INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00943 presentata da DILIBERTO OLIVIERO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) in data 19970401

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Al Presidente del Consiglio dei Ministri. - Per sapere - premesso che: l'affondamento di una nave di profughi albanesi avvenuto in acque internazionali nel canale di Otranto in seguito ad una collisione con la prua della nave della Marina Militare "Sibilla" ha provocato la morte per annegamento di oltre ottantacinque cittadini albanesi, molti dei quali donne e bambini; la "Sibilla" era tra le navi militari italiane impegnate in un blocco navale deciso dal Governo italiano in accordo con quello albanese senza l'assenso del Parlamento e senza che siano ancora conosciute le "regole d'ingaggio" delle forze militari impegnate nell'operazione di respingimento e dissuasione di profughi albanesi in fuga dal quel paese; anche la versione dei fatti avanzata dalla Marina militare appare lacunosa e discutibile, in quanto risulta che la "Sibilla" si sia avvicinata, nonostante il mare mosso, al cargo albanese, che era in evidenti precarie condizioni di navigazione, per "consigliare" tramite megafono all'imbarcazione di tornarsene in Albania. In quelle condizione di mare (a forza cinque), una nave delle dimensioni e della stazza della "Sibilla" e' tenuta a rispettare una distanza di sicurezza di almeno cento metri, cosa che invece, deplorevolmente, non e' avvenuta; al di la' della dinamica dei fatti, che dovra' essere accertata dalla magistratura e da eventuali commissioni d'inchiesta, anche di natura parlamentare resta comunque una grave responsabilita' oggettiva e politica del Governo, in particolare, per cio' che riguarda il cosiddetto pattugliamento navale e la ispirazione per la quale e' stato organizzato; questo blocco navale italiano innanzi alle coste albanesi, volto ad interdire la navigazione ai profughi diretti verso l'Italia, e' stato assunto senza mandato parlamentare e con la reiterata opposizione di due forze politiche essenziali per la maggioranza di Governo: Rifondazione comunista ed i Verdi; la legittimita' del blocco e' stata contestata, prima della tragedia, dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Fazlum Karim. Il Governo italiano, replicando al rappresentante dell'Onu, aveva escluso l'esistenza del blocco navale, richiamando un non meglio specificato accordo (sconosciuto almeno da parte del Parlamento) con Tirana per il pattugliamento dell'Adriatico e la dissuasione dell'immigrazione illegale; risulta inoltre che la "Sibilla" ha attuato l'interdizione navale in alto mare del cargo albanese in acquee esterne a quelle territoriali sia italiane che albanesi. Appare discutibile dunque la legittimita' di questa operazione, in quanto in aperta violazione di un principio consitudinario ed antichissimo del diritto internazionale che assicura la liberta' dell'alto mare, ribadito dalla convenzione di Ginevra del 29 Aprile 1958 (ratificata dall'Italia con legge n. l658 dell'8 dicembre 1961); in virtu' di tale principio, nessuno Stato puo' catturare, fermare, ispezionare, visitare o ostacolare comunque la navigazione di navi appartenenti ad un altro Stato, salvo il caso della repressione della pirateria o del commercio di schiavi; secondo il Governo italiano, l'attivita' d'interdizione navale esercitata dalla Marina militare sarebbe legittimata da un trattato concluso in forma semplificata (con uno scambio di note) con il governo albanese; non risulta che tale trattato sia stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, come invece prevede la legge 11 dicembre 1984, n. 839; e' dunque ignoto al Parlamento se i soggetti che hanno siglato il trattato stesso siano capaci di rappresentare su piano internazionale lo Stato albanese, quali poteri siano stati attribuiti alle unita' navali italiane e se lo stesso era gia' entrato in vigore al momento del tragico affondamento della nave albanese; non potendo due Stati accordarsi per privare i cittadini di uno di tali Stati del diritto di lasciare il proprio paese (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948; articolo 10 del patto internazionale sui diritti civili e politici dell'Onu del 1966), l'esistenza stessa del blocco o dell'interdizione navale appare illegittima sotto il profilo del diritto umanitario internazionale ed inaccettabile sotto il profilo politico; tale blocco ha finito inoltre per enfatizzare il rischio di una "invasione" di albanesi (in verita' poche migliaia), assolutamente risibile per un Paese di cinquantotto milioni di abitanti come l'Italia, che e' la quinta potenza economica mondiale, contribuendo in questo modo ad accentuare nell'opinione pubblica pulsioni xenolobe; la strage della nave albanese ha avuto come contraccolpo, specialmente in Valona, la citta' di provenienza delle vittime, manifestazioni dichiaratamente ostili nei confronti dell'Italia. Le supposte responsabilita' italiane nell'affondamento della nave dei profughi vanno a sommarsi all'immagine negativa che il nostro Paese continua ad avere in Albania, a causa della politica di sostegno al corrotto e screditato regime di Berisha; nelle attuali condizioni, la ventilata spedizione militare in Albania, per quanto promossa dall'Onu, sarebbe assolutamente sbagliata. Questo per due motivi: a) per l'evidente ostilita' della popolazione albanese nei confronti delle FF.AA. italiane a causa della strage; b) perche' si configurerebbe come un sostegno al regime di Berisha, principale responsabile dell'attuale crisi -: quali siano le regole d'ingaggio delle unita' navali della Marina militare impegnate nell'operazione d'interdizione navale, il contenuto del trattato siglato con il Governo albanese e quali autorita' dello stesso l'abbiano sottoscritto; se non ritenga di dover sospendere il cosiddetto pattugliamento navale, contribuendo in questo modo ad allentare la tensione in Albania ed a porre un freno alla campagna xenofoba in corso nel nostro Paese; se non ritenga urgente una radicale inversione della linea politica fin qui seguita, dissociando la politica dell'Italia nei confronti dell'Albania dal sostegno al regime di Berisha, le cui dimissioni sono necessarie per conseguire una soluzione politica della crisi; se non intenda accelerare la sostituzione dell'ambasciatore italiano a Tirana con un nuovo diplomatico, non compromesso con la politica di aperto sostegno a Berisha ed al suo regime; se non si valuti di dover rinunciare all'invio di una missione militare in Albania, almeno fino a quando non sara' stipulato in Albania un'accordo di pacificazione nazionale tra tutte le parti in causa, inclusi i comitati dei rivoltosi; se non ritenga comunque di dichiarare all'Onu l'indisponibilita' dell'invio di un contingente militare italiano in Albania fino a quando Berisha continuera' ad essere Presidente di quella Repubblica. (3-00943)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 
VENDOLA NICOLA (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
NARDINI MARIA CELESTE (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
MANTOVANI RAMON (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
BRUNETTI MARIO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
MICHELANGELI MARIO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
BERTINOTTI FAUSTO (RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI) 
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