_:B602e6432f6f620e043667d8435d83e82 "Risposta scritta Atto Senato Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 114 all'Interrogazione 4-05522 presentata da IOANNUCCI (27 ottobre 2003) Risposta. - Le disposizioni che prevedono lesposizione del crocifisso nelle aule delle scuole sono contenute nellarticolo 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965, che dispone laffissione dellimmagine del crocifisso in ogni aula scolastica, e dallarticolo 119 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, che include il crocifisso tra gli arredi da esporre in ogni aula scolastica del corso elementare. Tale obbligo era già stato previsto con precedente circolare del Ministero della pubblica istruzione n. 68 del novembre 1922, ribadita nei contenuti da una successiva circolare della medesima Amministrazione. Il Concordato Lateranense dell11 febbraio 1929 tra lItalia e la Santa Sede nulla di specifico ha disposto al riguardo e, parimenti, nessun riferimento particolare sul problema è stato recepito dallAccordo di modifica del medesimo Concordato, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato dalla legge 25 marzo 1985, n. 121. A seguito del predetto Accordo si è posto il problema di chiarire se lesposizione obbligatoria del crocifisso contrastasse con il principio di libertà religiosa affermato dalla Costituzione e accolto dallaccordo stesso che aveva reso opzionale linsegnamento della religione cattolica. Il Ministero della pubblica istruzione ha, quindi, posto quesito al Consiglio di Stato che, con parere emesso dalla II sezione in data 27 aprile 1988, ha rilevato la vigenza della normativa regolamentare sopra citata poiché non contemplata, né direttamente né indirettamente, dalla normativa concordataria del 1929 né dallAccordo modificativo del 1984. Nel corso del medesimo parere veniva rilevato, altresì, che la sopravvenuta normativa scaturente dallAccordo modificativo non andava ad incidere sulla normativa preesistente neanche in modo latamente condizionante. Il Consiglio di Stato concludeva lanalisi della problematica in questione valutando nel merito non fosse da riscontrarsi alcuna violazione dei princìpi costituzionali, sulla base del presupposto che la Croce non è di per sé simbolo esclusivo della cultura cristiana ma «il crocifisso, a parte il significato per i credenti, è simbolo della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa». Successivamente il decreto legislativo n. 297 del 1994 testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado ha statuito allarticolo 159, rispondente allarticolo 55 del regio decreto 5 febbraio 1928, n. 577, che il comune debba provvedere agli arredi scolastici mentre larticolo 190, corrispondente allarticolo 103 del regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054, egualmente ha disposto che i comuni sono tenuti a fornire gli arredi scolastici. Larticolo 676 del medesimo testo unico ha stabilito, infine, che «le disposizioni inserite nel presente testo unico vigono nella formulazione da esso risultante: quelle non inserite restano ferme ad eccezione delle disposizioni contrarie o incompatibili con il testo unico stesso, che sono abrogate». La Corte di Cassazione, IV sezione penale, con sentenza n. 439 del 6 aprile 2000, ha però ritenuto di poter argomentare in senso opposto, assumendo a fondamento del citato dispositivo regolamentare larticolo 1 dellallora vigente Statuto Albertino che qualificava la religione cattolica come religione di Stato. Secondo tale sentenza la cessata vigenza del suddetto articolo 1 dello Statuto e lintroduzione del principio di laicità allinterno della Carta costituzionale in vigore costituirebbero fondamenti normativi tali da travolgere tutte le norme ad esso in qualche modo collegate. Anche il Tribunale Amministrativo per il Veneto, analizzando preliminarmente il problema della vigenza o meno della normativa regolamentare che dovrebbe ritenersi abrogata ex articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale a seguito dellemanazione del decreto legislativo n. 297 del 1994, regolante lintera materia scolastica, è giunto a rilevare, con propria ordinanza del 13 novembre 2003, che il più volte citato testo unico non specificava gli arredi scolastici. Tale ordinanza, in assenza di sovrapposizione normativa posteriore, ha riconosciuto, dunque, che, nellambito del dispositivo in questione, doveva ritenersi ancora vigente lelencazione dellallegato C del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297. Del resto è lo stesso decreto legislativo che, allarticolo 676 già citato, opera esplicito rinvio per quanto ivi non previsto. Constatata la vigenza della disciplina in questione il Tribunale Amministrativo è passato ad analizzare la eventuale presenza di elementi di contrasto con il principio di laicità dello Stato introdotto con la Costituzione repubblicana e, più specificatamente, «delleguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione» (articolo 3 della Costituzione) e «delleguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose» (articolo 8 della Costituzione), principio, questultimo, emergente anche dagli articoli 2, 7, 19 e 20 della Costituzione. Secondo lordinanza in questione dallanalisi dei princìpi su esposti e da una serie di pronunciamenti della Corte costituzionale (sentenze nn. 925 del 1988, 440 del 1995, 34 del 1996, 329 del 1997 e 508 del 2000) discenderebbe che la norma che prescrive lobbligo della presenza del crocifisso nelle aule andrebbe a «delineare una disciplina di favore per la religione cristiana, rispetto alle altre confessioni, attribuendole una posizione di privilegio che «... non può trovare giustificazione neppure sulla indubbia diffusione, ciò che può semmai giustificare nelle singole scuole, secondo specifiche valutazioni, il rispetto di tradizioni religiose come quelle legate al Natale o alla Pasqua ma non la generalizzata presenza del crocifisso». Il punto di vista espresso nellambito dellordinanza emessa dal TAR del Veneto non appare condivisibile per rigorose argomentazioni di diritto. Infatti il dato certo, sia per quanto rilevato nellambito del parere del Consiglio di Stato fino al 1988 sia per quanto riconosciuto per gli anni successivi, è che lo jus superveniens non va a toccare la sfera di vigenza dei regi regolamenti poiché i contenuti di questi non solo non confliggono con la normativa contenuta nel testo unico, ma addirittura si pongono a completamento e a specificazione di questa. Da tutta la normativa intervenuta dalla data di emanazione dei regolamenti sopra citati nonché dalla qualità della stessa discende con assoluta evidenza che, laddove il legislatore avesse voluto diversamente intendere sullargomento, certamente avrebbe trovato il modo di esprimersi sulla materia in questione. Né è da accogliersi il contenuto dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione sopra richiamata che sembra aprire la giurisprudenza a tale linea di pensiero. Secondo questa decisione, con la cessata vigenza dello Statuto Albertino e lintroduzione della Costituzione repubblicana, verrebbe ad essere travolta tutta la normativa in qualche modo collegata al principio di confessionalità. La Corte costituzionale ha più volte ribadito il principio della laicità dello Stato ma ciò non significa che ope Costitutionis si debba garantire una uguaglianza di trattamento a tutte le confessioni religiose. Larticolo 8 della Costituzione prevede, infatti, che le confessioni religiose devono essere ugualmente libere e stabilisce un regime differenziato per le singole confessioni attraverso la disciplina delle intese. La portata di tale concetto è molto importante; infatti asserire che tutte le religioni sono ugualmente libere non significa che tutte siano eguali. La diversa posizione giuridica attribuita alle religioni diverse dalla cattolica è precisata proprio in seno alla Carta costituzionale che sancisce un diverso trattamento dei rapporti con lo Stato. Infatti larticolo 7 della Costituzione, richiamando i Patti Lateranensi, riconosce un diverso trattamento alla religione cattolica. Tale peculiare previsione necessariamente discende dalla differente posizione che la Chiesa cattolica ha storicamente rivestito nellambito del nostro ordinamento. Alla luce di quanto sopra esposto è innegabile che una religione possa avere acquisito nel tempo una condizione di diversificata tutela e non di prevalenza se non altro fondata sullinnegabile dato della preesistenza, con tutto ciò che da tale circostanza discende. Tutto ciò quanto riguarda il ricorso, ex articolo 700 del codice di procedura civile, del signor Adel Smith, che chiedeva la rimozione del crocifisso dalle aule della scuola materna ed elementare di Ofena, si fa presente che, in data 23 ottobre 2003, il giudice dellAquila ha emesso lordinanza di rimozione, notificata allAmministrazione il 29 ottobre 2003. Tale decisione è fondata essenzialmente sul richiamo ai princìpi costituzionali, che secondo il giudice dellAquila, imporrebbero la laicità dello Stato e, conseguentemente, il rispetto per le convinzioni degli altri e «la neutralità delle strutture pubbliche di fronte ai contenuti ideologici». Al contrario lesposizione del crocifisso indurrebbe nellalunno «una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale dellespressione di fede, manifestando linequivoca volontà dello Stato di porre il culto cattolico al centro delluniverso, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti». Sullemissione di tale ordinanza è stata avviata da parte del Ministero della giustizia, per il tramite dellorgano ispettivo, unapposita indagine conoscitiva la cui istruttoria è ancora in corso. Il Ministero dellistruzione ha, comunque, provveduto a impugnare, con richiesta di sospensiva, lordinanza in questione. Il Tribunale dellAquila ha accolto il reclamo presentato dallAvvocatura Distrettuale dello Stato dellAquila ed ha, quindi, ordinato la sospensione dellesecuzione, disponendo la comparizione delle parti dinanzi al Collegio, in Camera di Consiglio, alludienza del 19 novembre 2003, ore 12. A tale udienza lo stesso Tribunale ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine al ricorso presentato dal signor Smith il 30 settembre 2003 ed ha revocato lordinanza pronunciata in prima istanza. Avverso la suddetta ordinanza il signor Smith ha fatto pervenire latto di citazione davanti al Tribunale Civile dellAquila con fissazione delludienza al 12 febbraio 2004, poi rinviata al 21 aprile 2004, e successivamente, al 23 giugno 2004, per la comparizione delle parti. Si ritiene che proprio lesigenza di garantire la convivenza tra religioni e culture diverse debba partire dallaffermazione della identità storica nazionale, così come ha ricordato lo stesso Presidente della Repubblica. Il crocifisso rappresenta un elemento essenziale della identità storica nazionale, non solo un segno distintivo di un determinato credo religioso, ma un simbolo dei nostri valori e delle nostre radici cristiane. In quanto tale esso va rispettato anche dalle minoranze ospitate dal nostro Paese. Si ricorda, anche, che la legge delega n. 53 del 28 marzo 2003 di riforma del sistema scolastico si muove in tal senso in quanto promuove «il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai princìpi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea». Il Ministro per i rapporti con il Parlamento Giovanardi" . _:B602e6432f6f620e043667d8435d83e82 "20040526" . _:B602e6432f6f620e043667d8435d83e82 "MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO RAPPORTI CON IL PARLAMENTO" . _:B602e6432f6f620e043667d8435d83e82 . . "2015-04-28T22:33:13Z"^^ . . "20031030" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05522 presentata da IOANNUCCI MARIA CLAUDIA (FORZA ITALIA) in data 30/10/2003" . "Interrogazione a risposta scritta4-05522 Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-05522 presentata da MARIA CLAUDIA IOANNUCCI giovedì 30 ottobre 2003 nella seduta n. 483 IOANNUCCI. Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della giustizia . Premesso che: tutte le testate giornalistiche nazionali in data 26 ottobre 2003 hanno pubblicato la notizia che il Tribunale di L'Aquila, adito con ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile, ha accolto l'istanza di un genitore di religione musulmana volta a rimuovere il crocifisso dall'aula scolastica della scuola elementare del comune di Ofena (L'Aquila) frequentata dal proprio figlio; il ricorrente, signor Adel Smith, adiva il Tribunale di L'Aquila in merito alla legittimità della permanenza del crocifisso nelle scuole o di altri simboli religiosi, dopo la rimozione di un simbolo coranico che egli stesso aveva apposto all'interno dell'aula frequentata dai figli e coralmente rifiutato dalla collettività della classe; il giudice di L'Aquila accoglieva il ricorso affermando nell'ordinanza pronunciata che «mantenendo uno solo dei due simboli è stata compiuta una discriminazione»; valutato che: la decisione assunta, peraltro soggetta ad impugnazione, non appare pienamente condivisibile in relazione alla specifica e speciale disciplina della materia, tuttora vigente, in ordine alla possibilità di adottare misure cautelari da parte di un giudice nel merito della controversia appartenente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ( ex articolo 33, comma 2, lettera e) , del decreto legislativo n. 80 del 1998, nel testo vigente dopo la legge n. 205 del 2000), trattandosi di controversia attinente la materia dei servizi inerenti la pubblica istruzione; l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è attualmente prevista dall'articolo 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965, dall'allegato C del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, e dalle circolari del Ministero della pubblica istruzione del 22 novembre 1922, 26 maggio 1926 e 3 ottobre 2002; tali disposizioni non sono state abrogate dall'art.676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; nel parere reso dal Consiglio di Stato, sez. II, 27 aprile 1988, n. 63, prendendo in considerazione le modificazioni al Concordato lateranense ad opera della legge 25 marzo 1985, n. 121, si afferma che le norme dell'articolo 118 del regio decreto n. 965 del 1924 e dell'allegato C del regio decreto n. 1297 del 1928, che prevedono l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non possono essere considerate implicitamente abrogate dalla nuova regolamentazione concordataria sull'insegnamento della religione cattolica; nell'Accordo di Villa Madama del 1984, revisione dei Patti Lateranensi, reso esecutivo dalla legge n. 121 del 1985 ( ex articolo 7 della Costituzione), l'Italia e la Santa Sede hanno riaffermato che Stato e Chiesa sono ciascuno nel proprio ambito indipendenti e sovrani, «impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo ed il bene del Paese»; la decisione se esporre il crocifisso in classe resta di competenza del Ministero in base ai decreti del 1924 e del 1928 e altre fonti citate; la stessa Costituzione «non prescrive divieti all'esposizione di un simbolo che fa parte del patrimonio storico del Paese», definito nel 1988 dal Consiglio di Stato «universale» e «non costituente motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni»; più correttamente il magistrato di L'Aquila, nell'accogliere la domanda, avrebbe dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale delle ricordate disposizioni, sospendere il giudizio e rimettere la questione alla Corte Costituzionale; considerato che: la sentenza di L'Aquila esautora i poteri del Parlamento eletto dai cittadini e al quale soltanto può competere l'abrogazione di una norma tuttora in vigore; una corretta visione del concetto di laicità, secondo quanto affermato dalla Consulta fin dalla nota sentenza n. 203/89, non significa indifferenza nei confronti delle religioni ma implica la «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale» e non comporta il rinnegamento o l'abbandono delle proprie radici storico-religiose; esiste un'identità italiana, forgiata dai principi del cristianesimo, che non può essere cancellata (così come non si possono cancellare la nostra poesia, l'architettura, la pittura, eccetera), che permea la nostra cultura, la nostra arte, la nostra morale da duemila anni; il significato quanto il valore etico e storico del crocifisso sono evidenti a chiunque, anche chi non crede, vedendo il crocifisso riconosce un simbolo che è alla radice stessa della nostra concezione dell'individuo, del suo valore e dei suoi diritti; un simbolo che ha nutrito ininterrottamente duemila anni della nostra storia ed è così profondamente legato alla nostra identità di Italiani ed Europei; il crocifisso può apparire come qualcosa di estraneo, di superfluo o addirittura di minaccioso soltanto a chi della nostra cultura non ha nemmeno una conoscenza superficiale; tale identità, pur nel rispetto delle diverse sensibilità, del multiculturalismo e del concetto di laicità dello Stato, non può essere intesa quasi come un disvalore da cancellare; la rimozione del crocifisso dalla scuola di Ofena è una di quelle decisioni che sembra destinata ad avere serie ripercussioni ed effetti perversi e indesiderati, certamente negativi, per quel dialogo cristiano-musulmano che tanto faticosamente si sta cercando di avviare e, più in generale, per la qualità della convivenza nel Paese; non mancano, tra l'altro, inaspettate iniziative da parte di zelanti interpreti del multiculturalismo che giungono a «dismettere» le espressioni ed i simboli tradizionali della cultura, della tradizione e del cristianesimo, anche quelli più universali, calpestando con scoraggiante naturalezza i diritti di un'intera collettività; considerato, inoltre, che: il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha voluto comunicare la propria opinione in merito all'ordinanza del tribunale di L'Aquila affermando: «A mio giudizio il crocifisso nelle scuole è sempre stato considerato non solo come segno distintivo di un determinato credo religioso, ma soprattutto come simbolo di valori che stanno alla base della nostra identità» («Il Giornale» del 28 ottobre 2003) e che il ministro Letizia Moratti ha dichiarato: «Il Ministero applica e continuerà ad applicare le disposizioni di legge del 1923, mai abrogate, che fanno, appunto, obbligo di esporre il crocifisso in tutte le scuole, così come in tutti i tribunali» («La Repubblica» del 26 ottobre 2003), l'interrogante chiede di sapere dal Presidente del Consiglio e dai Ministri interessati quali provvedimenti intendano adottare onde: arginare ogni manifestazione di ignoranza e intolleranza verso i simboli cristiani presenti nel territorio e nella cultura del nostro Paese, attualmente già ripetutamente vilipesi dal signor Smith; scongiurare il pericolo del diffondersi del fondamentalismo dall'una e dall'altra parte, che offende i valori fondamentali della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità nazionale; verificare la correttezza dell'operato del magistrato di L'Aquila e la conformità ai principi e alle norme dell'ordinamento dello Stato della ordinanza pronunciata; tutelare e riconoscere l'importanza dei valori democratici, etici ed educativi delle radici della nostra cultura italiana ed europea, nella consapevolezza che separazione ma non estraneità connotano il moderno principio di laicità dello Stato. (4-05522)" . "Senato della Repubblica" . . . "1"^^ . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05522 presentata da IOANNUCCI MARIA CLAUDIA (FORZA ITALIA) in data 30/10/2003"^^ . _:B602e6432f6f620e043667d8435d83e82 . "IOANNUCCI MARIA CLAUDIA (FORZA ITALIA)" . . . . "4/05522" . . . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA" . "20040526" . "20031030-20040526" .