INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/01779 presentata da MAIOLO TIZIANA (FORZA ITALIA) in data 19971210

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Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: il giudice Libertino Russo, attuale membro del Consiglio superiore della magistratura, e' stato precedentemente giudice a latere nella fase di appello del cosiddetto "maxi-processo" alla mafia; dall'articolo intitolato "A proposito di Caselli e dell'uso dei pentiti", pubblicato il 4 settembre scorso dal settimanale Panorama, si apprende che il 30 luglio 1997, nel corso della 119^ udienza del processo Andreotti, a Roma, nell'aula-bunker, Giovanni Brusca, capo della mafia di San Giuseppe Jato, aveva definito il giudice Libertino Russo come "a disposizione" di Cosa Nostra, in particolare come colui che informava l'organizzazione criminale delle fasi dell'importante dibattito che aveva condotto; durante la citata testimonianza del Brusca, il pubblico ministero di udienza, il dottor Gioacchino Natoli, ascoltata la dichiarazione del "quasi-pentito", aveva cominciato a parlare, via telefono, con il procuratore capo, dottor Giancarlo Caselli, e aveva chiesto al Brusca stesso di non fare il nome del giudice Russo poiche' una tale dichiarazione poteva intralciare indagini in corso; nella medesima udienza, il pubblico ministero Gioacchino Natoli era stato censurato dal presidente della Corte, dottor Ingargiola, proprio a causa del suddetto comportamento nei riguardi del Brusca; lo stesso giudice Russo, nell'intervista pubblicata dal settimanale Panorama il 4 settembre 1997, affermava "delle due l'una: se gia' vi erano investigazioni sul mio conto allora avrebbe dovuto indagare l'autorita' inquirente di Caltanissetta, competente per territorio, e non mi risulta che in quella procura ci siano in effetti indagini nei miei confronti; eppure il Brusca - continuava il giudice Russo - ha fatto, per la prima volta, il mio nome a Rebibbia, nel corso di quell'udienza, ed allora non si spiega proprio perche' Natoli e Caselli volevano interromperlo. In ogni caso - concludeva il giudice - la telefonata del procuratore capo, sotto i riflettori di un grande processo, poteva essere interpretata, dalla pubblica opinione, come una indiretta conferma della rivelazione"; continuava il giudice Libertino Russo, nella citata intervista "nessun pentito in regola va in aula a dire cose che non ha gia' detto in indagini preliminari. Quindi Caselli e Natoli avrebbero dovuto sapere e avrebbero dovuto mandare gli atti a Caltanissetta. E li' bastava poco per sgonfiare il caso: per esempio era sufficiente controllare qualche data. Si sarebbero subito accorti che il pentito collocava le mie presunte soffiate alla mafia circa il "maxi-processo" nel febbraio del 1988, mentre io fui chiamato come giudice di quel processo solo un anno dopo, nel 1989, e che, per di piu', condannai il giovane Brusca, gia' assolto in primo grado, a sei anni di reclusione; si tratta ad avviso dell'interrogante di un evidente tentativo del noto mafioso Giovanni Brusca di sporcare rispettabilita' e dignita' di un magistrato che aveva condannato boss e sicari di Cosa Nostra nel processo istruito dal dottor Giovanni Falcone; il giudice Libertino Russo e' attualmente componente del Consiglio superiore della magistratura, in qualita' di rappresentante della corrente "Unita' per la Costituzione", spesso in conflitto con la componente di "uMagistratura Democratica" e con l'ala estremista dei cosiddetti "Verdi" della magistratura; ed inoltre lo stesso giudice Russo era stato protagonista di un vivace scontro proprio con il dottor Gioacchino Natoli, esponente della corrente dei cosiddetti "Verdi" -: se il noto mafioso Giovanni Brusca sia stato accusato di calunnia, come prescritto dal codice penale e dal principio costituzionale della obbligatorieta' dell'azione penale; quale sia lo stato del procedimento per calunnia contro il noto mafioso Giovanni Brusca, e, ove detto procedimento non sia mai stato iniziato o incardinato dall'autorita' giudiziaria competente, ovvero dalla procura della Repubblica di Palermo, se non ritenga che cio' costituisca una evidente prova dell'esistenza di situazioni anomale presso alcuni uffici giudiziari requirenti palermitani tali da giustificare l'esercizio dei poteri ispettivi di propria competenza. (3-01779)
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