INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05038 presentata da CIRIELLI EDMONDO (FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE) in data 05/06/2014

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-05038 presentato da CIRIELLI Edmondo testo di Giovedì 5 giugno 2014, seduta n. 240 CIRIELLI . — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che: l'Italia non scommette sulla diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero e ne è prova evidente la proposta, avanzata dal Ministero degli affari esteri nell'ambito della «razionalizzazione» della rete consolare nel mondo, di chiudere 32 sedi all'estero tra ambasciate, consolati, sportelli consolari e istituti italiani di cultura; in particolare, un grave passo che il nostro Governo sta per compiere è proprio l'annunciata chiusura di ben otto istituti italiani di cultura nel mondo: Ankara, Vancouver, Francoforte, Lione, Stoccarda, Lussemburgo, Salonicco, Wolfsburg; come l'interrogante ha già denunciato nell'atto di sindacato ispettivo n.4-04027 del 14 marzo 2014, il risparmio realizzato con la chiusura degli Istituti di cultura sarà di circa 800.000 euro annui e tale decisione andrebbe, addirittura, a colpire proprio quelle sedi che, grazie ai corsi di lingua italiana, riescono ad autofinanziarsi in ampia misura; sembrerebbero, invece, non contarsi gli sprechi tollerati in questi anni e le dubbie nomine di «esperti culturali» all'interno di tali istituti; in particolare, destano sconcerto due articoli pubblicati su ilFattoQuotidiano.it dello scorso 24 febbraio e 17 marzo, entrambe a firma del giornalista Thomas Mackinson, intitolati «Cultura, grazie ai politici c’è chi ci mangia. E lo scandalo italiano va in tutto il mondo» e «Bruxelles, conti in rosso e insegnanti in nero. Bufera all'Istituto italiano di Cultura»; come appare chiaro dai titoli, il giornalista denuncia le nomine fatte dal Ministro degli affari esteri senza selezione pubblica ad amici e familiari di politici, con incarichi da 15 mila euro al mese, più della stessa dotazione assegnata agli istituti per promuovere attività culturali; e la grave scoperta, a tre mesi dal semestre italiano dell'Unione europea, che gli insegnanti di lingua hanno lavorato per anni senza un contratto, perfino dentro la Commissione europea: tutto questo mentre lo stesso Ministero degli affari esteri, noncurante dell'ondata di appelli, tenta di giustificare la chiusura degli Istituti come scelta obbligata, dettata dai soliti criteri di spending review ; in particolare, si legge nei due articoli, il Ministero degli affari esteri «continua ad alimentare lo spreco degli incarichi d'oro assegnati senza alcuna trasparenza. E così ritroviamo in giro per il mondo direttori nominati dal potente di turno, esperti culturali che tali non sono mai stati e sedicenti “addetti scientifici” incaricati con molta fantasia curricolare e stipendi da diplomatici»; il riferimento è alla facoltà concessa al Ministro dalla legge n.401 del 1990 di nominare fino a 10 figure in virtù del loro indiscusso «prestigio culturale» e dell'elevata competenza nella promozione culturale, presto diventato, però, un sistema della politica per controllare le sedi più prestigiose e strategiche, affidandone la direzione a persone di fiducia; secondo l'articolo 16 della citata legge n.401 del 1990 il Ministero può dotarsi di consulenti «in possesso di specifiche qualifiche e titoli», in numero non superiore a cinque presso il Ministero e dieci per il servizio all'estero; si tratta, tra l'altro, di incarichi ambitissimi, non solo per questioni di prestigio, posti la qualifica e il trattamento economico dei direttori, equiparati a quelli del consigliere d'ambasciata, e la loro indennità di sede estera (Ise, esentasse per altro) superiore fino al 30 per cento rispetto a quella di qualsiasi funzionario pubblico; il sistema dei «chiara fama» avrebbe prodotto effetti disastrosi e imbarazzanti, posto che per queste posizioni non ci sono criteri di selezione, né pubblicità delle procedure, come i numerosi esempi riportati dal giornalista: i gravi problemi amministrativi e contabili, riscontrati dalla stessa Corte dei conti, lasciati dal professor Riccardo Viale, ultimo direttore uscente del prestigioso istituto di New York; Angela Carpifave, nominata nel 2003 a Mosca e revocata dal Ministro degli affari esteri pro tempore Fini l'anno seguente per manifesta incompatibilità ambientale; Patrizio Scimia, un tecnico dell'ENEL privo di competenze in ambito culturale, inviato a Madrid dal Sottosegretario Baccini e rimasto in carica due anni; Giorgio Ferrara, nominato nel 2003 a Parigi, che avrebbe speso soldi dell'Istituto per far costruire un teatrino in legno e cartapesta, poi rottamato, sempre a pagamento, dal successore; Carlo Pesenti, nominato a Londra nel 2008 da Frattini e fortemente criticato per il livello organizzativo e culturale della sua direzione; Pia Luisa Bianco, nominata nel 2003 a Bruxelles, che, nonostante il bilancio dissestato lasciato, al suo rientro in patria, dopo quattro anni, sarebbe stata ricompensata da Frattini con una consulenza al Ministero degli affari esteri e con la direzione di un periodico patinato, tutt'ora esistente, «Longitude»; ovviamente, non mancano funzionari pubblici che lo Stato forma per questi incarichi e già paga, quali direttori e addetti appartenenti all'area della promozione culturale; molti di questi funzionari e dirigenti hanno specializzazioni accademiche di alto livello (dottorato di ricerca, master) e hanno frequentato corsi di perfezionamento in Italia e all'estero, i loro curricula sono regolarmente pubblicati sul sito del Ministero alla voce «Trasparenza» (a differenza degli addetti scientifici e dei fantomatici esperti «culturali» articolo 16 – legge n.401 del 1990) e per accedere a queste posizioni hanno superato concorsi pubblici estremamente selettivi; sarebbe proprio di pochi giorni fa la notizia, scongiurata dopo segnalazioni e insistenti richieste di chiarimenti, che dava in corso di approvazione la nomina come «esperto culturale» presso l'Istituto italiano di cultura di Los Angeles del professor Vittorio Daniore, ginecologo, urologo e medico presso gli ospedali civili di Brescia, dal 1996 al 2001 coordinatore della Commissione per la ricerca medica al Ministero degli affari esteri, poi addetto scientifico presso l'ambasciata d'Italia a Washington; quando le voci si sono fatte insistenti e i sindacati, increduli, hanno chiesto spiegazioni, la Farnesina ha dovuto precisare in una nota ufficiale del 21 febbraio 2014 che la proposta di nomina era stata effettivamente avanzata ma poi sospesa; altra categoria privilegiata sarebbe poi quella degli addetti scientifici presso gli Istituti italiani di cultura, le ambasciate e le rappresentanze permanenti e anche in questo caso non vi sarebbe alcuna trasparenza nelle procedure di selezione e di nomina, né il Ministero si sarebbe preoccupato di rendere pubbliche le motivazioni delle assegnazioni; sul sito del Ministero, ad esempio, sono state pubblicate le nomine per Città del Messico, Pretoria, Parigi, Tel Aviv, ma nessuna indicazione risulta in merito alle competenze per cui hanno ricevuto l'incarico; molti esperti scientifici sono certamente persone serie e competenti, altri sono meno luminosi e potrebbero esser facilmente scambiati per clamorosi casi di clientelismo parassitario; almeno tre sarebbero i casi che secondo il giornalista sollevano forti dubbi: la nomina, nel 2010, del dottor Giulio Busulini, uno dei tre addetti scientifici a Washington, marito di Federica Bindi (direttrice uscente dell'istituto di Bruxelles), laureato dal 2008 in scienze della comunicazione, nessuna docenza universitaria alle spalle, nessuna pubblicazione scientifica; il dottor Emanuele Fiore, addetto scientifico per il Canada, che può vantare la qualifica di tecnico di laboratorio di III livello presso il CNR e un expertise nel settore tecnico degli imballaggi e l'addetto scientifico presso il nostro consolato generale a Boston, l'architetto Cinzia Del Zoppo, privo di affiliazioni accademiche e pubblicazioni scientifiche a suo nome; polemiche, in particolare, avrebbe suscitato la direttrice dell'istituto di cultura di Bruxelles, Federiga Bindi, ricercatore a Tor Vergata, nominata per «chiara fama» da Frattini (9.600 euro di indennità mensile), il cui incarico è scaduto il 9 marzo e non è stato rinnovato anche a seguito dei risultati di un'ispezione del Ministero dell'economia e delle finanze che nel 2013 ha rilevato «gravi irregolarità contabili e amministrative» nella gestione dell'ente: acquisti senza «determinazione a contrarre» (una cucina professionale da 13 mila euro, frigo e altri materiali per 5 mila (...), irregolarità per contratti e consulenze esterne, 9 mila euro di acquisti non rendicontati effettuati con la carta di credito dell'istituto; la dotazione ministeriale per l'istituto è raddoppiata nel giro di un paio d'anni fino a superare i 600 mila euro per esercizio: le uscite nel 2006 ammontavano a 774 mila euro, l'anno dopo hanno superato il milione, così come i costi di catering, passati da 30 mila euro nel 2004 a 35 mila nel 2005 fino a 58 mila nel 2007; tutta la storia contabile degli ultimi anni sembra avere dell'incredibile: nel 2005 l'ex direttore Pia Luisa Bianco certifica un avanzo di 47.049,29 euro, ma il 5 ottobre 2007 la Bianco ha lasciato l'istituto spiegando che «a fronte della prima tranche di