INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04073 presentata da SAPONARA MICHELE (FORZA ITALIA) in data 19961010
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Ai Ministri di grazia e giustizia e delll'interno. - Per sapere - premesso che all'interrogante: dal luglio del 1992, l'interrogante ha denunziato (in lettere dirette al Procuratore della Repubblica di Milano, in atti giudiziari, in articoli di stampa, in dibattiti, in convegni, fra cui l'inaugurazione del convegno dell'Anm del 10 giugno 1993) le tante "anomalie" dell'inchiesta cosiddetta "Mani pulite" e cioe': la nascita di una nuova figura di avvocati particolarmente graditi ai giudici, ed ovviamente particolarmente ricercati dai clienti e la discriminazione di altri avvocati, fra cui il sottoscritto. Fra gli avvocati "graditi" ne segnalavo uno, in particolare, le cui virtu' taumaturgiche erano state in grado di evitare la carcerazione al conte Radice Fossati; l'uso (anzi l'abuso) della carcerazione preventiva come mezzo per ottenere confessioni: naturalmente nei confronti di coloro assistiti da avvocati "non graditi"; il protagonismo dei magistrati, eccessivo e talvolta debordante, tanto che uno di essi, in un dibattito al Circolo della Stampa di Milano, chiari' che il programma del pool era quella di "rivoltare l'Italia come un calzino"; nell'agosto del 1992, l'onorevole Benedetto Craxi, in tre corsivi apparsi sull'Avanti, metteva in dubbio la legittimazione morale del dottor Di Pietro, dominus dell'inchiesta. Detti corsivi furono criticati da una stampa ormai asservita al pool, ma crearono un certo panico. Di Pietro, rientrato dalle ferie, fu chiamato a rapporto dai suoi superiori (pare dal dottor D'Ambrosio, che era in sede, e non risulta cosa abbia detto in merito a quelle "insinuazioni"). Un fatto e' certo: mando' due segnali di pacificazione a Craxi, convincendo il dottor Ghitti a scarcerare Dini e Zaffra senza che vi fossero intervenuti fatti nuovi. Del che, ovviamente, era al corrente il capo della procura. Cosi' come era nota al capo della procura la circostanza che l'interrogante fu costretto a rinunziare alla difesa di Loris Zaffra, che frattanto era stato riarrestato e la cui liberazione era stata subordinata alla mia rinunzia alla difesa; con nota in data 13 ottobre 1994, l'onorevole Alfredo Biondi, Ministro di grazia e giustizia pro tempore, richiamati alcuni episodi che avevano costituito oggetto di vari esposti ed interrogazioni parlamentari, di note del procuratore generale presso la corte di appello di Milano, di una delibera del consiglio dell'ordine degli avvocati della stessa sede, di segnalazione del direttore generale dell'organizzazione giudiziaria, ed affermato che gli indicati episodi, ove confermati, suscitavano non poche perplessita' sul rigoroso rispetto della legge da parte di alcuni magistrati della procura di Milano, autori tra l'altro di frequenti esternazioni che sembravano in contrasto con il dovere di riservatezza (sicche' si rendeva necessario, proprio al fine di ulteriormente valorizzare "gli enormi meriti acquisiti dalla magistratura inquirente milanese, fugando dubbi e perplessita' che sarebbero potuti derivare dai prospettati episodi di non corretta applicazione della legge", disporre approfonditi accertamenti al riguardo), conferiva agli ispettori ministeriali, l'incarico di: "procedere ad una accurata inchiesta, individuando eventuali comportamenti dei magistrati milanesi rilevanti sul piano disciplinare e/o su quello della incompatibilita' ambientale". I fatti oggetto dell'indagine si riferivano fra l'altro a: perquisizioni avvenute nei confronti della societa' Pubblitalia; vicenda Darida; intervista rilasciata dal dottor Borrelli il 5 ottobre 1994, al Corriere della Sera; un esposto anonimo concernente pretesi rapporti di amicizia tra l'avvocato Lucibello ed il dottor Antonio Di Pietro; la vicenda relativa al dottor Molino, particolarmente inquietante e gia' oggetto di interpretazioni malevole nell'ambiente giudiziario. Trattasi di questo; il dottor Fabio De Pasquale, nell'ambito dell'inchiesta Eni-Sai, richiedeva l'emissione di ordinanza di custodia cautelare nei confronti del dottor Molino. Sennonche' quest'ultimo, gia' latitante in America, preferi' (chissa' perche') costituirsi nelle mani del dottor Di Pietro (e cio' all'insaputa del dottor De Pasquale, ma con il consenso del procuratore capo). La circostanza fu, ovviamente, messa in relazione ad alcune intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti del dottor Molino nelle quali si faceva riferimento a tale " Antonio"; all'esecuzione di detta ispezione, il primo magistrato sentito in ordine a fatti oggetto della nota di incarico, e di cui innanzi, il procuratore aggiunto dottor Gerardo D'Ambrosio, prima di rendere le sue dichiarazioni, esibiva copia di una nota in data 21 novembre 1994, inviata al Capo dello Stato, quale Presidente del Csm, a firma del dottor Borrelli nella sua veste di titolare dell'Ufficio di Procura (cfr. Vol. I, pagine 645-648). Nella nota venivano posti alcuni quesiti in relazione a quali garanzie abbia il magistrato nel corso dell'attivita' di indagine degli ispettori e quale sia il limite delle notizie che il magistrato puo' fornire agli ispettori in ordine alle modalita', ai contenuti ed alle finalita' di investigazioni, sviluppate in procedimenti penali ancora in corso; se abbiano gli ispettori il potere di esorbitare dai temi oggetto dell'incarico loro conferito dal Ministro; se gli ispettori abbiano il potere di escutere ufficiali di polizia giudiziaria su fatti oggetto di investigazioni loro commesse da magistrati inquirenti e di acquisire da costoro documenti attinenti a tali investigazioni e coperti da segreto d'ufficio. Si chiedeva, infine, di conoscere se, in presenza di "anomalie penalmente rilevanti" nella conduzione dell'inchiesta amministrativa, i magistrati del pubblico ministero assoggettati alla medesima, e pertanto in virtuale conflitto di interessi, abbiano l'obbligo ovvero la facolta' di promuovere l'iscrizione delle notizie di reato nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p. gli ispettori, secondo cui si poteva forse cogliere, obiettivamente, un contenuto velatamente intimidatorio in quest'ultima frase, pur se formulata in via ipotetica e come ulteriore quesito da porre all'attenzione del Csm cosi' concludevano: "La conclusione cui si e' pervenuti della regolarita' delle vicende processuali oggetto della nota di incarico e delle successive che ne hanno allargato l'ambito non esclude che in qualche caso (non rientrante fra quelli esaminati) possano esservi stati, come denunciato dal Presidente dell'Unione delle Camere Penali, professor avvocato Gaetano Pecorella, eccessi e forzature, soprattutto con riferimento all'uso della carcerazione preventiva, che sarebbe stata utilizzata al di fuori dei rigorosi limiti previsti dal Codice di rito, come mezzo per ottenere confessioni ed, a volte, anche elementi di accusa nei confronti di terzi, in modo da acquisire spunti per nuovi filoni di indagine. Cosi' come non si esclude che in alcune vicende, che hanno avuto tragici risvolti, sia mancata quell'umana "pietas", che non puo' e non deve essere mai disgiunta dalla giustizia, perche' questa non sia svuotata del suo significato piu' vero; sia, soprattutto, venuta meno la considerazione della particolare personalita' degli imputati, la cui soglia di sopportazione, proprio per la loro storia personale, non poteva essere misurata con i normali criteri di valutazione. Sicche' potrebbe anche essere mancato, a volte, quel massimo grado di prudenza e di misura che deve, in ogni caso, sempre richiedersi quando si esercita il potere di incidere sulla liberta' altrui. Sarebbe stato forse anche necessario un maggior distacco dalla notorieta', che e' anch'esso una condizione necessaria per una vera giustizia. Ma questi rilievi negativi, solo ipotizzati o anche effettivi, non possono incidere piu' di tanto sugli enormi meriti di un inchiesta, che rimarra' una pietra miliare nella storia giudiziaria del nostro Paese, essendo servita a recuperare legalita' e trasparenza nelle Istituzioni e nella politica. Meriti che i presenti accertamenti, fugando ombre e dubbi, prospettati in ordine a determinate vicende, di cui alcune avevano colpito l'opinione pubblica, ed evidenziando la sostanziale correttezza dei magistrati del "Pool Mani Pulite" - con l'esclusione di qualsiasi anomalia o, comunque, di aspetti suscettibili di rilievo disciplinare -, hanno finito con il rimarcare ulteriormente"; nella primavera del 1995 i mezzi d'informazione diedero, con grande risalto, notizia prima di alcuni attentati subiti dal dottor Di Pietro e poi di un attentato subito dal dottor D'Ambrosio. Quest'ultima notizia fu commentata sul quotidiano la Repubblica dal dottor Di Pietro con una lettera aperta rivolta al dottor D'Ambrosio e fu, altresi', oggetto di un'intervista rilasciata dal dottor Spataro il quale, nell'esprimere la propria solidarieta' al dottor D'Ambrosio, si dichiarava molto preoccupato giacche' detto attentato dimostrava che "forze occulte" intendevano bloccare "mani pulite". Va segnalato che la parte di opinione pubblica piu' avvertita, cioe' quella che non si limitava ad accettare acriticamente quanto diffuso da una certa informazione "militante", non pote' che rimanere perplessa circa la serieta' di quegli attentati e del loro significato; nell'agosto 1995, il Ministro di grazia e giustizia pro-tempore Filippo Mancuso disponeva una nuova ispezione per accertare, fra l'altro, la veridicita' e la rilevanza disciplinare di fatti segnalati dall'interrogante e relativi ad accanimenti giudiziari effettuati dal pool di Milano nei confronti dei signori Loris Zaffra e Giovanni Manzi molto vicini all'onorevole Craxi e difesi dell'interrogante. Anche questa ispezione provoco' una forte reazione da parte del pool di Milano, che ricorse addirittura al Tar Lombardia per bloccarla. E come per la prima ispezione, anche per questa ci fu opera di dissuasione nei confronti degli ispettori tanto che una di questi, dottoressa Diana Laudati, preferi' rinunziare all'incarico. Anche questa ispezione pur di fronte a delle prove documentali, testimoniali e logiche inoppugnabili ha concluso per la legittimita' dell'operato dei Magistrati del pool.; in una intervista al Tempo di Roma, confermata e spiegata su altri quotidiani, il professor De Rita, Presidente del Cnel, ha dichiarato: "Da Tangentopoli e dalla vicenda mafiosa stiamo uscendo con un apparato di potere costituito dall'intreccio tra pubblici ministeri, polizia giudiziaria e forse servizi segreti, incontrollabile e incontrollato che ci deve preoccupare". Ancora: "e' nato nel corpo dello Stato, un potere enorme che ne' il presidente della Repubblica ne' il capo del Governo possono controllare" Ed infine; "provate a dire di no all'uso esagerato della detenzione preventiva o della custodia cautelare e si vedra' entrare in funzione un meccanismo. Hai subito la dichiarazione di Borrelli, l'articolo di D'Ambrosio, l'intervista di Caselli; se dici di no all'uso spregiudicato dei pentiti, hai Siclari o Cordova che dicono: Allora noi non facciamo piu' la lotta alla mafia. Cosi' chiunque solleva un problema per difendere lo stato di diritto e' automaticamente o amico dei tangentisti o complice dei mafiosi". Come era da prevedersi, a tale intervista e' seguito un acceso dibattito: ed i consensi sono stati piu' numerosi e qualificati dei dissensi. E cio' attesa l'autorevolezza del personaggio; a seguito della pubblicazioni delle intercettazioni effettuate nel processo pendente a carico di Pacini Battaglia, Necci ed altri, presso la procura della Repubblica di La Spezia, si e' aperta una discussione circa l'interpretazione di una frase pronunciata da Pacini Battaglia ad un suo interlocutore: "per uscire da Tangentopoli si e' dovuto pagare". Il primo a reagire (senza, peraltro, essere stato chiamato in causa) e' stato il Procuratore della Repubblica, dottor Borrelli che ha "ammonito" Pacini Battaglia circa le gravissime responsabilita' cui sarebbe andato incontro se avesse inteso dare a quelle parole il significato "di aver dato soldi" per uscire da Tangentopoli. Il professor Pecorella, Presidente dell'unione delle camere penali, ha invitato i procuratori della Repubblica di Milano e di Roma ad autorizzare l'indagine sui loro conti bancari. Il pool di Milano, per tutta risposta, ha proposto querela contro il professor Pecorella, al quale hanno dimostrato solidarieta' gli avvocati penalisti di tutta Italia e, per quello che interessa l'interrogante la Camera penale di Milano -: se alla luce di tanti fatti nuovi il Ministro di grazia e giustizia: a) non ritenga di riaprire le due inchieste conclusesi con l'archiviazione, onde accertare, oltre la responsabilita' dei singoli magistrati, anche la responsabilita' del capo dell'ufficio, che, sempre edotto dell'operato dei suoi sostituti e nonostante vi fossero stati molti segnali che avrebbero dovuto allertarlo, non e' stato capace di impedire quanto oggi sta allarmando l'opinione pubblica; b) se ritenga conforme a legge e comunque corretto il comportamento di magistrati che si rifiutano di sottostare alla legge (ostacolando in ogni modo le ispezioni ministeriali previste da una norma costituzionale) e se non ritenga che le conclusioni di quelle inchieste non siano state condizionate dall'atteggiamento intimidatorio tenuto dai magistrati di Milano nei confronti degli ispettori; se ritenga corretto il comportamento del procuratore della Repubblica di Milano, che ha anticipato in un'intervista l'apertura di indagini a carico dell'onorevole Berlusconi ed ha notificato (senza che ci fosse particolare motivo di urgenza) un invito a comparire mentre lo stesso presiedeva a Napoli il convegno sulla criminalita'; se, attesa questa congerie di comportamenti e comunque il clima di tensione creato con l'avvocatura milanese a seguito della polemica giudiziaria con il professor Pecorella, non ritenga di avviare la procedura per il trasferimento per incompatibilita' ambientale del procuratore della Repubblica e degli altri magistrati del pool si fa presente che medesima procedura fu avviata per il Presidente Pajardi di Milano ed il procuratore Coiro ed il sostituto dottor Misiani di Roma per fatti di ben minore gravita'; se risulti al Governo quali indagini furono eseguite sugli attentati contro il dottor Di Pietro ed il dottor D'Ambrosio e a quali conclusioni siano giunte. (4-04073)
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