INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/29814 presentata da PISCITELLO CALOGERO (I DEMOCRATICI - L'ULIVO) in data 20000522
http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_29814_13 an entity of type: aic
Al Ministro della sanita'. - Per sapere - premesso che: in data 12 maggio 2000 e' stata comunicata per iscritto da parte della direzione sanitaria del policlinico universitario a gestione diretta di Udine (Pu a Gd) l'avvenuta 'sospensione' dalla lista d'attesa per il trapianto di fegato del signor Camarrone Dionisio, nato a Palermo il 16 settembre 1936 ed ivi residente; tale comunicazione scritta e' stata sollecitata verbalmente e ripetutamente negata (con inconsistenti motivazioni), e giunge a seguito di apposito telegramma inviato dal legale rappresentante del paziente in questione (in aggiunta a lettera firmata dal paziente); tale comunicazione di 'sospensione' giunge dopo verbali annunci di 'esclusione' pervenuti ai familiari da parte dei sanitari interessati; solo a seguito di vibrate proteste su correttezza e legittimita' di tale improvvida decisione (adottata contro le convenzioni accettate in materia di recidiva su epatocarcinoma da cirrosi ex virus Hcv, come in seguito si dimostrera') si e' avuta notizia della rettifica (da 'esclusione' a 'sospensione'); almeno dal 1992 (primo esame positivo), il paziente soffre di cirrosi epatica (degenerazione epatica da virus Hcv, epatite C, contratta in seguito a trasfusione presso struttura pubblica); in seguito alla conclamazione di detta malattia, irreversibile, il paziente inizio' una difficilissima ricerca di un centro che potesse offrirgli la speranza di un trapianto, solo rimedio possibile; nel 1997, presso l'Ospedale San Carlo di Milano, in seguito ad accertata neoplasia epatica, il paziente fu sottoposto ad intervento di resezione chirurgica (e non a trapianto, come sarebbe stato giusto, secondo quanto prescritto da dottrina e protocolli); a meta' del 1998, a seguito di ricerche condotte sui centri ospedalieri specializzati in Italia nella cura delle epatopatie, il paziente chiese al Pu a Gd di Udine una visita approfondita per la candidatura alla lista d'attesa per il trapianto di fegato; tale visita si tenne (per la durata di 15 giorni furono effettuati esami di ogni tipo, e fu addirittura ordinato un intervento radicale di rimozione dei denti maggiormente a rischio, onde evitare rischi emorragici post trapianto) ma l'iscrizione in lista avvenne effettivamente sette mesi dopo, e cioe' il 31 marzo del 1999; pochissimo tempo dopo l'inserimento in lista, il paziente venne allertato per il trapianto (era pronto il fegato di un donatore), e a seguito di tale comunicazione fu richiesto, come di norma in questi casi, alla Prefettura di Palermo, l'approntamento di un volo straordinario per il suo immediato trasporto ad Udine; nel giro di un'ora - da parte dello stesso Pu a Gd - fu detto che la comunicazione era 'errata' (il fegato non sarebbe stato compatibile perche' era diverso il gruppo sanguigno), episodio davvero deprecabile (come e' possibile si verifichino errori tanto marchiani; secondo quanto affermato nei protocolli pubblicati dalla commissione 'Epatocarcinoma' dell'Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf), e significativamente intitolati 'Epatocarcinoma. Linee guida per la diagnosi e la terapia', l'indicazione a trapianto epatico per epatocarcinoma su cirrosi e' cambiata piu' volte negli ultimi vent'anni, oscillando da posizioni estremamente aperte nei confronti di ogni neoplasia a complete preclusioni nei confronti di qualsiasi malattia. Le attuali indicazioni al trapianto di fegato per epatocarcinoma derivano da una profonda revisione delle esperienze internazionali (...) L'eta' g 60 anni, come per il resto delle indicazioni generali a trapianto epatico, e' da considerarsi controindicazione solo relativa (ovverossia, relativa alle condizioni generali del paziente: funzionalita' epatica, sia pure in un soggetto cirrotico, e funzionalita' organica complessiva, ndr) (...) In sintesi, l'attuale schema di indicazioni al trapianto per epatocarcinoma e' il seguente: 1) neoplasie primitive (epatocarcinoma) giudicate non resecabili su epatopatie croniche e cirrosi; 2) noduli neoplastici singoli (malattia monofocale): fino a 5 cm di diametro; 3) noduli neoplastici singoli (malattia multifocale): fino a 3 noduli ciascuno di dimensioni inferiori a 3 cm di diametro; 4) assenza di malattia extraepatica; 5) assenza di adenopatie metastatiche e/o trombosi portale neoplastica e/o di invasione tumorale dei tronchi venosi sovraepatici o della vena cava. (...) Il rispetto dei criteri di selezione permette quindi di portare la sopravvivenza post trapianto a valori analoghi a quella dei pazienti trapiantati per la sola cirrosi, cioe' senza sovrapposizione di epatocarcinoma (...) Il trapianto di fegato rimane dal punto di vista teorico la terapia piu' definitiva nei confronti dell'epatocarcinoma, in quanto oltre alla rimozione radicale della neoplasia, e' in grado di eliminare anche la cirrosi nel fegato nativo. (...) L'epatocarcinoma tende a recidivare nel fegato ed ha scarsa propensione a diffondersi in sedi extraepatiche: pertanto la recidiva di epatocarcinoma e' stata trattata, a seconda dei casi, con trapianto ortotopico di fegato, resezione chirurgica, alcolizzazione, e piu' recentemente, con termoablazione. In linea di principio la recidiva da metastasi locoregionale e' una debole indicazione al trattamento col trapianto, poiche' sottintende un elevato rischio di invasione portale e recidiva post trapianto. Per le altre forme di recidiva valgono di principio i criteri suggeriti per il trattamento del tumore originario: la scelta del trattamento e' funzione dello stato di deterioramento clinico, numero e dimensioni delle recidive. (...) Nei pazienti in lista d'attesa per trapianto di fegato la terapia piu' indicata per contrastare la crescita e la diffusione della neoplasia e' la chemioembolizzazione intraarteriosa; lo scorso 11 maggio, presso il Pu a Gd di Udine, la recidiva - una sola localizzazione certa (malattia unifocale) di dimensioni inferiori a cm. 1,3 - e' stata trattata con chemioembolizzazione; la chemioembolizzazione e' stata praticata mesi dopo l'identificazione della recidiva e numerosi esami (richiesti dalla struttura ospedaliera ed effettuati tra Palermo e Udine) e soltanto a fronte di insistenti proteste dei familiari del paziente: era stato rivolto loro un 'invito' ad eseguire una 'alcolizzazione' (certo meno efficace di una chemioembolizzazione) in altra struttura ospedaliera; la collocazione della recidiva, in altra parte del fegato rispetto a quella in cui si verifico' il primo episodio tumorale (l'intero lobo interessato fu resecato chirurgicamente), e il fatto che la recidiva sia stata identificata ecograficamente nel gennaio scorso e sottoposta a chemioembolizzazione solo nel maggio successivo (senza che nel frattempo altre localizzazioni siano venute alla luce), tutto cio' depone in favore della sua identificazione come nuovo tumore originario (evento prevedibilissimo in una cancrocirrosi), e non come recidiva (o secondarieta') del tumore precedente, radicalmente espunto dall'organo; a seguito delle richieste di chiarimento del paziente e dei suoi familiari sul mancato trapianto, sulla originaria 'esclusione' (poi trasformatasi miracolosamente in 'sospensione temporanea') dalla lista d'attesa per il trapianto di fegato, due sanitari hanno rivolto loro altri 'inviti': 'Se lo porti a Parigi, a New York', 'Portatevelo in un altro ospedale'; nella lettera a firma del direttore sanitario del Pu a Gd di Udine, si giustifica la decisione di 'sospensione' dalla lista d'attesa del paziente sostenendo che: 'Le ragioni (...) derivano da una stima dell'attuale rapporto rischi-benefici del trapianto in base ai dati di letteratura e di consenso professionale e livello nazionale; in particolare, l'aspettativa di sopravvivenza mediana dopo recidiva di epatocarcinoma resecato chirurgicamente e' stimabile in circa 32 mesi; la terapia standard di una recidiva di epatocarcinoma dopo resezione chirurgica puo' prevedere 3 opzioni: una nuova resezione epatica; l'iniezione percutanea di etanolo; la chemioembolizzazione transarteriosa; tutte queste opzioni sono giudicate discretamente efficaci in presenza di una buona riserva di funzione epatica; la sopravvivenza dopo trapianto del fegato in presenza di recidiva di epatocarcinoma e' gravata da un elevato rischio di ripresa della malattia tumorale scarsamente suscettibile di controllo in conseguenza dell'immunosoppressione ed e' ulteriormente penalizzata da caratteristiche quali eta' maggiore di 60 anni, infezione da Hcv, pregressa chirurgia del quadrante addominale superiore; in queste condizioni, nell'esperienza del centro, dove non sono mai stati eseguiti trapianti su recidiva chirurgica, non e' da attendersi una sopravvivenza a tre anni dopo trapianto significativamente migliore a (sic) quella offerta dalle altre opzioni terapeutiche; si deve inoltre considerare che nel breve termine, il rischio di mortalita' e' significativamente