INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/02570 presentata da TARADASH MARCO (FORZA ITALIA) in data 19980630

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Per sapere - premesso che: nel corso delle indagini preliminari del procedimento della procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Avellino (R.G.N.R. 4857/1995) relativo alla morte della signora Enrica Romano, sono emerse gravi irregolarita' attinenti ad arbitrarie modalita' di computazione dei termini di durata delle indagini preliminari da parte del pubblico ministero, procuratore capo, dottor Giuseppe Tecce; tali violazioni sono state segnalate in esposti trasmessi dall'avvocato delle persone offese, Antonio Gelsomino, nel luglio 1996, al Ministro di grazia e giustizia (protocollo 15409/E del 29 giugno 1996), al Consiglio superiore della magistratura (protocollo 29383 del 30 luglio 1996), ed alla procura generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli (R.G. 532/1996 del 30 luglio 1996) ed alla procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte di Cassazione (R.G. 71/1998); integrando i precedenti esposti, il 20 gennaio 1997, il predetto avvocato trasmetteva agli organi istituzionali interessati altri documenti ed in particolar modo la "reiterata richiesta di archiviazione" del pubblico ministero che assumeva il numero "71" (di allegato), dalla quale si evince che il pubblico ministero ritiene di dover computare la durata dei termini di proroga delle indagini in modo del tutto arbitrario, peraltro evidenziando l'esercizio di un potere discrezionale e cio' facendo, di tale assunto, il pubblico ministero, sembra farne vasta applicazione; l'articolo 405 codice di procedura penale, comma 2, dispone la decorrenza dei termini predetti dalla data dell'iscrizione del nome della persona alla quale e' attribuito il reato nel registro delle notizie di reato, cosicche' i periodi di durata delle indagini, di sei (durata minima), di dodici (durata media) e di diciotto mesi (durata massima) dipendono tutti da un solo dies quo; il pubblico ministero, nel procedimento citato, ha avanzato richiesta al Gip di proroga del termine di durata delle indagini, facolta' prevista dall'articolo 406 codice di procedura penale, ed ha ritenuto di fissare la decorrenza, per il secondo semestre, dalla data del provvedimento di autorizzazione del Gip medesimo; con costante giurisprudenza, la Corte di Cassazione (Cassazione, sezione V penale, 18 ottobre 1993) ha stabilito che "il termine di durata massima delle indagini preliminari previsto dall'articolo 407 codice di procedura penale decorre dalla data in cui il pubblico ministero iscrive nell'apposito registro la notizia di reato"; l'articolo 407 codice di procedura penale, al comma 3, statuisce che gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati, cosicche', di fatto, l'interpretazione del pubblico ministero e procuratore capo, determinando tra la scadenza del termine conclusivo dei primi sei mesi e l'inizio del secondo semestre un periodo di attesa e/o sospensione delle indagini, ha causato la sottrazione di un periodo di tempo che poteva utilmente essere finalizzato allo svolgimento di ulteriori indagini e pregiudicato la validita' degli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero stesso, ed ha altresi' - per effetto dell'erroneo computo - pregiudicato al Gip la possibilita' di disporre nuove indagini, in quanto la prima richiesta di archiviazione e' stata inoltrata quando i termini di durata delle indagini erano gia' scaduti da vari mesi; le reiterate richieste di archiviazione evidenziano ancor piu' l'ingiusto ed inammissibile danno alle persone offese, producendosi in tal modo un'indiretta violazione dell'articolo 24 della Costituzione, in relazione al quale la Corte Costituzionale ha avuto modo di rilevare che i limiti di tempo inerenti al diritto di azione per la difesa dei diritti non si devono tradurre in preclusione o impedimento di un'effettiva tutela (confronta, ad esempio, Corte Costituzionale, sentenza n. 372 del 1988); l'esercizio di questo potere discrezionale manifestato dal pubblico ministero contrasta fortemente con le disposizioni dell'attuale codice di procedura penale, che, in ossequio alla salvaguardia dei diritti costituzionali di chi puo' esservi coinvolto, ha stabilito un tempo definito entro cui la scelta del pubblico ministero (archiviazione o rinvio a giudizio) deve essere effettuata, e con il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, da svolgere entro determinati periodi, in ogni caso, decorrenti dall'iscrizione soggettiva nel registro delle notizie di reato -: per quale motivo non sia stata disposta la nomina di ispettori ministeriali per l'accertamento delle violazioni delle norme evidenziate nell'esposto trasmesso al ministero interrogato nel luglio 1996; quali iniziative ispettive intenda adottare finalizzate all'accertamento dell'azione svolta dal pubblico ministero (procuratore capo dell'ufficio) e per la verifica delle violazioni delle disposizioni del codice di procedura penale; se sia stato avviato il procedimento preordinato all'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del pubblico ministero; se siano state adottate iniziative da parte del Consiglio superiore della magistratura e della procura generale presso la Corte di Cassazione a seguito degli esposti ad essi inviati, rispettivamente, nel luglio 1996 e nel gennaio 1998; se risulti quanti siano i procedimenti ai quali si e' applicato l'erroneo metodo di calcolo dei termini stabiliti dagli articoli 405 e 406 codice di procedura penale; quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di prevenire la perpetuazione di un arbitrario ricorso da parte del pubblico ministero a poteri discrezionali che esulano dalle prerogative stabilite dalla Costituzione e dalle leggi e che si traducono in inammissibili violazioni dei diritti fondamentali. (3-02570)
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