INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/03064 presentata da VENETO ARMANDO (POPOLARI E DEMOCRATICI - L'ULIVO) in data 19981119

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic3_03064_13 an entity of type: aic

Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: il 3 novembre 1998 i pubblici ministeri di Palermo dottor Caselli, Lo Forte, Insacco, Russo e Romeo hanno chiesto l'emissione del decreto che dispone il giudizio a carico del tenente dei Carabinieri Carmelo Canale, imputato di associazione per delinquere, associazione mafiosa, corruzione, per fatti che vanno dal 1981 al 1994; l'ipotesi di accusa e' che il Canale, giovandosi della posizione privilegiata di stretto collaboratore del compianto dottor Borsellino e di altri magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla mafia, abbia fornito a noti mafiosi notizie riservate, sviando indagini a carico di costoro e ricevendone in cambio denaro ed altra utilita'; la stampa ha aggiunto (seppure con un rilievo per nulla adeguato alla gravita' dei fatti che allo scopo di mantenere alto l'accreditamento di cui godeva negli ambienti giudiziari, il Canale abbia usato alcuni "pentiti" (Sinacori, Calcara) per attribuire a innocenti responsabilita' per fatti realmente accaduti, o per fatti inventati di sana pianta; la stampa ha pure citato le smentite giudiziarie intervenute a ripetizione sulle propalazioni del Calcara (interrogato per primo proprio dal Canale, allora sottufficiale dei carabinieri addetto alla squadra di polizia giudiziaria di Marsala) circa l'omicidio Lipari e le accuse mosse a Vaccarino, esponente politico di spicco del tempo; il fatto, nel suo complesso cosi' riassunto, pone in evidenza l'urgente necessita' che tutti gli atti di natura giurisdizionale, ovunque e da chiunque posti in essere, vengano raccolti in un unico archivio al quale attingere per avere un quadro compiuto della attendibilita' (riconoscibile, ovvero gia' riconosciuta mediante provvedimenti dell'autorita' giudiziaria) da attribuire ai vari collaboratori di giustizia che, ad oggi, sono la fonte essenziale di prova nel processo penale ed in quello di prevenzione; diviene infatti impossibile per un imputato che debba difendersi da una accusa proveniente da un "pentito" provvedere alla sua tutela se non gli e' possibile conoscere la storia complessiva ed integrale del pentimento, delle propalazioni, delle smentite, delle calunnie, delle conferme riguardanti una fonte di prova; e se non e' possibile al suo difensore attingervi, anche ai sensi dell'articolo 38 disposizioni di attuazioni del codice di procedura penale, impossibilita' resa ancora piu' manifesta da nascondimenti operati dagli uffici del PM, ancorche' (formalisticamente) in modo legittimo, mediante la segretazione di atti o parti di essi, o mediante apertura di fascicoli paralleli, spesso contro ignoti che altro scopo non hanno se non quello di funzionare da contenitore per la sepoltura definitiva di conoscenze in contrasto con quelle da accreditare; episodi specifici, riportati anche da riviste e pubblicazioni confermano il timore che un pentito accreditato a Palermo sia clamorosamente smentito a Reggio Calabria o viceversa; ovvero che un processo venga costruito con spezzoni di prova, ricavati da una accorta opera di cernita del complesso risultato investigativo; d'altronde non si comprende in cosa consista la parita' tra accusa e difesa se essa e' valutata sin dal momento di approccio alla tematica della prova, potendo il PM giovarsi del collegamento con altri uffici, mentre il difensore e' costretto a mendicare tra notizie relegate in trafiletto per ricostruire la storia giudiziaria complessiva del soggetto che accusa chi si e' affidato alla sua difesa -: se non ritenga che, alla luce dell'esperienza acquisita circa alcune sconvolgenti "gestioni" di pentiti all'italiana, sia ormai maturo il tempo di disporre per la costituzione di un archivio nel quale confluiscano tutti gli atti che riguardino in qualsiasi modo i collaboratori di giustizia, al quale possa attingere il difensore ex articolo 38 disp. att., con il solo limite della segretezza dell'indagine in corso; se non ritenga necessario, ove cio' non possa realizzarsi quale pura attivita' di esecuzione del disposto di cui all'articolo 38 disp. att., una iniziativa legislativa in tal senso; se non ritenga di chiedere ai procuratori generali di dare conto, nel corso delle relazioni annuali, delle conferme o delle smentite ricevute dai collaboratori di giustizia, mediante decisioni giurisdizionali. (3-03064)
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