INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/30535 presentata da RUSSO PAOLO (FORZA ITALIA) in data 20000627

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Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che: il signor Leo Claudio Marcello nato a Napoli il 26 settembre 1959 residente a San Marzano di S. Giuseppe, in via De Gasperi, 10, il 2 gennaio 1991 veniva assunto per chiamata diretta nominativa, ai sensi della legge 482 del 1968, dalle Poste italiane spa, con la qualifica di operatore specializzato e destinato alla filiale di Taranto; il 21 giugno 1996 veniva notificata al predetto un'informazione di garanzia da parte del sostituto procuratore del tribunale di Taranto, dottor Antonio Costantini, con la quale gli si comunicava di essere persona sottoposta alle indagini in ordine al reato di falso, relativo alla sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge n. 482/1968 per l'assunzione diretta; in data 2 dicembre 1999 veniva notificato all'interessato l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare per il 7 febbraio 2000, a seguito di richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Pubblico Ministero dottoressa Daniela Putignano; tale udienza non veniva tenuta per incompatibilita' del Gip e a tutt'oggi si e' in attesa che il procedimento venga assegnato a nuovo Gip; la comunicazione dell'udienza preliminare veniva, altresi', notificata al dirigente della filiale delle Poste italiane di Taranto, dottor Nicola Narciso, il quale - confondendo la richiesta di rinvio a giudizio con il rinvio a giudizio (mai avvenuto e che, eventualmente, avrebbe dovuto essere deciso dal Gup), con nota protocollo 46/segr/dir del 3 marzo 2000, ai sensi dell'articolo 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (Statuto dei lavoratori) - provvedeva a contestare gli addebiti mossi dal Pubblico Ministero all'interessato (dando come provati fatti e circostanze oggetto di un procedimento penale ancora in corso e, quindi, sottratte alla sua discrezionale valutazione) ed invitava il medesimo a fornire chiarimenti nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'atto; in data 9 marzo 2000, il signor Leo Claudio Marcello rispondeva puntualmente alla contestazione degli addebiti mossigli dal dirigente suddetto, fornendo le spiegazioni richieste e, per un ulteriore approfondimento dei fatti, rinviava all'esito del procedimento (non ancora processo!!) penale in corso; in data 15 maggio 2000, per tutta risposta, veniva consegnata brevi manu al signor Leo una lettera (prot. DRRU/722/DR) redatta in data 3 maggio 2000 dal dirigente regionale ingegner Vito Agusto, con la quale gli veniva intimata la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso; tale provvedimento disciplinare e' regolato e contemplato dall'articolo 34 del CCNL dei dipendenti delle poste e telecomunicazioni, il quale prevede che «si applica la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso per una delle seguenti mancanze: a) per illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di spettanza o di pertinenza dell'Ente o ad esso affidati o infine per connivente tolleranza di abusi commessi da dipendenti o da terzi; b) per aver dolosamente percepito somme indebite a danno dell'utenza o per aver accettato compensi, anche non in danaro, o per qualsiasi partecipazione a benefici ottenuti o sperati in relazione ad affari trattati per ragioni d'ufficio; c) per violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri d'ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio all'Ente o a terzi; d) per aver dolosamente alterato, falsificato o sottratto documenti, registri o atti dell'Ente o ad esso affidati, al fine di trarne profitto; e) per essersi recidivamente reso colpevole, negli ambienti di lavoro, di vie di fatto contro altri dipendenti o terzi, anche per motivi non attinenti al servizio; f) per aver intenzionalmente provocato o partecipato a disordini, tumulti, violenze in servizio, o comunque nell'ambito dell'ufficio; g) per condanna passata in giudicato, quando i fatti costituenti reato possano assumere rilievo ai fini della lesione del rapporto fiduciario, nell'ipotesi in cui la loro gravita', in relazione alla natura del rapporto, alle mansioni, al grado di affidamento, sia tale da far ritenere il lavoratore professionalmente inidoneo alla prosecuzione del lavoro; h) per qualsiasi condanna che comporti l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; i) quando sia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidita' non sanabile e, comunque, con mezzi fraudolenti; l) in genere per fatti o atti dolosi, anche nei confronti di terzi, di gravita' tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro»; il caso de quo, come evidenziato, non rientra nella casistica suesposta, non essendo stata accertata in danno del predetto alcuna delle suddette ipotesi; tale mancato accertamento determina l'illegittimita' del licenziamento predisposto con il diritto al reintegro e al risarcimento del danno per il dipendente; la situazione, invece, avrebbe potuto essere evitata, forse con un po' di buon senso e di competenza da parte dei funzionari preposti: non scambiando grossolanamente la «richiesta di rinvio a giudizio» con il «decreto che dispone il rinvio a giudizio»; non ignorando, come era loro dovere, i principi costituzionali, su cui poggia il nostro sistema giuridico, espressi dall'articolo 27 comma 2 della Costituzione della Repubblica, a tenore del quale «l'imputato non e' considerato colpevole sino alla condanna definitiva»; non ignorando la previsione dell'articolo 33, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, che sancisce la sospensione cautelare, quale misura applicabile dall'ente «nel caso in cui il dipendente venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della liberta' personale, quando la natura del reato sia particolarmente grave o si tratti di reati commessi a danno dell'Ente o abusando della situazione ricoperta presso l'Ente stesso, nonche' nei casi di condanna per i delitti di abuso d'ufficio, peculato, concussione, corruzione e falsita'», ma, in tal caso, mantenendo «al dipendente sospeso un assegno alimentare pari al 50 per cento della retribuzione mensile, oltre gli assegni e i carichi di famiglia»; tale corretta interpretazione e' supportata da numerose statuizioni della Suprema Corte che, investita della questione, ha avuto modo di precisare come in caso di sottoposizione dell'impiegato a procedimento penale la sanzione disciplinare da applicare sia, ove prevista dal CCNL, quella della sospensione cautelare (confrontare sentenza 10 dicembre 1986 n. 7350 in CED 449407 e sentenza 24 marzo 1988 n. 2563 in CED 458296); sarebbe opportuno che il signor Leo Claudio Marcello venisse reintegrato nella sua posizione lavorativa, considerata la manifesta illegittimita' del licenziamento predisposto e la ingiusta privazione del dipendente dei mezzi di sostentamento per se' e per la propria famiglia; sarebbe altresi' necessario che venissero adottati provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari responsabili del provvedimento di licenziamento illegittimo -: se, in materia di licenziamenti disposti delle Poste spa sussistano poteri di vigilanza da parte del Ministero delle comunicazioni e, in caso affermativo, se siano stati azionati nella vicenda esposta in premessa. (4-30535)
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