MOZIONE 1/00955 presentata da SEGONI SAMUELE (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) in data 21/07/2015

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Atto Camera Mozione 1-00955 presentato da SEGONI Samuele testo presentato Martedì 21 luglio 2015 modificato Martedì 28 luglio 2015, seduta n. 470 La Camera, premesso che: il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente « Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012 », pubblicato nel novembre del 2012, fornisce una comprensiva base scientifica di riferimento sugli impatti ambientali ai cambiamenti climatici a livello europeo, i cui principali risultati sono: a) il decennio (2002-2011) è stato il periodo storicamente più caldo in Europa con temperature sulle aree emerse di 1,3 gradi superiori rispetto al livello preindustriale, contemporaneamente le ondate di calore sono aumentate in frequenza e durata, provocando migliaia di morti nell'ultimo decennio; b) la precipitazione media sta diminuendo in Europa meridionale e sta aumentando in Europa settentrionale: le proiezioni climatiche indicano che tale trend continuerà anche in futuro, così che si verificherà un aumento di inondazioni fluviali a causa dell'intensificazione del ciclo dell'acqua causato dalle temperature più alte; c) i fenomeni di siccità stanno diventando più intensi e frequenti in Europa meridionale, mentre si prevede la diminuzione delle portate fluviali minime estive; d) l'area dell'Artico si sta riscaldando più velocemente delle altre aree europee: la fusione dei ghiacciai continentali della Groenlandia è raddoppiata dagli anni ’90. Inoltre, dal 1850 i ghiacciai alpini hanno perso circa 2/3 del loro volume; e) il livello medio marino sta crescendo causando un aumento del rischio di inondazioni costiere. Il livello medio globale marino è cresciuto di 1,7 millimetri all'anno nel XX secolo e di 3 millimetri all'anno negli ultimi decenni; f) la disponibilità di risorse idriche per l'agricoltura nell'Europa meridionale sta drasticamente diminuendo; g) i cambiamenti climatici hanno anche un ruolo nella trasmissione di malattie che provocano impatti rilevanti sulla salute umana; h) molti sono i cambiamenti nella biodiversità: fioriture anticipate di piante e di fitoplancton e zooplancton, migrazioni di piante e animali a latitudini più settentrionali o ad altitudini più elevate. Studi mostrano un rischio potenziale di future estinzioni; le principali fonti scientifiche di riferimento (rapporti di IPCC2,3 e EEA4, APAT/ISPRA5, ENEA6, FEEM7, CMCC8) concordano nel sostenere che nei prossimi decenni la regione europea e mediterranea dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno dell'Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili d'Europa. In Italia nei prossimi decenni si andrà incontro ad un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), ad un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), ad una riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali annui, all'erosione e all'inondazione delle zone costiere (con conseguente alterazione degli ecosistemi marini), alla possibile perdita di una rilevante parte del patrimonio storico-artistico-culturale. Nel complesso si assisterà all'aumento inesorabile del rischio di disastri ambientali, all'aumento dello stress idrico (con conseguente drastica riduzione delle risorse idriche), alla riduzione della sicurezza alimentare, alla riduzione dei diritti alla salute, all'inasprimento dello sfruttamento delle risorse naturali, all'aumento delle ineguaglianze e delle marginalizzazioni sociale ed economica, dei conflitti e delle migrazioni; a Parigi dal 30 novembre 2015 all'11 dicembre 2015, si terrà la XXI sessione della Conferenza delle parti-Cop 21 dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere decisi gli impegni in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari verso i Paesi più colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici; l'Italia, ad oggi, non ha raggiunto l'impegno di riduzione previsto dal Protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990); la riduzione delle emissioni osservata in questo periodo è stata dovuta prevalentemente dalla crisi economica in corso che ha ridotto consumi e produzione; quello della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici è un problema che necessita di un approccio multisettoriale, multidisciplinare e multisistemico, che impatta, in particolare, l'ambiente, le attività produttive, l'agricoltura, i rischi metereologici e idrogeologici, la società, le politiche energetiche, i flussi migratori; l'industria del carbone è la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica, il gas serra che sta cambiando il clima del pianeta e che rischia di innescare una serie di impatti devastanti per la vita della Terra così come la si conosce; secondo BankTrack e gli altri promotori dell'appello/petizione « Banks, do the Paris pledge to quit coal », «Siamo in grado di porre fine alla nostra dipendenza dal carbone, ma dobbiamo farlo in fretta. Un modo per raggiungere questo obiettivo è che le banche la smettano di finanziare questa industria». Il problema è che, come scriveva già a maggio Rinnovabilil.it , il 20 per cento dei 170 milioni di euro necessari per organizzare la Conferenza delle parti Unfccc di Parigi arriverà da finanziamenti privati e che la Francia ha già stilato una prima lista di queste aziende partner «amiche», tra le quali ci sono Engie (ex Gdf Suez) , Edf , Renault-Nissan , Suez environment , Air France , Fesr , Axa , Bnp Paribas , Air France , Lvmh , Ikea . Alcune di queste multinazionali vendono o utilizzano abbondantemente combustibili fossili, « brand che negli anni sono diventati un simbolo dell'inquinamento e della violazione dei diritti», scrive Rinnovabilil.it ; le banche che la maggioranza delle persone utilizza ogni giorno stanno alimentando la crisi climatica, canalizzando centinaia di miliardi di dollari per un settore che è ormai in crisi e, se è vero che il carbone è in crisi in molti Paesi, dal 2000 la produzione mondiale è cresciuta del 69 per cento, 7,9 miliardi di tonnellate all'anno, cosa che ha portato anche ad un aumento dei finanziamenti (a volte nascosti) da parte delle banche; nel recente rapporto « Boom and bust – Tracking the global coal plant pipeline » Coalswarm e Sierra club spiegano che dal gennaio 2010 nel mondo è stata proposta la costruzione di 2.177 impianti a carbone e molti sono in corso di progettazione o in fase di costruzione. Se queste centrali a carbone entreranno in servizio grazie ai finanziamenti bancari, la Cop21 Unfccc di Parigi è destinata al fallimento; BankTrack ritiene che, proprio per il ruolo centrale che hanno, le banche dovrebbero aiutare finanziariamente la transizione energetica, «spostando rapidamente il loro portafoglio energetico dai combustibili fossili al finanziamento dell'efficienza energetica e delle energie innovabili, transizione che deve iniziare con un impegno pubblico lasciando perdere il carbone»; secondo la conclusione a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero; per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto obiettivo dei due gradi) tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra; questa transizione verso un mondo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia; non si deve trascurare il fatto che la lotta ai cambiamenti climatici genera un concomitante miglioramento del benessere pubblico, con i benefici che ne derivano, e ritardare questa transizione farà, invece, aumentare i costi complessivi e restringerà i margini di manovra per ridurre efficacemente le emissioni e prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici; tutti i Paesi devono agire in fretta e insieme ed è questa la sfida raccolta fin dal 1994 dalle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), in nome della quale oltre 90 Paesi, sia sviluppati sia in via di sviluppo, hanno annunciato il proposito di ridurre le loro emissioni entro il 2020. Tali propositi non sono stati però sufficienti a raggiungere l'obiettivo dei due gradi e, nel 2012, la Conferenza delle parti dell'UNFCCC ha avviato i negoziati per giungere a un nuovo accordo giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, grazie al quale il mondo potrà incamminarsi sulla buona strada per raggiungere tale obiettivo, accordo del 2015 che dovrà essere definitivamente concluso a Parigi nel dicembre 2015 per essere applicato a partire dal 2020; i passi avanti compiuti in occasione della recente Conferenza sul clima di Lima hanno gettato le premesse per la conclusione a Parigi del suddetto accordo, ma la decisione più importante adottata a Lima riguarda le modalità con cui i Paesi dovranno formulare e comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni da essi proposti con largo anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi; molto prima della Conferenza di Lima, l'Unione europea ha dato prova di leadership e di determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici a livello mondiale: al vertice europeo di ottobre 2014 i Capi di Stato e di Governo hanno convenuto che l'Unione europea deve intensificare gli sforzi e entro il 2030 ridurre le proprie emissioni di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990, decisione a cui hanno fatto eco gli annunci della Cina e degli Stati Uniti; a Lima gli Stati membri dell'Unione europea hanno annunciato il proposito di versare circa la metà della capitalizzazione iniziale di 10 miliardi di dollari del fondo verde per il clima per assistere i Paesi in via di sviluppo e all'interno dell'Unione europea è stato poi adottato un nuovo piano di investimenti, mediante il quale nell'arco dei prossimi tre anni (2015-17) si sbloccheranno investimenti pubblici e privati nell'economia reale pari ad almeno 315 miliardi di euro, che consentiranno di modernizzare e «decarbonizzare» l'economia dell'Unione europea; una delle priorità è quella di costruire un'unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici con lo scopo di tradurre la decisione presa al vertice europeo di ottobre 2014 nell'obiettivo per le emissioni proposto dall'Unione europea, ossia il suo contributo stabilito a livello nazionale (Indc – Intended nationally determined contribution) , che deve essere presentato entro la fine del primo trimestre del 2015; è necessario proporre che tutte le parti dell'UNFCCC presentino i loro Indc con ampio anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi. La Cina, gli Stati Uniti e altri Paesi del G20, così come i Paesi a reddito medio e alto, dovrebbero essere in grado di farlo entro il primo trimestre del 2015, mentre ai Paesi meno sviluppati dovrebbe essere accordata maggiore flessibilità; è fondamentale tracciare le linee di un accordo trasparente, dinamico e giuridicamente vincolante che contenga impegni equi e ambiziosi di tutte le parti stabiliti in base a una situazione geopolitica ed economica mondiale in costante evoluzione; l'impegno che bisognerebbe prendere a livello europeo e che tutti i singoli Paesi dell'Unione europea dovrebbero ottemperare, dovrebbe essere quello di ridurre le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010. Se il livello di ambizione fissato a Parigi non fosse sufficiente a raggiungere questo obiettivo, occorrerebbe stilare un programma di lavoro, da avviare nel 2016 in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima, per individuare altre misure di riduzione delle emissioni; le grandi economie, in particolare l'Unione europea, la Cina e gli Stati Uniti, dovrebbero dar prova di leadership politica aderendo al protocollo il più presto possibile, accelerandone in tal modo l'entrata in vigore, che dovrebbe avvenire non appena sia ratificato dai Paesi che insieme rappresentano attualmente l'80 per cento delle emissioni mondiali. Nell'ambito del nuovo protocollo, i finanziamenti, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, come pure la costituzione di capacità a supporto dell'azione per il clima, dovrebbero favorire la partecipazione di tutti i Paesi e agevolare un'attuazione efficace ed efficiente delle strategie di riduzione delle emissioni e di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici; l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (Icao), l'Organizzazione marittima internazionale (imo) e il Protocollo di Montreal dovrebbero adoperarsi per regolare con efficacia entro la fine del 2016 le emissioni prodotte dal trasporto aereo e marittimo internazionale, nonché la produzione e il consumo di gas fluorurati; il possibile ruolo di altre politiche dell'Unione europea, come il commercio, la ricerca scientifica, l'innovazione e la cooperazione tecnologica, la cooperazione economica allo sviluppo, la riduzione del rischio di catastrofi e la politica ambientale, dovrebbe contribuire al rafforzamento della politica dell'Unione europea per il clima sul fronte internazionale; fondamentale è garantire riduzioni ambiziose di emissioni, diminuendo le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento, entro il 2050, rispetto ai livelli del 2010 e definendo, in tale contesto, impegni di mitigazione che siano chiari, specifici, ambiziosi, equi e giuridicamente vincolanti e che consentano di raggiungere l'obiettivo dei due gradi; gli impegni devono essere coerenti con i principi dell'UNFCCC, da applicarsi tenuto conto delle responsabilità, delle capacità e delle diverse situazioni nazionali in costante evoluzione; è necessario incoraggiare uno sviluppo sostenibile resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo la cooperazione internazionale e sostenendo politiche che rendano i Paesi meno vulnerabili e più capaci di adeguarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo un'attuazione e una cooperazione efficienti ed efficaci, incoraggiando l'adozione di politiche che stimolino il settore pubblico e quello privato a effettuare controlli di tutti i settori economici e di tutte le fonti di emissione, compresa l'agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo; l'Unione europea ha già messo in campo misure importanti per diventare l'economia più efficiente del mondo sotto il profilo delle emissioni: grazie all'obiettivo per il 2030 ridurrà l'intensità delle emissioni della sua economia di un ulteriore 50 per cento e con il piano di investimenti approvato di recente mobiliterà ingenti finanziamenti privati che serviranno a modernizzarla e «decarbonizzarla» ancor più. La strategia dell'Unione europea sull'adattamento, che integra le strategie dei singoli Stati membri, punta a rendere l'Europa più resiliente ai cambiamenti climatici; l'adattamento basato sugli ecosistemi, oltre a ridurre il rischio di alluvioni e l'erosione del suolo, è in grado di migliorare la qualità dell'acqua e dell'aria e la transizione verso economie a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici sarà possibile solo trasformando a fondo i modelli d'investimento; bisognerebbe promuovere gli investimenti in programmi e politiche a basse emissioni, impegnando tutti i Paesi a creare contesti più favorevoli a investimenti rispettosi del clima utilizzando le risorse in modo efficace per raggiungere vari obiettivi, concordati a livello internazionale, in materia di clima e sviluppo sostenibile; i Paesi in grado di farlo dovrebbero mobilitare un sostegno finanziario a favore delle parti del protocollo ammesse a beneficiarne; alla Conferenza di Parigi si dovrebbe anche decidere di proseguire il programma di lavoro inteso a individuare misure di mitigazione supplementari nel 2016, in stretta collaborazione con il fondo verde per il clima ed altri istituti finanziari; si tratta di un programma che assumerà particolare importanza se sarà riscontrato un divario tra il livello complessivo di ambizione degli impegni di mitigazione e le emissioni che occorre ridurre per conseguire l'obiettivo dei due gradi; lo sviluppo e l'adozione delle tecnologie nel settore del clima possono svolgere un ruolo chiave nella realizzazione degli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, nonché