INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00363 presentata da MARTONE FRANCESCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA) in data 01/02/2007
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Atto Senato Interrogazione a risposta orale 3-00363 presentata da FRANCESCO MARTONE giovedì 1 febbraio 2007 nella seduta n.099 MARTONE, DEL ROIO - Ai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico - Premesso che: il 7 dicembre 2006 sono stati rapiti in Nigeria Francesco Arena, Roberto Dieghi, Cosma Russo e il libanese Imad Saliba, tecnici dell'ENI che si occupavano dell'estrazione del gas naturale nell'area del delta del fiume Niger. Il rapimento è stato rivendicato dal MEND (Movement for the Emancipation of the Nigerian Delta). Uno dei tre, l'italiano Roberto Dieghi, è stato rilasciato dai rapitori il giorno 18 dicembre 2006 per motivi di salute; la drammatica vicenda del rapimento dei quattro tecnici altro non è se non il culmine di una escalation di tensione in quella regione causata dall'intreccio tra rivendicazioni etnico-religiose e ostilità delle comunità locali verso le imprese petrolifere transnazionali impegnate in operazioni di estrazione petrolifera dall'alto costo sociale ed ambientale; da anni l'ENI, attraverso la sua consociata NAOC (Nigeria Agip Oil Company), opera nel delta del Niger e da anni si sono susseguite le denunce delle comunità locali circa le connivenze dell'azienda con le forze di polizia nigeriane, e le gravi violazioni dei diritti ambientali derivanti dalle sue operazioni; ai primi di febbraio 2002 unità dell'esercito nigeriano avrebbero attaccato un villaggio di Liama nello stato di Bayelsa bruciando almeno 60 case ed uccidendo tre giovani. Secondo il Commissario di Stato per l'ambiente, Lionel Jonathan-Omo, parte del villaggio sarebbe stata distrutta da militari distaccati presso il terminale di Brass (di proprietà della NAOC) come rappresaglia per il furto di un battello dell'AGIP; secondo quanto riportato in un reportage di "C'era Una Volta", andato in onda su RAI3 nel luglio 2003, soldati nigeriani, sempre di stanza nel terminale AGIP di Brass, avrebbero operato nel 1999-2000 una rappresaglia ai danni della comunità Opoma nel Delta del Niger nella quale veniva distrutta buona parte del villaggio ed uccisi otto civili. Questi soldati sarebbero arrivati a bordo di camionette AGIP munite di mitragliatrici. Secondo il reportage , reparti delle forze armate nigeriane avrebbero avuto l'incarico di svolgere funzioni di ordine pubblico e polizia, in cambio della loro permanenza nelle infrastrutture di proprietà dell'AGIP; nel settembre 2004 Mujahid Dokubo-Asari, capo dei ribelli indipendentisti Ijaw del Niger Delta, denunciò l'uso di elicotteri AGIP da parte dell'esercito nigeriano. Denunce da prendere con cautela, ma che denotano una percezione diffusa riguardo alle attività repressive del governo nigeriano e possibili collusioni delle imprese petrolifere operanti nell'area; nel 2005 sono arrivate le denunce preoccupanti relative alla demolizione di decine di baracche nello slum di AGIP Waterside, a Port Harcourt. Secondo quanto riportato dal UNPO (Unrepresented Nations and People Organization) nell'aprile di quell'anno, centinaia di abitazioni sono state rase al suolo da bulldozer con la scusa della eccessiva contiguità dello slum con le installazioni dell'AGIP. Secondo alcuni residenti, invece, le demolizioni sarebbero sollecitate dall'AGIP per poter espandere le proprie strutture. Alle 5.000 persone non verrà corrisposto alcun risarcimento. L'AGIP Nigeria interpellata ha affermato di non essere informata dei fatti e di non aver nulla a che vedere con le demolizioni. Alcune organizzazioni locali per i diritti umani hanno chiesto ad AGIP di dimostrare le proprie affermazioni, ma senza risposta. L'unica risposta che hanno ricevuto gli sfollati sarebbero stati gli attacchi violenti di bande di giovani armati e presumibilmente di unità di polizia che hanno causato un morto e diversi feriti a colpi di machete . La polizia inoltre avrebbe arrestato alcuni degli sfollati senza alcuna giustificazione; i 5.000 erano appartenenti all'etnìa Ogoni, la stessa di Ken Saro Wiwa e degli altri sette attivisti impiccati nel novembre 1995 dal Governo dittatoriale di Sani Abacha per aver protestato contro le attività devastanti della Shell nel delta del Niger; considerato che: oltre ad estrarre petrolio nel Delta, l'AGIP partecipa a alcune joint-venture per la costruzione e gestione di grandi impianti di produzione di gas naturale. Uno di questi è su Bonny Island nel River State. Il progetto NLNG (Nigeria Liquefied Natural Gas, al quale AGIP International