INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03428 presentata da PEPE BARTOLOMEO (MOVIMENTO X) in data 12/02/2015

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Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-03428 presentata da BARTOLOMEO PEPE giovedì 12 febbraio 2015, seduta n.390 PEPE - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante: l' ex decreto ministeriale 468/2001, «Regolamento recante: "Programma nazionale di bonifica e di ripristino ambientale"» nel programma delle bonifiche per la Basilicata viene individuata l'area industriale ex Liquichimica di Tito (Potenza) al cui interno sono presenti fabbricati e impianti parzialmente demoliti, silos e serbatoi fatiscenti di ammoniaca, rifiuti sparsi, vasche contenenti acque reflue e fanghi di depurazione, fosfogessi, scorie siderurgiche, amianto eccetera; su richiesta del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare (nota n. 11047/RIBO/DI//B del 16 novembre 2001) in data 22 gennaio 2002 il Comune di Tito trasmetteva la cartografia con la perimetrazione del sito; con il decreto ministeriale 8 luglio 2002, "Perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale di Tito", viene perimetrato il SIN comprendente tutto l'agglomerato industriale di Tito scalo (area pubblica ex Liquichimica e lotti privati); le aree ricadenti nel perimetro, sia pubbliche che private, dovevano essere sottoposte a "caratterizzazione" e messa in sicurezza di emergenza, nonché bonificate, sottoposte a ripristino ambientale e monitorate; il 14 marzo 2005 veniva emessa (ai sensi dell'art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000) ordinanza del sindaco di Tito alla Daramic di procedere all'utilizzo dell'impianto di depurazione ed in data 3 agosto 2005 venivano emesse le ordinanze del sindaco n. 1014 e n. 1021 di divieto di utilizzo e di prelievo dell'acqua dei pozzi, per uso potabile e/o irriguo, su tutta l'area industriale, compresa una fascia di 100 metri dal limite dell'area industriale, fino alla verifica della compatibilità con i valori di cui al decreto ministeriale 471 del 1999, provvedimenti ad oggi tuttora in vigore; venivano notificate, da parte del Comune di Tito a tutte le aziende insediate nell'area del consorzio ASI le relative diffide per la predisposizione dei piani di caratterizzazione dell'area, così come richiesto dal Ministero dell'ambiente per la messa in sicurezza e bonifica in sede di conferenza decisoria; in data 21 settembre 2009 su richiesta del Ministero, il sindaco emetteva ordinanza di divieto assoluto dell'utilizzo delle acque del torrente Tora, notificata a tutti i proprietari dei terreni confinanti con il torrente, ricadenti nel territorio comunale, ordinanza tuttora in corso; la Direzione generale e della Tutela del territorio, con nota del 2 agosto 2011 prot. 24863/TRI/DI, lamentava la mancata comunicazione ad opera della Regione Basilicata e del Consorzio per lo sviluppo industriale dei monitoraggi relativi alle acque di falda e del torrente Tora (altamente inquinato) ed affluente di sinistra del fiume Basento ed iscritto nell'elenco delle acque pubbliche della Provincia di Potenza; nella stessa nota si lamentava la mancanza di comunicazioni circa le nuove attività che si sarebbero dovute realizzare nell'area SIN di Tito zona industriale; il 30 settembre 2013 con determina dirigenziale n. 33736 dell'ufficio Ambiente della Provincia di Potenza, a firma del dirigente Antonio Santoro (dirigente imputato nel processo tuttora in corso "Fenice" per disastro ambientale) veniva autorizzata la realizzazione di un sito per un impianto unico per recupero, riserva e deposito di rifiuti pericolosi e non pericolosi nell'area SIN di Tito zona industriale alla ditta Ageco Srl di Tito; l'autorizzazione provinciale veniva realizzata in netto contrasto con quanto definito nella conferenza di servizio del Ministero dell'ambiente sull'area, il cui parere è vincolante al 100 per cento rispetto a qualsiasi opera o lavoro che debba essere svolto all'interno dell'area SIN; risulta all'interrogante la realizzazione, finanziata al 100 per cento, di un opificio completamente all'interno dell'area per il deposito, lo stoccaggio e la trasformazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi in CDR (combustibile da rifiuti) da parte della società Ageco, il cui amministratore sarebbe stato arrestato dalla Direzione investigativa antimafia della Basilicata nel dicembre 2012 per associazione a delinquere, smaltimento illecito dei rifiuti, truffa e falso e la cui società cambiava l'assetto societario nominando amministratore la coniuge del precedente amministratore e continuando a percepire finanziamenti, a vincere appalti, mentre risulta che il manovratore il 15 marzo 2015 sarà sotto processo a Potenza quale principale imputato nel processo denominato "Monnezzopoli", si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto; se le autorizzazioni rilasciate alla ditta Ageco Srl siano tuttora valide o siano decadute per carenza di requisiti essenziali; se la Regione Basilicata abbia utilizzato fondi del Ministero dello sviluppo economico per finanziare attività non in linea con gli obblighi scaturenti da precise direttive del Ministero dell'ambiente; se intendano avviare un'approfondita indagine rispetto alle mancanze riscontrate negli atti successivi agli obblighi derivanti dal documento trasmesso dal Ministero dell'ambiente alla Regione Basilicata, alla Provincia di Potenza, che è parte della conferenza di servizi, ed al Consorzio per lo sviluppo industriale soggetto al quale per anni sono stati affidati gli obblighi di gestire i fondi per la bonifica dell'area di Tito zona industriale. (4-03428)
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