INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/01719 presentata da SIRAGUSA ALESSANDRA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20090730
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Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-01719 presentata da ALESSANDRA SIRAGUSA giovedi' 30 luglio 2009, seduta n.212 SIRAGUSA e SARUBBI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che: l'accordo italo-libico, ratificato nel febbraio scorso, non prende in considerazione la questione dei richiedenti asilo, il che determina una obbiettiva incertezza sulla situazione delle persone che dovrebbero essere protette; l'accordo fa infatti riferimento alla lotta all'immigrazione clandestina in termini molto generali intendendola come «reciproca assistenza e cooperazione nel contrasto all'immigrazione illegale», richiama il precedente accordo firmato a Roma il 13 dicembre 2000 e «i Protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre 2007» ma non prende in considerazione la necessita' di accordare il diritto d'asilo in condizioni accettabili per gli standard dell'Unione europea ne' il fatto che i potenziali beneficiari vengano portati a conoscenza dei loro diritti; in base a quanto documentato da Fortress Europe, una rassegna stampa che dal 1988 fa memoria delle vittime delle frontiere europee, dal 5 maggio al 5 luglio 2009 il numero dei migranti e dei rifugiati respinti dall'Italia verso la Libia e' di 1.122 persone: il 6 maggio 2009, le autorita' italiane intercettano nel Canale di Sicilia tre gommoni con 227 emigranti e rifugiati a bordo cittadini di Nigeria, Ghana, Gambia, Costa d'Avorio, Somalia e Mali. Vengono tutti respinti in Libia. Tra loro anche 40 donne, tre delle quali incinte; l'8 maggio 2009 un rimorchiatore della piattaforma ENI di Bahr Es-Salam prende a bordo 77 migranti alla deriva nel Canale di Sicilia e li riporta a Zuwarah, in Libia; l'11 maggio 2009 intercettati nel Canale di Sicilia, 213 emigranti e richiedenti asilo, intercettati nel Canale di Sicilia, sono respinti in Libia. Sono 163 uomini, 48 donne e due bambini. In maggior parte nigeriani; il 23 maggio 2009, le autorita' libiche dichiarano di aver arrestato 400 emigranti sulle coste libiche, insieme agli organizzatori libici della traversata, in una tenda dove attendevano di imbarcarsi per Lampedusa. La localita' dell'arresto non e' stata precisata; il 18 giugno 2009, un aereo civile, sorvolando lo spazio aereo di Malta, segnala la presenza di un gommone in acque internazionali, a 29 miglia da Lampedusa. Viene inviato un elicottero militare tedesco, impegnato nella missione di pattugliamento congiunto di Frontex, di stanza nell'aeroporto maltese di Luqa. Una nave italiana si occupa del respingimento in Libia dei 76 passeggeri, in maggior parte nigeriani. Una nota del Ministero dell'interno precisa che «nessuno dei clandestini ha manifestato la volonta' di chiedere asilo»; il 1 o luglio 2009 una imbarcazione viene intercettata a 33 miglia a sud di Lampedusa; 89 passeggeri a bordo, tra cui 75 eritrei (comprese 9 donne e tre bambini). Riportati a Zuwarah. Gli uomini sono stati detenuti a Zuwarah, le donne a Zawiyah; 5 luglio 2009 un gommone viene intercettato a 70 miglia a sud di Lampedusa. I 47 passeggeri vengono respinti verso il porto di Zuwarah. Sette passeggeri (tra cui 5 donne) sono stati ricoverati con urgenza all'ospedale Garibaldi di Catania, per motivi sanitari, e poi trasferiti a Caltanissetta al centro di accoglienza per richiedenti asilo; il 23 luglio Fortresseurope pubblica una lettera ricevuta dalla comunita' eritrea di Tripoli; nella lettera, anonima per evidenti motivi di sicurezza, la comunita' eritrea denuncia torture subite in Libia da cittadini eritrei; a rafforzare la preoccupazione sulle modalita' di respingimento dei migranti vi sono non solo le prese di posizione di ONG come Amnesty International ma anche di istituzioni come lo stesso Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati preposto al controllo del rispetto della Convenzione di Ginevra; non si hanno notizie certe che le persone trasportate in Libia siano state identificate, ne' che sia stata accertata la minore eta', l'eventuale stato di gravidanza delle donne, o la possibile richiesta di protezione internazionale, cosi' come non risulta che siano state accertate le condizioni di salute; l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha dichiarato che tra le persone riportate in Libia vi erano cittadini somali ed eritrei in cerca di protezione internazionale. In proposito e' utile ricordare che, nel 2008, circa il 75 per cento dei 35.000 migranti giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50 per cento di questi e' stata concessa una forma di protezione (fonte: Ministero dell'interno); la Libia e' un Paese che non aderisce alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, non ha una procedura di asilo e non ha offerto sinora alcuna protezione a migranti e rifugiati; la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle liberta' fondamentali, la Convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti inumani o degradanti, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e il testo unico sull'immigrazione della normativa italiana vietano le espulsioni, i respingimenti e ogni forma di rinvio, diretto o indiretto, verso luoghi nei quali esista un serio rischio che le persone rinviate possano essere vittime di tortura, persecuzione, altre gravi violazioni dei diritti umani e conflitti armati o condizioni di violenza generalizzata. Gli obblighi sanciti in questi strumenti internazionali e richiamati dalla normativa nazionale sono inderogabili e debbono essere sempre rispettati dalle autorita' che svolgono attivita' di controllo alle frontiere e contrasto all'immigrazione irregolare, anche quando operano in zone extraterritoriali; l'allontanamento di persone dalle coste europee, direttamente dal mare, senza aver dato loro accoglienza e assistenza medica a terra, rappresenta inoltre una violazione di principi umanitari, tenendo conto che queste persone hanno effettuato un viaggio lungo e pericoloso, in condizioni estreme; il Ministero dell'interno ha piu' volte ribadito, nelle scorse settimane, che nel quadro degli accordi con la Libia sono previste clausole di garanzia sull'incolumita' delle persone respinte in Libia e sul loro eventuale rimpatrio verso i Paesi d'origine, nonche', che si stavano studiando con il partner libico meccanismi di asilo e protezione umanitaria verso quei soggetti irrespingibili verso i Paesi d'origine; pure nell'ipotesi di costruire, anche con il contributo dell'Italia e dell'Unione Europa, un sistema di asilo in Paesi esterni all'UE fortemente investiti da flussi migratori, come la Libia, cio' non puo' prevedere di demandare a paesi terzi l'esame delle domande di asilo presentate da rifugiati che intendono chiedere protezione all'Italia e ad altri paesi europei. Il presupposto ineludibile del rispetto del diritto d'asilo nel diritto internazionale e' infatti rappresentato, in primo luogo, dal diritto di accesso dei rifugiati al territorio dei Paesi ove essi intendono chiedere protezione e l'esame delle domande di protezione internazionale deve sempre avvenire sotto la piena giurisdizione di tali stati; le organizzazioni internazionali non governative presenti in Libia i giornalisti e i mass media continuano a denunciare un limitatissimo accesso ai trattenuti e l'impossibilita' di dialogare con essi in forma riservata per acquisire informazioni dirette sulle condizioni di trattenimento, di salute e sulla effettiva rappresentazione delle possibilita' di asilo e protezione umanitaria; il 14 luglio 2009 l'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) ha scritto una lettera al Governo italiano con la richiesta di chiarimenti sul trattamento riservato alle 82 persone respinte in Libia il 1 o luglio, denunciando la mancata verifica dei requisiti per il diritto d'asilo prima dei respingimenti, il ricorso all'uso della forza nei confronti dei migranti insieme ad una richiesta all'Italia di «rispetto della normativa internazionale»; l'UNHCR rende infatti noto di aver svolto nei centri di detenzione degli immigrati Libia colloqui