INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04752 presentata da FANTINATI MATTIA (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 07/05/2014

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Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-04752 presentato da FANTINATI Mattia testo di Mercoledì 7 maggio 2014, seduta n. 224 FANTINATI , TURCO , BUSINAROLO , D'INCÀ , COZZOLINO e BRUGNEROTTO . — Al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che: a seguito della trasmissione Report , andata in onda su Rai Tre il 7 aprile 2014, sono emersi gravi indizi sulla possibile infiltrazione delle cosche della ’ndrangheta nella gestione amministrativa del comune di Verona; in particolare, dall'indagine condotta dal giornalista Sigfrido Ranucci, risulta quanto segue: il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha partecipato ad una cena sponsorizzata dall'imprenditore Raffaele Vrenna, al cui tavolo sedevano Stanislao Zurlo – rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa – nonché Katia Forte – figlia di Giovanni Forte, imprenditore già condannato per tangenti nel periodo della «tangentopoli» veronese; vale la pena evidenziare che Vrenna viene definito dal capo della DDA di Catanzaro un imprenditore border-line e peraltro risulta fungere da ponte tra le istituzioni locali e la criminalità organizzata tramite imprese private; Katia Forte è insediata nell'amministrazione scaligera come consigliere della lista Tosi. Nell'orbita «tosiana» si ritrovano non solo persone vicine alla famiglia Vrenna-Bonaventura, ma anche i Giardino, famiglia di costruttori calabrese a Verona; i Giardino erano presenti alle cene preelettorali con Tosi e l'assessore Giorlo (di origini calabresi) con il quale il sindaco trascorre le vacanze. Alle riunioni-cene partecipavano i Giardino, i Paglia, Marziano e il sindaco Tosi, nonché l'attuale vicesindaco, avvocato Casali, e l'immancabile assessore Giorlo; secondo quanto riferito dal giornalista Ranucci, nel corso di questi incontri si discuteva delle assunzioni nella società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti (SERIT) e dei fondi che servivano per finanziare la campagna elettorale. Proprio nel 2012, a seguito della vittoria elettorale di Tosi, alcuni dei suddetti imprenditori brindavano con champagne in consiglio comunale; lo stesso Armando Marziano ammette che, «grazie alle sue conoscenze in Comune, è riuscito ad accaparrarsi un appalto». In realtà, gli appalti che gli sono stati affidati sono quelli relativi alla manutenzione degli alloggi Ater, per un valore di centinaia di migliaia di euro; ma i favori più importanti, il suddetto imprenditore li ha ottenuti grazie a concessioni edilizie rilasciate dal comune a privati in cambio dell'incarico conferito alla ditta del Marziano, da parte del privato che aveva ottenuto il nullaosta a costruire o ampliare il proprio immobile. Questi episodi, a giudizio dell'interrogante, evidenziano una gravissima violazione dell'ordine pubblico; quanto emerso dalla trasmissione Report pare si inserisca in un contesto criminale ormai consolidato nell'amministrazione del comune di Verona. Infatti, già nei mesi scorsi, la stampa locale denunciava innumerevoli condotte illecite, poste in essere da dirigenti e politici dell'amministrazione locale veronese; in particolare dalla stampa locale ( Corriere di Verona , L'Arena , Il fatto quotidiano ) risulta che nel comune di Verona si sarebbero verificati, in modo frequente e consolidato, molteplici episodi di infiltrazioni legate alla ’ndrangheta da ricollegarsi alla società Soveco Spa; nel 2012, questa impresa dichiara ricavi per 25,6 milioni di euro e un utile di euro 706 mila. I soci sono Francesco Urtoler e Sabina Colturato, ex moglie – separata e mai divorziata – di Antonino Papalia, pluripregiudicato e dipendente della società in questione. Nell'89, l'uomo viene arrestato perché in possesso di armi e i giornali titolano: «Bombe mafiose made in Verona». Accusato anche di associazione per delinquere, Papalia finisce di scontare gli arresti domiciliari nell'aprile 2004. Questo non è il solo reato di cui è stato accusato: c’è anche una denuncia per produzione e spaccio di sostanze stupefacenti e un'altra per la «divulgazione di materiale pornografico realizzato mediante l'utilizzo dei minori di anni diciotto»; per la costruzione del filobus, la Soveco è l'unica ditta a non aver ancora presentato il certificato antimafia all'azienda municipalizzata trasporti di Verona. La Zenith Retail del calabro-veronese cede le quote a Zenith Investissement, con sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo, ma per gli inquirenti sarebbe sempre lui a gestire gli affari; se nella Soveco veronese c’è l'ex moglie, Sabina Colturato, in altre società Papalia inserisce la compagna romena, Alina Cseh; risulta che la società Soveco abbia eseguito e ottenuto l'esecuzione di appalti sulla città di Verona per un totale di un miliardo di euro circa. I lavori in cui è coinvolta suddetta società sono opere pubbliche strutturali di primaria rilevanza economica per il comune di Verona: dal traforo delle Torricelle – un appalto che vale un miliardo di euro – al filobus, da vari parcheggi comunali al ponte di San Francesco. La Soveco spa, peraltro, è riuscita anche nell'intento di intervenire nella ristrutturazione dell'ospedale di Peschiera del Garda; a tale quadro si aggiungono, inoltre, le gravi mancanze di correttezza e legalità in altri settori della amministrazione in questione. Sia nelle società municipalizzate del comune di Verona nonché all'interno dello stesso, numerosi sono stati gli episodi di assunzione dei parenti e conoscenti. In relazione a tale prassi, nel mese di marzo sono stati rinviati a giudizio i vertici di 9 aziende partecipate del comune di Verona e due componenti del Cda di Amt: assunzioni e incarichi affidati a sorelle o mogli di politici, a figli di consiglieri o di sindacalisti; il 24 marzo 2014 si è svolta la prima udienza per il processo Tartaglia-Agec. Anche in questo caso, 7 i dirigenti imputati per una turbativa d'asta da 28 milioni di euro. Supposti favori concessi agli «amici», accuse di «peculato, corruzione, abuso d'ufficio, falsità in atti, e turbata libertà in procedure d'appalto» ( Corriere di Verona , 26 ottobre 2013, pagina 2) per gli appalti banditi dall'azienda comunale Agec, azienda gestione edifici comunali; infine, si ricordano le recenti dimissioni del vicesindaco Vito Giacino, il quale è indagato per corruzione nelle pratiche e nei permessi edilizi, che potrebbero essere collegati con l'affidamento dei lavori alle ditte in odor di ’ndrangheta. E con lui, nei guai è finita la moglie Alessandra Lodi, avvocato, «per una casa di proprietà della medesima e ristrutturata dalla Soveco Spa» e «i permessi che imboccavano una via preferenziale e altri che rimanevano ad accumulare polvere negli uffici del Comune», in quanto «le imprese interessate a lavorare nel settore urbanistico ed edilizio dovevano affidare le consulenze all'avv. Lodi, altrimenti la pratica si impantanava negli uffici comunali Verona». (30 ottobre 2013 Corriere di Verona , pagina 2); notizie di stampa riferiscono che anche all'interno dell'ente fiera di Verona gli inquirenti abbiano riscontrato presenti delle anomalie tali per cui il gip Rita Caccamo ha sentito i vertici della società: Ettore Riello (presidente), Gianni Mantovani (Direttore generale) e Diego Valsecchi (direttore del personale); a giudizio dell'interrogante, gli episodi illeciti appena descritti, nonché l'assetto di intrecci politico-imprenditoriali tra l'amministrazione «Tosiana» e personaggi che graviterebbero vicino alle cosche calabresi, costituiscono elementi determinanti per stabilire il collegamento, ma soprattutto il condizionamento che l'amministrazione scaligera potrebbe subire da personaggi della ’ndrangheta. Ciò, soprattutto, a partire dal 2012, proprio per effetto delle «sovvenzioni» elettorali che dovrebbero essere state elargite a favore di Tosi e dei suoi assessori dalle cosche o dagli imprenditori ad esse vicine; le vicende giudiziarie esposte rappresentano fatti gravissimi che potrebbero aver contribuito a diffondere e radicare una situazione di illegalità diffusa con il coinvolgimento massiccio dei politici eletti nelle dinamiche dell'associazione a delinquere di stampo mafioso o similare. Peraltro, in suddette dinamiche sarebbero coinvolti anche dirigenti e funzionari, alcuni di nomina clientelare o comunque di nomina diretta da parte del sindaco; in merito a quanto esposto si evidenzia che, l'aspetto qualificante delle autonomie, ovvero la rappresentatività degli organi di amministrazione, è stato, dalla Corte Costituzionale, ritenuto «cedevole» rispetto alla necessità di assicurare lo svolgimento della vita delle comunità locali, secondo i principi del buon andamento e della trasparenza sanciti dall'articolo 97 della Costituzione; l'esercizio di quel potere straordinario di commissariamento, ex articolo 143, comma 1, Tuel, è previsto, come legittimo, nella ricorrenza di talune situazioni tra loro alternative: collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata. Le nozioni di «collegamento» e «condizionamento» non sono state tipizzate, al fine di poter configurare ipotesi di infiltrazione, anche laddove non sia stato posto in essere un comportamento penalmente rilevante; il Consiglio di Stato, con sentenza n.5948 del 2006, ha ritenuto sufficiente l'esistenza di un ambiente di intimidazione, senza chiedere che gli amministratori appartengano all'associazione mafiosa o siano vicini ad ambienti mafiosi. In particolare, la giurisprudenza amministrativa ha individuato alcuni indici sintomatici della presenza di inquinamento mafioso quali, tra gli altri, l'esistenza di rapporti di parentela degli amministratori con soggetti sicuramente mafiosi; la costante frequentazione di pregiudicati; l'esistenza di precedenti penali per gravi fatti di corruzione in capo ad un assessore; la carenza di controlli e trasparenza; al riguardo, la norma distingue le ipotesi di: a) manipolazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi; b) compromissione del buon andamento e dell'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali; c) anomalo funzionamento dei servizi affidati agli enti locali. L'interpretazione della norma considera alternative tra loro le tre ipotesi, potendosi ben verificare il caso che, a causa di infiltrazioni mafiose, sia leso il corretto funzionamento degli enti locali senza che si possa accertare la coesistenza delle tre condizioni; alla luce di quanto esposto, i fatti e le circostanze emersi sembrerebbero idonei a suffragare l'esistenza di una contiguità tra criminalità organizzata e amministratori in carica. In proposito va evidenziato che non è tuttavia necessario raggiungere la pienezza del riscontro probatorio, essendo sufficiente l'acquisizione di elementi con un grado di significatività inferiore alle prove processuali necessarie per l'applicazione di sanzioni penali o di misure di sicurezza personali; la sussistenza di rapporti di parentela e frequentazione tra esponenti della criminalità ed amministratori pubblici, può in concreto essere «di per sé non sufficiente per desumere un condizionamento da parte della criminalità organizzata, purché si tratti di comunità nelle quali il vincolo di parentela, così come l'occasione di incontri, costituisce la normalità». Invece, nel caso che ci occupa, il condizionamento e collegamento risulterebbe ancora più grave e compromettente, in quanto Verona non è geograficamente identificabile quale città natale delle cosche mafiose o similari. Pertanto, le condotte del sindaco, nonché dei molti esponenti politici in carica e non, divengono significative in quanto «i predetti rapporti, anche di parentela, assumono il carattere della molteplicità e si traducono, in più circostanze, in aggiudicazione di appalti e forniture. Appalti che sarebbero stati affidati sia a soggetti collegati ai destinatari dei provvedimenti interdittivi, ai sensi della normativa antimafia, sia a soggetti gravati da condanne o precedenti di polizia per reati attinenti alle organizzazioni mafiose» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n.6657 del 28 ottobre 2009); la gestione della «cosa pubblica» da parte dei politici e dirigenti del comune di Verona presenta contorni criptici e nebulosi, per usare un eufemismo. L'espletamento del mandato politico risulterebbe caratterizzato da poca trasparenza negli appalti in genere e, in particolare, nel settore delle opere pubbliche e delle forniture di servizi, nonché nella concessione di autorizzazioni edilizie a privati. Il quadro pare estremamente grave. Infatti, da un lato, i supposti collegamenti tra il sindaco e i politici di primo piano con personaggi legati alle cosche, è presupposto indefettibile per legittimare de facto il potere di tali organizzazioni criminali. Sotto altro profilo, invece, la supposta ingerenza delle cosche mafiose negli appalti per i pubblici servizi non fa altro che rafforzare l'immagine e il potere delle suddette organizzazioni criminali agli occhi del popolo–: se non ritenga che questi fatti possano essere considerati gravi e persistenti violazioni di legge ai sensi della lettera a) del comma 1 dell'articolo 141, Tuel, e quindi vi siano i presupposti per lo scioglimento del comune di Verona ai sensi degli articoli 141 comma 1 e 142 ovvero dell'articolo 143. (4-04752)
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BRUGNEROTTO MARCO (MOVIMENTO 5 STELLE) 
BUSINAROLO FRANCESCA (MOVIMENTO 5 STELLE) 
COZZOLINO EMANUELE (MOVIMENTO 5 STELLE) 
D'INCA' FEDERICO (MOVIMENTO 5 STELLE) 
TURCO TANCREDI (MOVIMENTO 5 STELLE) 
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