INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02919 presentata da ORLANDO LEOLUCA (ITALIA DEI VALORI) in data 20090505

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_02919_16 an entity of type: aic

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-02919 presentata da LEOLUCA ORLANDO martedi' 5 maggio 2009, seduta n.171 LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: recentemente si e' appreso dalla stampa che l'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque (ARRA) avrebbe predisposto dei nuovi bandi di gara al dichiarato fine di ottemperare alla Sentenza della Corte di Giustizia UE del 18 Luglio 2007; secondo tali fonti, la stessa Arra avrebbe altresi' predisposto con le imprese con cui erano state stipulate le convenzioni cassate come illegittime dalla Corte di Giustizia UE, non meglio specificati accordi di natura economica; in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa «...l'accordo definisce le condizioni e i termini principali che, da un lato consentono all'Arra di bandire la nuova gara di appalto senza pregiudizio per le attivita' compiute e le opere realizzate in esecuzione della convenzione e dell'altro lato assicurano alle societa' progetto e ai propri soci il pagamento di un importo corrispondente ai costi sostenuti e ad un eventuale corrispettivo, cosi' come accertati da un advisor nominato congiuntamente dalla Regione siciliana, dalle societa' progetto e dai singoli soci. Pertanto, se ad aggiudicarsi la nuova gara di appalto saranno aziende diverse, Gruppo Falck e Waste Italia saranno rimborsate fino all'ultimo centesimo...»; tale procedura sembrerebbe illegittima per violazione dell'obbligo di astensione, infatti con ordinanza 5 agosto 2002, n. 670, l'allora Presidente della Regione Siciliana, agendo nella sua qualita' di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia e in base all'articolo 4 dell'ordinanza n. 2983/99, approvava un documento intitolato «Avviso pubblico per la stipula di convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nella Regione Siciliana»; il 2 maggio 2003 con l'ordinanza n. 333, il suddetto Commissario ha stabilito l'organizzazione e l'impiantistica della gestione dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, riportando nell'ordinanza le proposte delle aziende, senza esercitare il potere di programmazione e di gestione proprio dell'Amministrazione regionale; il 17 giugno 2003, in esito allo svolgimento della suddetta procedura, il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti stipulava quattro convenzioni, rispettivamente con la Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., la Palermo Energia Ambiente S.c.p.a., la Sicil Power SpA e la Platani Energia Ambiente S.c.p.a.; la Corte di Giustizia della Unione Europea pero', con la Sentenza del 18 Luglio 2007, statuiva che «...poiche' le convenzioni controverse danno luogo ad appalti pubblici di servizi ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 92/50, la loro aggiudicazione poteva intervenire soltanto in osservanza delle disposizioni della predetta direttiva; in forza di queste ultime l'amministrazione aggiudicatrice interessata era tenuta a pubblicare un avviso di bando di gara d'appalto conforme al modello previsto dall'allegato III della suddetta direttiva; conseguentemente, poiche' «...l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei comuni della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, e, in particolare, senza la pubblicazione dell'apposito bando di gara d'appalto nella Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea, si puo' concludere che la Repubblica italiana e' venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi articoli 11, 15 e 17...»; la Corte di Giustizia dell'Unione Europea cioe', con la Sentenza del 18 Luglio 2007 ha condannato lo Stato Italiano, per non aver applicato alla procedura di aggiudicazione delle quattro convenzioni la normativa comunitaria che disciplina l'aggiudicazione degli appalti di servizi; la condanna, piu' precisamente, e' stata pronunziata in quanto «...l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura... senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE...»; la Corte di Giustizia ha in primo luogo ben individuato quale soggetto ha posto in essere gli atti e le condotte censurate e cioe' l'Ufficio del Commissario per l'emergenza rifiuti; di conseguenza, tutti i danni eventualmente nascenti dalle violazioni delle disposizioni comunitarie, sono certamente da imputare a chi in nome per conto di tale ufficio ha operato; quindi gli stessi soggetti che hanno gia' operato nella veste di Ufficio del Commissario per l'emergenza rifiuti, dopo aver posto in essere gli atti dichiarati illegittimi dalla Corte UE, predispongono adesso sia non meglio specificati accordi di natura economica con le imprese coinvolte negli atti medesimi, che i nuovi bandi con cui si pretenderebbe di ottemperare alla decisione della Corte di Giustizia UE; sembra pertanto evidente all'interrogante che tali funzionari versano in un gravissimo stato di conflitto di interessi; per come sono stati esposti e sintetizzati sulla stampa, sia gli accordi (che non si conoscono) con le imprese che avevano stipulato le convenzioni, che i nuovi bandi, non sembrano posti in essere nell'interesse dell'Amministrazione, ma al contrario sembrano tutelare l'interesse delle imprese coinvolte, non solo ad essere poste al riparo da ogni possibile danno, ma finanche a perseguire un indebito profitto dalla rimozione di un atto illegittimo (secondo la stampa infatti tali accordi «assicurano alle societa' progetto e ai propri soci il pagamento di un importo corrispondente ai costi sostenuti e ad un eventuale corrispettivo»); se cio' corrispondesse al vero costituirebbe una gravissima distorsione e subordinazione degli interessi pubblici a quelli privati delle imprese che si erano aggiudicate una procedura dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia, e questo dovrebbe condurre alla illegittimita' dei nuovi bandi di gara; l'apposizione al nuovo bando di gara di clausole eccessivamente onerose, per di piu' per finalita' del tutto diverse da quelle attinenti lo svolgimento del servizio, nella misura in cui determinera' la mancata partecipazione di imprese diverse da quelle originariamente aggiudicatarie o, cosa ancor piu' grave, l'inutile esperimento di una gara deserta, determinerebbe l'illegittimita' della procedura ed il suo annullamento in sede giurisdizionale; le notizie apparse sulla stampa in ordine all'ammontare di tali danni fanno riferimento a cifre del tutto spropositate e fuori luogo, ove si consideri che le attivita' concretamente svolte dalle ditte firmatarie delle convenzioni sono state del tutto limitate; in particolare, per quanto concerne il sito di Augusta, da quel che e' dato sapere, nessuna attivita' risulta svolta nell'area in questione la quale non risulta nemmeno sia mai stata nella materiale disponibilita' della ditta che aveva stipulato la convenzione; per quanto attiene al sito di Paterno', ubicato su un terreno di scarsissimo valore commerciale (trattasi di calanchi argillosi) peraltro ricadente all'interno di un Sito di Interesse Comunitario (SIC), risulta soltanto realizzata una recinzione e alcuni lavori di movimento terra legati in parte alla attivita' di cava preesistente ed in parte alla bonifica derivante dall'interramento di rifiuti tossici che ha determinato il sequestro dell'area in oggetto da parte della magistratura penale; per quanto attiene al sito di Bellolampo risulterebbe eseguita solo la recinzione e qualche minimo lavoro di movimento terra peraltro ricollegato alla preesistente discarica; per il sito di Campofranco infine, sembra sia stata realizzata solo la recinzione e poco altro, il tutto peraltro presso l'alveo del fiume Platani; tutte le suindicate attivita' sembrano essere state realizzate dalle ditte che avevano stipulato le convenzioni in assenza della prescritta autorizzazione integrata ambientale (AIA), che ancora ad oggi non risulta rilasciata; le convenzioni oggetto della (illegittima) gara del 2002 sono state predisposte nella vigenza delle precedenti normative ambientali nazionali e comunitarie ed in un contesto totalmente diverso da quello odierno; tali normative sono state superate da nuove disposizioni sia nazionali che comunitarie, le quali hanno stabilito nuovi criteri e nuove priorita'; la Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per esempio ha stabilito testualmente che «...l'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente; la politica in materia di rifiuti dovrebbe altresi' puntare a ridurre l'uso di risorse e promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti...»; sembra evidente che il sistema approvato a seguito del bando del 2002 prevede un completo capovolgimento della gerarchia di gestione dei rifiuti, per come specificata nella suindicata direttiva; in buona sostanza, il sistema da cui sono scaturite le quattro convenzioni per la realizzazione dei termovalorizzatori e' un sistema che ha posto al vertice della gerarchia di gestione dei rifiuti l'incenerimento con recupero energetico a scapito di tutte le altre forme di gestione dei rifiuti; cio' risulta evidente dal semplice esame del dimensionamento degli impianti che avrebbero dovuto essere realizzati sulla base delle convenzioni risolte ed invece sono certamente sovradimensionati essendo stati approvati per il trattamento di una quantita' di rifiuti che sembrerebbe pari o addirittura superiore ai rifiuti solidi urbani prodotti in Sicilia; secondo invece il principio della gerarchia dei rifiuti, devono essere preventivamente e prioritariamente realizzate le forme di riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero di materia; in una relazione della Corte dei Conti Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato - Programma delle attivita' di controllo sulla gestione per l'anno 2005 (deliberazione n. 1/2005/G dell'aprile del 2007) si enuncia, in proposito: «... il ricorso agli inceneritori rischia di ingessare il contesto attuale della produzione dei rifiuti, impedendo il cambiamento sia del modo di consumare le merci da parte dei cittadini che di quello di cambiamento pure cosi' voluto e auspicato dal legislatore. Gli inceneritori possono, infatti, in antitesi allo sforzo di riduzione all'origine delle quantita' dei rifiuti e di riciclaggio, far crescere, al contrario, la percentuale di incenerimento a scapito della raccolta differenziata, con il pericolo di vederla ridotta addirittura al disotto degli obiettivi minimi di legge. È del tutto evidente, infatti, che una capacita' di inceneritori eccessiva puo' divenire una barriera nei confronti degli sforzi di riduzione e riciclaggio, stimolando anzi, addirittura, e paradossalmente, la maggior produzione di rifiuti. È per questi fattori - ambientali ed economici - che la legislazione incoraggia il piu' possibile il riutilizzo dei materiali...»; le direttive comunitarie quindi, ostano ormai alla realizzazione di impianti di incenerimento delle dimensioni di quelli previsti dalla procedura del 2002 che pertanto non puo' essere legittimamente riproposta; le convenzioni stipulate in esito alla illegittima gara del 2002, prevedevano un inammissibile regime di monopolio, essendosi impegnata l'Amministrazione Regionale a non autorizzare attivita' in concorrenza con i sistemi di termovalorizzazione, impedendo cosi' di fatto qualunque forma di recupero di materia; tale compressione della liberta' di impresa era ancor piu' grave ove si consideri che l'impegno contrattualmente assunto dalla Regione di non autorizzare attivita' concorrenziali aveva la durata di 20 anni; anche sotto questo profilo, quindi, risulta inopportuno ed illegittimo riproporre acriticamente l'assetto giuridico nascente dalla procedura del 2002; in ordine alla idoneita' dei siti degli impianti, va considerato quanto statuito nella Ordinanza di Prot. Civile n. 3190/2002 con cui e' stato autorizzato l'allora Commissariato ad indire l'avviso pubblico per la stipula di convenzioni con i privati; l'articolo 5 di tale ordinanza prevedeva che gli impianti di termovalorizzazione avrebbero dovuto «realizzarsi in siti idonei», ovvero «in ... impianti industriali, e di cui (i privati) abbiano la disponibilita' gestionale, esistenti nel territorio della regione, ivi compresi quelli per la produzione di energia elettrica in sostituzione totale o parziale di combustibili ora impiegati»; non e' dato pero' sapere in che modo e' stata valutata l'idoneita' dei siti degli inceneritori siciliani indicati nella gara del 2002; il procedimento iniziato con l'avviso pubblico del 9 agosto 2002 ha palesemente violato la stessa ord. della Prot. civ. 3190/2002 e quindi il mandato che il Commissario regionale aveva ricevuto dallo Stato, in quanto la norma citata non consentiva al Commissario delegato di delegare a sua volta ai privati la individuazione dei «siti idonei»; risulterebbe altresi' che in questo momento e' in fase di avanzata discussione un nuovo Piano Regionale dei rifiuti e sarebbe oltremodo paradossale ed assurdo approvare nuovamente un Piano Regionale dei Rifiuti, solo dopo aver appaltato il servizio di incenerimento; le imprese aggiudicatarie, le quali avevano l'obbligo di dichiarare in sede di gara di avere la disponibilita' giuridica delle aree interessate dai relativi progetti, non risulterebbe che abbiano ottemperato a tale obbligo e quindi avrebbero dovuto essere immediatamente escluse dalla gara; in ordine ai vizi relativi alla localizzazione dei singoli impianti risulterebbe quanto segue: sul sito di Paterno' il termovalorizzatore dovrebbe essere realizzato a pochi chilometri dai centri abitati di Paterno' e di S.M. di Licodia, fra aranceti e uliveti, in un'area inserita per l'alto valore ambientale fra i Siti di Interesse Comunitario (cosiddette zone SIC), nell'alveo di uno dei principali affluenti del fiume Simeto e cioe' il Torrente Cannizzola; questa area si chiama «contrada valanghe» ed e' stata definita, non dagli ambientalisti, ma dall'Ufficio del Genio Civile di Catania come «a rischio idraulico potenziale elevato» in quanto soggetta a periodiche esondazioni; il sito di Augusta individuato dalla Tifeo Energia Ambiente Spa, per la realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione - all'interno dell'area industriale di Augusta-Priolo-Melilli, rientra tra le aree che secondo l'articolo 74 del decreto legislativo 112/98 sono «...caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione...»; per le suddette aree quindi, lo stesso articolo 74, al quarto comma, prevede testualmente che «...le regioni definiscono, per le aree di cui al comma 2, un piano di risanamento teso ad individuare in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le situazioni di rischio e al ripristino ambientale...»; la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, con nota prot. n. 13559 del 24 settembre 2004, ha altresi' negato il nulla osta al progetto per due distinte e trancianti motivazioni: 1) poiche' l'area in cui ricade e' sottoposta a tutela paesaggistica in quanto ricadente nella fascia di 150 mt. dal torrente Cantera; 2) poiche' il sito ricade in area A3 del PRG e cioe' in un'area archeologica vincolata e delimitata, l'area archeologica demaniale di Megara Hyble. Secondo la Soprintendenza quindi, il termovalorizzatore e' incompatibile con entrambi i suddetti vincoli; per quanto riguarda il sito di Casteltermini/Campofranco, si rileva che la localizzazione dell'inceneritore e' stata scelta del tutto autonomamente dalla societa' privata Platani E.A. del Gruppo Falk, in assenza di qualsiasi direttiva pubblica, secondo esigenze puramente aziendali ed imprenditoriali (basso costo delle aree) e senza - per quanto consta all'interrogante - alcuna preventiva valutazione delle problematiche di natura ambientale e sanitaria; nella scelta del sito non si e' tenuto conto, ratione temporis, del Piano di assetto idrogeologico (cosiddetta P.A.I.) approvato con successivo D.P.Reg. Sic. 25 gennaio 2006; in cui si evidenzia che tale sito e' vicinissimo alla linea di esondazione del fiume Platani ed e' soggetto ad inondazione in caso di collasso della diga «Fanaco» a monte dell'inceneritore; il sito poi e' in prossimita' della riserva naturale orientata «Monte Conca», censita, nel decreto ministeriale 3 aprile 2000, come «PSIC» (proposto sito di interesse comunitario) codice 050006, nonche' ad una distanza, dall'argine del fiume Platani, inferiore ai 150 metri prescritti dall'articolo 146, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cod. dei beni culturali e del paesaggio), anche in aree che risultano illegittimamente sdemanializzate solamente nel 2007; inoltre, il sito si trova a circa 1 km dall'abitato di Campofranco, in una profonda valle poco ventilata (a quota 150 metri s.l.m. e circondata da un sistema collinare che si eleva tra i 400 e gli 800 metri s.l.m.), dove e' notorio il fenomeno del ristagno dell'aria che da' luogo, per moltissimi giorni all'anno, a persistenti e fitte nebbie autunnali e primaverili; di contro l'analisi atmosferica e dei venti e' stata fatta nel sito della stazione metrologica di Prizzi, distante oltre 50 km. ad un'altezza di circa 1000 metri s.l.m.; sotto il sito dell'impianto passano una condotta idrica ed un metanodotto, con i possibili immaginabili effetti catastrofici in caso di incidenti tanto al termovalorizzazione quanto agli altri impianti connessi; il sito, inoltre, e' interessato dalla presenza di una falda freatica accertata a m. 3,50 dal piano di campagna che verrebbe gravemente compromessa; riguardo al sito di Bellolampo si osserva che gli impianti insistono sul sito SIC «Raffo Rosso, Monte Cuccio e Vallone Sagana», quindi sito di importanza comunitaria, gia' dalla data della sua individuazione e soggetto a tutela e a particolari procedure per eventuali opere/piani previsti al suo interno; alcuni di questi siti sono anche Riserve Naturali Orientate/integrali, istituite dalla Regione Sicilia (l.r. 98/81; l.r. 14/88 e singoli decreti istitutivi) e vi e' anche una Riserva Marina (Capo Gallo); la Direttiva 92/43/CEE esprime con chiarezza e senza alcuna fumosita' che, in caso vi sia il dubbio che l'opera/piano possa avere incidenza negativa (quindi non la certezza ma la possibilita'), va applicato il principio di precauzione, ovvero l'opera non si realizza; gli studi presentati non hanno consentito alla Commissione VIA la completa conoscenza dell'impatto ambientale di tali opere, stante anche la natura stessa dell'incarico ricevuto e quindi si potrebbe dedurre che gli studi di impatto ambientale e le valutazioni d'incidenza non hanno rispettato la normativa nazionale e comunitaria -: se il Governo non reputi necessario intervenire in riferimento alla vicenda esposta in premessa del pieno rispetto delle normative comunitarie e nazionali, anche per evitare la reiterazioni di atti eventualmente illegittimi, nonche' posti in essere in violazione ed elusione della Sentenza della Corte di Giustizia del 18 Luglio 2007 e se sia noto in base a quali presunti accordi con gli organi giurisdizionali europei sarebbe stata bandita la nuova gara per l'affidamento del servizio di incenerimento dei rifiuti; se risulti chi risponderebbe dei danni derivanti dalle sanzioni che sarebbero comminate ove fosse riscontrata un'elusione della sentenza della Corte di Giustizia del 2007, posto che la procedura di realizzazione degli inceneritori non riparte da zero, ma esattamente da dove essa si trovava al momento della sentenza della corte; se risultino avviate indagini con riferimento ai numerosissimi esposti presentati alle procure competenti.(4-02919)
xsd:string INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02919 presentata da ORLANDO LEOLUCA (ITALIA DEI VALORI) in data 20090505 
xsd:integer
20090505- 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02919 presentata da ORLANDO LEOLUCA (ITALIA DEI VALORI) in data 20090505 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
xsd:dateTime 2014-05-15T00:05:54Z 
4/02919 
ORLANDO LEOLUCA (ITALIA DEI VALORI) 

data from the linked data cloud

DATA