INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/01387 presentata da ROSSI ORESTE (LEGA NORD) in data 19950706

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic5_01387_12 an entity of type: aic

Al Ministro dell'ambiente. - Per sapere - premesso che: l'interrogante e' venuto a conoscenza dei gravi fatti, riportati su un dossier di Legambiente del 19 giugno 1995, del quale riporta alcune parti: "L'inchiesta relativa all'auto-affondamento di navi nel Mediterraneo ha una rilevanza di carattere internazionale e costituisce senz'altro il tassello piu' importante delle complesse attivita' giudiziarie in corso. Al centro delle indagini figurano le attivita' svolte da un ingegnere italiano, Giorgio Comerio. Il suo nome e' emerso, come ha raccontato lo stesso Comerio a Legambiente, dal fermo di un personaggio con una "fedina penale poco pulita", a causa di reati contro l'ambiente, alla frontiera di Chiasso. Questa persona era in possesso di documenti elaborati dalla societa' dello stesso Comerio e relativi a un progetto di smaltimento in mare di scorie radioattive. Secondo Comerio si tratterebbe di elaborazioni ingegneristiche di uno studio realizzato con fondi della Cee e di altri paesi (Stati Uniti, Giappone, Svizzera e Canada), costato circa 120 milioni di dollari (circa 200 miliardi) avviato nel 1977 e concluso circa 6 anni fa. Lo studio prevedeva la possibilita' di seppellire in mare, attraverso "penetratori" (siluri lunghi 16 metri, del peso di circa 200 tonnellate ciascuno), fatti "scivolare" verso i fondali argillosi da navi opportunamente attrezzate. Lo studio non e' mai stato utilizzato in modo operativo dagli organismi istituzionali. Lo stesso Comerio ha raccontato a Legambiente che le elaborazioni ingegneristiche di questo studio sono gia' state presentate a numerosi governi (ad esclusione di quello italiano) e che saranno presto disponibili su Internet. Nella conversazione avuta con Legambiente, Comerio ha anche fatto riferimento a possibili "interessi" industriali che sarebbero dietro il tentativo di screditarlo. Si tratta di gravi sospetti, sui quali invitiamo la magistratura a fare immediata chiarezza. Le indagini svolte, in prima battuta, dal Corpo forestale dello Stato, soprattutto attraverso perquisizioni, hanno consentito di acquisire una ricca documentazione relativa a questi presunti traffici: in sostanza, questa e' l'ipotesi al centro delle attivita' giudiziarie, era prevista la trasformazione di alcune navi in veri e propri "depositi" affondabili di rifiuti radioattivi. Un primo riscontro riguarda l'affondamento della nave Rosso, meglio conosciuta come Jolly Rosso ai tempi (1987) delle cosiddette navi dei veleni. Questa "carretta" dei mari, arenatasi nel dicembre del 1990 nei pressi di Capo Suvero, a Vibo Valentia Marina, era gia' stata utilizzata per il traffico di rifiuti tossico-nocivi verso il Libano. A bordo di questa nave, precipitosamente abbandonata dall'equipaggio e oggetto di un rapido, quanto inefficace, intervento di recupero, vengono ritrovati documenti relativi ai siti di affondamento di altre navi. Si tratterebbe di materiale simile a quello rinvenuto nelle perquisizioni effettuate nell'abitazione dell'ingegnere italiano. Esiste, insomma, una coincidenza diretta tra i piani per l'eliminazione in mare di scorie radioattive e i punti di affondamento di alcune navi (correlazioni che Comerio smentisce). L'attenzione degli investigatori si e' concentrata, in modo particolare, oltre che sulla Rosso, sui seguenti naufragi: motonave Anni, battente bandiera maltese, affondata nell'agosto del 1989 in Alto Adriatico, durante il viaggio dal Pireo a Ravenna, in acque internazionali al largo di Ravenna; motonave Euroriver, anche questa battente bandiera maltese, affondata nel novembre del 1991, all'altezza dell'isola Solta, di fronte all'ex Jugoslavia. I punti di affondamento di queste due navi coincidono con