INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02041 presentata da REALACCI ERMETE (PARTITO DEMOCRATICO) in data 02/10/2013

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-02041 presentato da REALACCI Ermete testo di Mercoledì 2 ottobre 2013, seduta n. 89 REALACCI . — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca . — Per sapere – premesso che: da quasi venticinque anni si conducono esperimenti con la cella elettrolitica di Fleischmann e Pons o con reattori basati su metalli di transizione – per restare in Italia, titanio – deuterio di Scaramuzzi, nichel – idrogeno di Piantelli-Focardi; Costantana (lega Nichel – Rame) di Cetani – nei quali è stata rilevata una «produzione» di eccesso di calore con densità di potenza elevatissime, superiori per ordini di grandezza a quelle delle ordinarie reazioni chimiche, esplosive incluse, quindi di grande potenzialità per le applicazioni energetiche; l'elevata densità di potenza faceva proclamare, fin dai primi scopritori, essere quelle che avvenivano nella cella reazioni di fusione a temperatura ambiente, la «fusione fredda» (FF). Un'affermazione in così totale contrasto con le conoscenze acquisite e condivise nel mondo scientifico che, dopo solo venti giorni dalla pubblicazione dell'articolo di Fleischmann, Pons e Hawkins sul Journal of Electroanalytical Chemistry , l'American Physical Society (nel suo congresso di Baltimora, 1° maggio 1989) dichiarava, con fretta sospetta, essere quella di Fleischmann e Pons una mera pretesa, e nel giro di due anni la «fusione fredda» veniva bollata come «scienza patologica» dal mondo accademico; a questa «condanna» aveva attivamente contribuito il mondo accademico stesso, e nella reiezione da parte delle riviste scientifiche degli articoli sulla fusione fredda, come lamentava già nel 1990 il premio Nobel Julian Schwinger, e, al Massachussets Institute of Technology (MIT), con attive campagne di denigrazione e falsificazione dei dati a favore della «fusione calda», come testimoniò in un suo libro del 1991 Eugene Mallove, caporedattore scientifico al MIT; l'ostilità nei confronti della fusione fredda, oltre che per la sua inspiegabilità nell'ambito delle teorie condivise, è perdurata negli anni principalmente per i seguenti motivi: I) le difficoltà nella riproducibilità degli esperimenti; II) la consolidata tendenza nel mondo della «fisica» a voler essere esso a legittimare ciò che si debba ritenere scienza, atteggiamento indubitabilmente pre-galileiano ma funzionale, e con successo, a orientare cospicui investimenti pubblici sui canali designati (un solo esempio, tra i tanti: fonti giornalistiche hanno fatto ascendere a oltre 7 miliardi di euro il costo dell'esperimento sul «bosone di Higgs»); III) una tendenza dei militari a «velare» gli esperimenti di fusione fredda con la segretezza, per motivi connessi all'innovazione nelle armi nucleari (ad esempio, compare solo nel 2002 il rapporto della U.S. Navy sugli esperimenti condotti nei loro laboratori nel periodo 1989-2002, quasi tutti con produzione di rilevanti «anomalie» termiche e di Elio); l'esperimento più citato dai fautori della fusione fredda come prova del carattere di reazione di fusione a temperatura ambiente – la replica nel 1998 presso lo Stanford Research Institute (SRI) dell'esperimento noto come M4, realizzato da M. McKubre et al. nel 1994 sempre presso lo SRI – mentre conferma l'eccesso di energia ad alta densità nella forma di calore e la simultanea produzione di Elio, è, paradossalmente, una prova sperimentale che la reazione nella cella elettrolitica non può essere una reazione di fusione a temperatura ambiente, con ciò postulando la necessità di una diversa teoria; la nuova teoria che è stata avanzata negli ultimi anni da A. Widom, L. Larsen e Y. Srivastava (WLS) per interpretare vari fenomeni, tra i quali l'eccesso di potenza termica rilevato nella cella di Fleischmann e Pons e in molti altri esperimenti simili, M4 incluso, rifiuta la «fusione fredda» come possibile meccanismo e fa riferimento invece a reazioni nucleari a bassa energia (LENR) rese possibili dalla mediazione del campo elettromagnetico. La teoria WLS si pone all'interno di quel che per le interazioni elettrodeboli prevede il «modello standard », universalmente accettato dalla fisica; il nuovo punto di vista ha ricondotto questa lunghissima vicenda, qui in Italia e proprio nei mesi scorsi, all'interno di un dibattito scientifico, pur se su posizioni diverse, tra ricercatori come Luciano Maiani e i fondatori della nuova