INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02763 presentata da DE JULIO SERGIO (PROG.FEDER.) in data 19940803

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_02763_12 an entity of type: aic

Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: il 15 luglio 1994, con la definitiva conferma del verdetto di assoluzione da parte della Cassazione, si e' conclusa la vicenda processuale che ha visto imputate tre persone indiziate di omicidio dopo aver ripetuto stupro ai danni di una giovane studentessa universitaria cosentina di 19 anni, Roberta Lanzino, la cui breve parabola di vita risultera' essere assolutamente lineare; alla sentenza di Cassazione si e' arrivati attraverso i seguenti passi: 1) scarcerazione degli imputati su richiesta del tribunale della liberta' in data 16 agosto 1988; 2) richiesta di proscioglimento degli imputati da parte del pubblico ministero Fiordalisi di Paola al giudice istruttore in data 16 agosto 1988; 3) rinvio a giudizio degli imputati da parte del giudice D'Avino nel novembre 1988; 4) inizio del processo di primo grado nell'ottobre 1991 e termine nel novembre dello stesso anno; 5) sentenza di primo grado (tribunale di Cosenza) in data 22 novembre 1991; 6) sentenza di secondo grado (tribunale di Catanzaro) in data 4 marzo 1994; i fatti risalgono al 26 luglio 1988, quando la ragazza, a bordo del suo motorino, percorreva la strada provinciale Cosenza-Falconara-Torremezzo che collega Rende, dove la giovane risiedeva, con il Tirreno cosentino. La seguivano a breve distanza i genitori in auto, ma essi faranno alcune soste casuali per cui la distanza con la loro figliola si allunghera' ad una ventina di minuti circa nella parte iniziale del percorso. Il recupero di velocita' dell'auto rispetto a quella del motorino soltanto per pochi minuti non consentira' ai genitori di raggiungerla al bivio dove la ragazza si ferma, chiede informazioni sulla strada da percorrere ancora e viene indirizzata su un tratto di strada diverso da quello imboccato poi dai genitori dopo quel bivio, a partire dal quale il percorso della ragazza e' indicato da una serie di testimonianze (tanto da essere descritto come fotografato), fino all'ultimo avvistamento (alle 18 - 18,10) da parte di un contadino al quale Roberta chiede ancora la strada da fare. A circa 700 metri da quest'ultimo luogo, durante la notte, sara' trovato, poggiato sotto il ciglio della strada, il motorino della ragazza. All'alba successiva, a 70 metri dal motorino, sara' trovato nella scarpata il corpo martoriato della giovane, sgozzata e soffocata con le sue stesse spalline e con evidenti tracce di violenza sessuale; le ricerche iniziate nell'immediatezza (intorno alle 19,30 in modo superficiale e poi in modo piu' massiccio) per la tempestiva denuncia dei genitori, grazie alle testimonianze chiare circa il passaggio di Roberta, indirizzeranno nella nottata stessa verso la strada percorsa; sara' proprio nei primi giorni dell'investigazione che alcune contraddittorie testimonianze da parte di una persona, interrogata come altre circa il passaggio della ragazza, indirizzeranno gli investigatori verso la pista che portera' al processo i tre imputati, poi assolti; nonostante l'assoluzione, le sentenze riconoscono alcuni elementi cardine dell'accusa quali l'occasionalita' del fatto, l'ora del delitto, la coincidenza del luogo del delitto con il luogo del ritrovamento della vittima, la presenza dei tre imputati sul luogo ed all'ora del delitto, nonche' i numerosi indizi a loro carico; arbitro nella soluzione del caso potevano e dovevano essere le perizie scientifiche e tecniche nonche' le modalita' di svolgimento delle indagini, tutte svolte con numerose omissioni, trascuratezza, errori e mancanza di professionalita'; infatti risulta in particolare che: a) il motorino sul quale la giovane vittima viaggiava non fu repertato e che, in fase dibattimentale, dalle testimonianze delle Forze dell'Ordine, emerse che, per quanto riguarda le impronte dattiloscopiche, il motorino stesso era stato controllato tramite l'emissione di alito e guardato in controluce senza altra verifica scientifica, con la conseguente dichiarazione di assenza totale di impronte, come se, paradossalmente, la vittima avesse viaggiato senza poggiarci le mani; b) lo stesso motorino fu toccato a mani nude nella prima fase del ritrovamento dagli addetti ai lavori (Forze dell'Ordine) e nella seconda fase dai presenti sul luogo; c) i primi rilievi medico-legali furono affidati a tal dottor Fera, che non risulta essere medico legale, il quale ipotizzo' un orario del decesso diverso da quello successivamente accertato, con nocumento allo svolgimento iniziale delle indagini; d) non fu accertata, mediante analisi adeguate, la natura dei graffi riscontrati sulle braccia e sulle gambe di uno degli imputati, Giuseppe Frangella, il quale dichiaro' di essersi graffiato nella prima fase del ritrovamento del motorino, evento che risulto' falso in base alle testimonianze delle Forze dell'Ordine; e) nonostante i reperti biologici fossero abbondanti e vari (sangue, sperma, urina, ecc.) non furono effettuati, oltre al DNA, accertamenti scientifici adeguati, che avrebbero potuto dare un esito utile alle indagini: tali accertamenti infatti non furono mai richiesti dal Magistrato inquirente ne' consigliati dal perito il quale conosceva, per sua stessa ammissione, le relative insicurezze negli esiti mostrate dai dati statistici nell'estrazione del DNA in casi analoghi; f) i reperti biologici, come risulta da dichiarazioni agli atti, furono assurdamente lasciati degradare; g) gli abiti della vittima (pantalone, maglietta, reggiseno, mutandine, scarpe, ecc.) furono dispersi dopo essere stati trovati sul luogo del delitto; h) soltanto due degli indumenti della vittima (maglietta e reggiseno) furono ritrovati dopo alcuni mesi ed affidati al perito nominato dal Tribunale di Cosenza professor De Stefano dell'istituto di medicina legale dell'universita' di Genova; i) in sede di processo d'appello il professor De Stefano dichiaro' di aver buttato via gli indumenti della vittima ed i reperti con l'unica incredibile giustificazione di un trasloco (peraltro mai accertato) dei laboratori dell'istituto di medicina legale e della mancanza di spazio; l) sul pantalone sequestrato all'imputato Rosario Frangella venne accertata la presenza di una sola macchia di sangue e, soltanto dopo circa cinque anni, furono accertate una serie di piccole macchie; m) non fu mai accertata la responsabilita' dell'incendio menzionato nell'atto di rinvio a giudizio, appiccato successivamente al ritrovamento della vittima proprio nel luogo del ritrovamento medesimo, nei pressi del quale, dopo l'incendio, fu ritrovato un coltello (perizia allegata agli atti n. 21), sul quale non fu possibile accertare la natura delle macchie rilevate, per le alte temperature a cui il coltello stesso fu esposto; n) il sindaco del comune di Falconara, in carica all'epoca del delitto, che svolgeva funzioni di polizia giudiziaria per mancanza di un posto di polizia in quel comune, suggeri' agli imputati (tramite lo studio dell'avvocato difensore di due di loro) di non presentarsi alla convocazione del Magistrato per l'interrogatorio, come risulta da una registrazione telefonica; nella stessa sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro del 4 marzo 1994 si legge: "Duole ammettere che in molti casi il giudizio d'inconferenza delle risultanze di generica costituisce il risultato di una incredibile serie di errori, inadempienze, lacune e disattenzioni degli organi inquirenti prima e di supporto scientifico poi"; tutto cio' ha prodotto danni alla verita', alla vittima, agli stessi imputati, nei confronti dei quali l'assoluzione ha finito con l'assumere il carattere avvilente della soluzione scontata e obbligata dagli insuccessi investigativi, scientifici e tecnici -: se non condivida la valutazione che il dolore dei familiari della giovane vittima non possa e non debba essere assurdamente aggravato da un corso della giustizia che per incapacita', imperizia o dolo non consenta di pervenire all'accertamento della verita'; se non ritenga che la causa della mancata individuazione del responsabile o dei responsabili della feroce violenza operata sulla giovane Roberta Lanzino e del suo barbaro assassinio non sia da attribuire ad esclusiva responsabilita' del magistrato inquirente, della polizia giudiziaria e dei periti d'ufficio; quali azioni intenda intraprendere per l'accertamento delle evidenti responsabilita' e per l'adozione delle conseguenti sanzioni. (4-02763)
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