partecipa con il 10,4% delle quote) trasforma il gas naturale estratto nell'entroterra e trasportato attraverso una pipeline di 217 chilometri a Finima, dove viene liquefatto ed esportato. L'impianto avrebbe causato la distruzione di migliaia di ettari di foreste di mangrovie effettuata sotto protezione armata. L'ampliamento delle infrastrutture avrebbe causato ulteriori gravi danni. Una di queste, un ponte di grandi proporzioni, è stato costruito - come documenta sul sito "Terrelibere" il giornalista Antonio Mazzeo - da un'impresa italiana, la GITTO, già interessata a numerosi appalti connessi al Ponte sullo Stretto e attore di primo piano nella costruzione di infrastrutture volute dal Governo israeliano nei Territori occupati. La GITTO, che ha tra i suoi soci il Vice Presidente nigeriano Abukhabar, non avrebbe svolto alcuna valutazione di impatto ambientale in particolare nella zona della comunità Bodo; l'AGIP, insieme ad altre compagnie petrolifere transnazionali operanti nel Delta, è stata poi oggetto di una denuncia da parte di associazioni ambientaliste nigeriane (Environmental Rights Action) e della comunità Iwerekan per l'impatto ambientale derivante dal cosiddetto gas-flaring (combustione in torcia del gas), denuncia accolta dall'Alta Corte federale della Nigeria che ha poi emanato una sentenza nella quale si chiede che la pratica del gas-flaring , deve cessare, perché viola il diritto umano e costituzionale delle popolazioni alla vita e alla dignità; alcune delle denunce provenienti dalla Nigeria sono state oggetto di interrogazioni parlamentari, alle quali il Governo ha sempre risposto in maniera apologetica nei confronti dell'impresa riportando la linea politica dell'AGIP, ed operando di fatto come portavoce dell'impresa. Ogni responsabilità diretta dell'AGIP è stata negata, e l'intervento delle forze di sicurezza è stato imputato al clima di grave tensione etnica che attraversa il Delta del Niger. Ora, è ormai ben chiaro che spesso i conflitti sulle risorse naturali o derivanti dallo sfruttamento indiscriminato delle stesse vengono camuffati ad arte come conflitti etnici, come anche le attività predatorie di imprese straniere, nonché la possibilità, data loro dai governi locali, di massimizzare i profitti, concorrono a vario grado a creare o esacerbare le conflittualità locali; tuttavia, sulla carta e secondo il suo bilancio sociale, l'ENI avrebbe adottato criteri in sostegno delle comunità locali al fine di mitigare gli effetti delle sue attività industriali. Fin qui nulla da eccepire. Restano però aperti molti problemi, relativi, da una parte, alla condotta sul campo e, dall'altra, agli effetti ad essa connessi. In poche parole, l'ENI, come del resto tutte le imprese transnazionali, non gradisce assolutamente di essere sottoposta a criteri e standard vincolanti per quanto concerne le sue attività ed il loro impatto socio-ambientale, né di sottoporre a soggetti terzi ed indipendenti la valutazione della conformità dei suoi atti agli impegni che dice di prendere. Ne è prova il fatto che, pur aderendo al Global Compact dell'ONU, programma di responsabilità sociale di impresa su base volontaria e difficilmente verificabile dall'esterno, l'ENI non ha dato alcun segno di interesse nei confronti di processi importanti quali l'elaborazione delle Norme ONU sui diritti umani e le imprese transnazionali; va poi rilevato come quelle politiche di sostegno alle comunità locali spesso si traducono in strategie di divide et impera per mettere le comunità una contro l'altra o chiedere ad una di vigilare sul comportamento delle altre, prevenendo possibili proteste o lamentele. È il caso del famigerato contratto che AGIP Ecuador aveva stilato con la comunità Huaroani del Pastaza, in Ecuador. Eppoi non ci si deve dimenticare dell'effetto culturale e sociale all'interno delle varie comunità, laddove spesso sono pochi leader o persone ad intrattenere per conto della comunità stessa le relazioni con le imprese, senza però la necessaria leggittimità all'interno della stessa; c'è poi il caso, poco conosciuto in Italia, relativo alla decisione di escludere l'ENI dagli indici FTSE4GOOD per le imprese socialmente responsabili presa nel marzo 2004. L'esclusione sarebbe, come riporta il sito "rsinews.it" dovuta al fatto che l'ENI non aveva soddisfatto i nuovi criteri FTSE4GOOD sul rispetto dei diritti umani. Questi criteri, la cui attuazione viene verificata da un organo indipendente, richiedono che le imprese integrino nelle loro politiche e strategie aziendali le norme contenute in vari strumenti internazionali per la tutela e la promozione dei diritti umani quali le linee guida OCSE per le imprese multinazionali, la dichiarazione tripartita OIL sui principi per le imprese multinazionali e le politiche sociali, il Global Compact delle Nazioni Unite e la bozza di principi dell'ECOSOC relativi ai principi ed alle responsabilità per le imprese transnazionali ed altre imprese. Vale la pena di ricordare che tra gli impegni previsti per le imprese che aderiscono agli indici FTSE4GOOD c'è quello di darsi una politica aziendale sui diritti dell'uomo, di consultare le comunità locali, di prevedere meccanismi di risarcimento per la mancata ottemperanza a tali criteri e - dettaglio importante per la questione nigeriana - attenersi alle norme ONU per quanto riguarda l'uso della forza e delle armi da fuoco da parte di forze di sicurezza, e promuovere il rispetto dei popoli indigeni; considerato, inoltre, che: a fronte di tutto ciò, e nonostante le preoccupazioni espresse da più parti, il precedente Governo riuscì ad ottenere qualche anno fa la rapida approvazione di un accordo di cooperazione nel settore degli investimenti privati tra Italia e Nigeria. Qualche tempo dopo, però, il Senato, in concomitanza con la ratifica di un accordo di cooperazione nel settore degli investimenti tra Italia ed Ecuador, approvò un ordine del giorno sulle operazioni dell'ENI-AGIP in Ecuador e nel mondo, secondo il quale il Governo avrebbe dovuto verificare con i vertici del gruppo ENI che, sia per le attività in essere sia per quelle previste in futuro, il gruppo "si impegni ad assicurare il massimo rispetto dei diritti dei popoli indigeni, e degli standard più alti dal punto di vista ambientale, garantendo l'integrità degli ecosistemi dai quali tali popoli traggono le loro principali fonti di sostentamento, ed il recupero di quelli eventualmente danneggiati da pratiche indiscriminate." . Il Governo veniva impegnato inoltre ad "adoperarsi affinché le società del gruppo ENI recepiscano nelle loro attività in Ecuador e nel resto del mondo le indicazioni contenute nelle Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilità delle imprese transnazionali in tema di protezione e promozione dei diritti umani e le raccomandazioni contenute nel rapporto commissionato dalla Banca mondiale sulle industrie estrattive (Extractive Industries Review); 134 milioni di nigeriani vivono ad un livello di povertà tra i più bassi del pianeta. Ogni mese 79.500 bambini muoiono prima di aver raggiunto i cinque anni per mancanza di acqua potabile, cure sanitarie, cibo e alloggio. La Nigeria riceve in aiuti pro capite dall'Occidente 2 dollari l'anno e ne paga 12 per gli interessi sul debito, si chiede di sapere: se non si ritenga opportuno avviare un'attenta iniziativa, attraverso un dialogo serio, che cominci a riconoscere, comprendere e rimuovere le cause della ribellione, prendendo in considerazione le denuncie e le richieste del popolo nigeriano, specialmente quelle del Delta del Niger, dove le nostre imprese petrolifere operano da anni; se non si ritenga opportuno, per una soluzione della controversia, avviare un tavolo di colloqui con il governo nigeriano e i rappresentanti delle comunità locali, per manifestare una disponibilità dell'ENI indirizzata ad una giusta bonifica ambientale, ad un risarcimento delle popolazioni locali per i danni subiti, ad una politica che consenta agli originari di beneficiare dello sfruttamento delle risorse e ad un rilascio di chi è stato ingiustamente arrestato; se sia stato dato seguito all'ordine del giorno, approvato nella XIV legislatura, nel quale il Governo si impegnava ad adoperarsi affinché le società del gruppo ENI recepiscano nelle loro attività le indicazioni contenute nelle Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilità delle imprese transnazionali in tema di protezione e promozione dei diritti umani e le raccomandazioni contenute nel rapporto commissionato dalla Banca mondiale sulle industrie estrattive; se non si ritenga che l'attuazione di quanto nelle richieste non possa contribuire ad una positiva soluzione della grave vicenda che investe i tre tecnici dell'ENI. (3-00363)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00363 presentata da MARTONE FRANCESCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA) in data 01/02/2007
Senato della Repubblica
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00363 presentata da MARTONE FRANCESCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA) in data 01/02/2007
INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE
DEL ROIO JOSE' LUIZ (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA)
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MARTONE FRANCESCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA)