_:B00ae096e0b252588e5a10aa2beacea89 "Atto Camera Risposta scritta pubblicata giovedi' 29 aprile 2010 nell'allegato B della seduta n. 314 All'Interrogazione 4-06162\n presentata da MASSIMO CALEARO CIMAN Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che l'Ispettorato centrale della tutela della qualita' e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ha comunicato quanto segue. Il contenuto dei solfiti nei prodotti vitivinicoli, e' disciplinato dalle seguenti norme comunitarie: regolamento (CE) n. 606/2009 - Allegato IB - concernente limiti riguardanti il tenore di anidride solforosa totale al momento dell'immissione al consumo umano diretto, diversificati a seconda delle varie tipologie di vini, sulla base anche dell'esigenza di garantire una conservazione ottimale per taluni vini con elevato tenore zuccherino; regolamento (CE) n. 1991/2004 ha introdotto la dicitura obbligatoria «contiene solfiti» sull'etichetta dei vini il cui contenuto in anidride solforosa e solfiti e' superiore a 10 mg/l o mg/kg, cosi' come previsto dalla direttiva 2000/13/CE. Cio' premesso, si rappresenta che il citato ispettorato ha sempre rivolto particolare attenzione alla corretta applicazione della suddetta normativa sia in termini di contenuto massimo di anidride solforosa ammessa, che di conformita' dell'etichettatura dei prodotti vitivinicoli in merito all'indicazione obbligatoria «contiene solfiti». Si evidenzia, inoltre, che il citato regolamento (CE) n. 606/2009 ha rivisto, abbassandoli, i valori massimi precedentemente fissati, prevedendone comunque un ulteriore riesame, anche alla luce dei risultati di numerosi studi scientifici, tutt'ora in corso, sulla riduzione e la sostituzione dei solfiti nel vino e sul loro impatto nell'alimentazione umana. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia." . _:B00ae096e0b252588e5a10aa2beacea89 "20100429" . _:B00ae096e0b252588e5a10aa2beacea89 . . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06162 presentata da CALEARO CIMAN MASSIMO (MISTO - ALLEANZA PER L'ITALIA) in data 20100217" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06162 presentata da CALEARO CIMAN MASSIMO (MISTO - ALLEANZA PER L'ITALIA) in data 20100217"^^ . . _:B00ae096e0b252588e5a10aa2beacea89 . "20100217-20100429" . "4/06162" . . . "CALEARO CIMAN MASSIMO (MISTO - ALLEANZA PER L'ITALIA)" . . "1"^^ . "2014-05-15T00:26:53Z"^^ . "Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-06162 presentata da MASSIMO CALEARO CIMAN mercoledi' 17 febbraio 2010, seduta n.284 CALEARO CIMAN. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che: molti sono gli additivi usati nella trasformazione dell'uva in vino, ma la regina tra questi e' indiscutibilmente l'anidride solforosa. Sono stati fatti molti studi sulla tossicita' dei solfiti, ma i risultati sono a tutt'oggi poco chiari; l'utilizzo dell'anidride solforosa in vinificazione risale ai primi del 900 anche se il suo impiego massiccio inizia dopo la seconda guerra mondiale con lo sviluppo industriale; negli ultimi anni si e' parlato molto di vino e solfiti, soprattutto da quando la normativa italiana, con il decreto legislativo n. 114 del 2006, ha modificato il decreto legislativo n. 109 del 1992, che ha recepito la direttiva 2003/89/CE, detta la direttiva allergeni, entrata in vigore il 25 novembre 2003. Questa obbliga i produttori del settore alimentare a presentare in etichetta tutti i prodotti allergeni (e tossici), tra cui l'anidride solforosa e i suoi derivati (- formula chimica SO x - internazionalmente siglati con E220-E221-E222-E223-E224-E226-E227-E228). La normativa prevede che vengano riportati i solfiti in concentrazioni superiori a 10 milligrammi per litro o 10 milligrammi per chilo; l'anidride solforosa (o biossido di zolfo - SO 2 ) e' un gas incolore, dall'odore pungente che viene impiegata, nonostante l'elevata tossicita', come additivo in tutti i campi alimentari, in particolare l'enologia. Si trova ad esempio in: baccala', gamberi e conserve, crostacei freschi o congelati, frutta secca, prodotti sott'aceto e sott'olio, marmellate e confetture, aceto, vini, bevande a base di succo di frutta, e altro; l'anidride solforosa ha parecchie proprieta' che ne giustificano l'impiego generalizzato: antisettico: le due principali attivita' antisettiche sono l'azione selezionatrice della microflora dei mosti e l'azione antimicrobica nella conservazione dei vini; antiossidante: in presenza di catalizzatori combina l'ossigeno disciolto; questa lenta reazione consente di proteggere i vini da ossidazioni di natura chimica, come ad esempio l'ossidazione di alcuni polifenoli e di alcune sostanze aromatiche; antiossidasico: inibisce l'effetto, e talvolta ne determina la distruzione, degli enzimi ossidasici nel mosto. Ne risulta una protezione per i mosti dalle ossidazioni prefermentative; solubilizzazione: l'anidride solforosa a contatto con le bucce favorisce la diffusione delle sostanze coloranti poco polimerizzate contenute nei vacuoli, per mezzo di piccoli fori presenti sulle pareti cellulari, favorendo cosi' la fuoriuscita degli antociani; combinante: un impiego calibrato dell'SO 2 migliora le qualita' olfattive e gustative dei vini, in quanto questo conservante si combina con alcune sostanze di odore o sapore pungente, come l'acetaldeide e l'acido piruvico, rendendoli non piu' percettibili all'assaggio; chiarificante: l'SO 2 ha infine una blanda azione chiarificante, in quanto favorisce la coagulazione delle sostanze colloidali, incrementando il fenomeno della precipitazione spontanea delle fecce; le attuali normative fissano per l'Italia i limiti massimi a 160 milligrammi per litro per i vini rossi, 210 per i bianchi, 400 per i vini dolci. Il disciplinare biologico, invece, prevede le soglie di 60 milligrammi per litro per i vini rossi, 80 per i bianchi, 120 per i vini dolci, anche se il quantitativo consigliato e' inferiore ai 20 milligrammi per litro; tossico per inalazione, corrosivo e irritante per le vie respiratorie e il tubo digerente, l'anidride solforosa puo' provocare alterazioni nel metabolismo di alcuni amminoacidi e della vitamina B1. In particolare il principale effetto negativo dell'anidride solforosa, in individui non affetti da ipersensibilita', e' connessa all'azione degradativa a carico della vitamina B1 (tiamina), la cui carenza nell'uomo puo' provocare significative alterazioni a carico del metabolismo degli zuccheri (diabete); in base a quanto emerso da autorevoli studi, nei soggetti sensibili ai solfiti si possono scatenare asma, difficolta' respiratoria, fiato corto, respiro affannoso e tosse. Tali soggetti devono limitarne il piu' possibile l'ingestione; le varie organizzazioni di controllo, a partire dalla FDA (Food and drugs administration - USA) hanno stabilito che gli alimenti (tra cui il vino) aventi un contenuto di solfiti superiore alla soglia di 10 milligrammi per chilo o litro devono riportarne il superamento in etichetta; l'OMS (Organizzazione mondiale per la sanita') ha stabilito, dopo accurati studi, la DGA (dose giornaliera ammissibile) a 0,7 milligrammi di SO 2 giornalieri per chilo di peso corporeo; tenuto conto della DGA la dose accettabile per l'uomo e' compresa tra 42 e 56 milligrammi per giorno in funzione del peso corporeo, compreso tra 60 e 80 chili. Attraverso il consumo di mezza bottiglia al giorno (375 ml) sarebbe possibile assumere una superiore quantita' di SO 2 . Se il tenore di SO 2 totale e' al livello massimo autorizzato dalla UE, 160 milligrammi per litro per i vini rossi e 210 microgrammi per litro per i vini bianchi, la quantita' di SO 2 assunta con meta' bottiglia e' pari a 60 milligrammi per i primi e 79 milligrammi per i secondi. Per quanto riguarda alcuni vini speciali, passiti e botritizzati (che possono contenere fino a 400 milligrammi per litro) la dose assunta con mezza bottiglia e addirittura di 150 milligrammi di solforosa (pari a 2,5 milligrammi per chilo per una persona di 60 chili e 1,87 microgrammi per chilo per una persona di 80 chili); la conversione dei solfiti in solfati avviene durante il passaggio attraverso l'apparato digerente. Nello stomaco, dove il pH (la forza acida) e' molto basso in fase di digestione, l'ossidazione e' molto lenta, mentre risulta assai piu' rapida nell'intestino e nel sangue (pH subalcalino). L'irritazione gastrica dipende dal fatto che i solfiti, a reazione decisamente acida, liberano anidride solforosa, che provoca una sensazione dolorosa accompagnata a vomito se la dose di anidride solforosa ingerita supera i 3,5 milligrammi per chilo di peso (avvelenamento acuto). La trasformazione dei solfiti in solfati avviene grazie all'intermediazione di una emoproteina (solfito-ossidasi) che contiene molibdeno, abbondante soprattutto nel fegato e nei reni. La sensazione del famoso cerchio alla testa che si puo' verificare dopo ingestione di una dose significativa di anidride solforosa sembrerebbe proprio legata all'azione di questa emoproteina che impiegando sia pure in quantita' limitate l'ossigeno nella formazione di solfati, delimiterebbe l'afflusso al cervello, che reagisce con la nota sintomatologia dolorosa; nell'ottica di ridurre al minimo indispensabile la presenza di SO 2 in vinificazione l'odierna enologia suggerisce di utilizzare uve sane e integre, raccolte preferibilmente a mano per essere riposte in cassette, opportunamente refrigerate all'interno di efficienti celle adibite alla frigo conservazione del prodotto fresco. L'utilizzo di celle di frigo conservazione in atmosfera controllata permetterebbe di evitare l'instaurarsi di fermentazioni indesiderate senza dover ricorrere all'impiego della SO 2 mentre nel contempo consentirebbe di ridurre la velocita' con cui decorrono sia lo sviluppo delle popolazioni microbiche sia i processi degenerativi responsabili della sovra maturazione e quindi della senescenza dell'uva utilizzata; l'utilizzo di una materia prima integra, poi, e consente di minimizzare i rischi connessi alla presenza di micotossine e richiede l'impiego di quantitativi di SO 2 nettamente inferiori per controllare lo sviluppo dei lieviti selvaggi che, eventualmente, si siano riprodotti durante le fasi di raccolta e trasporto; nell'eventualita' si debbano lavorare uve danneggiate da agenti fisici o microbici, converrebbe procedere a una rapida diraspa/pigiatura al fine di limitare la riproduzione dei lieviti selvaggi e per limitare la quantita' di SO 2 ; ad ogni modo l'uso di altri additivi (acido ascorbico e lisozima) ad azione sinergica e/o di pratiche enologiche adeguate (uso del freddo, gas inerti) permette oggi di ridurre significativamente le concentrazioni di SO 2 , l'impiego del lisozima (enzima ammesso nell'impiego enologico) sia in fase di vinificazione che di conservazione di un vino bianco consente ad esempio, di ridurre le dosi di anidride solforosa necessarie per limitare la proliferazione dei batteri lattici; adottando questi accorgimenti, un tenore di SO 2 non superiore a 100 milligrammi/litro dovrebbe essere piu' che sufficiente a garantire, una sufficiente stabilita' al prodotto; per quanto riguarda infine i vini per la preparazione di spumanti, sono state in passato impiegate dosi eccessive di SO 2 che non sempre appaiono giustificate; il rapporto esistente in un vino finito tra anidride solforosa libera e combinata permette di formulare alcune ipotesi inerenti lo stadio della lavorazione in cui questo additivo e' stato impiegato. Infatti, un vino dotato di un elevato tenore di SO 2 combinata probabilmente deriva da un mosto con dosi elevate di SO 2 , mentre al contrario, una sua ridotta presenza potrebbe indicare come questo additivo sia stato aggiunto preminentemente al vino finito. La dose di anidride solforosa libera richiesta nella stabilizzazione del prodotto finito corrisponderebbe in questo caso, a un basso livello di anidride solforosa totale. Nei vini spumanti, e in particolare nei prodotti contraddistinti da un elevato residuo in zuccheri (spumanti dolci e semi dolci) la maggior parte dell'anidride solforosa viene ritrovata in forma combinata; nel caso dei vini rossi, i tenori di SO 2 possono essere notevolmente piu' ridotti rispetto a quelli necessari a stabilizzare i bianchi. La maggior parte di questi prodotti subisce infatti, la fermentazione malo lattica e pertanto questi vini risultano sufficientemente stabili, specie se conservati in ambiente privo di ossigeno quale e' quello assicurato dalla bottiglia commerciale; occorre sottolineare come un vino di qualita' si programmi a partire dal vigneto. È necessario tornare ad una viticoltura senza chimica e a un'enologia meno «tecnologica» per avere vini piu' tipici, unici, inimitabili, finalmente vera espressione di quello che i francesi definiscono terroir in netto dissenso con la standardizzazione e omologazione della maggior parte dei vini in commercio; la coltivazione deve essere rispettosa della zona (terroir) e del vitigno, evitando forzature come irrigazione, concimazioni chimiche e antiparassitari sistemici che tendono a stimolare produzioni quantitative della pianta a scapito di quelle qualitative e a modificare quel rapporto terreno/pianta/clima che e' la condizione indispensabile per lo sviluppo di una pianta forte che produce uve sane, equilibrate e ricche, uniche, inimitabili e soprattutto identificabili; la vigna a conduzione biologica seguita con impegno, (quindi con un alto grado di consapevolezza) puo' garantire la produzione di uve di ottima qualita' e salubrita'; al fine di ottenere un vino integrale e medicinale di qualita', bisognerebbe applicare quei procedimenti che rispettino, il piu' possibile, la costituzione naturale del mosto, che altro non e' che il succo contenuto negli acini dell'uva (ne e' un esempio l'innovativa pratica del lavaggio delle uve sperimentata a Tenno (Trento) che consente di eliminare le impurita' aggregatisi nel raspo e nelle bucce che potrebbero inquinare il succo all'interno dell'acino attraverso trattamenti fisici, e di avere vini stabili per limpidezza e per il potenziale di ossido riduzione, escludendo precipitazioni metalliche, proteiche, tartariche, ossaliche, e altro); un vino «sano» acquista un valevole significato come integratore alimentare e un meritevole inserimento nella dietetica clinica (esaltando le proprieta' medicamentose dell'uva); l'uso moderato di vino in un soggetto sano e' in grado di ridurre di oltre il 25 per cento il rischio di cardiopatie. Ne sono un esempio gli Stati Uniti, dove da una ricerca e' emerso che i bevitori moderati vivono piu' a lungo degli astemi; la tesi e' poi documentata anche da quello che e' stato definito il «french paradox» ovvero il «Paradosso francese». I francesi, infatti, conducono una dieta con alte concentrazioni di grassi, burro e formaggio, alimenti considerati ben poco salutari in dosi non corrette. Inoltre risulta molto diffusa l'abitudine di fumare, aumentando cosi' la probabilita' di insorgenza di malattie cardiopatiche e tumorali. Eppure, nonostante questi comportamenti non esemplari in materia di salute, la percentuale di queste patologie e' molto bassa, proprio grazie al diffuso consumo di dosi moderate di vino durante i pasti; il vino svolge un ruolo di rilievo sia nel favorire l'eliminazione delle urine, sia nel mantenerle relativamente povere di scorie azotate; dove i componenti del vino intervengono positivamente e' nel transito degli alimenti, oramai parzialmente modificati e diventati bolo alimentare, nello stomaco, dove succhi gastrici svolgono importanti azioni di scissione, in particolare nei confronti delle proteine. In questo passaggio il vino, a contatto con la mucosa intestinale, sollecita una maggiore secrezione di succo, favorendo l'attivita' digestiva. Bisogna ricordare, che come anticipato in precedenza il vino presenta un pH acido come quello dello stomaco e non interferisce dunque negativamente nel processo digestivo; il vino, pur essendo un prodotto alimentare complesso (coltivazione, vinificazione, imbottigliamento e sottoposto a lavorazioni con uso di molte sostanze chimiche) fino ad ora ha goduto di una favorevole impunita' godendo dell'esenzione dall'obbligo di elencare gli ingredienti in etichetta, come altresi' imposto a tutti gli altri prodotti alimentari; la normativa che recentemente ha imposto la scritta in etichetta «contiene solfiti» o equivalenti, in realta' non permette al consumatore di scegliere vini a basso contenuto di solforosa, in quanto la dicitura e' imposta sia per vini che contengono 11 milligrammi per litro di SO 2 , che per vini che ne contengono 210 milligrammi per litro. A tal proposito come per le bottiglie d'acqua, per evitare contestazioni in successivi controlli, sarebbe auspicabile indicare la data del certificato di analisi riferita al lotto di imbottigliamento; inoltre, fra tutti gli additivi e coadiuvanti di uso enologico, l'anidride solforosa e' l'unico di cui si siano verificati gli effetti tossicologici. Pertanto e' importante attuare tutti i possibili metodi atti a ridurre il suo impiego in enologia; ormai molti produttori hanno ridotto o eliminato l'uso di anidride solforosa nella produzione dei vini ma cio' e' possibile solo quando, a monte, le uve sono sane ma soprattutto e' possibile grazie all'estrazione o all'utilizzo di antiossidanti esclusivamente naturali -: se il Ministro competente intenda intervenire ed in che modo al fine di emanare un'apposita normativa che miri a stabilire l'obbligo di indicare in etichetta il quantitativo esatto della solforosa totale, con una dicitura dettagliata e trasparente quanto quella degli altri prodotti alimentari, cio' al fine di tutelare sia il consumatore, messo in condizione di conoscere i possibili effetti nocivi di una bottiglia di vino, e quei produttori che svolgono il loro lavoro in modo etico, utilizzando solo antiossidanti naturali, e che non devono vedere il loro impegno sprecato a causa di ingiuste produzioni concorrenziali non paragonabili. (4-06162)" . .