INTERPELLANZA 2/02050 presentata da MAIOLO TIZIANA (FORZA ITALIA) in data 19991109

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La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che: il 20 ottobre 1999 il procuratore generale presso la corte di appello di Cagliari, dottor Francesco Pintus, si e' dimesso dalla magistratura con una lettera inviata al Capo dello Stato nella sua qualita' di presidente del Consiglio superiore della magistratura; nella sua lettera l'alto magistrato scrive che il processo penale "si celebra sulle pagine dei giornali e sugli schermi televisivi; i mezzi di informazione creano nella opinione pubblica convinzioni ed aspettative, con la conseguenza che giorno dopo giorno diminuisce presso i cittadini la fiducia nei giudici; una limitata schiera di "protagonisti" determina correnti di opinione che finiscono per influenzare la politica e, talvolta, perfino le decisioni giudiziarie. Pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari, due organi la cui contiguita' desta spesso qualche sospetto, operano praticamente senza controlli le scelte dei processi da celebrare di quelli da archiviare; in sede di appello viene riformato il sessanta per cento delle sentenze; la Corte di cassazione ha praticamente perduto la sua funzione importantissima di unificazione del diritto sul territorio. I processi si trascinano per tanto tempo, che non si contano piu' gli interventi censori della Corte europea dei diritti dell'uomo. Per celebrarli si impiegano magistrati e mezzi in misura spesso sproporzionata; l'estinzione per prescrizione anche dei reati piu' gravi e' all'ordine del giorno e si finisce con il non rendere giustizia a quei cittadini che non riescono a considerare come "minori" i reati che gli riguardano personalmente, e che incidono in modo spesso doloroso sulla loro vita, sulla loro sicurezza, sui loro averi. Il vigente ordinamento ha eliminato quasi tutte le potesta' che nel passato venivano riconosciute ai procuratori generali, e quelle residue di coordinamento e di controllo, invece di venir rafforzate, sono state svilite ed in pratica annullate dagli interventi (anche censori) del Consiglio superiore della magistratura: un organo che dovrebbe tutelare tutti i magistrati ma che si comporta assai spesso in modo tale da far dubitare della sua soggezione ad influenze di correnti, di amicizie e clientele, e che adempie le proprie funzioni praticamente al riparo da qualsiasi controllo e dalla diretta assunzione di responsabilita'"; il 30 ottobre 1999 il dottor Antonio Martone si e' dimesso da presidente dell'associazione nazionale magistrati; in dichiarazioni alla stampa, riportate tra gli altri dal quotidiano la Repubblica del giorno 31 ottobre 1999 il dottor Martone ha sostenuto: "Io ero disponibile al dialogo. Invece hanno chiesto la mia testa con critiche strumentali e ingiustificate. Mi hanno fatto un processo in cui ho dovuto invocare spesso il diritto alla difesa. Sono state magistratura democratica e magistratura indipendente. Ad esempio Giovanni Salvi, Vittorio Borraccetti, Piercamillo Davigo. Io volevo il dialogo, invece e' prevalsa la linea della chiusura a riccio. Peccato, la magistratura rischia di assumere l'atteggiamento dello struzzo. E' sempre piu' lontana dalla realta'. E sta perdendo consenso"; in una lettera al quotidiano Il Foglio del 2 novembre 1999, il presidente del tribunale di Bergamo Luigi Ritto scrive: "Quale componente del comitato nazionale della corrente Unita' per la Costituzione, che nel pomeriggio di sabato 30 ottobre ha deciso di sostenere la posizione politica del presidente dell'Anm, Antonio Martone, desidero approfittare dell'ospitalita' de Il Foglio per difendere una precisa messa a punto, che in questo momento mi sembra necessaria. Antonio Martone, quando afferma che i problemi dell'amministrazione della giustizia non si esauriscono nella difesa acritica dell'operato dei bounty killers di Palermo e dintorni, non e' affatto un isolato ..... La posizione di Martone esprime l'insofferenza della maggior parte della magistratura, che non sopporta piu' di essere identificata con un aspetto parziale e riduttivo della giurisdizione, il quale riguarda soltanto una piccola parte della requirente operante in una limitata dimensione geografica. Da questo momento e' posto all'ordine del giorno un contrasto dialettico tra giudicante e requirente e anche tra giurisdizione civile e giurisdizionale penale. Chi scrive, un magistrato di origine siciliana che ha esercitato la propria professione in pratica soltanto in Lombardia, puo' affermare che il problema principale soprattutto nelle aree economicamente piu' avanzate e' il cattivo funzionamento della giustizia civile, i cui costi ricadono pesantemente sulla produttivita' delle imprese. Riesce percio' insopportabile il drenaggio di risorse verso un'altra parte del Paese per finanziare il tentativo, ormai rivelatosi vano, di scoprire il cosiddetto terzo livello dell'infiltrazione mafiosa, perche' questo e non altro e' stato il processo Andreotti. Bisogna avere il coraggio di affermare che vi sono necessita' piu' concrete, alle quali destinare le magre risorse disponibili; nel tentativo di verificare fumose ipotesi sociologiche, inventate da disoccupati in cerca di occupazione come mafiologi"; a parere dell'interpellante tali prese di posizione rivelano un crescente disagio avvertito da un numero crescente di magistrati nei confronti dell'amministrazione della giustizia in generale, dell'operato del Consiglio superiore della magistratura e di gruppi di pressione che, anche all'interno della magistratura associata, si ergono davanti all'opinione pubblica come "dei ex-machina" dal cui parere anche lo stesso Parlamento non puo' prescindere -: quali iniziative il Ministro intenda assumere per limitare il fenomeno della celebrazione dei processi sui giornali e in televisione e, piu' in particolare, per limitare le esternazioni dei magistrati dell'accusa sui procedimenti loro affidati; quali iniziative il Ministro intenda assumere per accertare l'effettivo rispetto del principio di obbligatorieta' dell'azione penale e quali controlli intenda esercitare sull'operato di pubblici ministeri e giudici delle indagini preliminari perche' ad essi non sia consentito alcun arbitrio in ordine ai processi da celebrare o a quelli da archiviare; quali iniziative il Ministro intenda assumere nei confronti dei magistrati che, con il loro comportamento in ordine all'esercizio dell'azione penale abbiano violato doveri deontologici, determinato correnti di opinione tali da influenzare la politica e, talvolta, le decisioni giudiziarie; quali siano le statistiche relative all'andamento dei processi nei diversi gradi del giudizio e, in particolare, quale sia la percentuale di riforma in appello delle sentenze di primo grado; quanti siano ad oggi i procedimenti contro l'Italia aperti presso la Corte europea dei diritti dell'uomo e in ordine a quali violazioni della Convenzione; quale sia la distribuzione, percentuale ed assoluta, della risorse economiche verso la giustizia penale e la giustizia civile e verso le diverse aree territoriali dell'Italia; quali iniziative il Ministro intenda assumere e quali poteri intenda esercitare per ristabilire fiducia dei cittadini nei confronti dell'amministrazione della giustizia e la credibilita' dello Stato nello svolgimento di uno dei suoi principali compiti. (2-02050)
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