INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06176 presentata da EVANGELISTI FABIO (ITALIA DEI VALORI) in data 23/01/2008

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-06176 presentata da FABIO EVANGELISTI mercoledì 23 gennaio 2008 nella seduta n.272 EVANGELISTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che: all'interrogante risulta che l'Italia, a differenza degli altri Stati dell'Unione europea, non ha una disciplina professionale che identifichi e tuteli la categoria degli operatori subacquei e iperbarici; in modo improprio, ciascun segmento dell'attività industriale (ad esempio, edilizia, metalmeccanica, petrolchimica, e didattico-turistiche), utilizza, talora senza una seria formazione, operatori in immersione, inquadrandoli contrattualmente nella propria disciplina e categoria; questo è dovuto al fatto che non esiste in italia una legge sul lavoro subacqueo riconosciuta in Europa, l'imprenditore italiano che voglia assumere operatori qualificati deve rivolgersi a lavoratori stranieri dotati di brevetto «omologato» con costi, rispetto alla realtà economica italiana, superiori del 100 o 200 per cento, con effetti sulla competitività economica facilmente valutabili; l'Italia, inoltre, storicamente ha prodotto subacquei di notevole levatura, attraverso la marina militare o l'iniziativa, lodevole, delle aziende che operano nel settore che tramite AISI (Associazione imprese subacquee italiane) hanno realizzato un proprio codice normativo che si ispira ai più alti standard operativi ed è sufficiente a determinare le condizioni di sicurezza e di qualificazione professionale; ad oggi questo codice comportamentale è in iter di formazione presso l'ente normativo di unificazione italiano, ma occorre una legge dello Stato per rendere cogente erga omnes le norme che il settore si è dato affinché non vi siano operatori subacquei e iperbarici di serie A e di serie B; allo stato attuale le qualifiche e le certificazioni professionali di organizzazioni internazionali, in contrasto con le direttive comunitarie, non accettano la equivalenza degli attestati di formazione subacquea professionale né, tanto meno, gli attestati di origine militare (giudicati invece sufficienti e validi per la iscrizione al registro dei sommozzatori in servizio locale ai sensi del decreto ministeriale della Marina Mercantile del 13 gennaio 1979), essi impongono, invece, una formazione integrativa e aggiuntiva che comprenda gli argomenti e gli aspetti tipici e caratteristici previsti dal HSE (health and safety executive-esecutivo per la sicurezza e la salute del Regno Unito) che alla fine degli anni '70 codificò i criteri formativi e certificativi degli operatori subacquei nell'industria, questi riconoscimenti sono sostanziali ed ineludibili ai fini della partecipazione a gare per l'acquisizione di contratti e commesse in ambito internazionale; tale situazione, di conseguenza, penalizza pesantemente le attività imprenditoriali delle aziende italiane mettendole, di fatto, in una condizione di sudditanza rispetto alle altre aziende europee che «godono» di un quadro normativo ed interlocutori riconosciuti dall'HSE inglese, a sua volta considerato in tutto il mondo l'organismo normativo di riferimento; la carenza inoltre di una norma nazionale che determini in maniera chiara ed univoca i requisiti delle aziende e che identifichi i vari livelli di qualificazione degli operatori e i profili dei responsabili alla sicurezza determina che centinaia di operatori professionali sono costretti ad operare in condizioni di sicurezza estremamente precarie e a discrezione del buon senso del capocantiere o dell'imprenditore. Inoltre il difetto più grande dell'attuale quadro legislativo in tale ambito è quello di essere frammentato in molte disposizioni e ordinanze emanate da diversi organismi come Capitanerie di porto, ASL, Ispettorato al lavoro e assessorati regionali. A ciò va aggiunto che queste disposizioni sono spesso in contrasto tra loro e molto datate rispetto all'inevitabile progresso tecnologico; ultima in ordine di tempo è la denuncia alle autorità marittime, fatta dall'associazione di categoria AISI, contro un'impresa che eseguiva immersioni a circa 100 metri di profondità sulla condotta idrica dell'acquedotto di Capri, senza rispettare le norme minime di sicurezza per lavori subacquei a quella profondità. Tutto questo risulta ancora più grave tenuto conto del fatto che non solo un intervento della stessa natura, nelle stesse acque, aveva provocato la morte di un operatore subacqueo di comprovata esperienza, ma considerato anche il fatto che i lavori, dopo una temporanea sospensione, sono stati eseguiti senza far conoscere con quale procedura e con quale metodologia; in un momento in cui l'Italia vive l'emergenza delle morti sul lavoro su cui anche il Capo dello Stato è più volte intervenuto si comprende bene quale disagio quotidiano vivono questi cittadini tenendo conto che la legge n. 123 del 3 agosto 2007 consente l'adozione di un decreto collegato che può colmare le gravi carenze in termini di sicurezza sul lavoro e che può dare dignità ai lavoratori subacquei italiani, i quali, oggi, a causa della distrazione del legislatore verso questi problemi sono considerati molto negativamente a livello internazionale nonostante la straordinaria esperienza di uomini e aziende che hanno fatto la storia delle immersioni subacquee professionali consentendo la realizzazione di grandi opere di ingegneria marittima -: se il Ministro non reputi opportuno procedere ad una attenta valutazione della situazione lavorativa in cui si trovano ad operare gli operatori subacquei e iperbarici, se non reputi necessario mettere in atto ogni possibile iniziativa legislativa per tutelare in termini contrattuali e di sicurezza antinfortunistica i lavoratori di questo settore. (4-06176)
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