teoria, Widom e Srivastava, colpiti solo poco tempo prima da ridicoli «interdetti» da parte dei fautori più accaniti di una presunta «ortodossia» scientifica; le LENR non possono davvero essere «junk science», come è stato detto peraltro ingiustamente per la fusione fredda di Fleischmann e Pons, ma forniscono un'interpretazione delle reazioni nucleari all'interno del «modello standard » e non di una «nuova fisica» secondo le ipotesi avanzate da alcuni fan della fusione fredda; la produzione di calore in eccesso, avviene, come spiega la teoria WLS, senza emissioni di neutroni o di raggi γ e configura pertanto una fonte di energia pulita – rinnovabile, se l'energia elettrica necessaria e prodotta da fonti rinnovabili – in volumi limitati, ideale per soddisfare utenze da quelle domestiche a quelle di ospedali, di centri commerciali e della piccola e media industria, fornendo una risposta concreta all'imperativo, anche recentissimamente ribadito dall'IPCC in occasione della presentazione del suo V rapporto, di sostituire sempre più i combustibili fossili responsabili in ultima analisi della drammatica urgenza dei cambiamenti climatici; dal punto di vista sperimentale i dispositivi LENR sono oggetto di forte interesse in vari Paesi avanzati, come ad esempio testimonia in termini decisamente positivi un chief scientist della Nasa, Dennis Bushnell, nel sito Nasa Technology Gateway (il quale sito, oltre che per il trasferimento di tecnologia, si qualifica come A place to purchase LENR technology ). E la Toyota, che nel suo laboratorio francese IMRA aveva investito 12 milioni di sterline nel periodo ’91-’98 in un contratto stipulato con Fleischmann e Pons, eccelle oggi nella ricerca su «leghe nanometriche» Ni-Cu; in Italia: I) sono continuate in questi anni presso Enea, in collaborazione con lo SRI e «La Sapienza», ricerche sul filone Fleischmann e Pons; II) su una sperimentazione simile invece a quella di casa Toyota e dell'Università Kobe, ma in modo del tutto indipendente, si stanno svolgendo da tempo presso, Laboratori «Nazionali di Frascati (LNF) dell'Istituto nazionale di fisica nucleare le ricerche di Francesco Celani e del suo team , i cui promettenti risultati sono stati illustrati poche settimane fa in un convegno organizzato dal CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile) – «La Sapienza»; III) Luca Gamberale, direttore scientifico di una società di progettazione di tecnologia LENR, la Defkalion Europe, afferma realisticamente che la commercializzazione dei suoi dispositivi abbia un traguardo di due anni e che dipenderà soprattutto dalle industrie che vorranno produrre tali dispositivi–: se il ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, di intervenire per impedire la chiusura, decisa dal presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e ottemperata dal direttore dei LNF dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, del laboratorio dove si svolge la sperimentazione di Celani e del suo team posto che appare paradossale che nel contesto descritto si ritenga non di interesse attuale dell'istituto, una ricerca diretta, con riconosciuti livelli di eccellenza da Francesco Celani, 1° ricercatore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e vice-presidente della «International Society of Condensed Matter Nuclear Science», che da oltre vent'anni opera nel campo delle LENR, proprio quando la sua sperimentazione sulla Costantana, una lega di nichel e rame nota fin dalla fine Ottocento, apre orizzonti applicativi con materiali di basso costo; se intenda più in generale promuovere la ricerca sulle LENR negli istituti e negli enti italiani di ricerca e di ricerca applicata vigilati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in vista delle significative applicazioni energetiche possibili a breve-medio termine nel contesto degli scenari di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, nella consapevolezza che questo tipo di spesa pubblica per la ricerca ha costi inferiori, di almeno tre ordini di grandezza, di quelli con i quali l'Italia sostiene i grandi progetti per la «fusione calda» (ITER) e che, sul terreno energetico, è un'illusione storica ma nociva ritenere che possa esistere un'unica fonte in grado di risolvere la gran parte dei problemi di fabbisogno, soprattutto quando poi la ricerca sta procedendo da 60 anni e, lungi dal parlare di commercializzazione, le previsioni di un prototipo industriale per la fusione rimandano al 2030. (4-02041)
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