INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16498 presentata da MICHELANGELI MARIO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) in data 19980326
http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_16498_13 an entity of type: aic
Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: nell'ambito di un clima denigratorio della Resistenza e di revisionismo storico che tende a mettere sullo stesso piano quanti, in nome della liberta', presero le armi contro l'occupante nazifascista contribuendo in maniera determinante alla liberazione dell'Italia e quanti, fascisti e repubblichini colpevoli di aver calpestato la liberta', di aver condotto il paese alla guerra e al servizio degli occupanti nazisti, compiuto stragi e uccisioni sommarie di civili e partigiani, si sta conducendo una caccia alle streghe in molti parti d'Italia nei confronti di partigiani combattenti; uno di questi episodi si e' verificato nei confronti del partigiano novantenne Giovanni Rosso, attraverso il settimanale Il Borghese che con mezzi eticamente scorretti ha carpito un'intervista, nell'agosto scorso, al Rosso su presunte azioni contro i fascisti nel 1945, quando il Rosso nel periodo dal 24 novembre 1944 al 5 aprile 1945 era detenuto presso il carcere "Le Nuove" di Torino; intervista dove il Rosso si assume la responsabilita' di azioni contro fascisti e dell'uccisione di tale capitano Cerruti repubblichino fatto arrestare, processare e fucilare dal Cln di Buttigliera; per tale intervista il Rosso ha ricevuto avviso di garanzia per omicidio plurimo aggravato in base all'inchiesta aperta dal sostituto procuratore della Repubblica Alberto Giannone sulle presunte foibe di Moncucco, per le quali, come dichiara Giuseppe Castaldi presidente dell'Anpi di Chieti alla Repubblica del 10 gennaio 1998, un'inchiesta della magistratura era gia' stata fatta nel 1946 e si era conclusa con una sentenza di non luogo a procedere; tale intervista e' stata contestata al Borghese dall'avvocato Aldo Mirate con nota del 4 settembre 1997 nella quale, a norma dell'articolo 8 legge 8 febbraio 1948, n. 47, il giornale veniva invitato a dare atto: a) che il signor Rosso contesta, come false e destituite di ogni fondamento, le notizie tutte pubblicate nel numero suindicato sotto i titoli "ecco le nuove foibe" e "gli ho sparato alla testa e poi l'ho buttato nel pozzo"; b) che lo stesso e' entrato nelle formazioni partigiane, come risulta dall'Ufficio riconoscimenti del Ministero della difesa il 10 settembre 1944 ed e' stato catturato, nel corso di un rastrellamento, il 24 novembre 1944 e da tale data e' rimasto ristretto presso il carcere "Le Nuove" di Torino fino al 25 aprile 1945; c) che conseguentemente il medesimo non puo' aver partecipato ai fatti tutti citati negli articoli summenzionati (ivi compresa l'uccisione del capitano Cerruti, avvenuta nell'estate del '44, prima dell'arrivo in zona della 19^ brigata Garibaldi; formazione nella quale il Rosso ebbe ad operare con funzioni di appoggio e di assistenza e senza essere mai inserito nei reparti armati); d) che di larga parte dei fatti di cui sopra ebbe ad occuparsi la magistratura torinese che, gia' nel lontano 1946, addivenne a proscioglimento istruttorio dello stesso Rosso e di altri antifascisti della zona; tale azione del Borghese, i cui giornalisti si sono presentati al Rosso come "compagni antifascisti" estorcendo di fatto al Rosso dichiarazioni volanti, del tipo di quelle che si possono fare in osteria, su atti di guerra non suffragati da riscontri, ha visto da parte dei familiari una denuncia all'ordine professionale, nella quale la figlia riferisce che unitamente al vecchio padre ed agli altri familiari, verso la fine della prima decade dello scorso mese di agosto, veniva a conoscenza che il settimanale Il Borghese, edito in Torino, aveva pubblicato un articolo, affiancato da una intervista apparentemente rilasciata dal padre; presa visione del giornale (non in vendita nelle edicole del comune di residenza), rilevava con costernazione che lo stesso, sotto il titolo "Ecco le nuove foibe", formulava una ricostruzione di vicende che sarebbero accadute durante l'ultima guerra e che coinvolgevano pesantemente e del tutto falsamente l'anziano genitore; constatava altresi' che il proprio genitore veniva qualificato come un feroce assassino che, durante la guerra di Resistenza, aveva "fucilato" piu' persone ed era stato in ogni caso, nella sua qualita' di "comandante partigiano", uno dei "responsabili" dell'eccidio di centinaia di fascisti che, spesso ancora vivi, erano stati gettati nelle cave di gesso esistenti in Moncucco Torinese; lo stesso giornale riproduceva una fotografia del padre inserita nel contesto di una intervista recante il titolo "Gli ho sparato alla testa e poi l'ho buttato nel pozzo"; titolo sormontato da un occhiello dicente: "Si confessa uno dei responsabili della "foiba" di Moncucco"; sia l'articolo, sia l'intervista risultavano redatti da certo signor Giorgio Ballario del quale la esponente ed i suoi familiari non avevano mai sentito parlare; immediatamente interpellato, l'anziano genitore escludeva di avere mai rilasciato interviste, di non conoscere neppure l'esistenza del settimanale Il Borghese e di avere parlato con giornalisti in epoca piu' o meno recente; lo stesso, gia' militante nel Partito Comunista Italiano, asseriva che l'unico ricordo che aveva di un colloquio (relativamente recente), sulle vicende partigiane era quello avuto con "due compagni" di Torino che gli erano presentati come antifascisti tramite un "intermediario" residente in Buttigliera; in ogni caso lo stesso escludeva di avere mai rilasciato le false dichiarazioni riprodotte nella intervista, escludeva di essersi accorto di essere stato fotografato ed in ogni caso affermava di non aver rilasciato alcun consenso alla formazione della fotografia riprodotta dal piu' volte citato giornale; la denuncia asserisce che le notizie riprodotte dal giornale Il Borghese sono totalmente false e che non solo esiste una evidente difformita' tra i contenuti del titolo e dell'occhiello, da una parte, e della presunta intervista, dall'altra parte, ma che il Rosso Giovanni (come si chiarira' in appresso) non puo' aver partecipato ai fatti che gli sono attribuiti; in proposito la denuncia precisa che: a) Giovanni Rosso, detto "Fuin", ora novantenne, e' un ex perseguitato politico comunista, che, durante il fascismo, e' stato piu' volte arrestato per impedirgli di svolgere la sua attivita' di oppositore; b) caduto il fascismo, lo stesso intensifico' la sua attivita', ma - anche per ragioni anagrafiche - non pote' inserirsi organicamente nelle formazioni partigiane. Lo stesso svolse quindi un ruolo di collaborazione estremamente intensa, unitamente ad altri cittadini di Buttigliera e dei paesi vicini, per organizzare una rete clandestina nella lotta contro i fascisti ed i nazisti. Suo ruolo fu essenzialmente, come e' riconosciuto da testimonianze, quello di eseguire rifornimenti di viveri, a sostegno dei primi gruppi partigiani (in particolare procuro', unitamente ad altri compagni di lotta, 300 quintali di grano che furono spediti nelle Valli di Lanzo alle formazioni partigiane ivi operanti). In ogni caso, egli inizio' un rapporto organico con le formazioni partigiane solo dopo l'arrivo nella zona di Buttigliera e di Albugnano di reparti della 19^ Brigata Garibaldi "Giambone", provenienti dalla Valle di Lanzo. Infatti "l'Ufficio riconoscimenti compensi ai partigiani" del Ministero alla difesa certifica che egli e' entrato nella 19^ brigata il 10 settembre 1944; c) durante un rastrellamento, in data 24 novembre 1944, venne catturato e ristretto presso le carceri "Le Nuove" di Torino, ove rimase fino alla Liberazione. Ebbe come compagno di cella certo don Marabotto, poi parroco in Torino, e si attivo' col noto padre Ruggero per prestare assistenza e conforto agli altri detenuti (spesso candidati alla fucilazione). Il fratello di Rosso Giovanni, anch'egli catturato, fu orrendamente torturato e poi fucilato in Felizzano il 4 dicembre 1944; la denuncia, sta evidenziando come da tutto cio' emerga l'assoluta falsita' della narrativa contenuta sia nell'articolo sia nella intervista, sottolinea: a) che il Rosso rimase in formazione per un brevissimo periodo di tempo (come si e' detto, dal 10 settembre 1944 al 24 novembre 1944) e per di piu' in un periodo nel quale la 19^ brigata era in via di insediamento. Conseguentemente appare illogico (per non dire ridicolo) attribuirgli l'uccisione di parecchie decine di fascisti; b) che e' assolutamente falso che lo stesso abbia avuto un qualche ruolo nella uccisione del capitano Cerruti di cui parla l'articolo, dal momento che e' stato accertato (anche giudiziariamente) che l'uccisione dell'individuo predetto (ufficiale della RSI, in collegamento coi tedeschi e quindi "ufficiale di un esercito nemico" e, fonte di grave pericolo, per i componenti dei gruppi partigiani locali, tutti ben conosciuti dallo stesso Cerruti), fu decisa dal Cln comunale di Buttigliera e fu eseguita, nell'estate 1944 e quindi prima dell'arrivo in zona della 19^ brigata. La morte dell'individuo predetto, non solo costitui' un legittimo atto di guerra, ma non puo' in nessun modo essere attribuita al Rosso Giovanni. Il titolo "Gli ho sparato alla testa e poi l'ho buttato nel pozzo" costituisce un manifesto e doloso travisamento dei fatti storici; c) che nel 1946-1947 la magistratura piemontese ebbe gia' ad occuparsi delle vicende narrate dal giornale ed in merito alle stesse si pervenne ad un ampio proscioglimento istruttorio del Rosso Giovanni, come risulta da atti processuali agevolmente acquisibili presso il Tribunale di Torino e come emerse dalle ampie cronache giudiziarie dei giornali dell'epoca; d) la denuncia evidenzia quindi che Rosso Giovanni e' ormai novantenne, pressoche' cieco (totalmente da un occhio e quasi completamente dall'altro) e si esprime con estrema difficolta'; inoltre ha notevoli difficolta' a percepire le domande che gli vengono rivolte. E' dunque del tutto inverosimile che possa avere rilasciato delle dichiarazioni cosi' ampie ed articolate, fluenti ed organiche nella loro concatenazione, come appare dall'intervista; quel che e' certo, secondo la denuncia, e' che - a suo dire - il signor Giorgio Ballario, accompagnato da altra persona, gli si e' presentato in falsa veste e non gli ha minimamente palesato di essere un giornalista e per di piu' giornalista di un settimanale che, notoriamente, persegue una linea politica antitetica a quella che ha segnato tutta la vita di Rosso Giovanni; e' da escludere infatti che quest'ultimo possa avere accettato di rilasciare dichiarazioni, avendo avuto esatta ed effettiva consapevolezza della professione dell'interlocutore e dell'organo dal quale lo stesso dipendeva; la denuncia conclude richiedendo che il Consiglio dell'ordine valuti se la condotta del giornalista non si configuri come gravemente violatrice dei canoni deontologici che dovrebbero presiedere allo svolgimento della professione (per doverosa tutela della personalita' del cittadino investito dall'attivita' di cronaca, soprattutto quando - come nel caso di specie - si tratta di un soggetto qualificabile come "soggetto debole"); nel caso di specie, secondo la denuncia, sembrano essere stati violati i piu' elementari principi dettati dallo stesso articolo 2 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, nonche' dalla "Carta dei doveri del giornalista" dell'8 luglio 1993, nonche' il dovere di lealta' e di buona fede che certamente imponeva al signor Ballario di qualificarsi al signor Rosso Giovanni e di verificare la correttezza delle notizie che si accingeva a riferire, trovando il diritto di ricercare e diffondere ogni notizia o informazione di pubblico interesse, sempre un limite "nel rispetto della verita'"; limite che deve essere perseguito "con la maggiore accuratezza possibile"; secondo la denuncia sarebbe stato violato altresi' il canone deontologico che impone di rispettare la persona e la sua dignita': un uomo dalla vita assolutamente coerente, che ha pagato prezzi umani enormi per affermare e difendere le sue idee, come Rosso Giovanni, aveva almeno il diritto di veder narrata la sua storia personale, ancorche' accostata a vicende drammatiche, con esattezza e verita'; il signor Ballario aveva a disposizione una pluralita' di fonti: l'Istituto Storico della Resistenza di Asti, gli archivi dell'ANPI, l'archivio del Tribunale di Torino, una qualsiasi biblioteca che raccogliesse le annate dei principali quotidiani editi in Piemonte negli anni '46 e '47 gli avrebbero consentito di ricostruire agevolmente il ruolo che il Rosso aveva avuto nelle vicende partigiane della zona di Buttigliera d'Asti, Moncucco Torinese e Castelnuovo Don Bosco; ritenendo inverosimile che il signor Ballario - giornalista professionista, al servizio di un importante settimanale - abbia ignorato che questi sono i doveri elementari della sua professione. la denuncia chiede al Consiglio l'accertamento se nel caso di specie l'omissione di circostanze note ed agevolmente acquisibili, non sia stata dettata dalla dolosa volonta' di raffigurare fatti e persone in un contesto storico profondamente distorto e diffamatorio; la denuncia sottolinea infine che in questo caso e' stato macroscopicamente violato il canone deontologico secondo il quale "i titoli, i sommari e le didascalie non devono travisare ne' forzare il contenuto degli articoli o delle notizie". Nel caso di specie e' sufficiente confrontare il titolo con il contenuto dell'intervista per rilevarne l'evidente dissonanza; infine (e questo e' forse l'aspetto piu' deplorevole di tutta la vicenda) la denuncia rileva che l'intervista e' stata rivolta ad un uomo di novant'anni, dalle facolta' intellettive profondamente compromesse, semi-cieco e parzialmente sordo: il Rosso era ed e' certamente uno di quei "soggetti deboli" nei confronti dei quali le regole deontologiche dettate dal Vostro Ordine impongono "il massimo rispetto"; i giudizi contenuti nella succitata memoria sono condivisi dall'interrogante in quanto e' palesemente riscontrabile l'azione strumentale del Borghese, mentre desta forti perplessita' l'inchiesta avviata dalla magistratura torinese su fatti che appartengono alla storia gloriosa della Resistenza e offrono solo il fianco a rigurgiti neofascisti e di revisionismo storico -: a quale stadio sia attualmente l'inchiesta e quali iniziative di sua competenza il Ministro interrogato intenda adottare per far si' che questa brutta pagina - nel rispetto della stessa inchiesta - sia chiusa al piu' presto. (4-16498)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16498 presentata da MICHELANGELI MARIO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) in data 19980326
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
RIZZO MARCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI)
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2014-05-15T11:34:07Z
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MICHELANGELI MARIO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI)