RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01272 presentata da CATANOSO GENOESE FRANCESCO DETTO BASILIO CATANOSO (FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE) in data 30/05/2017

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Atto Camera Risoluzione in commissione 7-01272 presentato da CATANOSO Basilio testo di Martedì 30 maggio 2017, seduta n. 806 La XIII Commissione, premesso che: l'indifferenza politica e istituzionale, unita ai venti della globalizzazione, pone a serio rischio la secolare produzione del riso italiano che è divenuta patrimonio storico ed economico, risicoltura italiana di grandissima qualità, apprezzata in Europa e in tutto il mondo; l'Unione europea è nata anche per difendere sostenibilmente questi suoi patrimoni, non con la «chiusura» dei mercati, ma attraverso delle regole chiare e trasparenti e una organizzazione che innanzitutto garantisca e consenta al consumatore di distinguere chiaramente attraverso la tracciabilità, i prodotti di qualità da altri provenienti da mercati e/o da Paesi che non adottano regole di trasparenza come invece di fatto avviene per le produzioni agroalimentari made in Italy ; si tratta di prodotti e produzioni agroalimentari italiani affermati e sempre più ricercati in tutto il mondo che definisce l'Italia come il Paese del gusto, leader di una tradizione agroalimentare e gastronomica di fama mondiale; questo importante primato è merito pressoché esclusivo degli agricoltori e dei risicoltori italiani. Ed è per questi motivi che oggi più che mai, si ha il dovere politico e istituzionale di difendere questo grandissimo patrimonio; l'intero comparto risicolo italiano è da troppo tempo ostaggio delle conseguenze negative di una globalizzazione senza regole, irrispettosa della sicurezza alimentare che è conseguenza delle coltivazioni, delle produzioni e delle pratiche agricole adottate, della qualità e della tracciabilità dei prodotti stessi. Globalizzazione che, nel contesto delle «non regole», favorisce esclusivamente prodotti e metodi di coltivazione a «basso prezzo», lontanissimi dai parametri di qualità, di sicurezza agroalimentare e di tracciabilità richiesti invece dal mercato e dalla Unione europea, un vero paradosso per uno stato di crisi creato innanzitutto dalle burocrazie comunitarie e dalle stesse indecisioni della Unione europea; in questo scenario, controproducente per l'intera filiera, possono individuarsi anche le possibili soluzioni da ricondurre principalmente e da ricercare innanzitutto nelle importazioni a dazio zero, consentite da regole comunitarie ormai inadeguate, dalle disposizioni previste dalla nuova politica agricola comune, dalle strategie della politica di promozione e di tutela del riso, dall'integrazione della filiera e dalla farraginosità della burocrazia, sia nazionale che comunitaria; da tempo si chiede la giusta applicazione, da parte dell'Europa, delle clausole di salvaguardia sulle importazioni di riso dai cosiddetti P.M.A. (Paesi meno abbienti); clausole che risultano da troppo tempo in una fase di preoccupante indecisione e di stallo, sia dal punto di vista della loro applicazione che della discussione e della decisione europea. La progressiva crisi del riso trae le sue origini dalla concessione nel 2008 ai Paesi meno abbienti di esportare prodotti a dazio zero; tali agevolazioni hanno creato e creano tuttora serissime difficoltà alla risicoltura nazionale. Una decisione ingiusta e immediatamente contestata in sede comunitaria, ma che la stessa Unione europea non ha sinora tenuto in seria considerazione come, di fatto, la decisione stessa meriterebbe; l'Associazione delle industrie risiere italiane e l'Ente nazionale risi hanno, congiuntamente, sottoposto un dossier al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, affinché si applichi la giusta clausola di salvaguardia; in quel documento si dimostrava, concretamente e ampiamente, quali danni questa situazione sta provocando alla risicoltura italiana; su questo tema occorre registrare la totale assenza di sviluppi e di iniziative sia a livello governativo che comunitario. Le conseguenze dell'indecisionismo e dell'immobilismo sono i danni che innanzitutto si riflettono sui redditi, fortemente compressi, ma anche sulla occupazione e sugli investimenti; nel 2008 nei Paesi meno abbienti la produzione di riso, stimata era di circa 5 mila tonnellate, l'anno scorso ha toccato quota 200 mila tonnellate. Le proiezioni per la prossima campagna stimano in circa 300 mila le tonnellate di riso prodotte da quei Paesi, tra i quali spicca la Cambogia. Le difficoltà per il comparto risicolo vercellese e non solo vengono appunto ancora da Cambogia, Myanmar e Birmania, Paesi considerati emergenti, e quindi favoriti sul commercializzare il riso a prezzi decisamente inferiori e/o «stracciati» rispetto quelli nazionali; nel 2014, le importazioni di riso lavorato in Italia risultano incrementate del 17 per cento rispetto all'anno precedente. Il riso importato dal Myanmar, equivalente a cita il 15 per cento delle importazioni totali dai Paesi meno avanzati, risulterebbe in aumento del 250 per cento rispetto l'anno precedente, con una stima che, da 3.479 tonnellate, si attesta nel 2014 a circa 12.000 tonnellate. A questa già preoccupantissima situazione si aggiunge il