concorrere alla creazione di posti di lavoro e a una crescita economica sostenibile; secondo molte ricerche scientifiche, i cambiamenti climatici in atto stanno determinando un intensificarsi di eventi metereologici estremi e relativi rischi idrogeologici. Ad oggi, in Italia non è attivo un servizio meteorologico nazionale distribuito, mentre il servizio geologico nazionale appare sottodimensionato in relazione alla complessità geologica del territorio italiano. Risultano, invece, avviati i lavori su proposte di legge di iniziativa parlamentare relativi alla riforma delle agenzie ambientali (atto Senato n.1458) e alla riorganizzazione della protezione civile (discussione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati delle proposte di legge atti Camera nn.2607, 2972 e 3099), impegna il Governo: a farsi promotore, in ogni opportuna sede internazionale, di accordi sul clima vincolanti e duraturi finalizzati a: a) contenere la variazione della temperatura media globale entro il limite di 2 gradi; b) raggiungere progressivamente, sul medio e lungo periodo, una progressiva decarbonizzazione; c) sostenere l'accordo di Lima sui cambiamenti climatici approvato al termine dell'ultima sessione della conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici; a perseguire a livello nazionale obiettivi ambientali ambiziosi, coerenti con un modello di sviluppo sostenibile; a farsi promotore in sede europea dell'adozione di una fiscalità ambientale basata sull'impronta ecologica, sull'analisi del ciclo vita e sull'emissione di carbonio, in modo da favorire la conversione degli attuali sistemi energetici ed industriali verso modelli a basse emissioni; a sostenere compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, gli investimenti per l'attuazione di un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, da definire sulla base della strategia elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, considerando tali investimenti e quelli per la mitigazione dei cambiamenti climatici come prioritari per il rilancio dell'economia e la creazione di occupazione; a predisporre con urgenza dei piani per affrancare le isole minori dalla dipendenza energetica da gasolio, considerandole per conformazione e per peculiari caratteristiche geografiche e sociali dei laboratori sperimentali prioritari per lo sviluppo di energie rinnovabili ecosostenibili, smart grid e sistemi di accumulo; ad assumere, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, iniziative per stabilizzare lo sgravio fiscale riconosciuto per gli interventi di riqualificazione energetica eventualmente modificando il perimetro di interventi ammessi e il beneficio ad essi riconosciuto; ad assumere iniziative per definire un quadro normativo relativo al consumo di suolo, all'assetto del territorio e alle disposizioni generali in materia urbanistica, tale che i tessuti urbani siano dotati di ampi spazi con suolo naturale e abbondante copertura vegetale arborea, allo scopo di contrastare il riscaldamento degli ambienti urbani, fenomeno che a sua volta riveste un ruolo determinante nel riscaldamento globale; ad adottare misure specifiche ed urgenti per il potenziamento e l'efficientamento della filiera del legname made in Italy , favorendone e incrementandone l'impiego, in particolare per costruzioni in bioedilizia, mobilia ed opere di ingegneria naturalistica, allo scopo di incrementare la quantità di carbonio fissato in manufatti ad elevata durabilità; ad incentivare le pratiche agrarie che possano favorire la mitigazione dei cambiamenti climatici favorendo nel contempo lo sviluppo di un tessuto agricolo resiliente in cui la produttività non pregiudichi la biodiversità e favorendo il mantenimento e l'ulteriore sviluppo di opere e tecniche agrarie utili alla stabilizzazione dei versanti e alla regimazione delle acque meteoriche; a favorire politiche compatibili con un abbattimento di emissioni climalteranti e con la decarbonizzazione dell'economia, con particolare riferimento al settore delle politiche energetiche e a quello dei trasporti, favorendo il recupero della materia in luogo del recupero energetico all'interno del ciclo dei rifiuti; a promuovere programmi di partenariato con Paesi poveri o emergenti in modo da raggiungere il duplice obiettivo di emancipare il loro sviluppo da fonti energetiche fossili e di favorire la diffusione e penetrazione nel mercato globale di tecnologie e know-how made in Italy nel settore delle energie rinnovabili. (1-00955) (Testo modificato nel corso della seduta) « Segoni , Artini , Baldassarre , Barbanti , Bechis , Matarrelli , Mucci , Prodani , Rizzetto , Turco ».
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BARBANTI SEBASTIANO (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
BECHIS ELEONORA (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
ARTINI MASSIMO (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
BALDASSARRE MARCO (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
MUCCI MARA (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
PRODANI ARIS (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
RIZZETTO WALTER (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
TURCO TANCREDI (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
MATARRELLI TONI (MISTO-ALTERNATIVA LIBERA) 
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