INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13301 presentata da FRAGALA' VINCENZO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 03/03/2005
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Interrogazione a risposta scritta Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13301 presentata da VINCENZO FRAGALA' giovedì 3 marzo 2005 nella seduta n. 596 FRAGALÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: il sistema giudiziario vigente è menomato da una serie di problematiche e disfunzioni che rischiano di compromettere il rapporto dei cittadini con l'amministrazione della giustizia nelle aule dei tribunali; una di queste problematiche è quella afferente l'uso distorto e indiscriminato da parte dei pubblici ministeri, dello strumento delle consulenze tecniche; in particolare ci si riferisce alla abitudine di alcuni magistrati ad affidare con assoluta discrezione, perizie tecniche molto onerose e talvolta addirittura inutili ai fini dell'indagine a soggetti estranei agli uffici giudiziari delegando a tali soggetti privati anche funzioni espressamente riservate dalla Costituzione all'autorità giudiziaria; a mero titolo esemplificativo si segnala quanto verificatosi presso l'Ufficio giudiziario di Genova nei procedimenti n. 1067/96/21 RG. P.M. relativo alla indagine su truffe alle compagnie di assicurazione e 9477/99 RG relativo all'inchiesta sulla presunta falsità di autentiche di firme elettorali da parte del personale della cancelleria del tribunale di Genova; nell'ambito della richiamata indagine, cosiddetta «assicuropoli», il magistrato responsabile, dottor Francesco Pinto ha deciso di avvalersi della collaborazione di un consulente tecnico, per la sua esperienza in informatica attribuendogli, a seconda delle situazioni, la qualifica di ausiliario del pubblico ministero o CTU; complessivamente il pubblico ministero ha liquidato al consulente, con dodici distinti decreti emessi nel periodo dal 6 novembre 1997 al 13 gennaio 2001, la somma complessiva di lire 704.088.361; avverso le determinazioni del pubblico ministero, la difesa proponeva ricorso ex articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319 al tribunale di Genova (sezione penale); in particolare, la difesa ha contestato il fatto che la notificazione alle parti dell'avvenuta liquidazione delle parcelle in favore del consulente tecnico fosse avvenuta con anni di ritardo, quando oramai non era più possibile mettere in atto strategie alternative, quale quella del patteggiamento; con ordinanza del 20 febbraio 2003 il tribunale accoglieva le opposizioni affermando che le attività svolte erano nella quasi totalità di esclusiva competenza del pubblico ministero o della polizia giudiziaria e che la somma ritenuta congrua ammontava a circa 56 milioni di lire (circa l'8 per cento del liquidato) disponendo la trasmissione dell'ordinanza alla procura generale presso la Corte dei conti sezione Liguria; contro tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione da parte della procura e del Peroncini; la Suprema corte ha confermato l'ordinanza emessa dal tribunale di Genova confermando che al consulente erano stati liquidati in eccesso circa 650 milioni di lire su un totale di circa 700 milioni; secondo l'interrogante nella fattispecie riportata non appaiono dubbi circa la sussistenza dei requisiti della anormalità e della violazione di legge nell'operato del pubblico ministero di Genova: quanto all'abnormità si rileva che le consulenze in oggetto sono costate oltre 700 milioni di lire (integralmente corrisposte), laddove il tribunale di Genova ha riconosciuto pertinente un compenso di circa 50 milioni di lire, decurtando il valore delle perizie stesse ben del 92 per cento e trasmettendo gli atti al procuratore regionale presso la Corte dei conti della Liguria. Quanto alla violazione di legge, molteplici sono nella vicenda i profili di macroscopica violazione di legge; in particolare come messo in luce dalla difesa, il PM ha delegato al CTU, ammesso e non concesso che tale qualificazione giuridica sia effettiva, ed al proposito vedasi quanto sub 2.b) , lo svolgimento di attività istruttoria e l'individuazione della qualificazione giuridica dei comportamenti tenuti dagli imputati. In conseguenza di ciò il cosiddetto CTU si è trovato addirittura a verificare se «contestare» agli imputati il reato di associazione a delinquere. È di tutta evidenza, secondo l'interrogante che quanto precede implica macroscopica violazione della legge fondamentale del nostro ordinamento cioè la Costituzione (articoli 102 e 106) oltre che di innumerevoli precetti processuali; il consulente è stato definito dallo stesso PM nel corso del procedimento ora CTU, ora «ausiliario». Ciò ha costituito, ad avviso dell'interrogante, ulteriore macroscopica violazione di legge in quanto le due individuazioni sopra riportate corrispondono a posizioni assolutamente diverse all'interno dell'ordinamento, atteso che il CTU, il quale presta giuramento, è soggetto autonomo rispetto al PM al quale deve fornire conoscenze e valutazioni tecniche derivanti da sue specifiche conoscenze, laddove l'ausiliario del magistrato ha una mera funzione di supporto dell'attività di quest'ultimo, al quale risulta di fatto, subordinato. Attività e prerogative del CTU sono interdette all'ausiliario e viceversa; la commistione nella qualificazione dei ruoli non è pertanto meramente semantica ma determina pressoché costanti violazioni di legge; ulteriore violazione di legge, poi, si è verificata nella procedura adottata dal PM per la liquidazione degli onorari del CTU/ausiliario, peraltro come accertato consistentemente maggiorati; un altro caso in cui è emerso un uso non appropriato delle consulenze tecniche è quello relativo al processo n. 9477/00 R.G. not. Reato (92/01 R.G. G.I.P. del tribunale di Genova), che riguardava la falsità di una serie di autentiche di firme di elettori effettuate da addetti alle cancellerie del tribunale, in occasione della presentazione delle liste alle elezioni comunali di Genova dell'autunno 1997; l'indagine partita da un esposto dell'ottobre 1997, ha riguardato la verifica di migliaia e migliaia di firme, delle quali circa 2.000 sarebbero risultate apocrife; il reato contestato dal pubblico ministero era quello di falso ideologico in atto pubblico commesso da pubblico ufficiale ( ex articolo 479 del codice penale), sebbene la giurisprudenza costante della Corte di cassazione prevedesse l'applicazione della fattispecie di cui all'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, che costituisce norma speciale rispetto a quella generale di cui all'articolo 479 del codice penale; per tale reato, l'articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960 prevede una prescrizione di due anni; al momento dell'iscrizione degli indagati nel relativo registro, il reato contestato era, di fatto, già prescritto; nel corso delle indagini, nonostante la prescrizione fosse se non già maturata comunque ineluttabile, il pubblico ministero ha commissionato una consulenza tecnica di parte, nominando tre diversi consulenti grafologici, cui ha dato incarico di verificare tutte le firme oggetto di sospetto; tale consulenza, che ha comportato un esborso monetario non indifferente a carico dell'erario statale, si è rivelata del tutto irrilevante ai fini dell'esito del processo, in quanto la conclusione del giudice per le indagini preliminari è stata nel senso della prescrizione del reato contestato -: quali iniziative e quali provvedimenti intenda adottare il Ministro della giustizia, al fine di regolamentare e limitare l'ampia discrezionalità dei pubblici ministeri in relazione all'affidamento di consulenze tecniche, che spesso comportano costi molto elevati per l'Erario. (4-13301)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13301 presentata da FRAGALA' VINCENZO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 03/03/2005
Camera dei Deputati
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20050303
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13301 presentata da FRAGALA' VINCENZO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 03/03/2005
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