INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00047 presentata da CAPARINI DAVIDE (LEGA NORD PADANIA) in data 20080528

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Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-00047 presentata da DAVIDE CAPARINI mercoledi' 28 maggio 2008 nella seduta n.010 CAPARINI, GRIMOLDI e GOISIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: il 14 gennaio 2003, a Grugliasco, alle porte di Torino, viene ritrovato il cadavere di Giuseppe Dona', 40enne disegnatore tecnico della Valeo di Pianezza: gli hanno sparato tre colpi di pistola calibro 6,35, in casa gli trovano un chilo e 700 grammi di cocaina. I carabinieri del reparto operativo e il pubblico ministero che si occupa dell'omicidio hanno bisogno di un anno e mezzo, finche' un pentito legato alla 'ndrangheta parla di suoi conoscenti che spesso andavano in Calabria a prendere cocaina ed eroina da portare al Nord (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); dopo poco viene arrestato Paolo Ammassari, un amico di Dona', sempre per droga (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); grazie alle intercettazioni telefoniche, il 5 luglio 2006 viene arrestato Giuseppe Amato, un artigiano di 46 anni con la fama da «duro», e con lui un romeno attraverso il quale arrivano a Leonardo Cotrona, un commerciante di 40 anni di Collegno (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); il terzo killer sarebbe Rocco Varacalli, 37 anni, il quale, messo alle strette, ammette. «Si, ero anch'io li'. Ma ho solo assistito. Ci fu un acceso diverbio, poi Cotrona si allontano' con Dona' facendomi segno di seguirli. Tiro' fuori la pistola e sparo', uccidendo Dona'» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); la versione non convince il pubblico ministero, che ha dalla sua parte un testimone: un uomo con precedenti, che non era sul luogo, ma a cui i tre un giorno si erano rivolti vantandosi di aver fatto fuori il disegnatore della Valeo. Alla fine il pm contesta a tutti e tre l'omicidio volontario. Dall'inchiesta sul delitto nasce un'indagine sul traffico di stupefacenti: cinquanta telefonini cellulari sotto controllo, centinaia di pedinamenti, filmati. Si scopre che il gruppo riesce a piazzare sul mercato torinese un chilo di droga alla settimana per un volume d'affari di un milione di euro l'anno. Si tratta del livello medio, quello che collega i grossisti con i piccoli spacciatori di Porta Palazzo a San Salvario (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); i magistrati della Dda di Torino Maurizio Laudi e Roberto Sparagna chiedono la cattura di 30 persone, cinque sono quelle arrestate: Carmelo Pirrotta, 44 anni di Moncalieri; Cesare Gramaglia (42) di Moncalieri; Mariano Mirengo (47), di Torino; Francesco Simone (47) di Torino e Oreste Scotti (30) di Beinasco. Tutti avevano commesso reati anche dopo il 2 maggio 2006, data dell'indulto (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); il giudice Alessandro Prunas spiega di non aver proceduto all'arresto perche' «non ne valeva la pena: tra attenuanti generiche, riti alternativi, legge sull'indulto e semiliberta', nessuno avrebbe fatto un giorno di galera, arrestarli sarebbe stata una perdita di tempo» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); la Procura di Torino ha presentato ricorso in Cassazione. Carlo Federico Grosso: «Il codice di procedura penale indica taluni casi nei quali la misura della custodia cautelare non puo' essere assunta dal giudice dell'udienza preliminare in considerazione della valutazione che egli fa in ordine alla pena che potra' essere irrogata con la sentenza emessa alla fine del processo dal giudice del dibattimento. In questa prospettiva stabilisce, ad esempio, che il carcere preventivo non puo' essere disposto se il giudice ritiene che sara' concessa la sospensione condizionale della pena (prevista, a certe condizioni, per condanne fino a due anni) o che la pena non potra' essere irrogata perche' e' presente una circostanza che estingue il reato o l'intera pena. Fra questi casi non inserisce tuttavia l'ipotesi in cui il giudice, chiamato a decidere sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare, pronostichi la pena che verra' irrogata dal giudice del dibattimento valutando tutte le possibili varianti del processo penale» (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); nel corso delle perquisizioni a uno dei «graziati», a Plati', e' stato ritrovato un bunker, nascosto da una finta parete: i carabinieri sospettano fosse usata per nascondere latitanti (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); Carlo Federico Grosso ha dichiarato che: «riti processuali alternativi che determinano abnormi diminuzioni di pena, circostanze attenuanti generiche applicate a qualsiasi delinquente, pene alternative alla detenzione acquisibili pressoche' da tutti i condannati, l'indecente condono di ben tre anni di pena approvato dal Parlamento poco piu' di un anno fa, altri benefici disseminanti nelle leggi penali e nell'ordinamento penitenziario. Il risultato: una sanzione penale imprevedibile, che tende a sfrangiarsi o addirittura, talvolta, a svanire, il carcere troppo agevolmente eluso, gli sforzi delle forze dell'ordine e delle Procure della Repubblica vanificati, il vento del buonismo legislativo e giudiziario che toglie vigore alla prevenzione generale centro il crimine» (la Stampa 16 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); Raphael Zanotti Giuseppe Legato: «che i torinesi abbiano una visione pragmatica del diritto e' noto da tempo. Mesi fa era stato il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena a scatenare un dibattito con una propria circolare ai magistrati inquirenti nella quale si chiedeva che i pubblici ministeri, nel mandare avanti i processi, tenessero in considerazione le reali possibilita' che questi avevano di arrivare alla fine senza chiudersi con una prescrizione. Una circolare che, apprezzata per l'onesta', era stata comunque criticata in quanto poneva dei dubbi rispetto all'obbligatorieta' dell'azione penale della magistratura»; (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); Maddalena: «Certamente c'e' un clima che non favorisce la fiducia nel lavoro che si cerca di fare. Molto spesso i magistrati inquirenti, ma estendo questa mia considerazione anche a quelli giudicanti, hanno l'impressione di lavorare a vuoto» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); Nicola Mancino, vicepresidente del Csm: «La pubblica opinione rimane perplessa di fronte a decisioni come quella di non applicare la legge, di non spedire in carcere indagati per reati gravissimi, a prescindere dal fatto che questi signori in carcere ci staranno ben poco. La stragrande maggioranza dei magistrati applica la legge, anche quando ha consapevolezza della sua inefficacia» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); sempre Nicola Mancino: «Sono convinto che la stragrande maggioranza dei magistrati vive nelle difficolta' conosciute, come le mancate riforme di diritto sostanziale e processuale. Ma i giudici rispondono, anche se complessivamente la macchia giudiziaria e' lenta, i processi sono lunghi, la gente perde fiducia». Per la fine dell'anno, i reati commessi in Italia potrebbero toccare quota tre milioni, nel 2006 erano stati 2,8 milioni, in aumento del 7,5 per cento rispetto a quelli del 2005. Il sociologo Maurizio Fiasco: Con l'indulto dell'estate 2006 sono tornati in liberta' molti ladri professionali: parte del loro «lavoro» criminale e' rilevato dal consuntivo 2006 il resto lo sara' alla fine dell'anno in corso. Del resto, anche dopo l'amnistia del 1989 che ha accompagnato la riforma del Codice di procedura penale, si e' registrato un incremento di mezzo milione di delitti (Il Sole 24 Ore 5 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); Guido Ruotolo: «Tanto quanto vale lo spaccio di droga. Una violenza sessuale, settecento giorni, un furto, duecentodieci giorni. È il catalogo dell'ingiustizia, che spiega perche' si ripetono vampate di indignazione». I dati provengono da una ricerca del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il cui capo Ettore Ferrara ha spiegato non molto tempo fa che le carceri si sono «sgonfiate» grazie all'indulto, passando da 83.000 a 42.119 detenuti, il 42 per cento dei quali definitivi (il 34 per cento in attesa di giudizio, il 18 per cento appellante, il 6 per cento ricorrente in Cassazione, dati al giugno scorso) (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); l'assenza di interventi strutturali sul sistema legislativo vigente sta determinando un incremento delle popolazione carceraria tra mille e duemila unita' al mese, tra un anno e mezzo (mese piu', mese meno) le carceri italiane torneranno ad essere sovraffollate come prima dell'indulto (la Repubblica 17 novembre); la presenza di «flusso» negli istituti penitenziari registra un dato molto basso in termini di permanenza del singolo soggetto detenuto con valori medi che raramente superano i 90/120 giorni. Il rapporto del Dap sottolinea che il sistema giudiziario e penitenziario che trova riscontro nell'articolo 27 della Costituzione «si sviluppava in modo abbastanza controllato con il ricorso alla sanzione detentiva in un numero piu' limitato di casi di quanto accada oggi e con una permanenza nell'istituzione penitenziaria piu' prolungata di quella odierna» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); il problema piu' serio e' quello di percepire le disfunzioni, di riconoscere la necessita' di adeguamento anche di carattere normativo e non provvedervi. Mancino: Purtroppo, da anni il nostro Paese e' immobile. Tutto viene triturato in logiche politiche di schieramento mentre il corpo elettorale ha assegnato ai singoli parlamentari il mandato di governare e di legiferare. Il Parlamento deve funzionare, non puo' vivere un giorno si' e l'altro pure con il dubbio se il Governo cada, se ne nasca un altro, se un parlamentare cambi casacca. Cosi' non si affrontano i temi veri della crisi del Paese, che e' una crisi interistituzionale che attraversa Governo, Parlamento, Forze dell'Ordine, Magistratura (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007); tenuto conto del probabile accesso ai riti alternativi e della possibile concessione delle attenuanti generiche e' probabile che i giudici abbiano ritenuto che la futura sentenza di condanna non avrebbe comunque potuto infliggere piu' di sei anni di reclusione. Tenuto altresi' conto dei tre anni di pena sicuramente estinti dall'indulto e della conseguente possibilita' dell'immediato accesso a misure alternative alla detenzione, e' possibile che abbiano valutato che i condannati non avrebbero mai varcato le porte del carcere. Ha quindi deciso di respingere per questa ragione la richiesta di cattura, pur giustificata dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e dalla presenza delle esigenze cautelari» (la Stampa 15 novembre e il Foglio 19 novembre 2007) -: quali atti il Ministro intenda intraprendere per consentire il regolare funzionamento della giustizia, in particolar modo quella penale. (5-00047)
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GOISIS PAOLA (LEGA NORD PADANIA) 
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