INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06780 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20120508
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Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-06780 presentata da RITA BERNARDINI martedi' 8 maggio 2012, seduta n.628 BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che: all'inizio del 2007 la signora A.V.I., nata a Botosani (Romania) il 31 dicembre del 1969, separata e madre di un ragazzo oggi sedicenne, decide di venire a svolgere l'attivita' di badante in Italia; nel primo anno la donna cambia un paio di posti di lavoro, fino a che, nel dicembre del 2007, viene assunta dal signor L.R. per assistere la madre, signora P.I., vedova ottuagenaria che vive in Albano Laziale. L'anziana e' cardiopatica, in pessime condizioni di salute generali, al punto da aver spesso necessita' dell'ausilio di un respiratore ad ossigeno, e quindi non puo' vivere da sola; la signora P.I. desidererebbe abitare con il figlio Luciano, e quindi non gradisce la presenza della badante, con la quale e' invece obbligata a vivere a stretto contatto, in una casa di soli 40 metri quadrati, dividendo la stessa camera da letto. Questo provoca qualche screzio tra le due donne ed una situazione non felice per la signora A.V.I., che gia' affronta con depressione la lontananza dal figlio (all'epoca dodicenne) e la mancanza di rapporti sociali, dato che il nuovo lavoro la allontana dai pochi amici/conoscenti che si e' fatta durante la precedente permanenza a Roma. Tanto che alla fine, nonostante le necessita' economiche, e' decisa a risolvere il rapporto di lavoro non appena la famiglia trovera' una persona per la sua sostituzione; nel contesto sopra descritto, la sera del 7 gennaio 2008, la I. viene colta da un malore mentre e' intenta a fare le proprie abluzioni, attivita' che vuole svolgere assolutamente sola, senza l'ausilio della badante, la quale sente un tonfo e un lamento, si reca subito in bagno e trova l'anziana in terra con una ferita al mento che sanguina copiosamente. L'aiuta a rialzarsi, la tampona con una spugnetta e la conduce, sia pure con fatica, nella loro camera, adagiandola sul letto in posizione seduta, al fine di facilitarne la difficoltosa respirazione. Prende la bombola dell'ossigeno e glielo somministra. Nel frattempo la signora I. le chiede di cambiarsi le mutandine, poiche' si e' sporcata, e Adriana l'aiuta per farla rasserenare e sentire a suo agio. La situazione sembra sotto controllo quando, durante l'operazione di cambio, l'anziana inizia improvvisamente a perdere sangue dal naso. A questo punto, vincendo le resistenze manifestate dalla donna, A.V.I. decide di avvisare il figlio, ma mentre si allontana dal letto per porsi al telefono, questa perde i sensi e scivola in terra. A.V.I. si dispera, la chiama ripetutamente e alla fine, in stato di agitazione, allarma il figlio della donna, il quale giunge sul posto circa 15 minuti dopo e a breve distanza, alle ore 22,40 circa, giungono i medici del 118, i quali ritrovano la signora P.I. in terra, immobile. Il corpo, dislocato orizzontalmente fra i due letti della piccola camera, privo di vesti ad eccezione di una mutandina calata alle ginocchia, presenta alcune ecchimosi ed una evidente ferita al mento; il personale paramedico, in particolare l'infermiere A.M., tenta di rianimare l'anziana con il defibrillatore (risultato inutilizzabile per assenza di attivita' cardiaca) e poi praticandole un massaggio cardiaco per circa un minuto. Constatato l'esito negativo delle prime manovre, gli infermieri caricano il corpo sull'ambulanza, dove, per tutta la durata del tragitto (cinque minuti circa), A.M. continua a praticare il massaggio cardiaco. Anche questo secondo prolungato intervento si rivela inutile e, giunti presso l'ospedale di Albano Laziale, viene dichiarata la morte della signora P.I.; nel frattempo, il figlio L. e la sua compagna, da poco sopraggiunta sul posto, iniziano una sorta di interrogatorio nei confronti della badante, la quale, in evidente stato confusionale (tanto per lo shock quanto per il fatto che, come poi si accertera', aveva bevuto qualche bicchiere di troppo, tenta senza successo di chiarire i loro dubbi. Interpellata sulla presenza di alcune macchie di sangue in terra, spiega come la signora I. lo abbia perso dal naso e dalla ferita, e si accinge a pulirle. Quasi contemporaneamente intervengono i carabinieri di Albano, i quali compiono i primi rilievi e, constatando lo stato confusionale e l'alito vinoso di Adriana, la accompagnano presso l'ospedale locale dove le viene rilevato un elevato tasso alcolemico nel sangue; A.V.I. viene immediatamente sospettata di aver malmenato la signora P.I. e posta in stato di fermo. A questa ricostruzione giungono senza dubbi i carabinieri di Albano Laziale, sollecitati dalle dichiarazioni del figlio e della sua compagna, e dalla circostanza che l'anziana avesse diversi lividi sul corpo. Ancor prima di iniziare le indagini la badante viene bollata nel verbale di fermo come «scontrosa e violenta» e, data l'ubriachezza, certamente colpevole; a dimostrazione del frettoloso assunto si indica anche il fatto che abbia ripulito il sangue da terra, gesto che, per quanto compiuto dinanzi al figlio della defunta, e' ritenuto indice dell'intento di celare il reato; la tesi dell'omicidio si insinua quindi da subito negli inquirenti, ancor prima che il medico legale abbia chiarito le cause della morte. A rafforzare il quadro arrivano le prime conclusioni dell'autopsia (che dovranno poi confermate e approfondite con il deposito della consulenza) effettuata dal dottor Gian Luca Marella, dell'universita' di Tor Vergata, il quale - in perfetta corrispondenza con quanto descritto nel verbale di fermo - ricostruisce le cause della morte come conseguenza di un quadro «fratturativo costale e lesivo cardiaco» provocato da una serie ripetuta di colpi cagionati da una «superficie di ridotte dimensioni compatibile con calci e pugni». I carabinieri, a questo punto, sentono a sommarie informazioni i paramedici intervenuti e fra questi l'infermiere professionale A.M., il quale a domanda degli inquirenti risponde: «Con il massaggio cardiaco che gli ho praticato sono sicuro di non aver provocato lesioni di alcun genere»; lo stesso giorno, il pubblico ministero presso il tribunale di Velletri, dottor Patrone, competente per territorio, avanza richiesta di custodia cautelare in carcere nei confronti della badante, dopodiche' la donna viene condotta dinanzi al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Velletri, dottoressa Nicotera, per la convalida del fermo e per decidere sulla richiesta di misura cautelare avanzata dal pubblico ministero; A.V.I., assistita da un avvocato d'ufficio che incontra per la prima volta al momento della convalida dell'arresto, viene interrogata e reclama la sua innocenza. Sostiene di non aver picchiato la povera signora I., ma, al contrario, di averla soccorsa e di aver fatto tutto il possibile per aiutarla. Il giudice non le crede e, con una manciata di pagine scritte a penna, stila un'ordinanza di custodia cautelare che la ritiene gravemente indiziata di omicidio volontario, sancendone la pericolosita' sociale, nonostante sia incensurata e priva di precedenti penali; peraltro l'indagata e' straniera, «senza fissa dimora e senza fisso lavoro» e, quindi, non c'e' altra misura adeguata se non il carcere atteso che certamente ricorre anche il pericolo di fuga; la prosecuzione delle indagini, effettuate con diverse metodiche scientifiche, accerta la presenza di diverse macchie ematiche fra il bagno, la cucina e la camera da letto della piccola casa, tutte appartenenti alla deceduta, nonche' una spugnetta ed uno straccio sporchi di sangue. Inoltre si trova una mutandine intrisa di feci all'interno del lavabo, a conferma di quanto spiegato da A.V.I. circa la sostituzione dell'indumento; le ulteriori investigazioni effettuate dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria non aggiungono molto al quadro, a parte accertare che fra l'imputata e l'anziana donna vi fossero rapporti insoddisfacenti per entrambe, tanto che sia l'una che l'altra avevano deciso di interrompere il rapporto di lavoro dopo solo due settimane. Viene sentita l'unica testimone (sia pure non oculare) della vicenda, la signora M., vicina di casa, che narra di aver sentito attraverso le sottili pareti solo i lamenti flebili di una voce quasi infantile; a fronte di questo quadro complessivo, A.V.I. resta in carcere e dopo tre mesi viene trasferita nell'istituto penitenziario di Lecce. Completamente isolata da tutti, perde i contatti anche con quei pochi conoscenti che avrebbero potuto visitarla a Roma. La famiglia e' lontana, il figlio non sa nulla e la donna non ricevera' mai una visita che non sia di un legale; dopo circa un anno si arriva al rinvio a giudizio dinanzi la corte di assise di Frosinone, competente per territorio. Il processo ha inizio veramente solo nell'aprile del 2009 e si protrae con vari rinvii per sei mesi in cui vengono sentiti tutti i testimoni d'accusa. Adriana non ha testimoni a discarico ad eccezione di se stessa e di un consulente medico legale che pero' non si presentera' mai in udienza, probabilmente perche' non ci sono i soldi per pagarlo. L'avvocato di fiducia nominato nel frattempo sembra non riesca a fare di piu'. La corte di assise, nonostante l'assenza di un consulente della difesa, non ritiene di dover incaricare una perizia medico legale. Le cause della morte indicate dal dottor Marella, per quanto poco convincenti, accontentano pienamente il collegio giudicante. Anche i dubbi circa la possibilita' che le fratture costali siano state provocate dal massaggio cardiaco sono definitivamente fugati: lo ribadisce in aula l'infermiere M. e lo esclude il dottor Marella il quale dichiara che non vi sono casi di frattura alle costole simili a quelle riscontrate sulla vittima; nel frattempo la donna ribadisce inutilmente la propria innocenza, spiegando con maggiore precisione quanto accaduto, anche grazie alla migliore comprensione della lingua italiana sviluppata nell'oltre anno e mezzo passato nelle nostre carceri. [Ma questo non cambia il risultato, anzi, il presidente sembra aver fretta di chiudere il processo]; il 14 ottobre 2009 A.V.I. viene condannata dalla corte di assise di Frosinone a 14 anni di reclusione per omicidio volontario. La motivazione depositata il 31 dicembre 2009 ricostruisce cosi' la vicenda: l'imputata, dati i rapporti deteriorati con la vittima, si adira senza freno in preda all'ebbrezza e la picchia selvaggiamente per alcuni minuti fino a giudizio dell'interrogante a provocarne la morte. L'assenza di un serio movente e' superata con la mancanza di controllo a cagione dell'alcool; l'assenza di lesioni mortali e' superata con lo stratagemma del dolo eventuale, formula giuridica che consente alla Corte di superare gli evidenti problemi che la consulenza del pubblico ministero ha lasciato aperti: Adriana, conoscendo il precario stato di salute della I., picchiandola ha accettato il rischio che morisse nonostante nessuna delle lesioni inferte fosse di per se' mortale; nonostante la condanna, A.V.I. non perde la forza di andare avanti. Nomina un nuovo avvocato disponibile a difenderla con il patrocinio a spese dello Stato e lo incarica di proporre appello. Il nuovo legale Adriana riesce a reperire un consulente tecnico di parte, professor Francesco Raimondo, [disposto ad interessarsi al caso malgrado l'asseta di denaro immediato (anche il consulente sara' pagato con il patrocinio a spese dello Stato)]; il quale condivide subito i dubbi sollevati dal difensore dell'imputata e' approfondisce la questione; il consulente tecnico di parte, dopo aver studiato il caso, stila un elaborato peritale dai risultati dirompenti: la signora P.I. non puo' essere morta per le lesioni alle costole e al cuore, poiche' sia le prime che le seconde sono avvenute post mortem. Il dato e' testimoniato con tutta evidenza dal fatto che tanto dall'elaborato quanto dalle fotografie scattate in sede autoptica si evince che le fratture costali sono prive di infiltrazione (sanguinamento): la responsabilita' della rottura e' quindi da ascriversi al massaggio cardiaco; alla luce delle nuove risultanze medico legali e di un esame piu' approfondito delle prove raccolte, la difesa stila il suo atto di appello, nel quale si chiede l'assoluzione dell'imputata o, quantomeno, la riapertura del dibattimento per effettuare una seconda, piu' approfondita, perizia medico-legale; il 28 ottobre 2010 ha inizio il processo di appello. Il procuratore generale, in pochi minuti, avanza richiesta di conferma della sentenza; la difesa insiste per la riapertura del dibattimento ai fini dell'espletamento di una nuova perizia; richiesta che viene accolta dalla Corte; la perizia viene affidata al professor Giulio Sacchetti, ordinario di anatomia patologica all'universita' di Tor Vergata. La mattina del 23 novembre successivo vengono sentiti il consulente della difesa ed il perito della Corte. Il risultato della perizia e' sconvolgente: non solo si accerta che le fratture costali patite dalla vittima sono state provocate dal massaggio cardiaco, ma il perito e' in grado di dire con certezza che la signora P.I. e' morta di infarto del miocardio, come testimoniano i vetrini dei tessuti raccolti dal consulente del pubblico ministero in sede autoptica. La prova dell'innocenza dell'imputata era gia' a disposizione del dottor Marella tre anni prima, ma era stata ignorata o comunque il consulente non era stato in grado di interpretare elementi scientifici certi e chiari. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal dottor Marella, emerge che i lividi imputati al pestaggio non sono di formazione coeva - e quindi non possono essere ricondotti ad una violenza esercitata sull'anziana il giorno dei fatti - e che la maggior parte di essi e' stata determinata dalla caduta e da manovre di afferramento, compatibili con le operazioni di sollevamento da terra della signora I.; dinanzi al risultato lapidario della perizia, la pubblica accusa cambia atteggiamento e chiede l'assoluzione dell'imputata. Dopo una breve discussione riassuntiva della difesa della donna, la Corte si ritira in camera di consiglio e dopo meno di cinque minuti esce con il verdetto assolutorio con la formula «il fatto non sussiste»; la notizia dell'assoluzione di A.V.I. dall'accusa di omicidio viene ampiamente diffusa dalla stampa italiana e romena; il 6 luglio 2011, A.V.I. presenta istanza di riparazione per l'ingiusta detenzione patita chiedendo la corresponsione di una somma che tenga conto sia del cosiddetto «parametro statico» (ricavato dagli articoli 314 e 315 codice procedura penale), rappresentato dalla considerazione del tempo effettivo di compressione della liberta' (2 anni, 11 mesi, 15 giorni), sia del cosiddetto «parametro dinamico» (ex comma 1 codice di procedura penale), che impone di procedere ad adeguamenti del dato aritmetico, valorizzando le conseguenze personali e familiari scaturite dalla limitazione della liberta' personale; somma che equitativamente viene quantificata dal suo legale in 398.000,00 euro totali (248.000,00 euro dovuti, secondo un calcolo puramente aritmetico, a titolo di ristoro per la privazione della liberta' di circa tre anni ed euro 150.000,00 a titolo di riparazione dell'ulteriore pregiudizio morale e materiale); l'udienza di riparazione viene fissata per il giorno 3 novembre 2011, dinanzi la corte di appello di Roma, sezione quarta penale. Il procuratore generale chiede l'accoglimento della domanda «nei limiti di legge», rimettendosi cioe' per il computo del «quantum» al giudice della riparazione. La Corte si riserva e, a distanza di pochi giorni, con ordinanza depositata in data 8 novembre 2011, pur riconoscendo pacificamente l'esistenza del diritto di A.V.I. ad ottenere l'indennizzo, liquida la minor somma di 210.000,00 euro in quanto la donna, a parere dei giudicanti, pur essendo evidentemente vittima di un errore giudiziario, avrebbe contribuito con colpa lieve a cagionare la sua carcerazione. Ed invero, per la corte di appello di Roma, il fatto che la donna avesse bevuto e poi ripulito il sangue da terra davanti a tutti, avrebbe indotto i giudici di primo grado a credere che fosse colpevole, il che e' motivo di riduzione dell'indennizzo. Su tutto il resto, ossia sulla circostanza che tali tanto criticate condotte siano state interpretate dai giudici sulla base (e solo sulla base) dell'esistenza di un omicidio mai avvenuto, il giudice della riparazione nulla dice; A.V.I. decide di accettare l'indennizzo senza ricorrere in Corte di Cassazione, atteso che tale somma le consente perlomeno di tornare a casa da suo figlio e di non dover piu' lavorare all'estero per garantirgli una vita dignitosa. Attendere mesi, forse anni, per affrontare un giudizio di cassazione e, in caso di vittoria, un giudizio di rinvio, le provocherebbe un pregiudizio maggiore del contenuto dell'ordinanza; al contrario della donna, pero', l'Avvocatura dello Stato, non appena ricevuta la notifica formale della condanna al pagamento, propone ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza di riparazione, chiedendo che la decisione della corte di appello venga annullata per errore di diritto ed illogicita' della motivazione: secondo il Ministero dell'economia e delle finanze, infatti, A.V.I. non avrebbe diritto a nulla, avendo indotto, con colpa grave, i giudici in errore a cagione della sua condotta; o al massimo dovra' essere indennizzata in maniera assai minore; il ricorso, peraltro tutto basato sulla piu' restrittiva e datata (primi anni '90) giurisprudenza della Corte di Cassazione, e' inficiato da un dato fondamentale: il Ministero dell'economia e delle finanze, o meglio l'Avvocatura dello Stato che lo rappresenta, tace in ogni sua parte la vicenda dell'omicidio inesistente e di un'assoluzione per insussistenza del fatto. Anzi, di fatto ribalta la questione e arriva a sostenere la prevalenza di un comportamento doloso di Adriana sul marchiano errore medico legale, che non viene tenuto in alcuna considerazione. In buona sostanza lo Stato, ad avviso degli interroganti in violazione dei piu' elementari doveri di correttezza ed imparzialita' cui deve essere improntata ogni azione della pubblica amministrazione, omette di indicare le cause della detenzione di Adriana, invocando, pero', la presunta violazione della «lealta' civica» da parte della signora A.V.I. stessa. Una lealta' che sembra non conoscere, vista la redazione di un ricorso infondato e dilatorio, teso ad ostacolare o comunque ritardare il pagamento di chi ingiustamente ha patito tre anni di detenzione per l'incuria - o peggio il pregiudizio - di magistrati e consulenti; visto il comportamento processuale della controparte, anche la signora A.V.I. si convince a proporre ricorso per Cassazione, chiedendo l'integrale accoglimento della domanda originaria; ad oggi la Corte di Cassazione non ha ancora comunicato alle parti la data di trattazione dei ricorsi -: se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati e quali passi siano stati compiuti per avere piena consapevolezza dell'intera vicenda; se non si ritenga doveroso esaminare favorevolmente l'istanza rivolta da A.V.I. volta ad ottenere un congruo indennizzo proporzionato al danno subito per un acclarato errore giudiziario costato anni di immotivata detenzione e un incontestabile danno materiale e morale; se il Governo non intenda intervenire per correggere la linea di condotta processuale fin qui tenuta nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione promosso dalla signora A.V.I. in particolare se non si intenda rinunciare al ricorso in Cassazione presentato avverso l'ordinanza n. 637/11 emessa dalla corte di appello di Roma in data 3 novembre 2011 con la quale e' stato riconosciuto il diritto di A.V.I. ad ottenere l'indennizzo per il periodo di ingiusta detenzione intercorso tra l'8 gennaio 2008 e il 23 novembre 2010.(5-06780)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06780 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20120508
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20120508-
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06780 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20120508
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA (PARTITO DEMOCRATICO)
BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO)
MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO)
TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO)
ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO)
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2014-05-15T02:50:28Z
5/06780
BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO)