INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15656 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20120411

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-15656 presentata da RITA BERNARDINI mercoledi' 11 aprile 2012, seduta n.619 BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che: sul sito www.repubblica.it, in data 10 aprile 2012, e' stata riportata la notizia riguardante le drammatiche condizioni di salute del detenuto Vito Manciaracina, 76 anni, condannato alla pena dell'ergastolo che sta scontando nel carcere di Bari; secondo Alberto Custodero, autore dell'articolo, si tratta del «carcerato in peggiori condizioni di salute di cui si abbia notizia in Italia»; ad evidenziare le disumane condizioni di detenzione di Manciaracina, si legge nell'articolo, e' «una consulenza medico legale, al di sopra di ogni sospetto in quanto disposta dal tribunale di Sorveglianza di Bari. Tuttavia, nonostante quella perizia descriva un quadro clinico drammatico, i magistrati continuano a trattenerlo in cella, negandogli, inspiegabilmente, i domiciliari. E lasciandolo, di fatto, in uno stato di detenzione ai limiti della dignita' umana: immobilizzato a letto con il pannolone, in stato confusionale, in preda a crisi epilettiche, in condizioni igieniche precarie.» sono gli stessi detenuti, denuncia il suo avvocato Debora Speciale, «ad accudirlo per pieta', per quanto possono, ma col risultato che Manciaracina vive come un barbone in cella, sporco, maleodorante, le piaghe di decubito». Ecco come il medico legale del tribunale - la neurologa del Policlinico barese Elena Tripaldi - riassume il quadro clinico dell'uomo, portato in carcere nel 2008 per scontare l'ergastolo nonostante fosse gia' allora semiparalizzato. Le sue gravi patologie, va detto, cominciano molto tempo prima della detenzione, ma peggiorano dopo l'ingresso in prigione; «In seguito ad un ictus subito nel 1994 - si legge nella perizia medico legale - Manciaracina ha la parte sinistra del corpo (faccia, braccio e gamba), paralizzata». Il distretto sanitario di Mazara del Vallo lo ha riconosciuto invalido al 100 per cento nel 2002: «Deficit neurologico grave a sinistra. Deambulazione autonoma impedita. Incontinenza urinaria. Necessita di sedia a rotelle». Il quadro clinico gia' precario dieci anni fa, s'e' ulteriormente aggravato nel tempo. Il corpo di Manciaracina e' aggredito da un tumore alla prostata, che gli viene asportata: durante l'intervento chirurgico, il detenuto ha un arresto respiratorio e poi un arresto cardiaco da shok emorragico. Il cuore e' minato da una cardiopatia ipertensiva. L'uomo crolla in depressione, e viene sottoposto ad una terapia farmacologica; venti ore al giorno su una barella. Questa la sua condizione nel momento in cui la polizia penitenziaria si reca a casa sua, nel 2008, a Mazara del Vallo, per portarlo nel carcere di Bari. Ma proprio quando l'uomo e' tradotto in carcere, iniziano violente crisi epilettiche che gli impediscono praticamente di stare seduto sulla sedia a rotelle, costringendolo 20 ore al giorno inchiodato immobile su una barella. Come accenna ad alzarsi, e' aggredito dall'epilessia, alla quale si aggiungono «ernie discali multiple». La situazione in cella precipita. La dose massiccia di farmaci che ingerisce gli intossica lo stomaco, procurandogli nausea e vomito continuo. (...) Lo psichiatra che lo visita diagnostica «un atteggiamento a tratti pseudo demenziale». La vita clinica del detenuto e' ricostruita nei minimi dettagli dalla specialista Tripaldi che, ad un certo punto della sua relazione, annota: nel 2009 le autorita' carcerarie sono costrette ad emettere «un ordine di servizio per disporre la grande sorveglianza del detenuto, per gravi problemi di adattamento alla vita carceraria, per rischio suicidario e autolesionistico». Quando il medico legale del tribunale lo visita dopo averne ricostruito l'anamnesi, gli diagnostica una «piaga di decubito sacrale» provocata dalla eccessiva permanenza in posizione orizzontale sulla barella; registra nel verbale il perito: necessita di «pannolone per incontinenza sfinterica» e trova il detenuto settantaseienne «estremamente trascurato in generale e nell'igiene personale, barba e capelli lunghi incolti». «Negli ultimi mesi - annota ancora il perito - s'e' aggiunta gastrite atrofica erosiva e stenosi pilorica». Nonostante questo quadro clinico sconcertante, la neurologa conclude la sua relazione per il Tribunale ritenendo (incredibilmente) il paziente idoneo alla vita carceraria. «Manciaracina non e' in pericolo di vita - asserisce la specialista - le sue sono patologie gravissime, ma croniche, e in carcere, del resto, e' ben curato». (...) Ma non deve essere poi cosi' ben curato, se la stessa Tripaldi, nella stessa relazione, ammette che «un po' di riabilitazione quotidiana potrebbe avere una ricaduta positiva sulla sindrome da immobilizzazione e prevenire le piaghe di decubito, il trofismo muscolare, la stipsi». E le crisi epilettiche? «Di per se' - spiega ancora la Tripaldi - non aumentano la probabilita' di mortalita'». E la forte depressione curata con una dose massiccia di farmaci? «Indubbiamente - ammette la Tripaldi - il detenuto vive il proprio stato con disagio psicologico». «Pero' - aggiunge - come per ogni essere umano, tocca a lui volere stabilire se incrementare il proprio benessere fisico e mentale»; la perizia di parte, redatta dal dott. Vincenzo Cavaliere, psichiatra, psicoterapeuta e dirigente presso il reparto di psichiatria dell'ospedale «Cervello» di Palermo, si conclude con le seguenti, amare parole: «Il nostro Stato non prevede piu' la pena di morte, probabilmente in un futuro piu' o meno prossimo non sara' piu' vigente l'ergastolo, da piu' parti segnalato come in contrasto con alcuni nostri principi costituzionali, ma per quanto detto sopra (relazione di perizia, N.d.R.) si deve necessariamente ammettere che protrarre la carcerazione del Mangiaracina, condizione prognostica sfavorevole sia «quoad vitam" che «quoad valetudinem», possa corrispondere in questo specifico caso ad una «condanna a morte al rallentatore» se non ad una induzione, in qualche modo, al gesto anticonservativo: «non ti posso uccidere, ma pongo le condizioni ambientali per le quali sarai tu a volerlo fare» -: se siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa; se non ritengano di dover verificare, attraverso un'approfondita indagine interna, se il trattamento sanitario riservato al detenuto in questione abbia corrispondenza con le leggi dello Stato e, soprattutto, con quanto previsto dagli articoli 3, 13 (comma 4), 27 (comma 3), 32 della Costituzione; quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire al detenuto in questione il proprio fondamentale diritto alla salute. (4-15656)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15656 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20120411 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO) 
TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO) 
ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO) 
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4/15656 
BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) 

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