INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/21229 presentata da PARLATO ANTONIO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE) in data 19940111
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Ai Ministri dell'industria, commercio e artigianato e incaricato per le funzioni connesse al riordinamento delle partecipazioni statali, del tesoro, del commercio con l'estero e di grazia e giustizia. - Per conoscere - premesso che: si e' appreso il 23 dicembre 1993 che il Nuovo Pignone sta per essere - anche formalmente dismesso - tra non poche perplessita', nella misura del 49 per cento delle azioni alla General Electric (25 per cento), alla Dresser (12 per cento), alla Ingersoll (20 per cento) per 1.100 milioni di lire; nei giorni precedenti era stata sottoscritta a Roma una convenzione della durata di tredici anni e mezzo tra il consorzio Nuovo Pignone-SNAM Progetti e TRAGAZ ed il GAZPROM - l'ente di Stato russo per il gas - per un valore di 3.400 miliardi relativamente alla fornitura di materiali ed apparecchiature al GAZPROM e la cui restituzione sarebbe assicurata da garanzia legata all'acquisto di gas naturale da parte della SNAM; veniva assunto che cio' avrebbe "rivalutato" (ma non si conosceva per nulla la base di partenza) il prezzo di vendita del Nuovo Pignone per il quale erano in gara quattro concorrenti - manco a dirlo tutti stranieri - e cioe' la GEC-ALSTHOM, l'ABB-ATLAS, la DRESSER-INGERSOLL RAND, la GENERAL ELECTRIC, insieme ad un gruppo di banche italiane; appare scarsamente credibile quanto veniva assunto da un comunicato ENI, secondo il quale "l'accordo dara' un importante contributo allo sviluppo dell'occupazione in Italia, coinvolgendo nelle forniture anche molte aziende italiane della piccola e media industria" mentre - si assumeva ancora - parte delle apparecchiature sarebbero prodotte dal Nuovo Pignone in collaborazione con aziende russe nell'ambito del programma di riconversione dell'industria bellica ex sovietica; i dirigenti del Nuovo Pignone due giorni dopo la predetta notizia avevano fatto pubblicare sui quotidiani una nota di diverso tenore nella quale si leggeva: "La privatizzazione del Nuovo Pignone sembra ormai alle battute conclusive e gravi preoccupazioni desta ognuna delle ipotesi di cessione fra le quali ci si appresta a scegliere. I dirigenti del Nuovo Pignone, pur condividendo la necessita' del processo di privatizzazione instaurato nel Paese, denunciano nel caso specifico la improvvisazione e le superficialita' con cui questa e' stata disposta dal Governo precedente e portata avanti da quello attuale. Ancora una volta non ci si preoccupa del destino della Societa' ne' del depauperamento tecnologico del Paese, pur di mostrare al mondo un qualche risultato sulla tanto decantata via della privatizzazione delle imprese di Stato. Ci hanno detto che l'acquirente del Nuovo Pignone sara' straniero e concorrente, perche' non si e' fatto avanti nessun altro, ma ci hanno anche detto che "piano industriale" salvaguardera' l'integrita' e lo sviluppo dell'Azienda: peccato che il "piano industriale" debba poi fare i conti con le leggi del mercato che, chi ha disposto l'operazione, ignora o vuole ignorare. Inoltre, si puo' parlare di salvaguardia quando l'attivita' industriale e' alimentata da legami tecnologici che possono variare o addirittura essere cancellati, se certi delicati equilibri vengono a mancare? Ci hanno anche detto che il Nuovo Pignone non e' "strategico": guarda caso, il recentissimo accordo con la Russia per la fornitura all'Italia di quantitativi aggiuntivi di gas naturale per i prossimi venti anni, che secondo ENI costituisce "un ulteriore rafforzamento della collaborazione industriale e tecnologica fra il Gruppo ENI e la Federazione Russa", vede il Nuovo Pignone protagonista determinante con le sue forniture di macchinari ed apparecchiature. Ci hanno detto infine che hanno bisogno di soldi e per questo hanno messo in vendita i pezzi migliori: cosi' noi pagheremo il conto per non aver dato accesso alle lottizzazioni dei partiti, per aver investito nella ricerca, per le corrette scelte tecnologiche e strategiche, per aver, insomma, costruito una Societa' che ora e' contesa da colossi internazionali che si vogliono appropriare del suo patrimonio industriale e del suo mercato. I Dirigenti del Nuovo Pignone, dopo aver tentato a lungo con spirito fattivo e collaborativo di prospettare schemi di privatizzazione che fossero in grado di garantire il futuro di una Societa' che genera ricchezza da venti anni, si dissociano dalla linea invece intrapresa e perseguita finora dal Governo, che dovra' assumersi la piena responsabilita' delle