
SORIERO GIUSEPPE (PROG.FEDER.)
SPINI VALDO (PROG.FEDER.)
TURCI LANFRANCO (PROG.FEDER.)
TURCO LIVIA (PROG.FEDER.)
VANNONI MAURO (PROG.FEDER.)
VIGNERI ADRIANA (PROG.FEDER.)
VOZZA SALVATORE (PROG.FEDER.)
SERAFINI ANNA MARIA (PROG.FEDER.)
xsd:dateTime
2014-05-14T20:42:18Z
6/00003
VISCO VINCENZO ALFONSO (PROG.FEDER.)