quelli di dispersione di scorie radioattive previsti nei documenti sequestrati al Comerio e relativi alle "Aree nazionali italiane". Al centro degli accertamenti della magistratura sono almeno una ventina di affondamenti sospetti. Le indagini si sono avvalse della collaborazione dei Lloyds di Londra perche', secondo gli inquirenti, si tratterebbe di auto-affondamenti, con conseguente truffa ai danni della compagnia assicuratrice. Legambiente attende con fiducia l'evolversi dell'inchiesta: appare comunque evidente, anche secondo le affermazioni fatte dall'ingegner Comerio, che studi e piani elaborati con finanziamenti rilevanti da parte di soggetti istituzionali, e relativi a una materia cosi' delicata come lo smaltimento di rifiuti radioattivi, hanno imboccato strade inquietanti e pericolose. Il secondo anello delle inchieste giudiziarie in corso e' costituito da diversi episodi, segnalati da Legambiente alla magistratura, relativi a presunti traffici di rifiuti radioattivi in Calabria. Nel marzo del 1994 la nostra associazione ha presentato un esposto alla Procura presso la Pretura di Reggio Calabria in cui venivano riportate notizie circa la presenza di discariche di rifiuti abusive in Aspromonte, in particolare nella zona tra la Limina e Cinquefrondi. A questo esposto ne sono seguiti altri, attualmente al vaglio della magistratura, relativi alle gia' citate navi affondate negli anni scorsi al largo delle coste calabresi. Sempre dalla Calabria arrivano due testimonianze, riportate dal settimanale Cuore e raccolte dalla Procura della Repubblica di Catanzaro: la prima e' quella di un pescatore rimasto vittima insieme ad un cugino, di un incidente durante una battuta di pesca. Alla rete si sarebbe impigliata, assai verosimilmente, una sorgente radioattiva, avvolta in una palla di fango. Secondo quanto riportato dal settimanale, i due pescatori avrebbero rimosso questa "palla di fango", avvertendo immediatamente un forte bruciore alle mani e agli occhi. Entrambi si sono successivamente ammalati di leucemia mieloide: Fausto Squillaciotti e' ancora in vita, il suo cugino Augusto purtroppo e' deceduto. Una seconda testimonianza e' quella resa da Salvatore Colosimo, di Staletti', che avrebbe assistito, nel 1993, allo spiaggiamento di alcuni fusti, di color giallo, immediatamente recuperati da due battelli (Isola Gialla e Corona). Queste testimonianze si sono, di fatto, intrecciate, con il recente allarme che ha investito la provincia di Catanzaro, circa la presenza di radioattivita' in alcuni tratti dela costa. Nella premessa di questo dossier si e' gia' accennato alle iniziative condotte al riguardo da Legambiente e alle risposte che la nostra associazione ancora attende circa i risultati delle analisi compiute nell'area. Lungo le coste calabresi si e' svolta, infine, una parte di quella vera e propria telenovelas che va sotto il nome di "Korabi Durres", una nave battente bandiera albanese. Nel marzo dell'anno scorso le capitanerie di porto di mezza Italia vennero allertate per seguire gli strani spostamenti della "Korabi Durres". Il viaggio dell'imbarcazione comincia il 1^ marzo 1994, dalporto di Durazzo: il carico ufficialmente e' denunciato come rottami di rame. Il 2 marzo la nave giunge nell'antiporto di Crotone, e il 3 viene ispezionata dalla locale Capitaneria di Porto che sospetta un trasporto clandestino di profughi albanesi. Invece nella stiva figurano effettivamente solo rottami di rame gettati un po' alla rinfusa: complessivamente il carico ammonta a 1.200 tonnellate. La nave viene comunque scortata fuori dell'area portuale da una motovedetta che la accompagna anche per 15 miglia: una procedura singolare se tutto risultava in ordine. Non solo: da Crotone viene allertata la Capitaneria di Porto di Palermo, dove la "Korabi" arriva il 4 marzo. Qui le autorita' marittime, oltre a ripetere i controlli gia' effettuati a Crotone, effettuano anche dei rilievi per valutare eventuali tracce di radioattivita': il controllo da' esito positivo, e il carico di radioattivita', risulta superiore ai limiti previsti dalla legge. Alla "Korabi" viene negato il permesso di scaricare il proprio carico, e anche l'accesso al porto di Palermo. Il 9 marzo, alle 11,30, la nave riparte da Palermo con destinazione Durazzo: ma il 10 la nave compare nelle acque di Pentimele, nei pressi di Reggio Calabria, e qui c'e' la sorpresa. Le autorita' marittime effettuano infatti nuovamente tutti i controlli, senza trovare pero' nel carico alcuna traccia di radioattivita'. A questo punto e' partita l'inchiesta giudiziaria per accertare se dalla "Korabi" sia stato gettto in mare una parte del carico. Della nave albanese, peraltro, si erano perse le tracce fino allo scorso 20 aprile quando e' comparsa nel porto di Pescara, dove e' stata sequestrata e controllata da cima a fondo (mentre il suo comandante, Curri Hysen Hajri veniva trattenuto in arresto). Quest'occasione, pero', non e' stata trovata alcuna traccia di radioattivita', e la "Koraby" e' potuta ripartire. Resta, ovviamente, il mistero su cio' che ha fatto la "Koraby" nel marzo scorso dopo essere stata allontanata da Palermo. Una vicenda della quale si stanno occupando le Procure della Repubblica di Crotone, Reggio Calabria, Catanzaro, Palermo, Matera e Pescara, e intorno alla quale e' stata recentemente presentata anche un'interrogazione parlamentare da parte del senatore Aldo Corasaniti. Il circolo di Legambiente di Catanzaro ha infine raccolto puntuali testimonianze, che saranno messe a disposizione dell'autorita' giudiziaria, circa la sosta, quantomeno anomala, di una motonave rimasta ferma per tre giorni, nello scorso mese di marzo, immediatamente a ridosso della cosiddetta fossa di Badolato, profonda oltre mille metri. Una presenza inspiegabile, che ha attirato l'attenzione di un gruppo di sub impegnati in attivita' sportive nello specchio di mare prossimo alla fossa in questione. Negli ultimi giorni e' emerso, sempre in Calabria, un altro episodio su cui Legambiente chiede la massima chiarezza: nella discarica di Cotronei, a Crotone, attualmente al centro di indagini giudiziarie condotte dal sostituto procuratore Giovanni Stagliano', sarebbe stata rilevata la presenza di radioattivita'. A far scattare l'inchiesta e' stata un'improvvisa ed eccezionale moria di bestiame. I tecnici dell'Universita' di Pavia, attivati dalla magistratura, hanno consegnato la loro relazione nella quale sarebbe stata confermata la presenza di Cesio 317 e un'alta concentrazione di sostanze chimiche, tossiche e velenose. La magistratura ha allertato il Prefetto di Catanzaro. La contaminazione riguarderebbe anche il fiume Neto. Quest'ultimo episodio conferma la necessita', vista anche l'assoluta inadeguatezza delle strutture sanitarie di controllo, di un intervento immediato da parte del Ministero della sanita' che si affianchi, attraverso una approfondita campagna di monitoraggio alle attivita' gia' disposte dalla magistratura. Le indagini sul presunto auto-affondamento di navi contenenti scorie radioattive si sono intrecciate con quelle condotte dal procuratore capo di Matera, Nicola Pace, sulla gestione del centro Enea di Trisaia, indagini estese anche all'altro centro Enea di Saluggia, in Piemonte. Come gia' accennato nella premessa di questo dossier, dall'inchiesta non sono emersi finora episodi di contaminazione esterna ai centri. I problemi riguardano le attivita' svolte all'interno ed in particolare lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, soprattutto liquidi. Dal rapporto sullo Stato dell'Ambiente pubblicato dal Ministero dell'ambiente nel 1993, si evince che al centro ENEA di Trisaia, "sono presenti circa 2.660 metri cubi di rifiuti solidi, 51 metri cubi di rifiuti liquidi a bassa attivita' e 3 metri cubi di rifiuti ad alta attivita'. I rifiuti solidi sono conservati in contenitori metallici e sono costituiti per il 65 per cento da materiale di risulta provenienti da operazioni di bonifica, il rimanente 35 per cento proviene dalle attivita' dell'impianto e sono costituiti da rifiuti tecnologici. Complessivamente l'attivita' stimata per tali rifiuti e' dell'ordine della decina di TBq. Sono inoltre presenti alcune decine di metri cubi di rifiuti solidi con un'attivita' superiore ai precedenti, costituiti da filtri del sistema di depurazione acqua con un'attivita' superiore ai precedenti, costituiti da filtri del sistema di depurazione acqua piscina e da spezzoni di materiali metallici delle guaine degli elementi di combustibile trattati. L'attivita' associata ai rifiuti liquidi e' stimata in alcune decine di TBq per quelli a bassa attivita', e di PBq per quelli ad alta attivita'. Per questi rifiuti e' previsto un trattamento di cementazione per la bassa attivita' e di vetrificazione per l'alta attivita'". Per quanto riguarda il centro Eurex-Enea di Saluggia, in Piemonte, i dati ufficiali parlano di circa 115 metri cubi di rifiuti radioattivi ad alta attivita', 128 metri cubi di bassa attivita' e circa 1.300 metri cubi non condizionati. L'intervento della magistratura, avviato nel 1993, ha conosciuto un significativo sviluppo nei giorni scorsi: sono stati inviati, infatti, dalla procura di Matera avvisi di garanzia ai dirigenti del centro di Trisaia e attualmente sono in corso interrogatori per accertare quali attivita' effettivamente si tenessero presso questo stabilimento, e per rispondere ad alcune importanti questioni, da tempo sollevate da Legambiente: le quantita' riscontrate di materiale radioattivo rinvenuto al centro di Trisaia al momento del sequestro sono le stesse denunciate dal rapporto del Ministero dell'Ambiente? I livelli di attivita' sono quelli stimati? I processi previsti di cementazione e di vetrificazione a seconda dei livelli di attivita' delle scorie presenti, sono stati messi in atto o ci si e' limitati a stoccare il materiale in arrivo? E questo materiale di risulta, da dove proviene? Non va dimenticato che il centro Enea di Trisaia avrebbe dovuto dismettere le attivita' nucleari, all'indomani del referendum, per dedicarsi ad attivita' per la ricerca di fonti energetiche alternative ed e' stato invece trasformato - e tutora lo rimane - in un centro di stoccaggio, ovvero in una pattumiera di rifiuti radioattivi provenienti non solo dagli altri centri ENEA, ma anche da altre attivita'. In attesa di avere risposte chiare sarebbe stato quindi quanto meno corretto fornire una costante informazione alla popolazione dei paesi prospicienti il centro ENEA di Trisaia sugli effettivi rischi per la salute e per l'ambiente che la vicinanza ad un tale centro possono comportare. Tutto cio' non e' stato fatto, ed e' anzi stata Legambiente a verificare se il territorio prospiciente il centro di Trisaia non presentasse livelli di radioattivita' superiori alla normale soglia naturale. Un'e'quipe di Legambiente ha effettuato campionamenti di terreno, acqua, frutta, ortaggi, prodotti ittici per controllare la presenza di radioattivita' nell'area circostante il centro di Trisaia. I risultati delle analisi condotte su questi campioni dall'Istituto di Fisica Generale Applicata dell'Universita' di Milano per conto di Legambiente hanno cosi' dato un contributo quanto meno alla tranquillita' della popolazione per cio' che riguarda i possibili rischi sanitari diretti. I campioni di diverse matrici ambientali esaminate non hanno infatti rivelato una significativa presenza di radionuclidig emettitori artificiali e naturali al di sopra dei livelli normali." -: quali siano gli intendimenti del Ministro, al fine di tutelare la salute della popolazione ed il patrimonio ambientale dalle possibili conseguenze dei gravissimi fatti suesposti. (5-01387)
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