INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09141 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20101021
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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-09141 presentata da RITA BERNARDINI giovedi' 21 ottobre 2010, seduta n.387 BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: sul sito del gruppo Everyone e' apparso un appello, sottoscritto anche dall'associazione «Il Detenuto Ignoto», dove si sollecita un intervento internazionale per fermare i trattamenti inumani e degradanti cui sono sottoposti i detenuti in Italia; il predetto appello invoca l'avvio di un'inchiesta parlamentare, oltre che sulle condizioni inumane dei detenuti nelle carceri italiane, anche sul caso di Sebastiano Saia e Beatrice Molnarova; Sebastiano Saia, siciliano di 62 anni, e Beatrice Molnarova, slovacca, sua compagna, sono stati condannati dal tribunale di primo grado di Milano per reati di natura fiscale e finanziaria (sentenza poi appellata); sul sito del gruppo Everyone il caso Saia e Molnarova e' stato ricostruito nel modo che segue; la vicenda ebbe inizio nel 2009, quando la Guardia di Finanza, il 27 maggio, su ordine della procura della Repubblica di Milano, prelevava Saia e Molnarova separatamente dalla loro abitazione di Aviano (Pordenone) per condurli alla casa circondariale di San Vittore; allorche' la pattuglia mandata a prelevare Beata Molnarova si accorse del bambino di un anno che la donna aveva con se' (figlio suo e di Sebastiano Saia), l'ordinanza di custodia cautelare fu mutata in arresti domiciliari, e venne disposto il trasferimento della donna a Volvera (Torino), luogo della sua residenza anagrafica, abitazione completamente sprovvista di mobili e assolutamente inadeguata a ospitare una mamma con il suo bambino; Sebastiano Saia nel frattempo raggiungeva San Vittore e veniva rinchiuso in una cella di 4 metri per 2 con altri 5 detenuti, tutti fumatori mentre lui non lo e', mentre la signora Molnarova veniva trasferita in auto a Volvera, con una scorta di dieci pannolini per il bambino e tre bottiglie di latte, che usava durante il viaggio. Dopo oltre 500 chilometri, trascorsi in auto con il bambino in braccio, la donna veniva costretta a dormire per terra alle 4 del mattino, senza un materasso ne' una coperta, con il figlioletto in fasce tra le sue braccia; dopo che ogni autorizzazione ad uscire dalla propria abitazione le fu stata negata, la signora Molnarova veniva soccorsa da alcuni vicini, che le procurarono un materasso, latte, cibo e dei pannolini. Nessuna assistenza sociale veniva predisposta per la donna e il suo piccolo, oltre al serrato controllo delle Forze dell'ordine; nel frattempo a Sebastiano Saia in carcere venivano negati i piu' elementari permessi: da quello di telefonare alla compagna agli arresti domiciliari alla richiesta di vedere un medico, dall'essere trasferito in una struttura meno affollata e in condizioni igienico-sanitarie migliori alla domanda di incontrare l'ispettore sanitario e la direttrice del carcere; il 14 luglio 2009 Saia assiste in carcere a un pestaggio, che viene riferito dal detenuto con le seguenti parole: «Un detenuto asiatico fu picchiato dagli agenti, tramortito e trascinato per i piedi dall'inizio del quinto raggio fino all'infermeria; circa 250 metri di corridoi, sempre strisciando con la schiena per terra. Il giorno seguente feci domanda di vedere la direttrice del carcere e l'ufficio di comando, ma nessuno di questi due appuntamenti mi fu mai fissato». Per questa vicenda Sebastiano Saia presenta un esposto alla procura della Repubblica di Milano, che viene pero' archiviato poche settimane dopo, senza alcun provvedimento o indagine nei confronti degli agenti; in data 25 luglio 2009 a Beata Molnarova venivano finalmente revocati gli arresti domiciliari; da questo momento in poi, Sebastiano Saia inizia ad avere seri problemi di salute: prima una colica renale, poi fortissimi dolori allo stomaco, lo costringono a chiedere ufficialmente il permesso di poter effettuare un'approfondita visita chirurgica. L'istanza viene rigettata dal giudice della cautela; il 14 settembre 2009, l'uomo inoltra una nuova domanda volta ad ottenere un permesso per sottoporsi a visita chirurgica. Peraltro il giorno seguente, mentre sta raccogliendo firme per una petizione lanciata da Antigone, volta a portare l'Italia davanti alla Corte europea dei diritti umani, Saia viene minacciato - secondo quanto afferma - dall'ispettore di guardia con le seguenti parole: «Smettila o non uscirai mai piu' di prigione»; a ottobre, per Sebastiano Saia al malessere fisico comincia ad aggiungersi quello psicologico: l'uomo e' depresso e demotivato e inizia a pensare al suicidio; chiede quindi di poter avere un colloquio con