recente accordo a livello comunitario del 4 agosto 2016, con il Vietnam. Una prospettiva che rende sempre più nero lo stato di crisi del riso italiano; l'accordo prevede la eliminazione di quasi tutte le barriere, tariffarie e non, tra i due mercati e si formalizzerà con la stesura dei testi regolamentari successivamente ratificati dal Parlamento e dal Consiglio della Unione europea. Per questo motivo il testo finale dell'accordo non è ancora disponibile e si ritiene che non entrerà in vigore prima di due anni, presumibilmente verso la metà del 2017 o l'inizio del 2018. Il contingente tariffario per il riso riguarderebbe 30.000 tonnellate a dazio zero di riso lavorato, 30.000 tonnellate a dazio zero di riso fragrante (lavorato o semigrezzo) e 20.000 tonnellate di riso semigrezzo. Per le rotture non risulterebbero ancora fissati i contingenti, ma si prevede una riduzione del dazio al 50 per cento che, progressivamente si ridurrà a zero nei cinque anni successivi all'entrata in vigore del provvedimento; il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha giudicato positivamente l'accordo con il Vietnam sul dare «in dirittura di arrivo» l'importante accordo di libero scambio che dovrebbe assicurare condizioni migliori per le DOP italiane; questo, secondo il firmatario del presente atto, lascia supporre che il Governo tenga in considerazione unicamente le esportazioni di vini e di prodotti a denominazione sacrificando, però, le merci come il riso italiano; nel contesto della «indecisione» comunitaria, che produce conseguenze e ricadute fortemente negative per la risicoltura nazionale, vanno sottolineati invece i punti di forza del riso italiano e la sua supremazia qualitativa rispetto quella dei cosiddetti Paesi emergenti asiatici. Supremazia che è diretta conseguenza di pratiche, di tecniche, di esperienze e di metodologie di coltivazione, di lavorazione e di trasformazione decisamente di alto livello, anche dal punto di vista della innovazione e comunque decisamente superiori a quelle attribuite al riso asiatico. Una qualità garantita, quella italiana, anche e soprattutto per la tracciabilità e i controlli estesi a tutta la filiera, nonché il controllo e le disposizioni comunitarie e nazionali relativi all'impiego dei fitofarmaci, dei prodotti chimici, antiparassitari e diserbanti, sino alla certificazione delle aree di produzione e di provenienza del prodotto; a giudizio del firmatario del presente atto rispetto alle regole previste dalla nuova politica agricola comune, sarebbe più che indispensabile rivedere in termini più adeguati e con un maggiore contributo, alcune delle concessioni riservate all'agricoltura e, in questo caso, alla risicoltura italiana. Sarebbe inoltre opportuno che nei piani di sviluppo rurale siano previste misure ad hoc per il riso, e comunque valide per tutte le regioni produttrici. L'ipotesi di ridurre le produzioni risicole a favore di altre coltivazioni, si scontra innanzitutto con la fattibilità e la sostenibilità, dal punto di vista agronomico, di attuare pratiche di rotazione agrarie; i terreni da anni coltivati a risaia costituiscono un condizionamento non indifferente per le nuove pratiche. Si tratta di un'iniziativa ed una metodologia che al momento si attuano esclusivamente per le produzioni biologiche, ancora avvolte da molti interrogativi, principalmente per il reddito prodotto. Inoltre, nelle aree dove la risicoltura è divenuta monocoltura nel tempo, anche le stesse aziende hanno investito in quella direzione sia dal punto di vista strutturale che tecnologico. Ritornare a ripensare alle riconversioni e/o ad altri modelli agronomici costituisce sicuramente un tema da affrontare nel tempo, proprio per le enormi difficoltà facilmente intuibili e prevedibili, ma anche e innanzitutto per gli investimenti necessari per la sua eventuale e sostenibile realizzazione, senza escludere i condizionamenti del sistema di distribuzione delle acque irrigue; dopo gli incontri svoltisi a Roma tra i rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed i rappresentanti della Commissione europea per porre in essere le basi di uno specifico accordo necessario per tutelare e valorizzare la risicoltura italiana, lo stato di fatto, ad oggi, è quello di alcuna concreta prospettiva futura, impegna il Governo: ad attuare una decisa e forte iniziativa nei confronti delle autorità comunitarie per una nuova normativa europea per la tutela e la promozione del riso che offra la possibilità di valorizzare le varietà del riso italiano e l'integrazione della filiera; ad assumere iniziative per rafforzare il processo di valorizzazione, di promozione e di ulteriore tutela; a promuovere maggiormente la conoscenza dei luoghi e della qualità delle produzioni risicole nazionali, ormai conosciute e affermate sui mercati internazionali e mondiali, anche e in particolare per i parametri di qualità e di sicurezza alimentare, decisamente superiori e lontanissimi da quelli del riso di provenienza asiatica, del tutto irrilevabili e incerti; ad adottare iniziative per difendere un prodotto simbolo della agricoltura, della identità, della storia e della stessa cultura italiana, un prodotto conosciuto e apprezzato sui mercati di tutto il mondo. (7-01272) « Catanoso ».
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