INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03946 presentata da DORIGO MARTINO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - PROGRESSISTI) in data 19941006

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_03946_12 an entity of type: aic

Ai Ministri di grazia e giustizia e dell'interno. - Per sapere - premesso che: come ampiamente riportato dalla stampa locale e nazionale fin dai primi giorni di giugno 1994, la Procura della Repubblica di Trieste ha aperto un procedimento penale, in cui si ipotizzano i reati di peculato, falso e favoreggiamento, a carico del capo della squadra mobile della citta', dottor Carlo Lorito, ed alcuni suoi uomini; il dottor Carlo Lorito, giunto a Trieste come vice-capo della squadra mobile nel 1990, e' divenuto responsabile di tale reparto nel gennaio 1992, dopo aver prestato servizio al Nucleo centrale operativo del Ministero dell'interno, dove opero' per la cattura dei latitanti in Sicilia, a Napoli ed in Sardegna, dove fu reggente della Criminalpol di Cagliari, per la lotta ai sequestri di persona; alla guida della squadra mobile di Trieste, il dotto Lorito ha conseguito brillanti risultati nella lotta al narcotraffico, raggiungendo col reparto, nel solo 1994, la quota di 370 chilogrammi complessivi di eroina sequestrati, ponendosi ai primi posti in Italia ed in Europa, e ricevendo numerose lodi, encomi ed encomi solenni dal Dipartimento della Pubblica sicurezza; fin dal suo arrivo alla squadra mobile di Trieste, il dottor Lorito imposto' la sua azione direttiva al raggiungimento dei piu' alti livelli di rigore e di trasparenza nello stile di lavoro dell'ufficio, data la giusta necessita' di garantire la massima affidabilita' in un centro operativo di polizia situato ai confini del nostro Paese, e al crocevia di inquietanti traffici di armi e di droga dall'Est Europa; per questi motivi il dottor Lorito gia' nel 1991, da vice capo della Mobile, allontano' dall'ufficio, col consenso dell'allora Questore dottor Lazzerini, gli agenti Dario Nadalutti e Cristina Righini, appartenenti alla Sezione dell'Ispettore capo Luciano Scozzai, avendo constatato tenori di vita e frequentazioni e rapporti con noti pregiudicati, assolutamente incompatibili con l'appartenenza all'ufficio; a conferma della giustezza dei provvedimenti sopra descritti, si puo' citare un'intervista del 22 luglio 1994 del quotidiano Il Piccolo di Trieste, nella quale il pregiudicato Milvio La Macchia, si e' lamentato perche' una agente di P.S., che era sua "fidanzata", venne trasferita, assieme ad un altro agente che qualche volta si recava al lavoro con suo Mercedes: tali agenti sarebbero appunto la Righini ed il Nadalutti; nel 1992, dopo pochi mesi dalla promozione del dottor Carlo Lorito a Capo della squadra mobile, l'Ispettore capo Luciano Scozzai chiese ed ottenne il trasferimento ad altro ufficio, per sopravvenuta incompatibilita' tra le direttive del nuovo dirigente ed il mantenimento di una gestione autonoma ed incontrollata come quella della sua Sezione, dove il dirigente non tollerava le situazioni di ambiguita' nei rapporti con i pregiudicati; nei mesi di maggio e giugno 1993, il dottor Lorito fece trasferire ad altri uffici, col consenso del nuovo Questore di Trieste dottor Giliberti, altri due membri della Sezione dell'Ispettore Scozzai, gli assistenti Dario Ventrice e Sergio La Rosa, per assiduita' nelle sospette frequentazioni con noti pregiudicati; anche il quotidiano Il Piccolo di Trieste, in un articolo pubblicato il 27 luglio 1994, ha descritto la Sezione dell'Ispettore Scozzai presso la squadra mobile come la cosiddetta "stanza n. 40", affermando che essa era divenuta una "Repubblica Autonoma" all'interno dell'ufficio di Polizia; anche il vice-sovrintendente Paolo Pavanello, appartenente alla Sezione Scozzai, pur avendo inizialmente mostrato spirito di collaborazione verso l'opera di risanamento del dottor Lorito, ed avendone ricevuto riconoscimento dal dirigente, improvvisamente, nel 1993, aveva abbandonato la squadra mobile, facendosi trasferire al commissariato