INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06727 presentata da FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20100408

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-06727 presentata da MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI giovedi' 8 aprile 2010, seduta n.304 FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attivita' culturali. - Per sapere - premesso che: il 3 aprile 2010 il quotidiano Il Mattino pubblicava il seguente articolo del giornalista Paolo Barbuto, sulle incredibili condizioni in cui versa la chiesa di Santa Maria a Vertecoeli: «Ha gli occhi semichiusi e il dolore disegnato sul volto. Quel Gesu' Cristo di legno ai piedi dell'altare non e' stato deposto dalla croce: e' stato strappato, spezzato, umiliato e offeso. Santa Maria a Vertecoeli, cuore della Napoli delle cento chiese; il Duomo e' a quaranta metri in linea d'aria. Eppure la fede sembra lontana mille chilometri da questo luogo sacro. Il simbolo di Gesu' che muore sulla croce, nell'oscurita' di questa chiesa vietata dai giorni del terremoto, e' stato profanato. Ed e' stata Napoli a profanarlo. L'ha lasciato a marcire nell'incuria e nell'abbandono. Non l'ha visto mentre si sgretolava e scivolava giu' dalla croce. Non l'ha raccolto quando e' caduto esattamente ai piedi dell'altare: oggi quel che resta della statua del Cristo crocifisso giace in mezzo ai detriti e al marciume, al centro di un orrendo impasto di resti di piccioni morti, pezzi degli stucchi crollati e escrementi di animali. Fino ad ora la nostra inchiesta ci ha portati dentro undici chiese abbandonate. Avevamo gia' trovato (e fotografato) una statua di Gesu' che era scivolata giu' dalla croce e si era dolcemente adagiata su un altare. Abbiamo trovato soprattutto muri crollati e ossari abbandonati, affreschi ridotti in pezzi e bare profanate: ma nessuno degli orrori in cui ci siamo imbattuti, e' stato piu' doloroso dello sguardo del Gesu' Cristo di Santa Maria a Vertecoeli. La chiesa si trova in un vicolo al quale ha ceduto il nome. Nel palazzo di fronte c'e' incastonata una colonna romana. Quella colonna viene usata per allacciare un filo di panni e per tenere le scope a testa all'insu': cosi' le scope non si rovinano, la colonna romana si' «ma quella non serve a niente», dice la signora mostrando ineffabile certezza. La sola vista della facciata esterna mette i brividi: il gigantesco portone verde e' incastonato in un mare di stucchi in pezzi, colonne aggredite dalla muffa, intonaci cadenti. Dietro al portone e' stata costruita una gabbia di ferro: l'hanno messa dopo che i ladri avevano portato via qualunque cosa. Le grate e i lucchetti, adesso proteggono il nulla che e' rimasto dentro a quel luogo. Anche il pavimento e' stato rimosso. L'unico segno dell'antica bellezza e' l'altare «tutto di scelti marmi colorati», come lo descriveva Celano 1856. E ancora al suo posto, malconcio, ma c'e'. Dietro l'altare c'e' un gatto mummificato che fa la guardia a una cassaforte svaligiata e ai cassoni dov'erano conservati gli abiti sacri. Un percorso di corridoi interni conduce al coro che ha dimensioni piccole e un tempo doveva essere bello. Oggi l'organo antico si trova esattamente al centro della struttura. Chi l'ha trascinato qui ha anche provveduto ad accartocciare le canne, a spezzettare i tasti, a ridurre in pezzi i meccanismi. Tutt'intorno allo stanzone («decorato con fini stalli di noce», scrive sempre Celano a meta' '800), gli stalli non ci sono piu'. I sedili che accoglievano preti e iscritti alla confraternita, dovevano essere talmente belli che qualcuno li ha portati via uno ad uno. Con precisione, pero'. Senza spaccare nulla. E li' dentro e' rimasta solo la base di legno accostata al muro, a ricordare come doveva essere nel 1700. Una scala malridotta e (come in tutti i luoghi abbandonati) coperta di guano, conduce al terrazzo alle spalle del campanile. E qui lo sconforto si trasforma in preoccupazione, anzi in paura. In cima all'archetto progettato da Bartolomeo Granucci per contenere la pesante campana che suonava, costantemente, per i morti, c'e' una croce di ferro. La croce pesa almeno quindici chili, forse di piu', e si trova paurosamente in bilico in cima all'archetto (...). Bastera' un colpo di vento piu' forte, una pioggia insistente, uno sbalzo improvviso di temperatura, per dare l'ultimo colpetto e sciogliere quell'incastro cosi' effimero. Prima che quella croce finisca sulla strada, per evitare che qualcuno rischi di farsi male, bisognerebbe fare qualcosa. E visto che qualcuno dovra' intervenire, si potrebbe ipotizzare un gesto pietoso: raccogliere da terra quel che resta della statua di Gesu' Cristo e, almeno, deporlo sull'altare. Lontano dalle bestie in decomposizione e dagli escrementi dei randagi» -: quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze intenda adottare a fronte dell'incredibile e avvilente vicenda sopra descritta. (4-06727)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO) 
TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO) 
ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO) 
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