dotazione finanziaria incassata, pari a 240 mila euro, si sono riscontrati 483.333,05 euro di autofinanziamento pari a due volte la dotazione finanziaria»; due settimane dopo, la reggente pro-tempore, Donatella Cannova, ha segnalato al Ministero fatture non liquidate, non elencate nel verbale di passaggio delle consegne, per 39.790 euro, accertati poi in euro 192 mila dal neo direttore, Giuseppe Manica, che il 31 dicembre dello stesso anno ha chiesto un'integrazione straordinaria al bilancio «per far fronte a una situazione debitoria tale da non consentire di corrispondere alle richieste dei creditori, a fronte dei numerosi impegni assunti sotto la gestione dell'ex direttore, dottoressa Pia Luisa Bianco»; il buco più nero di questa storia è però quello degli insegnanti di lingua, che dovevano essere il fiore all'occhiello dell'istituto, e sembra, invece, lavorassero da anni senza un contratto, solo impegni a voce e mandati di pagamento, nessuna ritenuta, niente tasse, zero contributi, nonostante venissero addirittura ingaggiati per tenere corsi ai funzionari della Commissione europea; «A richiesta del Ministero degli affari esteri, detti insegnati non hanno nessun contratto e sono ingaggiati sulla base del titolo universitario», scriveva nel 2006 l'ex direttore Bianco; l'ipotesi, pertanto, se confermata, è che tale indicazione venisse impartita direttamente da Roma per evitare che i docenti potessero accampare delle pretese sull'amministrazione sulla base di un impegno scritto e che l'indicazione trovasse poi sponda a Bruxelles, dove il mancato accollo di oneri contributivi e fiscali garantiva all'istituto entrate consistenti a costi ridottissimi e ai vari direttori di ostentare «ottimi risultati di gestione»; il rendiconto finanziario 2007, ad esempio, riporta 339 mila euro di entrate per le iscrizioni ai corsi a pagamento a fronte di 152 mila euro di compensi al personale docente, per anni poi, sulla base di convenzioni e gare d'appalto, gli stessi docenti venivano mandati a far lezione ai funzionari della Commissione e del Parlamento Europeo, con crescente profitto: 34 mila euro nel 2002, 62 mila nel 2003, 93 mila nel 2007, 120 mila nel 2009...; la Farnesina non smentisce né minimizza e la direzione generale che sovrintende gli Istituti di cultura conferma anzi di aver riscontrato irregolarità almeno dal 2007; come spiega il Ministro plenipotenziario Giovanni Iannuzzi al fattoquotidiano.it «Dal carteggio relativo alle passate gestioni emerge un meccanismo di retribuzione di questi insegnanti che sembrava prescindere da un contratto scritto e avvenire solo attraverso la contabilizzazione delle ore del servizio prestato, in assenza anche solo di una lettera d'incarico da produrre in atti»; la questione sarebbe dunque all'attenzione degli organi di controllo: «Tutti i contratti stipulati dalla PA richiedono la forma scritta ad substantiam », si legge nella relazione ispettiva sull'istituto trasmessa al Ministero e alla Procura della Corte dei conti; lo stesso neo premier Matteo Renzi aveva posto al centro del suo intervento di insediamento la cultura, dichiarando che «la cultura è qualcosa con cui si mangia, ossia qualcosa di cui si nutre l'anima», ma tale regola varrebbe solo per alcuni; se i fatti in premessa venissero confermati, si delineerebbe un modello di gestione degli Istituti di cultura all'estero basato su dubbie nomine politiche per il controllo delle sedi più prestigiose e strategiche, affidate a persone vicine a politici, con incarichi remunerati assai lautamente nel complesso superiori alla stessa dotazione assegnata agli istituti per promuovere attività culturali, con migliaia di risorse sprecate tra inaugurazioni e rinfreschi; di tale odiosa pratica oggi ne pagherebbero le conseguenze proprio quel personale direttivo e quei funzionari che hanno consentito agli Istituti di cultura all'estero di diventare un'importante vetrina dell'Italia nel mondo, promuovendo la cultura italiana di cui la lingua, la ricerca scientifica e l'idea di « Made in Italy » sono parte integrante–: se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la gravità e veridicità degli stessi, quali urgenti provvedimenti ritengano opportuno adottare per verificare se sussiste una situazione di diffuso clientelismo parassitario all'interno degli Istituti di cultura al fine di porre termine a questa odiosa pratica e fare luce sulle responsabilità; se non ritenga opportuno porre fine a una politica di incisiva riorganizzazione della rete consolare nel mondo, preferendo piuttosto una linea di «piccoli risparmi» attraverso la soppressione di quelle sedi dove è pressoché nulla la presenza di iscritti. (4-05038)
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