INTERPELLANZA 2/00008 presentata da BIGNAMI GALEAZZO (FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE) in data 10/04/2018

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Atto Camera Interpellanza 2-00008 presentato da BIGNAMI Galeazzo testo di Martedì 10 aprile 2018, seduta n. 4 Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia , per sapere – premesso che: il decreto cosiddetto «svuota carceri» del 2013 avrebbe creato una sorta di caos normativo, in quanto disporrebbe, per i detenuti con condanne inferiori ai quattro anni, l'attivazione di misure alternative al carcere, di fatto ampliando la «casistica» delle motivazioni per giungere alla scarcerazione; a tal proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 41 del 2 marzo 2018, ha stabilito l'incostituzionalità, alla luce delle nuove norme, del quinto comma dell'articolo 656 del codice di procedura penale, il quale prevede che la sospensione della pena in vista di forme alternative sia valido solo per pene fino a quattro anni; secondo la Corte, invece, coloro che devono scontare una pena, anche residua, fino a quattro anni hanno diritto alla sospensione dell'ordine di esecuzione a patto che tale sospensione sia motivata con l'affidamento in prova ai servizi sociali; tali disposizioni sembra saranno recepite anche nella riforma dell'ordinamento penitenziario che ha già ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri; nella citata riforma dell'ordinamento penitenziario non sembra essere presa in considerazione la peculiarità della realtà carceraria italiana che presenta il 34 per cento di detenuti di origine straniera sul totale della popolazione carceraria; a tal proposito, si ritiene che una riforma dell'ordinamento penitenziario debba viaggiare di pari passo con il potenziamento delle politiche di rimpatrio per gli stranieri abitualmente dediti ad attività criminose, con l'ampliamento e con la garanzia di esecuzione degli accordi bilaterali con i Paesi di origine, affinché i detenuti scontino, anche senza il loro consenso, la pena detentiva nel Paese di provenienza; ci sono infatti regioni, quali l'Emilia-Romagna, nelle cui carceri un detenuto su due è di origine straniera, una delle percentuali più alte del Paese. Al momento, non esistono nemmeno luoghi formali di confronto tra Governo e regioni in materia di politica penitenziaria, aspetto su cui va aperta una profonda e seria riflessione per poter consentire alle regioni di condividere con le amministrazioni statali nuove e più lungimiranti scelte di politica penitenziaria; i dati della popolazione straniera carceraria, aggiornati al 31 dicembre 2017 e riportati sul sito del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), parlano di 745 detenuti stranieri su un totale di 57.608 e rappresentano il 34,2 per cento della popolazione carceraria. Del totale dei detenuti stranieri in Italia, il 18,8 per cento è di origine marocchina, il 13,1 per cento è di origine rumena, il 13,2 per cento, è di origine albanese, il 10,7 per cento è di origine tunisina. In riferimento all'Emilia-Romagna, che presenta una elevata incidenza di stranieri all'interno delle carceri, la popolazione carceraria complessiva è di 3488 unità e gli stranieri rappresentano, pertanto, il 50,7 per cento con punte anche del 59 per cento per le singole carceri; il costo stimato per lo Stato italiano per mantenere i detenuti nelle carceri italiane ammonterebbe a circa un miliardo di euro l'anno (dato 2013): costi che potrebbero essere notevolmente ridotti con politiche mirate volte al rimpatrio dei detenuti stranieri; questa possibilità è prevista infatti dalla convenzione di Strasburgo del 1983, ratificata dall'Italia la quale ha, nel corso del tempo, sottoscritto una serie di accordi bilaterali con alcuni Paesi, tra cui l'Albania (firmato a Roma nel 2002, l'accordo prevede, tra l'altro, che lo Stato di esecuzione presti il proprio consenso solo dopo aver sentito il parere della persona condannata) e la Romania (firmato a Roma nel 2003, l'accordo prevede che si possa procedere anche senza il consenso del condannato che deve comunque essere sentito); mancano comunque all'appello, per esempio, accordi con il Marocco e la Tunisia (le cui nazionalità sono tra quelle maggiormente rappresentate nelle carceri italiane); anche per quanto riguarda gli accordi sottoscritti, non sembra esistano report sufficientemente esaustivi per stabilire quanto questi accordi vengano applicati e con quale efficacia –: se non si ritenga, anche vista la pronuncia della Corte costituzionale, assumere iniziative per ripensare all'impianto del decreto-legge n. 146 del 2013; se non si ritenga necessario procedere a una verifica dell'applicazione dei citati accordi bilaterali già in essere, al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne criticità; quanti detenuti siano stati effettivamente rimpatriati grazie a tali accordi, a partire dalla data della loro sottoscrizione a oggi; se non si ritenga fondamentale assumere per un potenziamento delle politiche di rimpatrio degli stranieri detenuti, anche attraverso la stipula di nuovi accordi bilaterali specifici, laddove inesistenti, affinché i detenuti stessi scontino la pena nel loro Paese di origine, oltre a mettere in campo misure efficaci di rimpatrio anche per gli stranieri abitualmente dediti ad attività criminose; se non si ritenga indispensabile creare un luogo di confronto tra Governo e regioni in tema di politiche penitenziarie, al fine di rendere le regioni realmente partecipi su tali problematiche nelle quali risultano ancora poco coinvolte. (2-00008) « Bignami ».
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