con le 82 persone che erano state intercettate mercoledi' 1 o luglio dalla marina militare italiana a circa 30 miglia da Lampedusa e trasferite poi su una motovedetta libica per essere ricondotte in Libia. Fra di loro vi sono 76 cittadini eritrei, di cui 9 donne e almeno 6 bambini. In base a quanto riportato durante i colloqui, «non risulta - afferma l'UNHCR - che le autorita' italiane a bordo della nave abbiano cercato di stabilire la nazionalita' delle persone coinvolte ne' tantomeno le motivazioni che le hanno spinte a fuggire dai propri paesi»; sulla base delle valutazioni relative alla situazione in Eritrea e da quanto dichiarato dalle stesse persone, «appare chiaro - afferma l'UNHCR - che un numero significativo di esse risulta essere bisognoso di protezione internazionale». Cosi' come nel corso dei colloqui l'UNHCR riferisce di aver «raccolto testimonianze riguardo l'uso della forza da parte dei militari italiani durante il trasbordo sulla motovedetta libica» con necessita' di cure mediche in seguito ai maltrattamenti per 6 eritrei». Ed e' stato anche denunciato da alcune di queste persone che «i loro effetti personali, fra i quali documenti di vitale importanza, sarebbero stati confiscati dai militari italiani durante le operazioni e non piu' riconsegnati». Le persone ascoltate dall'UNHCR hanno ancora riferito di «aver trascorso quattro giorni in mare prima di essere intercettate e di non aver ricevuto cibo dai militari italiani durante l'operazione durata circa 12 ore»; il 15 luglio 2009 il vicepresidente della Commissione Ue, Jacques Barrot, rispondendo ad una interrogazione, e' intervenuto sui respingimenti effettuati dall'Italia verso la Libia, richiamando l'Italia alla stretta osservanza non solo delle norme comunitarie, ma anche di quelle internazionali sulla protezione dei rifugiati e in primo luogo del principio di non respingimento; il 21 luglio 2009 il Presidente della Camera, Gianfranco Fini definisce - come riportato dalle agenzie di stampa - «Inadeguata, deludente e politicamente miope» la risposta pervenutagli dalle autorita' libiche in merito alla sua proposta di una commissione mista di parlamentari italiani e libici per verificare nei centri di raccolta degli immigrati in Libia il rispetto dei diritti umani e delle garanzie per chi chiede asilo; l'invito del Presidente Fini - trasmesso poco dopo la recente visita bilaterale del colonnello Muammar Gheddafi a Roma - era stato rivolto al segretario del Congresso generale del popolo libico Embarak el Shamek; quest'ultimo, nella sua missiva al Presidente della Camera, da' la disponibilita' a creare la commissione mista precisando pero' che i motivi non possono essere quelli addotti dal Presidente Fini; secondo il segretario del Congresso generale del popolo libico nei centri libici «non ci sono rifugiati politici. Si tratta di una questione interna». E a proposito dei diritti umani aggiunge: «Il nostro Paese ha emesso la grande Carta verde a loro tutela»; dopo aver espresso il giudizio di cui sopra sulla lettera, il presidente della Camera ha aggiunto: «Nei rapporti tra paesi e' doveroso porre in cima il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali»; le operazioni di respingimento delle ultime settimane hanno colpito principalmente persone bisognose di protezione internazionale -: se non ritenga necessario, alla luce di quanto illustrato in premessa, far cessare la politica dei respingimenti di rifugiati e richiedenti asilo verso la Libia; quali accordi tecnici in materia siano stati effettivamente siglati con il partner libico per assicurare ai fermati in mare e ai trattenuti l'effettiva possibilita' di chiedere asilo e protezione umanitaria attraverso assistenza legale indipendente e di gratuito patrocinio; quali siano le condizioni di vita, alimentazione, salute e di supporto informativo, nonche', i tempi di trattenimento per le persone respinte e li' detenute. (5-01719)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
SARUBBI ANDREA (PARTITO DEMOCRATICO)
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SIRAGUSA ALESSANDRA (PARTITO DEMOCRATICO)