INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02607 presentata da DORIGO MARTINO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - PROGRESSISTI) in data 19940727

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Ai Ministri di grazia e giustizia e dell'interno. - Per sapere - premesso che: come riportato dalla stampa nei giorni scorsi su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Catania, il GIP Antonino Ferrara ha emesso 45 ordini di custodia cautelare contro appartenenti al clan mafioso del boss Benedetto "Nitto" Santapaola; nell'ambito di tale operazione anticrimine, denominata "sagittario", e' stato arrestato a Catania per concorso in associazione mafiosa il Cavaliere del Lavoro Gaetano Graci; il Cav. Graci era gia' stato a suo tempo indagato nell'ambito dell'inchiesta sul viaggio segreto di Michele Sindona in Sicilia, poi in quella sulla Loggia P2, e successivamente era stato accusato dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa di complicita' mafiosa nella spartizione degli appalti a Palermo, ed era stato arrestato nel 1985 con l'accusa di evasione fiscale in combutta con aziende controllate dalla mafia; nell'ordinanza di custodia cautelare dell'operazione "sagittario", consistente in ben 600 pagine, si parla anche dell'omicidio del giornalista Pippo Fava, avvenuto il 5 gennaio 1984, che secondo le testimonianze rese da alcuni pentiti, avrebbe tra i suoi responsabili proprio il Cav. Gaetano Graci; il 10 ottobre 1989, il colonnello Luigi De Santis, comandante del nucleo Carabinieri della sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Venezia presento' un rapporto al Sostituto Procuratore Antimafia Antonio Fojadelli, nel quale chiedeva l'incriminazione e l'arresto di Graci e dei suoi collaboratori per associazione mafiosa, richiedendo il sequestro dei bilanci delle sue societa', perquisizioni ed interrogatori verso la lista di 60 personaggi che compaiono nei resoconti delle intercettazioni telefoniche effettuate sui colloqui di affari del Cav. Graci con politici ed amministratori di mezza Italia; nelle 137 pagine del dossier Graci, ampiamente illustrato dalla stampa, compaiono molti nomi illustri, dall'ex Ministro della Difesa Salvo Ando', all'ex Ministro Nicola Capria, dal costruttore Salvatore Ligresti all'ex presidente della regione Sicilia Rino Nicolosi; nella relazione del rapporto, il nucleo carabinieri di PG segnalava il fatto che il Cav. Graci risultava affiliato alla cosca mafiosa Siciliana di "Nitto" Santapaola; nonostante l'evidente consistenza indiziaria del "dossier Graci" tale rapporto, spedito per competenza alle molte Procure interessate e' stato assolutamente sottovalutato dalla Procura Antimafia di Venezia, che si e' limitata ad inquisire il locale Vice Intendente di Finanza, senza disporre nessun significativo atto di PG verso la fitta rete di intrecci politico-mafiosi evidenziati nel mondo degli appalti del Veneto dal dossier Graci; il titolare dell'inchiesta, dottor Antonio Fojadelli, gia l'11 luglio 1991, richiedeva al GIP l'archiviazione del "dossier Graci" per il procedimento rientrante nella competenza del Tribunale di Venezia, vedendo respinte le sue richieste e disposte ulteriori indagini; dopo aver reiterato una seconda volta la richiesta di archiviazione, ancora respinta dal GIP, il giudice Fojadelli veniva invitato a formulare i capi di imputazione per i reati di corruzione (321-319 codice penale); nonostante cio', il giudice Fojadelli aveva dichiarato di volersi astenere, ma l'istanza e' stata respinta dal Procuratore della Repubblica il 12 maggio 1993; nel novembre 1993 il Cav. Graci e' stato assolto dal Tribunale di Venezia dalle imputazioni sopra citate, ed e' lecito ritenere che tale epilogo sia stato quanto meno agevolato da un procedimento di accusa svolto con esplicita riserva da parte del giudice Fojadelli, che in requisitoria, come pubblico ministero, aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato; quando alla fine del 1991, due anni dopo dalla sua presentazione, il "dossier Graci", comparendo nei quotidiani di Catania, venne ripreso e divulgato dalla stampa nazionale, si produsse un grande clamore per i suoi contenuti e per il fatto che era rimasto quasi completamente insabbiato negli uffici giudiziari competenti; a seguito di quanto sopra, venne accusato della divulgazione illecita del "dossier Graci" l'appuntato dei Carabinieri Massimo Carraro, membro del nucleo PG della Procura della Repubblica di Venezia, che dopo tale contestazione fu trasferito d'autorita' dal Procuratore Capo della Repubblica Vitaliano Fortunati; l'appuntato Massimo Carraro era stato il relatore nonche' uno degli artefici dell'intensa attivita' istruttoria nelle indagini sul Cav. Graci, e successivamente era stato protagonista riconosciuto delle indagini sulla Tangentopoli veneta, guidate dal giudice Ivano Nelson Salvarani; nella stessa risposta del Ministro di grazia e giustizia all'interrogazione n. 4-10777 del 16 febbraio 1993, si ammette che la commissione di inchiesta presieduta dal Presidente Gasparri, istruita dal Ministero dell'interno, aveva escluso nel suo rapporto responsabilita' del Carabiniere Carraro, e si informa che invece il 15 dicembre 1992 era stato il giudice Antonio Fojadelli a presentare richiesta di provvedimenti disciplinari contro il Carabiniere, ottenendone il 17 dicembre 1992 il trasferimento ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 271/89 dal Procuratore Fortunati; da quanto riportato all'epoca dalla stampa locale, emerge che altri Sostituti Procuratori, tra cui il Sostituto Procuratore Aggiunto, avevano ritenuto infondate le accuse a Carraro e non ne avevano condiviso il trasferimento; nei mesi scorsi l'appuntato Carraro e' stato assolto dalla Commissione di disciplina istituita dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Venezia, ai sensi dell'articolo 17 Disp. Att. C.P.P., dalle accuse a lui rivolte; analogamente, nei mesi scorsi sono stati archiviati i procedimenti penali per abuso di ufficio e violazione del segreto istruttorio, aperti dalla Procura di Venezia, contestualmente al procedimento disciplinare, contro l'appuntato Massimo Carraro; i recenti sviluppi giudiziari contro Gaetano Graci, riportano alla luce l'importanza dell'azione investigativa del nucleo dei CC di PG di Venezia, vanificata e disattesa dall'inerzia della Procura distrettuale Antimafia di Venezia; con interrogazione n. 4-20797 del 10 dicembre 1993, l'interrogante, assieme ad altri deputati, segnalava ulteriori inquietanti episodi circa la passivita' inquirente della PDA di Venezia, citando il caso di un rapporto DIGOS del settembre 1992, che denunciava allarmanti vicende di infiltrazione mafiosa nel Veneto, e segnalava con notevole anticipo rispetto ai procedimenti penali successivamente aperti a loro carico, elementi indiziari di complicita' mafiosa contro mons. Cassisa, arcivescovo di Monreale, e verso l'appartenenza di questi e del dottor Bruno Contrada all'Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme a Palermo, e che nonostante cio', tale rapporto DIGOS era giacente nei cassetti della Procura di Venezia da quasi due anni; il rapporto trasmesso dalla DIGOS alla PDA di Venezia, non era stato nemmeno doverosamente trasmesso per competenza alla PDA di Palermo ed alla Procura Nazionale Antimafia infatti come si legge nella risposta del Ministro di grazia e giustizia del 14 febbraio 1994 all'interrogazione 4-20797 del 10 dicembre 1993 sopra citata, il dottor Fojadelli, cui vennero assegnate le indagini, "ha anche riferito di avere avuto in proposito contatti con i colleghi palermitani, in particolare con il Procuratore Aggiunto Pignatone, al fine di un eventuale coordinamento, e di avere appreso, nell'occasione, che la DDA locale stava gia' procedendo in modo autonomo ed era perfettamente al corrente di tutta la situazione illustrata nella relazione della DIGOS di Venezia"; tali affermazioni del dottor Fojadelli sopra citate, confermano quelle riportate, e mai smentite, dall'agenzia ANSA di Venezia del 10 dicembre 1993, ore 20,47, con le quali il giudice, commentando l'interrogazione presentata quel giorno e subito resa nota dalla stampa, ha dichiarato "di aver parlato della vicenda (cioe' del rapporto DIGOS) col Procuratore Nazionale Antimafia Bruno Siclari e con il Procuratore Aggiunto di Palermo Pignatone"; le dichiarazioni sopra citate del giudice Fojadelli confermano percio', al di la' delle buone intenzioni dichiarate, il fatto evidente che la PDA di Venezia non avrebbe compiuto alcuna trasmissione formale del rapporto DIGOS del settembre 1992 ne' alla PDA di Palermo ne' alla Procura Naz. Antimafia, proprio perche', secondo quanto pare evidente all'interrogante cerca di coprire l'omissione con l'argomentazione inconsistente e risibile di "averne parlato", con gli appartenenti agli uffici che avrebbero dovuto essere invece destinatari istituzionali, per le materie di loro competenza, di tale rapporto; la valutazione sull'utilita' istruttoria del rapporto, infatti, non poteva che avvenire attraverso una sua lettura da parte delle autorita' giudiziarie competenti, e percio' solo dopo averlo ricevuto per via istituzionale, e non certamente attraverso colloqui informali, magari telefonici; addirittura, nella notizia ANSA sopra citata, mai smentita dall'interessato, si riferisce che il giudice Fojadelli afferma che "nel rapporto di cui abbiamo avuto conoscenza non si fanno i nomi ne' di Contrada ne' dell'Arcivescovo di Monreale"; tale affermazione e' palesemente smentita dalla stessa risposta del Ministro di G.G. del 14 febbraio 1994, all'interrogazione 4-20797, che minimizza l'importanza dei riferimenti a Contrada e Cassisa contenuti nel rapporto, e cosi' facendo ne riconosce inequivocabilmente l'esistenza; la negazione di tali riferimenti, da parte del giudice Fojadelli, difficilmente puo' essere interpretata come un errore di memoria, e rappresenta comunque, a parere dell'interrogante, una ulteriore conferma della volonta' di sottovalutazione del rapporto DIGOS; tale atteggiamento di sottovalutazione e' aggravato dal fatto che al rapporto DIGOS non e' seguito nessun atto di PG, nessuna perquisizione, nessun fermo, nessun sequestro, nessun arresto, nonostante che la PDA di Venezia abbia difeso la sua attenzione verso tale rapporto descrivendo sia al Ministero di grazia e giustizia, sia alla Commissione Parlamentare Antimafia, che aveva richiesto urgenti chiarimenti, un numeroso elenco di indagini affidate alla Guardia di finanza ed ai Carabinieri; cio' che e' piu' grave, comunque, e' che anche in questa circostanza, come per la vicenda del dossier Graci, a precise e circostanziate critiche di parlamentari della Repubblica nell'esercizio dei loro poteri di controllo, la Procura della Repubblica di Venezia abbia voluto ancora una volta rispondere mettendo in atto non azioni correttive verso le sue gravi carenze, ma azioni repressive verso quegli investigatori che avevano sollecitato, con i loro rapporti, urgenti e rigorosi procedimenti penali; infatti, come riportato dalla stampa locale, alla fine del mese di gennaio 1994, poco dopo l'interrogazione n. 4-20797 citata e l'intervento della stessa Commissione parlamentare Antimafia verso la Procura di Venezia, la Questura della citta' ha aperto un procedimento disciplinare deplorativo contro l'Agente scelto di PS Gianluca Prestigiacomo, in servizio presso la DIGOS di Venezia, accusandolo di aver divulgato il rapporto citato nell'interrogazione stessa, per il solo fatto di esserne stato il firmatario; come gia' affermato nell'interrogazione n. 4-21880 del 2 febbraio 1994, ripresentata il 5 maggio 1994 con n. 4-00438, anche il Consiglio comunale di Venezia, il 31 gennaio 1994, ha espresso con un ordine del giorno votato all'unanimita', il suo dissenso per l'azione disciplinare aperta contro l'Agente Prestigiacomo, esprimendogli la solidarieta' della citta'; nell'interrogazione 4-21880 sopra citata, gli interroganti chiedevano al Ministro dell'interno di intervenire, per far ritirare il procedimento disciplinare contro l'Agente Prestigiacomo; nonostante cio', il 19 maggio 1994 il Questore di Venezia ha inflitto, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 737/81, la sanzione disciplinare della pena pecuniaria di 1/30 dello stipendio all'Agente Prestigiacomo, sulla base di una contestazione degli addebiti da cui risulta che il suddetto agente avrebbe fornito ad un Parlamentare notizie oggetto di due relazioni presentate al suo Dirigente; la contestazione disciplinare del 15 gennaio 1994, notificata all'Agente Prestigiacomo, era stata firmata dal Questore Landolfi, dopo pochi mesi trasferito dalla Questura di Venezia a seguito di procedimento penale aperto nei suoi confronti per peculato dal giudice Felice Casson; dopo le prese di posizione del comune e dei Deputati locali contro il carattere persecutorio del provvedimento disciplinare della Questura di Venezia, tale procedimento era sembrato rimanere sospeso, facendo sperare agli interroganti un positivo riscontro del loro intervento; invece nel mese di maggio, quattro mesi dopo, il nuovo Questore di Venezia, che non aveva vissuto la vicenda, ha ritenuto di dare seguito al procedimento disciplinare, fino alla pena sopracitata, nonostante il parere contrario della commissione consultiva prevista dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 737/81; da quanto risulta all'interrogante, ad auspicare con pressante insistenza presso la Questura di Venezia, prima e dopo l'avvicendamento del Questore, che fosse punito l'Agente Prestigiacomo, sarebbe stata quella parte della Procura della Repubblica di Venezia, che nelle persone dei giudici Vitaliano Fortunati e Antonio Fojadelli, avrebbe ancora una volta confermato la vocazione ritorsiva e persecutoria nei confronti di un investigatore critico verso le inerzie dell'attivita' giudiziaria; nonostante cio', la Procura di Venezia non ha ritenuto di aprire un procedimento penale per violazione del segreto istruttorio, che invece sarebbe stato doveroso nell'ipotesi di una reale sussistenza del fatto contestato a Prestigiacomo, forse per non vedersi smentita da un decreto di archiviazione, come nel caso del Carabiniere Carraro; da quanto risulta all'interrogante, da dirette verifiche da esso compiute, anche all'interno della Questura di Venezia esisterebbero funzionari associati, come gia' il dottor Bruno Contrada e Mons. Cassisa, oggi inquisiti per complicita' mafiosa, e citati nel rapporto dell'agente Prestigiacomo, all'ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e tali funzionari avrebbero potuto contribuire ad influenzare la scelta di aprire il procedimento disciplinare sopra citato; contemporaneamente all'azione disciplinare subita, l'agente Prestigiacomo, anche a seguito del clima repressivo instaurato nei suoi confronti, si e' venuto a trovare in un disagevole stato di isolamento, nell'ambito dell'Amministrazione di Polizia; e' opportuno qui ricordare come Prestigiacomo abbia ricoperto spesso, nel recente passato, incarichi di responsabile provinciale in organizzazioni sindacali di Polizia e sia vice-presidente del "Osservatorio Veneto sull'attivita' mafiosa", fin dalla sua fondazione, avvenuta dopo la morte del giudice Falcone; in virtu' di tali incarichi, l'agente Prestigiacomo ha frequentemente esposto la sua persona in azioni di coraggiosa denuncia contro le infiltrazioni mafiose nel Veneto, partecipando anche ad importanti trasmissioni televisive nazionali; percio', in base a quanto sopra illustrato, si ritiene pericoloso, oltre che ingiustificato, l'isolamento punitivo in cui Prestigiacomo e' stato costretto dalle autorita' superiori, e si denuncia tale fatto come una grave responsabilita' che il Ministro non puo' e non deve assumere o comunque avvallare; l'agente Prestigiacomo ha presentato al Capo della Polizia il 18 giugno 1994, istanza di riesame del provvedimento disciplinare a lui inflitto, ai sensi dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 737/81 -: se il Ministro non intenda disporre, alla luce dei fatti descritti in premessa, il reintegro dell'appuntato CC Massimo Carraro presso il nucleo PG della Proc. della Rep. di Venezia, al fine di una sua meritata e doverosa riabilitazione professionale; se non intenda intervenire, presso l'autorita' competente, per favorire l'accoglimento dell'istanza di ricorso verso il provvedimento disciplinare contro l'agente scelto di PS Gianluca Prestigiacomo, sollecitando il ripristino di un giusto rispetto della sua dignita' personale e professionale, da parte dei superiori; se non intenda disporre un'inchiesta urgente e rigorosa sugli anomali comportamenti dei Magistrati della Proc. della Rep. di Venezia denunciati in premessa, promuovendo azione disciplinare davanti al CSM nei confronti dei giudici Fojadelli e Fortunati. (4-02607)
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