conseguenze che ne deriveranno per il Nuovo Pignone e per il Paese" -: quale sia l'avviso del Governo in ordine alle puntuali preoccupazioni espresse dai suddetti dirigenti del Nuovo Pignone in vista della ora conclusiva ma non ancora formalizzata dismissione; quale fosse il prezzo base d'asta prima dell'accordo con la GAZPROM ed in che misura esso sia stato incrementato dopo l'accordo: chi abbia valutato il Nuovo Pignone; come mai si intenda cedere a cuor leggero a stranieri, senza ritenere che la sua produttivita' debba rientrare nel quadro di uno straccio di politica industriale nazionale, una azienda come il Nuovo Pignone; come sia stato calcolato che l'accordo con la GAZPROM consentira' "un importante contributo allo sviluppo dell'occupazione in Italia" ed in quale misura cio' avverrebbe; quali siano le "molte piccole e medie aziende industriali italiane" che verranno coinvolte; quali lavorazioni, per quali importi e per quali ore di lavoro saranno effettuate dal Nuovo Pignone nell'ambito sia dell'accordo con la Russia che nelle clausole di garanzia apposte in sede di espletamento della gara; se in sede di formale vendite del Nuovo Pignone verranno stipulati patti che garantiscano davvero quanto precede in relazione alla occupazione sia del Nuovo Pignone che delle piccole e medie industrie, con formali riserve di lavorazione in favore dell'azienda e di quelle altre, piccole e medie, per prevenire e sconfiggere la logica perversa delle multinazionali acquirenti e del mercato che, come e' noto, tendono a privilegiare produzioni ed acquisti laddove possono essere spuntati costi piu' contenuti, anche se con l'assoluta indifferenza nei confronti dei diritti sociali dei lavoratori; se sia vero che il flottante esistente sul mercato sia pari all'11 per cento del capitale e che le banche coinvolte - Cariplo, Monte dei Paschi, Cassa di Risparmio di Firenze, Comit, BNL, Ambroveneto - singolarmente avranno dal 2 al 4 per cento del pacchetto azionario, con la conseguenza che o attraverso il lancio dell'OPA o attraverso operazioni di acquisizione occulta di azioni esistenti sul mercato, o ancora - dopo i quattro anni previsti al massimo per la detenzione delle azioni da parte delle banche - la maggioranza del capitale del Nuovo Pignone finira' nelle mani straniere con effetti direttamente devastanti sulla autonomia e sulla forza produttiva, dirigenziale ed occupazionale della societa': se sia vero che gli acquirenti operino in analoghi segmenti produttivi con la concreta eventualita' che essi vogliano operare in funzione esclusiva - e perche' altrimenti? - dei loro interessi di mercato, sbaragliando le potenzialita' ed il mercato del Nuovo Pignone o comunque rendendolo subalterno alla politica produttiva e di mercato dei loro insediamenti principali; se sia esatto che interventi al medesimo segmento produttivo ci siano aziende italiane del gruppo FINMECCANICA le cui offerte di acquisto, di entita' enaloga vennero inspiegabilmente respinte nel passato recente, e quali ne furono i motivi; come si pensi che il mantenimento della quota del 20 per cento dell'azienda nelle mani ENI possa garantire davvero alcunche' visto anche lo scarso valore dei patti "parasociali" e delle "clausole di garanzia", in mancanza di una appropriata fideiussione, a fronte dell'altrui possesso di quote maggioritarie con la possibilita' ed il diritto conseguente di compiere discrezionalmente le scelte ritenute opportune; se sia noto che le ricerche svolte ed in corso, il possesso dei brevetti industriali, l'alta tecnologia dell'azienda, i sofisticati macchinari, la sua presenza consolidata sui mercati (sino all'ultimo menzionato accordo con la Russia) e con il portafoglio ordini di 5.000 miliardi!, rendano davvero irrisorio il prezzo di vendita del 49 per cento come gli interroganti ritengono, e per quali concreti e dettagliati motivi sia invece infondato il loro avviso a parere del Governo; se la Procura della Repubblica di Firenze e di Roma e la Corte dei conti abbiano avviato accertamenti in ordine alla legittimita' dell'operazione anche avuto riguardo alla necessita' di tutela di interessi strategici nazionali, e dello stesso pubblico erario ed in caso affermativo in quale fase si trovino le indagini. (4-21229)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/21229 presentata da PARLATO ANTONIO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE) in data 19940111
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
CELLAI MARCO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE)
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4/21229
PARLATO ANTONIO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE)