INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05268 presentata da ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20091201

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-05268 presentata da ELISABETTA ZAMPARUTTI martedi' 1 dicembre 2009, seduta n.254 ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: il 15 gennaio 1993 a Palermo una pattuglia di Carabinieri appartenenti al raggruppamento operativo speciale (ROS) comandati dal «Capitano Ultimo» (ossia il Cap. Sergio De Caprio) e sotto le direttive del Colonnello Mario Mori, vice comandante operativo, arrestavano Salvatore Riina, latitante da oltre un ventennio e capo riconosciuto di «cosa nostra»; l'arresto era avvenuto grazie alle iniziative investigative poste in essere dai Carabinieri del ROS dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio ove persero la vita i magistrati Falcone, Morvillo e Borsellino e gli addetti alla loro sicurezza; in costanza di indagini di polizia giudiziaria i Carabinieri posizionarono di fronte all'ingresso del complesso immobiliare di noti mafiosi (i Sansone) sito in via Bernini n. 52/54, in Palermo, un'autovettura civetta sulla quale un sottufficiale riprese con telecamera i movimenti in entrata e in uscita di persone e mezzi dal residence dalle ore sette fin verso le ore sedici del 14 gennaio 1993; nel corso della notte le riprese effettuate furono fatte visionare al collaboratore di giustizia Baldassare Di Maggio arrestato alcuni giorni prima in Borgomanero che aveva dichiarato di essere in grado di riconoscere le persone piu' vicine al Riina del quale egli era stato autista di fiducia negli anni precedenti; il Di Maggio riconobbe la moglie del Riina mentre usciva dal residence a bordo di una vettura condotta dall'autista del quale in precedenza aveva segnalato le generalita' agli inquirenti; la mattina successiva, 15 gennaio 1993, fu ricollocata allo stesso posto la vettura civetta con a bordo anche Di Maggio il quale verso le ore nove riconobbe il Riina che usciva dal complesso immobiliare a bordo di una vettura guidata da un sodale, tale Salvatore Biondino; per evitare di vanificare la prosecuzione delle complesse indagini avviate da alcuni mesi gli Ufficiali del ROS (Cap. «Ultimo» e colonnello Mori) decisero di procedere all'arresto a circa un chilometro di distanza dall'abitazione del ricercato; per la medesima ragione gli stessi ufficiali nelle ore seguenti segnalarono al procuratore della Repubblica l'inopportunita' di procedere subito alla perquisizione dell'abitazione del Riina - peraltro ancora da individuare tra altre quattordici del complesso - non potendosi essa ritenere un «covo» di mafia avendo avuto contezza della presenza della moglie e dei figli del Riina e, quindi, di nessun interesse investigativo; il procuratore della Repubblica condivise il suggerimento e fermo' la perquisizione; dopo circa un anno da tale arresto si sviluppo' una campagna di stampa, ad avviso dell'interrogante, abilmente stimolata anche dall'interno delle istituzioni finche' il 17 novembre 1997 un pentito congetturo' sospetti nella ritardata perquisizione (che era stata effettuata il 2 febbraio 1993 senza che siano state rilevate da nessuno anomalie di sorta!!) tanto che in data 21 novembre 1997 fu iscritto procedimento a carico di ignoti per il reato favoreggiamento aggravato e attentato alla sicurezza dello Stato; furono esperite penetranti indagini dalla procura della Repubblica di Palermo con l'escussione di numerosissime persone informate dei fatti e ripetutamente furono interrogati anche il «Capitano Ultimo» e il Colonnello Mario Mori ai quali furono pressantemente richieste le ragioni per le quali, alcune ore dopo l'arresto del capo della mafia, avessero dismesso la video ripresa del cancello dal quale era stato visto uscire e riconosciuto il Riina senza comunicarlo alla Procura della Repubblica (e in questo consistera' il favoreggiamento poi contestato e non gia' per la perquisizione rinviata dall'autorita' giudiziaria; soltanto in data 18 marzo 2004 finalmente i Carabinieri che avevano arrestato Riina divennero noti alla procura di Palermo che dispose la loro iscrizione nel registro degli indagati e nella successiva data del 22 marzo 2004 richiese l'archiviazione del procedimento che, pero', il Giudice per le indagini preliminari prima non accolse e poi ordino' l'imputazione coatta ipotizzando che il Riina non era stato «arrestato» ma «consegnato»; il tribunale di Palermo con sentenza in data 20 febbraio 2006 escluse qualunque sospetto a carico degli ufficiali del ROS e l'esistenza di qualunque «trattativa» e avverso tale decisione pienamente assolutoria non fu proposto appello da parte del pubblico ministero; anche il procedimento attualmente in corso ha avuto origine da una richiesta di archiviazione disattesa e gli imputati odierni, il Generale Mario Mori e il Colonnello Mauro Obinu, rispondono del reato di favoreggiamento aggravato perche' avrebbero impedito il 31 ottobre 1995 in quel di Mezzoiuso la cattura di Bernardo Provenzano quale riconoscimento della «consegna» del Riina; (in realta' l'accusa tende a dimostrare l'esistenza di una «trattativa» tra Stato e mafia che avrebbe «accelerato» la strage Borsellino); in effetti dopo le stragi del 1992 - mentre taluno affermava pubblicamente «e' tutto finito» - i Carabinieri del ROS (l'allora Colonnello Mario Mori e l'allora Capitano Giuseppe De Donno) crearono un contatto investigativo con un confidente, Vito Ciancimino, ex Sindaco di Palermo, che loro stessi avevano gia' arrestato per «associazione mafiosa» (condannato) e «appalti» (condannato) e del quale era loro ben noto lo spessore criminale e la sua autorevolezza nell'organizzazione mafiosa per indurlo a collaborare; l'esito di tali colloqui (in numero di quattro) il primo dei quali avvenne il 25 agosto 1992 (ossia dopo oltre un mese dalla strage Borsellino) o, come ha manoscritto e dichiarato al procuratore Caselli Vito Ciancimino, addirittura il 1 o settembre successivo, fu riferito immediatamente alla procura della Repubblica di Palermo che, grazie a questa apertura, dopo il suo arresto (il 19 dicembre 1992), lo interrogo' almeno dieci volte senza che egli riferisse alcunche' di anomalo negli incontri con i carabinieri; il processo attuale a carico del Generale Mori e del Colonnello Obinu, imputati di favoreggiamento di Provenzano e' in corso da oltre un anno avanti il tribunale di Palermo; da alcuni mesi e' entrato in scena Massimo Ciancimino, figlio di Vito, il quale avrebbe rivelato di essere in possesso del cosiddetto «papello» ossia di un elenco di richieste che la «mafia» avrebbe fatto pervenire allo Stato attraverso l'allora Colonnello Mario Mori per alleggerire la pressione criminale -: se il signor Massimo Ciancimmo sia un collaboratore di giustizia e come tale inquadrato nella specifica categoria e sottoposto ai diritti ed ai doveri del ruolo; e/o se sia tutt'ora «in trattativa» per diventarlo; se risulti che il predetto Massimo Ciancimino sia stato condannato con sentenza del giudice per le udienze preliminari di Palermo ad anni cinque e mesi otto di reclusione per il delitto di riciclaggio del patrimonio paterno o sussistono altre condanne a suo carico; se risulti, altresi', se egli sia in atto sottoposto a misure di prevenzione patrimoniale e se sia stato disposto il sequestro a fini di confisca per ragioni di «mafia» del suo patrimonio.(4-05268)
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20091201- 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05268 presentata da ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20091201 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA (PARTITO DEMOCRATICO) 
BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) 
BERNARDINI RITA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO) 
TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO) 
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4/05268 
ZAMPARUTTI ELISABETTA (PARTITO DEMOCRATICO) 

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