piu' alto nel caso di trapianto rispetto alle opzioni di terapia locoregionale; per le ragioni sopraindicate il nostro centro ha consigliato ed avviato una terapia di tipo locoregionale al termine della quale, in presenza di un buon controllo di malattia, si potra' rivalutare l'attuale sospensione temporanea. (...)'; il paziente deve al complessivo malfunzionamento del sistema sanitario nazionale tanto la malattia (cancrocirrosi ex virus Hcv, quest'ultimo contratto mediante trasfusione effettuata in ospedale pubblico) quanto la mancata cura della stessa (nell'ordine: difficile inserimento in lista d'attesa, resezione epatica al posto del trapianto per il tumore originario, chemioembolizzazione al posto del trapianto per la recidiva e precedente 'sospensione temporanea' dalla lista d'attesa); le giustificazioni addotte dalla direzione sanitaria del Pu a Gd di Udine a sostegno della 'sospensione' contrastano con quanto prescritto dall'Aisf (in relazione, particolarmente, all'analogia stabilita tra alcune forme di recidiva e il trattamento del tumore epatico originario, con tutto quel che ne consegue in termini di indicazioni al trapianto, al solo patto di rispettare determinate condizioni - tutte rispettate quelle elencate ai punti 1, 2, 3, 4, 5 dello scritto succitato per esteso - e con la sola 'relativa' controindicazione dell'eta' - piu' di 60 anni - in un paziente in buone condizioni epatiche e complessive); pareri esattamente contrari a quello rilasciato dal Pu a Gd di Udine (e favorevoli cioe' alla soluzione radicale del trapianto) sono stati espressi da autorevoli sanitari di Palermo e di Milano; stante il pericolo incombente (ridottissime probabilita' di vita senza un trapianto) la differenza tra sospensione 'temporanea' e 'definitiva' risulta nulla; la nominale rettifica dell'ultimora addotta dal Pu a Gd di Udine (non piu' 'esclusione' ma 'sospensione') o e' una tardiva ed insufficiente ammissione dell'errore commesso o e' un grave ed offensivo tentativo di dilazionare la necessaria e inevitabile soluzione del problema: e cioe' l'immediata reimmissione del paziente in lista d'attesa, con priorita' adeguatamente riveduta; trapianti di fegato a seguito di recidive sono stati effettuati sia presso il Pu a Gd di Udine che presso altre strutture ospedaliere del Nord Italia (per esempio: Bologna e Milano, e a questo proposito andrebbero verificati tanto l'effettivo funzionamento quanto la validita' e l'universalita' dei criteri adottati dal Nit, Nord Italia Transplant, che ha sede a Milano); gran parte delle 'ragioni' addotte a sostegno della decisione di 'sospensione temporanea' (citati eta' maggiore di 60 anni, infezione da Hcv, pregressa chirurgia del quadrante addominale superiore) erano note al Pu a Gd di Udine gia' nel 1998, ben prima quindi della decisione di inclusione nella lista d'attesa per il trapianto, e i tempi medi, statisticamente ricavati, di recidiva dopo un tumore originario erano ben conosciuti, o e' - a quest'ultimo riguardo - auspicabile lo fossero dai sanitari interessati; le condizioni del paziente sono buone, per esplicita ammissione del Pu a Gd di Udine: (citato) 'La terapia standard di una recidiva di epatocarcinoma dopo resezione chirurgica puo' prevedere 3 opzioni: una nuova resezione epatica; l'iniezione percutanea di etanolo; la chemioembolizzazione transarteriosa. Tutte queste opzioni sono giudicate discretamente efficaci in presenza di una buona riserva di funzione epatica'; resta del tutto oscuro, in assenza di ulteriori specificazioni, il significato della seguente frase: '(citato) (...) non e' da attendersi una sopravvivenza a tre anni dopo trapianto significativamente migliore a (sic) quella offerta dalle altre opzioni terapeutiche.'; un errore, o ancora una superficiale valutazione, o peggio una decisione cosciente che conducano all'esclusione (o alla 'sospensione temporanea') dalla lista d'attesa per il trapianto del fegato, possono determinare la morte di un individuo -: quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per: l'immediata reimmissione del paziente in questione (stante il pericolo mortis) nella lista d'attesa per il trapianto di fegato del Pu a Gd di Udine, con priorita' adeguatamente riveduta; verificare la corretta gestione delle liste d'attesa per il trapianto di fegato presso il Pu a Gd di Udine e la validita' e l'universalita' dei criteri adottati dal Nit di Milano; impedire il ripetersi di simili incredibili episodi. (4-29814)
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PISCITELLO CALOGERO (I DEMOCRATICI - L'ULIVO)