del Palazzo di giustizia, e dichiarando ai superiori di non aver nulla da dire contro il suo dirigente, ma che tale scelta era dettata da motivi di "scarsa vivibilita'" dell'ufficio; fin dall'inizio della dirigenza del dottor Lorito, i poliziotti trasferiti dalla squadra mobile hanno palesemente manifestato la loro irritazione, ed in tale contesto ebbe ad iniziare la messa in circolazione, nell'ambiente della Questura di Trieste, di voci maligne sul superiore; nell'autunno del 1993, gli assistenti trasferiti Ventrice e La Rosa, assieme all'autotrasferito Ispettore capo Scozzai, si presentarono di fronte al Vice-questore dottor Sergio Petrosino, manifestando l'intenzione di assumere qualche iniziativa nei confronti del dottor Lorito; avendo il dottor Petrosino e gli altri funzionari responsabili della Questura di Trieste ancora confermato il loro consenso verso l'azione dirigente del dottor Lorito, come gia' i Questori Lazzerini e Giliberti, l'Ispettore Luciano Scozzai, poco tempo dopo, dichiaro', anche a nome dei colleghi, di voler rinunciare alla minacciata rivalsa; invece, come risulta all'interrogante, verso la fine del mese di aprile 1994, il figlio dell'Ispettore Scozzai, Michele, si e' presentato al Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, dottor Federico Frezza, narrando di presunti illeciti commessi dal dirigente della squadra mobile dottor Lorito, senza peraltro rivelare la fonte di tali notizie, ma dichiarando di averle raccolte negli ambienti della Questura, nella sua qualita' di praticante giornalista di un quotidiano di Trieste; successivamente, nel maggio 1994, si sono presentati dinanzi al dottor Frezza anche l'Ispettore capo Luciano Scozzai, il Sovrintendente Pavanello e gli assistenti Ventrice e La Rosa, tutti trasferiti dalla mobile, per denunciare presunti illeciti commessi dal dottor Lorito; in base a quanto sopra, il Sostituto procuratore dottor Frezza ha aperto un procedimento penale, inviando avviso di garanzia al dottor Lorito e ad alcuni suoi dipendenti; dopo pochi giorni, attraverso l'illecita divulgazione del segreto istruttorio, tutta la vicenda era sui giornali locali e nazionali, dando vita, come hanno ammesso i magistrati inquirenti in interviste pubblicate sui quotidiani di Trieste, ad una sorta di pre-processo contro il dottor Lorito; da quanto risulta, contemporaneamente all'inchiesta penale aperta dal dottor Frezza, sarebbe in corso un'altra indagine giudiziaria condotta dalla Polizia di Trieste, che avrebbe rilevato ambigui rapporti, intessuti da poliziotti testi dell'accusa contro il dottor Carlo Lorito, con un noto pregiudicato locale, Guido Ghersevich, e tale indagine avrebbe portato alla contestazione del reato di corruzione contro di loro; detta indagine potrebbe considerarsi come l'inquietante indizio di un possibile accordo precostituito tra i suddetti poliziotti ed il pregiudicato, finalizzato a colpire il dottor Lorito, proprio attraverso testimonianze, accuse o denunce rivolte all'autorita' giudiziaria per far aprire un procedimento penale contro il funzionario; come riportato con ampio rilievo dalla stampa locale negli ultimi giorni del mese di settembre 1994, Guido Ghersevich, descritto come uno dei principali accusatori di Lorito col preteso titolo di ex confidente della Questura di Trieste, e' stato arrestato con l'accusa di traffico di armi e droga; il rapporto su queste indagini e' stato trasmesso al dottor De Nicolo, Sostituto procuratore presso il Tribunale di Trieste, che nonostante la conoscenza di questi atti, non li ha fatti minimamente pesare sull'altro procedimento penale, da lui condotto assieme al dottor Frezza, a carico del Capo della mobile, respingendo come "puerile" la tesi difensiva del complotto, avanzata dal dottor Lorito e dai suoi legali; a tale proposito e' opportuno ricordare che, come da lui stesso raccontato sulla stampa locale, forse per prevenire sfavorevoli commenti su una notizia che cominciava a trapelare, nel 1981 il dottor Federico Frezza, allora studente di giurisprudenza, figlio di noti