uno psicologo o psicoterapeuta, ma quando scopre che il colloquio si sarebbe svolto presso la guardia di turno in infermeria, vi rinuncia. Il 28 novembre 2009, dopo sei mesi di detenzione, la sua richiesta di arresti domiciliari viene respinta, nonostante il parere favorevole del pubblico ministero, con la menzione di «gravi indizi di colpevolezza» operata dal collegio giudicante; l'uomo ha anche riferito di aver subito il 20 gennaio 2010 un'aggressione da parte di un detenuto venticinquenne riportando tumefazione all'occhio, due denti sbrecciati, l'impossibilita' a masticare e un trauma cranico. L'addetto all'infermeria di turno quel giorno ha scritto nel referto che Saia ha sbattuto la testa contro una porta e solo dopo le proteste del detenuto la motivazione delle ferite veniva mutata in aggressione; il 23 marzo 2010, dopo dieci mesi di carcere, vengono disposti gli arresti domiciliari per Sebastiano Saia; due giorni dopo il detenuto chiama il 118 a causa di insopportabili dolori allo stomaco, accentuatisi dalla notte precedente; sicche' viene condotto al pronto soccorso, dove viene sottoposto a esami e gli viene diagnosticata un'ernia con apertura ombelicale di diversi centimetri. Dimesso in attesa dell'esito degli esami, viene ricontattato il 30 marzo 2010 dall'ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), che ne richiede il ricovero per operarlo. Segue sua istanza al Giudice per poter essere ricoverato e operato; in giornata il permesso viene concesso, con espresso divieto che l'eventuale intervento di rimozione dell'ernia si svolga nella data del 20 aprile 2010, gia' fissata per la prosecuzione del dibattimento. Il 2 aprile Sebastiano viene operato di un'ulcera ombelicale di 16 centimetri per 8 e un altra duodenale di 6 centimetri, e viene dimesso due giorni dopo; Sebastiano Saia comincia pero' ad accusare anche dolori ai reni, e richiede al giudice una visita urologica, nonche' la possibilita' di appuntamento dentistico dovuto alle difficolta' di masticazione conseguenti l'aggressione subita. Richiede inoltre di poter frequentare la chiesa cattolica di Volvera, adiacente alla sua abitazione. Tutti questi permessi, pur riguardando seri problemi di salute ed equilibrio personale, non sono concessi. In data 17 maggio gli viene autorizzata esclusivamente la visita domiciliare da parte di un neuropsichiatra, previa comunicazione ai Carabinieri; a giudizio della prima firmataria del presente atto i particolari riguardanti i trattamenti subiti da Sebastiano Saia, dalla sua compagna e dal loro bambino di un anno, non rappresentano certo un unicum, ma toccano, in misura piu' o meno grave, migliaia di detenuti - o persone sottoposte a limitazioni della liberta' individuale - nel nostro Paese, come se la pena loro spettante non dovesse essere costituita dalle sole restrizioni previste dalla legge, ma da una condizione di privazione, umiliazione e sofferenza per il giudicato e tutta la sua famiglia; la vicenda di Sebastiano Saia, della sua compagna e del loro bambino sono state portate, dal gruppo Everyone, a conoscenza del commissario per i diritti umani, del Comitato dei ministri e dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, affinche' vengano creati finalmente nell'Unione organismi internazionali efficaci a tutela dei diritti delle vittime di abuso giudiziario o poliziesco e leggi europee che definiscano la necessita' di rispettare la salute, l'integrita', la sensibilita', gli affetti e la dignita' delle persone soggette, dopo procedimento penale, a restrizioni della liberta' -: se non intendano, negli ambiti di rispettiva competenza, aprire un'inchiesta amministrativa interna sui fatti esposti in premessa e, nel caso ne sussistano i presupposti, adottare gli opportuni provvedimenti disciplinari; se il Governo non ritenga opportuno promuovere l'istituzione di una commissione ministeriale d'inchiesta riguardo alle condizioni di vita degli esseri umani sottoposti, nel nostro Paese, a misure restrittive della liberta' individuale. (4-09141)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09141 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20101021
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20101021-
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09141 presentata da BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20101021
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA (PARTITO DEMOCRATICO)
BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO)
MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO)
TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO)
ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO)
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2014-05-15T00:47:06Z
4/09141
BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO)