"20081001-" . "SBAI SOUAD (POPOLO DELLA LIBERTA')" . "0"^^ . . "2014-05-14T23:55:03Z"^^ . . . . "4/01198" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01198 presentata da SBAI SOUAD (POPOLO DELLA LIBERTA') in data 20081001"^^ . . . "Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01198 presentata da SOUAD SBAI mercoledi' 1 ottobre 2008, seduta n.058 SBAI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: si legge in comunicati internet e nei siti di rassegne giurisprudenziali che la Corte d'appello di Cagliari ha accolto un ricorso fatto da un cittadino egiziano (con anche cittadinanza italiana) che nel suo Paese aveva ottenuto il divorzio ripudiando la moglie in quanto per i giudici adi'ti, quel divorzio e' reso valido anche in Italia; il ricorrente aveva ripudiato la moglie pronunciando la formula del talaq, ottenendo cosi' il divorzio in Egitto, dove l'ordinamento giuridico e la cultura religiosa, consente questo tipo di separazione; nel nostro Paese, la Corte d'Appello di Cagliari ha riconosciuta valida detta statuizione accogliendo l'istanza e dichiarando efficace e definitiva quella separazione anche per l'ordinamento italiano e trascrivendo l'avvenuto divorzio anche nel registro dello Stato civile del Comune, probabilmente perche' il ricorrente non poteva contrarre nuove nozze in Italia a causa del precedente matrimonio (aveva chiesto al Comune di Cagliari di trascrivere il nuovo matrimonio nei registri dello Stato Civile e quando la risposta e' stata negata, ha sollevato la questione davanti alla Corte d'Appello di Cagliari). Secondo dette notizie, il professionista egiziano si era sposato nel 1993 ed aveva ripudiato la moglie due anni dopo come consentiva la legge locale; l'uomo aveva letto la formula di ripudio della moglie davanti ad un delegato canonico del tribunale civile, avendone riconosciuto il divorzio solo dopo il periodo previsto per un'eventuale conciliazione e le rivendicazioni dei diritti patrimoniali della donna nei confronti del marito; pur con le differenze che contraddistinguono i due ordinamenti giudiziari, quello egiziano e quello italiano, la sentenza ha comunque accolto l'istanza: la Corte ha ritenuto comunque valido lo scioglimento del matrimonio, accertano l'irrimediabile dissoluzione della comunione familiare, decisione che all'interrogante appare incredibile in quanto l'ordinamento vigente non dovrebbe consentire la delibazione di una sentenza straniera contraria ai nostri fondamentali principi giuridici; rifacendosi a norme di diritto internazionale, i Giudici hanno cosi' dichiarato «efficace nell'ordinamento italiano il provvedimento di divorzio, ordinando la trascrizione del provvedimento egiziano nel Registro di Stato civile del Comune di Cagliari»; in molte nazioni di tradizione e giurisprudenza islamica il marito puo' provocare la fine del matrimonio con una semplice dichiarazione di ripudio (talaq), mentre in qualche ordinamento la possibilita' viene concessa anche alla donna. Talvolta non e' necessario che tale dichiarazione sia motivata, ne' che la coniuge ne sia informata: basta comunque che vengano rispettati i tempi di legge per consentire riconciliazione e divisioni patrimoniali; la deliberazione o exequatur e' la procedura giudiziaria che serve a far riconoscere, in un determinato Paese, un provvedimento giudiziario emesso, come noto, dall'Autorita' giudiziaria di un altro Paese; il procedimento si svolge dinanzi alla Corte d'appello territorialmente competente e deve accertare che il procedimento straniero si sia svolto nel rispetto delle regole del contraddittorio, che la sentenza in oggetto sia passata in giudicato, che questa sentenza non sia contraria ad un'altra pronunciata in Italia e che non contenga statuizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento italiano. Si rileva, peraltro, che un caso molto frequente di delibazione si ha in presenza di procedimenti civili per scioglimento di matrimonio, in quanto si deve conferire efficacia alle sentenze ecclesiastiche di nullita', in modo che sia permesso un nuovo matrimonio religioso. Cio' non configura certo la fattispecie da cui il pronunciamento della Corte d'appello di Cagliari; a conferma di quanto sopra si rileva, altresi', che la legge 31 maggio 1985, n. 218, «Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato», ha abrogato le disposizioni civilistiche del titolo VII del codice civile, «dell'efficacia delle sentenze straniere e dell'esecuzione di altri atti delle Autorita' straniere», mantenendo tuttavia inalterati i principi cardine gia' disposti e cioe' disponendo, all'articolo 65 - Riconoscimento di provvedimenti stranieri che: «hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacita' delle persone nonche' all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalita' quando essi sono stati pronunciati dalle autorita' dello Stato la cui legge e' richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorita' di altro Stato, purche' non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa» ed all'articolo 66 - Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontari - che «i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorita' dello Stato la cui legge e' richiamata dalle disposizioni della presente legge o, producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorche' emanati da autorita' di altro Stato, ovvero siano pronunciati da un'autorita' competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano»; orbene, per quanto sopra, occorre valutare le reali motivazioni sottese ad una simile pronuncia giurisprudenziale che introdurrebbe, di fatto, nell'ordinamento italiano effetti contrari ai principi di legge (il ripudio), nonche' scongiurare il ripetersi di simili casi come quello in esame, visto che le probabilita' sono esponenzialmente alte, legate ai flussi migratori in aumento; inoltre, da fonti di stampa si legge che a Genova si sarebbe consumato un caso di violenza familiare (sequestro di persona, lesioni - piu' specificamente segregazione in casa con obbligo di velo e percosse) nel caso di coniugi marocchini, reati denunciati in Italia dalla moglie, ma gia' avvenuti in Marocco dove la poveretta era stata costretta a scappare di casa per evitare il peggio. Le nozze, in conformita' del Corano e della Sunna, furono celebrate e trascritte in Marocco (Guercif) nel 2002, dove e' stato celebrato il procedimento intentato dal marito, nel frattempo trasferitosi a Genova per trovare lavoro e raggiunto dalla moglie nel 2005 (ricongiunzione familiare), concluso dal Tribunale di Guercif nello scorso mese di luglio, che ha ordinato alla donna di ritornare sotto il tetto coniugale e di ricongiungersi al marito, nonche' al pagamento delle spese processuali, documento che parrebbe essere stato inviato al Consolato marocchino di Torino per l'autenticazione, con asseverazione di traduzione giurata; orbene, in questa storia che mescola costumi, pronunciamenti e regolamenti si inserisce il procedimento intentato dalla donna in Italia per le violenze subite e si rilevano le dichiarazioni dell'avvocato del marito che anticipa alla stampa l'intenzione di voler utilizzare la sentenza emessa a Guercif per dimostrare che servono nuovi accertamenti: e' quantomeno improprio quanto riportato dai giornali di questi intendimenti di voler introdurre in Italia - relativamente a dispute su cause di divorzio, violenza intrafamiliare, segregazione e quant'altro - provvedimenti emessi applicando la legge di un altro Paese, in questo caso per interferire sulla vicenda giudiziaria italiana; occorre percio', tutelare le donne e la loro prole incolpevolmente e inconsapevolmente trovatisi soggetti passivi di simili procedimenti in assenza di contraddittorio, in disgregamenti familiari e senza possibilita' di assistenza e difesa nonche' di necessario sostentamento - nel primo caso - e vittime di violenze intollerabili, con mancata chiarezza sull'applicabilita' di sentenze straniere - nel secondo caso sopra citato -: se il Governo sia a conoscenza, nel rispetto delle prerogative spettanti all'autorita' giudiziaria, della citata pronuncia della Corte d'appello di Cagliari e delle motivazioni relative, ovvero anche di altre di simile tenore, poiche' appare non giustificabile come l'ordinamento possa consentire una siffatta delibazione; se non intenda assumere iniziative normative - anche urgenti - per scongiurare il ripetersi dell'introduzione nel nostro ordinamento di effetti contrari ai principi giuridici ed etici nazionali e quindi incompatibili con l'ordine pubblico, che esplicherebbero efficacia contra legem, visto anche l'altro caso di Genova, secondo quanto in premessa detto.(4-01198)" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA" . "INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01198 presentata da SBAI SOUAD (POPOLO DELLA LIBERTA') in data 20081001" .