professionisti triestini, venne riconosciuto da una bimba di 12 anni, quale autore di una aggressione contro di lei a scopo di libidine; da quanto risulta, tutti gli atti dell'inchiesta di polizia allora aperta contro lo studente Federico Frezza, poi rapidamente chiusa nonostante la presenza di una querela dell'esercente la patria potesta' sulla bambina, recano in calce la firma dell'allora Maresciallo di P.S. Luciano Scozzai; il 7 giugno 1994, in un'intervista mai smentita su Il Piccolo di Trieste, il giudice Frezza, titolare dell'inchiesta contro il dottor Lorito, ha dichiarato: "Non abbiamo chiesto l'arresto del Capo della mobile perche' gli episodi su cui stiamo investigando non sono cosi' gravi da richiedere una misura interdittiva. Per questo non abbiamo nemmeno proposto la sospensione dal servizio."; occorre ricordare che i responsabili della Questura di Trieste e la stessa amministrazione di Polizia, dopo un'approfondita e tempestiva inchiesta interna, non hanno ritenuto di dover ne' rimuovere ne' sospendere dal servizio a scopo cautelativo il dottor Carlo Lorito; nonostante quanto sopra, pochi giorni dopo il 30 giugno 1994, data di pubblicazione sulla stampa locale dell'interrogazione n. 4-01834 dell'onorevole Menia, che chiedeva ai Ministri di grazia e giustizia e dell'interno di fare luce sull'episodio di molestie sessuali reso noto dal giudice Federico Frezza, lo stesso magistrato emetteva una richiesta di sospensione dal servizio contro il dottor Lorito, che veniva respinta dal GIP; un ulteriore episodio oscuro, nella vicenda, e' rappresentanto dal fatto che il 16 giugno 1994 si e' tenuta una riunione riservata tra il Procuratore capo della Repubblica di Trieste, dottor Sebastiano Campisi, assieme ai due Sostituti procuratori De Nicolo e Frezza, con il Questore di Trieste, per discutere dei problemi esistenti nei rapporti tra Questura e Procura, ed il giorno successivo il quotidiano Il Piccolo ha pubblicato un "resoconto" dettagliato di tale incontro creando grande scalpore nell'opinione pubblica locale; se la matrice di tale illecita divulgazione di notizie riservate e' plausibilmente riconducibile alla medesima fonte delle continue violazioni del segreto istruttorio che hanno accompagnato, fin dal suo inizio, l'inchiesta contro il dottor Lorito, in quest'ultimo caso pero', a differenza dei precedenti, il campo dei possibili responsabili si restringe drammaticamente; infatti alla riunione tenutasi al Palazzo di giustizia di Trieste non era presente nessun'altra persona oltre ai tre magistrati ed il Questore, e quest'ultimo certamente non poteva avere interesse a rendere pubbliche notizie che hanno ulteriormente danneggiato l'immagine della Polizia, riguardante le critiche dei giudici all'operato della Questura; infatti il SIULP, il SAP e l'ANFP (Sindacati e Associazione nazionale funzionari di polizia) hanno subito interpellato i Ministri di grazia e giustizia e dell'interno, il CSM, il Capo della polizia ed il procuratore generale della Repubblica di Trieste, chiedendo il loro intervento contro l'illecita ennesima violazione di riservatezza, e ipotizzando una "preconcetta avversione" di qualche magistrato contro gli operatori della Questura; a conferma di un atteggiamento che appare all'interrogante come persecutorio e precostituito, i Sostituti procuratori De Nicolo e Frezza, dopo tre mesi di indagini penali, non hanno ancora accettato di ascoltare nessuno dei testi della difesa del dottor Lorito, tra cui i responsabili della Questura; nonostante quanto sopra, tutte le imputazioni inizialmente contestate al dottor Lorito, quali lo scasso di una cassaforte con appropriazione di denaro e tesserini dell'Ordine dei giornalisti negli uffici della Mobile, da distrazione di fondi ministeriali destinati quali premio di fonti confidenziali, l'abuso per aver favorito un confidente nel rilascio di una autorizzazione di Polizia, il falso in asserito furto di eroina da una cassaforte dell'ufficio, sono miseramente venute a cadere a seguito delle indagini e degli accertamenti compiuti dall'autorita' giudiziaria; anzi, in alcuni dei casi sopracitati, la sussistenza di comportamenti illeciti e' stata dimostrata, nelle indagini, come derivante da colpe degli accusatori, come nel caso dei tesserini dell'Ordine dei giornalisti scomparsi, uno dei quali e' stato riconsegnato all'autorita' giudiziaria proprio dal sovrintendente Pavanello; nonostante cio', nei primi giorni di luglio 1994 i Sostituti procuratori Frezza e De Nicolo emettevano nuove contestazioni penali, a carico del dottor Lorito, per truffa e/o peculato per l'appropriazione di denaro destinato al pagamento di pigioni di appartamenti affittati a collaboratori di giustizia; il teste di accusa, nel reato sopracitato, risulta essere ancora il Sovrintendente Pavanello, gia' coinvolto in tutti gli episodi indagati dalla Procura e dai quali e' risultato estraneo il dottor Lorito; il Sovrintendente Pavanello, e' pero' indagato dall'autorita' giudiziaria per aver personalmente incassato la differenza tra quanto pagato dal Ministero dell'interno e quanto richiesto dai proprietari, per gli affitti, degli appartamenti segreti procurati dalla Questura ai cosiddetti "pentiti" da proteggere; infatti, dopo che il dottor Lorito, su disposizioni superiori, incarico' alcuni suoi dipendenti, tra cui il Pavanello, di ricercare un'agenzia immobilare per affittare degli appartamenti per i pentiti, fu proprio il Pavanello, come confermano anche gli altri poliziotti incaricati della ricerca, a proporre, sotto la sua garanzia, la scelta dell'agenzia "Alpi Casa", sconosciuta al dottor Lorito; e fu percio' il Pavanello a nascondere al suo superiore, dottor Lorito, il fatto oggi rivelato dall'inchiesta penale e riportato dalla stampa, che la titolare dell'agenzia "Alpi Casa", signora Cinzia Geremia, era la convivente di un noto truffatore pregiudicato, tale Milvio La Macchia; quanto sopra e' dimostrato dal fatto che, come testimoniato dai dipendenti dell'ufficio, quando il dottor Lorito scopri' la relazione tra la Geremia ed il La Macchia, diede subito ordine di non rinnovare, alla scadenza, i contratti di locazione con l'agenzia in questione; a dimostrazione di quanto sopra, il personale della squadra mobile ha confermato che il dottor Lorito aveva sempre manifestato una spiccata avversione nei confronti del pregiudicato Milvio La Macchia, che era uno dei frequentatori della stanza n. 40, la famigerata "Sezione Scozzai", e ne aveva percio' sollecitato l'allontanamento in quanto elemento inquinante; le indagini hanno invece dimostrato che era il Pavanello ad essere in rapporti strettamente confidenziali con la signora Geremia, e con lo stesso La Macchia; dovrebbe percio' risultare evidente l'intento del sovrintendente Pavanello, che accusando il superiore dottor Lorito di essere il "mandante" ed il reale beneficiario della truffa, cerca di alleggerire la sua posizione, come nel precedente caso dei tesserini dell'Ordine dei giornalisti sopracitato, e di realizzare quella ritorsione premeditata e concordata con gli ex colleghi trasferiti dalla Sezione dell'Ispettore Scozzai presso la squadra mobile; a sostegno delle improbabili accuse del Pavanello, la signora Cinzia Geremia ha dichiarato di aver conferito in un'occasione, col dottor Lorito, negli uffici dell'agenzia, confutando percio' le tesi difensive del dirigente, che sostiene di non aver mai visto ne' conosciuto la Geremia; di fronte a questa discordanza di versioni, i sostituti Frezza e De Nicolo non hanno ritenuto di ascoltare nessuno dei numerosi testi a difesa del dottor Lorito, circa la sua estraneita' ad ogni forma di conoscenza o di accordo con la Geremia per fatturare affitti maggiorati, ma hanno voluto concedere la massima attendibilita' alla stesa Geremia ed al pregiudicato La Macchia, suo convivente; infatti, il 4 luglio 1994, dopo che il dottor Lorito aveva sostenuto un confronto con la Cinzia Geremia innanzi all'autorita' giudiziaria, il Sostituto procuratore Federico Frezza, con inusuale tempestivita' disponeva la sospensione di un ordine di carcerazione del La Macchia, che deve scontare la pena di 2 anni e 3 mesi di reclusione di una sentenza passata in giudicato, e che aveva da pochissimi giorni presentato domanda di affidamento al servizio sociale; in tale contesto, di inquietante insistenza persecutoria, i Sostituti Frezza e De Nicolo chiedevano nuovamente al GIP, e finalmente ottenevano, la misura interdittiva di sospensione dal servizio del dottor Carlo Lorito, per la durata di un mese; avverso tale provvedimento, il dottor Lorito ha opposto immediata impugnativa, di fronte al Tribunale della liberta' che il 27 luglio 1994 ha revocato il provvedimento di sospensione sopra citato; nell'ordinanza di revoca, il Tribunale di Trieste, e' entrato nel merito dei "gravi indizi di colpevolezza" ritenuti sussistenti dal GIP, notando come questi siano unicamente "riconducibili alla chiamata di correita' dei coindagati Geremia Cinzia e Pavanello Paolo"; il collegio giudicante ha ritenuto di dover svolgere nove pagine di osservazioni in cui viene completamente smantellata l'attendibilita' delle accuse, accogliendo la validita' delle documentazioni della difesa del dottor Lorito, anche laddove dimostrano la palese falsita' di alcune disposizioni degli accusanti, e cosi' concludendo: "... tenuto conto del difetto di qualsiasi elemento di obiettivo riscontro delle dichiarazioni degli accusanti, deve riconoscersi il difetto nel materiale indiziario raccolto a carico dell'indagato"; in conclusione, dai fatti sopra descritti, emerge in forte evidenza la pretestuosita' delle accuse istruite contro il dottor Carlo Lorito, ed il sostanziale avallo giudiziario ad un piano preordinato di ritorsione, attuato da poliziotti responsabili di gravi reati, in concorso con elementi della malavita, che mai hanno effettivamente collaborato con la giustizia, contro l'opera di risanamento realizzata dal dirigente della squadra mobile, che aveva voluto allontanarli dagli uffici; non si puo' a questo proprosito non ricordare come il responsabile della Procura della Repubblica di Trieste, dottor Sebastiano Campisi, sia stato descritto nelle deposizioni del pentito Antonino Calderone, nel 1991, come amico della sua "famiglia" mafiosa, e destinatario di molti "favori" mafiosi in cambio di favori giudiziari, come riporta il recente libro "gli uomini del disonore", di Pino Arlacchi; di fronte alla gravita' dei fatti, viene da chiedersi se basti a spiegare un simile concetto di atti persecutori contro il dottor Lorito, il semplice movente di vendetta di pochi poliziotti colpiti nei loro illeciti interessi e rapporti personali, e non sia invece da ipotizzare la presenza, dietro di loro, di piu' vasti e ramificati interessi illegali, coperti dalla connivenza di persone interne al potere economico ed istituzionale, in una citta' come Trieste, che, al centro della frontiera nord orientale italiana, e' snodo fondamentale di grandi traffici criminali, di droga, di armi, di capitali sporchi; infatti, al di la' dell'azione penale destinata a risolversi inevitabilmente con un'assoluzione del dottor Lorito, le accuse contro di lui sembrano finalizzate soprattutto a realizzare il piu' concreto risultato di colpire l'efficienza della squadra mobile di Trieste, allontanandone il responsabile e destabilizzandone l'intero gruppo dirigente; in particolare, e' da segnalare che la squadra mobile di Trieste, nel recente passato, oltre ad aver conseguito i brillanti risultati nella lotta al traffico di droga citati in premessa, e' stata impegnata a ricostruire i collegamenti e gli imponenti investimenti finanziari tra la Mafia del Brenta, alcuni personaggi triestini, banche austriache e terminali croati della malavita organizzata; il 21 settembre 1994, con un provvedimento inaspettato ed unilaterale, il Capo della Polizia ha disposto, con decreto n. 333-C, il trasferimento del dottor Lorito alla Questura di Gorizia, senza nessun incarico operativo, motivandolo con generiche ragioni di opportunita', e da strana eccitazione per "... la grandissima risonanza" e "l'enorme rilievo" dato dalla stampa, che ha invece compiuto il suo normale dovere di informazione su una vicenda cosi' torbida; tra le inconsistenti ragioni addotte nel provvedimento suddetto, spicca anche la sorprendente constatazione del parere del Procuratore Generale e del Procuratore Capo della Repubblica di Trieste, ovviamente favorevoli al trasferimento, dato il doveroso sostegno d'ufficio che il primo esprime sul secondo, promotore esso stesso dell'azione giudiziaria contro il dottor Lorito; il trasferimento d'ufficio, oltre che contraddire le stesse ragioni della sentenza di rigetto della sospensione dal Servizio pronunciata dal Tribunale di Trieste, rappresenta una grave ammissione di colpa per l'amministrazione di Polizia, che ha scelto di non difendere un suo funzionario esposto in prima linea nella lotta al crimine organizzato, non consentendogli di dimostrare senza nocumento alcuno la sua totale estraneita' alle accuse artificiosamente contestategli; infatti, l'argomentazione della pretesa incompatibilita' del dottor Lorito con la Procura di Trieste non puo' risolversi a danno di quest'ultimo, fino a che non sara' dimostrato che il procedimento penale aperto contro di lui non era, come invece appare dai fatti sopra descritti, infondato e pretestuoso: in caso contrario si correrebbe il grave rischio di regalare pieno successo ad un azione calunniatrice concertata come vile ritorsione da poliziotti disonesti e pregiudicati colpiti nei loro interessi, e avallata dalla Procura di Trieste in un modo cosi' acritico da destare grave preoccupazione negli interroganti; inoltre, il trasferimento del dottor Lorito, una volta provata la sua estraneita' alle accuse, dimostrerebbe che anche quando un procedimento penale e' aperto in modo infondato, quando non addirittura strumentale e persecutorio, ottiene comunque il risultato di danneggiare colui che e' ingiustamente accusato, in questo caso un rigoroso funzionario pubblico -: se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra descritti, e quali valutazioni ne tragga; se non si intenda rievocare qualsiasi provvedimento di trasferimento, anche non disciplinare, nei confronti del dottor Lorito, Capo della squadra mobile di Trieste; se non si intenda disporre un'urgente inchiesta, per verificare la correttezza dell'operato dei magistrati triestini nel procedimento penale contro il dottor Lorito ai fini dell'eventuale promozione dell'ordine disciplinare davanti al CSM; se non intenda predisporre ed annunciare il provvedimento di espulsione dalla Polizia per quei dipendenti che si dimostreranno colpevoli nella vicenda dell'inchiesta penale sulla Questura di Trieste, sia il caso che colpevoli anche di calunnia si rivelino essere gli accusatori, sia nel caso che colpevole dei reati addebitatigli si riveli l'accusato, dottor Lorito; se non si ritenga di dover accertare e rendere note le circostanze in merito all'episodio di molestie sessuali reso noto dal dottor Frezza, al fine di cancellare ogni possibile dubbio sulla vicenda; se non si ritenga siano opportune iniziative di tipo cautelativo in attesa che venga accertata la fondatezza delle accuse di complicita' mafiosa del pentito Calderone verso il giudice Sebastiano Campisi, al fine di evitare che si diffonda nell'opinione pubblica triestina un senso di inquietudine e di sfiducia verso le istituzioni dello Stato. (4-03946)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03946 presentata da DORIGO MARTINO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - PROGRESSISTI) in data 19941006 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
BALLAMAN EDOUARD (LEGA NORD) 
CARTELLI FIORDELISA (LEGA NORD) 
GRITTA GRAINER ANGELA MARIA MARTA (PROG.FEDER.) 
LOVISONI RAULLE (LEGA NORD) 
RUFFINO ELVIO (PROG.FEDER.) 
STICOTTI CARLO (LEGA NORD) 
VASCON ANTONIETTA (FORZA ITALIA) 
MENIA ROBERTO (ALLENZA NAZIONALE - MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO) 
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4/03946 
DORIGO MARTINO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - PROGRESSISTI) 

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