INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/03274 presentata da DI STANISLAO AUGUSTO (ITALIA DEI VALORI) in data 20100721

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Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-03274 presentata da AUGUSTO DI STANISLAO mercoledi' 21 luglio 2010, seduta n.356 DI STANISLAO e ZAZZERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che: l'articolo 49 della Costituzione stabilisce che «tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». La potesta' di limitare con legge tale diritto, prevista dal precedente articolo 98, non e' stata mai esercitata dal Parlamento nei confronti dei militari di carriera in servizio attivo. Il diritto di iscrizione ai partiti politici inoltre e' attualmente pienamente esercitabile anche dalle Forze di polizia; le uniche, parziali, limitazioni poste a carico del predetto personale nell'esercizio di attivita' politica non riguardano assolutamente il diritto di iscrizione ai partiti politici, costituzionalmente garantito e tutelato, ma mirano, con perfetto buon senso, esclusivamente a separare l'attivita' di servizio - svolta in uniforme o in abiti civili - dalla partecipazione alle varie manifestazioni promosse da soggetti politici. In questo modo si garantisce dal punto di vista formale l'estraneita' delle Forze armate e delle Forze di polizia, intese come istituzioni della Repubblica, dall'agone politico in tutte le sue forme ed espressioni; piu' precisamente, per i militari cio e' codificato dall'articolo 6 della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), rubricato «le Forze armate debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche, che recita testualmente: «Ai militari che si trovano nelle condizioni previste dal terzo comma dell'articolo 5 e' fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonche' di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative. I militari candidati ad elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attivita' politica e di propaganda al di fuori dell'ambiente militare e in abito civile. Essi sono posti in licenza speciale per la durata della campagna elettorale. Ferme le disposizione di legge riguardanti il collocamento in aspettativa dei militari di carriera eletti membri del Parlamento o investiti di cariche elettive presso gli enti autonomi territoriali, i militari di leva o richiamati, che siano eletti ad una funzione pubblica, provinciale o comunale, dovranno, compatibilmente con le esigenze di servizio, essere destinati ad una sede che consenta loro l'espletamento delle particolari funzioni cui sono stati eletti ed avere a disposizione il tempo che si renda a cio' necessario»; il predetto articolo 6 quindi, richiamando il terzo comma dell'articolo 5 della medesima legge, prevede la sua applicazione esclusivamente al personale che si trovi nelle seguenti condizioni: a) svolgono attivita' di servizio; b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; c) indossano l'uniforme; d) si qualificano, in relazione a compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali; e' del tutto evidente quindi che se un militare non si trova nelle condizioni previste dal comma 3 dell'articolo 5 della legge 382 del 1978, puo' liberamente partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonche' svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative, senza temere nessuna ripercussione in ambito disciplinare; per le forze di polizia vige analogo divieto codificato dall'articolo 81 della legge 1 o aprile 1981 n. 121 (Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza) «gli appartenenti alle Forze di polizia debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche e non possono assumere comportamenti che compromettano l'assoluta imparzialita' delle loro funzioni. Agli appartenenti alle Forze di polizia e' fatto divieto di partecipare in uniforme, anche se fuori servizio, a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche o sindacali, salvo quanto disposto dall'articolo seguente. È fatto altresi' divieto di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni. Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attivita' politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in ambito civile. Essi, comunque, non possono prestare servizio nell'ambito della circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati alle elezioni, per un periodo di tre anni dalla data delle elezioni stesse»; parziali limitazioni fin qui esposte, quindi, non riguardano minimamente il diritto d'iscrizione ai partiti politici; in data 28 giugno 2010, il comandante interregionale carabinieri «Vittorio Veneto», generale Massimo Iadanza, ha redatto la lettera protocollo 117/5-2005 indirizzata al Consiglio intermedio di rappresentanza, avente ad oggetto «Limitazione al diritto di iscrizione ai partiti politici, applicabili ai militari di carriera in servizio attivo»; in tale missiva, in evidente contrasto, secondo l'interrogante, con le norme costituzionali e legislative citate, il generale si profonde in una articolata e personalissima interpretazione circa il diritto d'iscrizione dei militari ai partiti politici citando, nella prima frase del documento allegato, un corsivo virgolettato che egli attribuisce al gabinetto del Ministro della difesa, che avrebbe affermato, a suo dire, che «l'iscrizione ai partiti politici, ancorche' - in se' - non vietata, e' da intendersi assorbita dal divieto di esercizio di attivita' politica»; il diritto d'iscrizione dei militari ad un partito politico, come precedentemente illustrato, non solo non e' vietato, ma essendo costituzionalmente garantito e tutelato, non e' affatto assorbibile da nessuna norma o regolamento che comunque, allo stato attuale, non solo non esistono, ma non sono mai esistite; tuttavia, la missiva del generale Iadanza prosegue con una asserzione palesemente minacciosa verso i sottoposti, la quale, seppur mediata dall'uso del condizionale, appare molto grave sia dal punto di vista formale che sostanziale; il generale infatti scrive che «la sola presenza di un certo numero di militari tesserati di un partito potrebbe consentire di argomentare in ordine all'espressione di preferenza politica nella Compagine militare»; il generale Iadanza quindi, nel pieno esercizio delle sue funzioni, espone ai suoi sottoposti la sua opinabile teoria secondo la quale «un certo numero» di militari iscritti in un partito possa costituire in se' una «espressione di preferenza politica nella Compagine militare»; non si riesce a capire quale sia questo «certo numero» di militari che il generale ha in mente, e neppure come faccia lo stesso generale a conoscere il numero effettivo di carabinieri iscritti in un determinato partito politico, ma quello che appare evidente e' che il generale Iadanza, si e' espresso su questioni politiche che non dovrebbero assolutamente costituire argomento di «istruzione militare» nei confronti dei militari subalterni, soprattutto se esse rivestono carattere di interpretazione personale che in un contesto particolare, qual e' quello militare, assumono una portata enorme dato il rapporto di subordinazione - e soggezione - esistente fra superiore e inferiore di grado; non solo: il generale Iadanza si spinge fino a ipotizzare gravi sanzioni disciplinari - segnatamente quella fattispecie punibile con la consegna di rigore - per tutti quei militari che si iscrivono ai partiti politici allorche' afferma che «e', dunque, comportamento suscettibile di assumere rilievo sotto il profilo disciplinare, per violazione, fra tutte, della fattispecie regolata dal n. 9 dell'allegato «C» al decreto del Presidente della Repubblica n. 545/86»; il generale Iadanza quindi, nell'esercizio delle sue funzioni e dall'alto del suo grado massimo di ufficiale dei carabinieri, non solo arriva secondo l'interrogante a negare, de facto, un diritto che costituisce oggetto di speciale tutela costituzionale, ma si spinge fino a fornire interpretazioni, ad avviso dell'interrogante giuridicamente infondata a tutti quei militari posti al suo comando che intendano avvalersi della facolta' di esercitare il diritto d'iscrizione ai partiti politici; all'interrogante pare che la condotta del generale Iadanza, in considerazione del ruolo e del grado ricoperto, per il grave attacco alle liberta' costituzionali poste in essere nella sua missiva nell'esercizio delle sue funzioni, configuri una sua totale incompatibilita' con l'altissimo ufficio ricoperto di comandante interregionale dei carabinieri -: se il Ministro confermi o smentisca la frase che il generale Massimo Iadanza attribuisce al gabinetto del Ministro della difesa volta sostanzialmente a negare un diritto oggetto di speciale tutela costituzionale qual e' quello dell'iscrizione ai partiti politici, tuttora pienamente esercitabile anche da parte di militari e forze di polizia; se intenda promuovere un'azione disciplinare nei confronti dell'alto ufficiale dell'Arma il quale, nell'esercizio delle sue funzioni, ha in maniera tanto disinvolta paventato il rischio di ingiusto provvedimento disciplinare per coloro che si fossero avvalsi del diritto loro riconosciuto dalla nostra Costituzione; se intenda rimuovere con effetto immediato il generale Massimo Iadanza dal suo incarico per le gravissime affermazioni contenute nella sua missiva che, a parere dell'interrogante, mal si conciliano con il giuramento prestato che prevede di osservare «la Costituzione e le leggi».(5-03274)
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ZAZZERA PIERFELICE (ITALIA DEI VALORI) 
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