INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00001 presentata da BERSELLI FILIPPO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 19960509
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Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che agli interroganti risultano i seguenti fatti: nei giorni scorsi, il Presidente della Corte d'Assise di Bologna, dottor Libero Mancuso, accoglieva la richiesta di astensione formulata dal dottor Alberto Albiani, giudice di quella stessa corte davanti alla quale il giorno 9 maggio 1996 e' previsto l'inizio del processo a carico dei componenti della cosiddetta banda della "Uno bianca"; tale procedimento, come e' noto, riguarda numerosi e gravissimi fatti di sangue, tra i quali si evidenzia soprattutto il triplice omicidio dei carabinieri consumatosi presso il quartiere Pilastro il 4 gennaio 1991; l'istanza di astensione formulata dal giudice Albiani e' motivata dal fatto che lo stesso magistrato era stato in passato componente della Corte d'Assise che aveva giudicato ora ascritti o ascrivibili, secondo la impostazione del pubblico ministero dottor Giovannini, ai componenti della banda della "Uno bianca", e piu' precisamente ai fratelli Savi; se, da una parte, e' doveroso prendere atto della correttezza e della trasparenza del dottor Albiani, dall'altra ci si chiede come mai il Presidente della Corte dottor Libero Mancuso non abbia a sua volta sentito il dovere di astenersi; il dottor Mancuso, infatti, quale Presidente della seconda sezione penale del tribunale di Bologna, in data 24 gennaio 1995 pronunciava una ordinanza sull'appello presentato da William Peter Santagata ed altri avverso le ordinanze con le quali il GIP di Bologna aveva rigettato le istanze di revoca di talune misure cautelari, presentate dagli imputati in un procedimento che riguardava anche un assalto armato al campo nomadi sito in Santa Caterina di Quarto, avvenuto il 10 dicembre 1990; lo stesso fatto di sangue sara' portato dinanzi alla Corte d'Assise di Bologna, presieduta dallo stesso dottor Mancuso. Imputati sono i componenti della banda della "Uno bianca", ed in particolare Roberto e Fabio Savi; a pagina 9 della suddetta ordinanza, il collegio presieduto dal dottor Mancuso prendeva in esame proprio le confessioni dei fratelli Savi in merito: all'omicidio dei tre carabineri avvenuto al Pilastro il 4 gennaio 1991; all'assalto al campo nomadi avvenuto in Santa Caterina di Quarto il 10 novembre 1990; alla stessa pagina dell'ordinanza si legge testualmente: "Vanno apprezzate le confessioni dei due fratelli Savi; le dichiarazioni delle mogli che hanno riferito, pur con titubanze, che la notte e il giorno successivo all'eccidio presero conoscenza della partecipazione al medesimo da parte dei loro mariti; la ferita riportata da Roberto Savi la sera dell'eccidio; il sequestro a Fabio Savi delle tre armi che, secondo le attuali conclusioni del c.t., risultano avere sparato la sera del 4 gennaio 1991. Quanto al punto 2), vanno prese in considerazione la confessione di Roberto Savi; la circostanza che le armi che spararono a Santa Caterina di Quarto furono, sempre allo stato attuale degli accertamenti tecnici, con ogni probabilita' le stesse che spararono nell'eccidio dei carabinieri al Pilastro, e cioe' sempre quelle rinvenute in possesso di Fabio Savi e al medesimo sequestrate"; alla pagina 17 dell'ordinanza ugualmente si legge come "gli originali elementi indizianti, nonche' quelli successivamente acquisiti dal pubblico ministero e sottoposti al giudizio di questo tribunale, devono essere rivisti alla luce delle confessioni dei fratelli Savi, che, come si e' detto, hanno ammesso la loro partecipazione all'evento criminoso (cfr. dich. ud. dibatt. resa al processo Pilastro di Roberto Savi, in atti), ammissione confortata dalla circostanza che le armi utilizzate a Santa Caterina risultano le stesse usate in altri fatti criminosi, quale quello del Pilastro, ugualmente ammessi dai Savi (cfr. sulle armi dich. C.T. del P.M., ingegner Farneti, ud. dibatt. processo Pilastro, in atti). Anche per questo episodio valgono le considerazioni sopra svolte in ordine all'omicidio del tre carabinieri, e cioe' che allo stato degli atti, e salvo ogni sviluppo d'indagine, la commissione del fatto da parte dei fratelli Savi e loro eventuali complici appare alternativa alla partecipazione di William Santagata al medesimo fatto"; infine, alla pagina 21, il tribunale presieduto dal dottor Mancuso afferma come "l'emergenza della vicenda Savi determina un necessario mutamento del quadro delineato. Richiamato quanto gia' esposto sull'alternativa delle ipotesi ... l'attuale venir meno dei gravi indizi di colpevolezza a carico del Motta per il triplice omicidio del Pilastro impone di prendere in considerazione le letture differenti degli altri elementi raccordati all'eccidio"; e' chiaro, quindi, come il dottor Mancuso abbia affrontato e valutato nel merito, pur in un diverso procedimento, gli indizi gravanti a carico dei fratelli Savi; imputati che il magistrato si appresta a giudicare il 9 maggio 1996. Ad avviso degli interroganti, emerge chiaramente a suo carico una situazione di incompatibilita' assoluta con l'incarico che si appresta a svolgere, che trova un inoppugnabile fondamento nello spirito di una recente sentenza della Corte costituzionale; c'e' da chiedersi come mai il dottor Mancuso abbia accolto la richiesta di astensione del giudice Albiani, motivata esclusivamente da ragioni di opportunita', e non si sia nel contempo doverosamente assunto l'obbligo di dichiarare la propria incompatibilita'; rispetto al procedimento in questione, per il dottor Mancuso non si evidenziano meri motivi di opportunita', ma si profilava e si profila invece, a parere degli interroganti, un vero e proprio obbligo di astensione da lui platealmente violato; quanto sopra esposto non garantisce che un processo cosi' importante, che coinvolge le istituzioni e la intera cittadinanza bolognese, sia iniziato con la massima trasparenza, che e' l'unica garanzia per giungere all'accertamento della verita', a prescindere dall'intendimento di tutelare e coprire qualsiasi interesse di parte; non giova inoltre alla trasparenza ne' del processo ne' delle precedenti indagini preliminari svolte dal pubblico ministero il fatto che, secondo quanto risulta agli interroganti, l'attuale rappresentante della pubblica accusa, dottor Giovannini, sarebbe stato designato dal dottor Gino Paolo Latini, procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Bologna, quale titolare delle indagini relative ai cosiddetti delitti della "Uno bianca", previa sua offerta volontaria di assumersi tale incarico - e cio' unitamente ai dottori Giovagnoli e Serpi -, su precisa indicazione del procuratore aggiunto dottor Luigi Persico al suddetto dottor Latini a mezzo di lettera con cui si manifestava tale disponibilita'; sia il dottor Giovannini che i dottori Giovagnoli e Serpi, cosi' come il dottor Libero Mancuso, sono noti esponenti della corrente di sinistra Magistratura Democratica; gli interroganti ritengono che questo tipo di monopolio sul processo, di fatto posto in essere da tale corrente, desta seri dubbi in merito alla possibilita' che le indagini preliminari ed il successivo dibattimento che si celebrera' abbiano avuto ed abbiano come fine esclusivo la ricerca della verita', ma un qualche interesse proprio di Magistratura Democratica-: se il Ministro interrogato intenda, sulla base degli elementi - di facile reperibilita' - forniti dagli interroganti, esercitare i propri poteri ispettivi in ordine all'intera vicenda sopra descritta, e, nel caso si profilasse in tale sede la violazione degli obblighi di astensione da parte del dottor Libero Mancuso, quali iniziative intenda assumere sul piano disciplinare. (5-00001)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00001 presentata da BERSELLI FILIPPO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 19960509
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
NERI SEBASTIANO (ALLEANZA NAZIONALE)
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BERSELLI FILIPPO (ALLEANZA NAZIONALE)
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SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
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