INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00827 presentata da GOISIS PAOLA (LEGA NORD PADANIA) in data 20100112

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Atto Camera Interrogazione a risposta orale 3-00827 presentata da PAOLA GOISIS martedi' 12 gennaio 2010, seduta n.264 GOISIS. - Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che: la legge 18 febbraio 1989, n. 56, cosiddetta «legge Ossicini», recante norme per la regolamentazione dell'accesso alla professione, l'iscrizione all'Albo e le attivita' dell'Ordine degli psicologi, ha identificato nell'«uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attivita' di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunita'» e nelle «attivita' di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito» le attivita' tipiche dello psicologo; la citata disposizione di legge stabilisce quindi che una serie di atti professionali sono propri dello psicologo al fine di tutelare e garantire i destinatari di tali atti, vista la rilevanza sociale della professione: in caso contrario non si sarebbe infatti resa necessaria la sua regolamentazione; il danno che puo' derivare al destinatario di prestazioni psicologiche eseguite da soggetti non autorizzati potrebbe essere particolarmente grave e pervasivo, in considerazione della domanda rivolta al professionista e della situazione personale dell'utente; la legge «Ossicini» intende quindi garantire che le prestazioni psicologiche siano esercitate unicamente da professionisti adeguatamente formati ed abilitati; negli ultimi tempi si va moltiplicando l'offerta di prestazioni a tutti gli effetti psicologiche da parte di una figura professionale denominata «counselor», neologismo il cui esatto significato e' oscuro all'utente, che non sempre e' in grado di comprendere a fondo la natura di tale offerta, anche a causa della tuttora scarsa cultura psicologica del nostro Paese; tale fenomeno ha un elevato rischio di ingenerare confusione nell'utenza: il cittadino rischia di rivolgersi a soggetti non solo scarsamente qualificati rispetto allo psicologo, ma anche esenti dagli obblighi che questi e' tenuto a rispettare al fine di tutelare l'utenza; le attivita' psicologiche si sono difatti estese sistematicamente a molti altri ambiti sotto forma di «consulenza psicologica», come testimoniato anche dal tariffario-nomenclatore della professione di psicologo; la principale associazione dei counselor italiani, la Societa' italiana di counseling (S.I.Co.) ritiene che il «counselor» sia una figura professionale «in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali «di origine psichica» che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalita'; appare chiaro come tale definizione che i counselor danno di se' stessi si configuri come ottima e valida descrizione dell'attivita' professionale dello psicologo, ove invece la «ristrutturazione profonda della personalita'» e' scopo ultimo dei procedimenti psicoterapeutici il cui esercizio e' riservato ai soli professionisti iscritti anche con questo titolo all'Albo degli psicologi; in risposta all'esigenza di tutelare i destinatari di prestazioni psicologiche in ogni ambito applicativo la sentenza della Cassazione n. 767 del 2006, riguardante le prestazioni psicologiche nell'ambito della psicologia del lavoro, ha sancito l'obbligatorieta' dell'iscrizione all'Albo degli psicologi per i professionisti che svolgono attivita' di diagnosi psicologica in genere - specificando quindi i criteri di applicazione di una delle voci gia' comprese nell'articolo 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56: la diagnosi psicologica non e' piu' quindi da leggersi limitatamente all'ambito clinico, ma ricomprende l'analisi delle caratteristiche di personalita' entro qualsiasi ambito applicativo; nella sua pronuncia del riconoscimento della riserva dell'esercizio delle attivita' di diagnosi psicologica ai voli professionisti regolarmente iscritti all'ordine degli psicologi la sopra menzionata sentenza della Corte di Cassazione rimanda espressamente ad una delle aree citate all'articolo 1 della legge Ossicini: la pronuncia depone in favore dell'interpretazione dell'articolo 1 nel senso della riserva allo psicologo dell'esercizio delle attivita' relative anche alle rimanenti aree elencate (prevenzione, attivita' di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico), rendendo opportuno e doveroso nei confronti sia dell'utenza sia degli psicologi regolarmente abilitati un riconoscimento anche formale di tale principio; la citata sentenza della Corte di Cassazione precisa difatti che «l'esercizio abusivo della professione si realizza anche qualora l'agente compia saltuariamente o perfino in una sola occasione alcuna delle attivita' riservate dalla legge esclusivamente ai soggetti in possesso di una speciale abilitazione dello Stato». Tale affermazione e' riferita all'esercizio di attivita' di diagnosi psicologica, che sono quindi riconosciute come «riservate dalla legge esclusivamente» agli psicologi: se tale riserva e' valida per la diagnosi in quanto, come motivato dalla Corte, menzionata nell'articolo 1 della legge n. 56 del 1989 si puo' ritenere con certezza che anche l'esercizio delle rimanenti attivita', parimenti menzionate al predetto articolo di legge, sia riservato in via esclusiva allo psicologo regolarmente abilitato dallo Stato; qualsiasi prestazione psicologica e' infatti accomunata dall'obiettivo del benessere psicologico, che rientra fra i requisiti dello stato di «salute» come stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanita' nella Carta di Ottawa per la promozione della salute, che ha definito la salute come «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale» e non come mera assenza di malattia o di infermita'. La Carta afferma anzi che «la promozione della salute non e' una responsabilita' esclusiva del settore sanitario, ma va al di la' degli stili di vita e punta al benessere»; alla luce dell'inserimento del concetto di «benessere mentale» all'interno della definizione di «salute» come diritto del cittadino, la distinzione in «cliniche» e «non cliniche» delle differenti finalita' degli interventi psicologici risulta artificiosa ed ogni campo applicativo richiede le medesime tutele richieste in ambito clinico, poiche' la prestazione e' sempre volta ad incrementare il benessere dei destinatari e quindi la loro salute psicofisica -: se, anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 767 del 2006, non ritengano opportuno intraprendere iniziative normative, atte a tutelare anche i destinatari di attivita' psicologiche non sanitarie - come quelle svolte in ambito aziendale, scolastico, sportivo e di altro tipo - riservandole in via esclusiva allo psicologo regolarmente abilitato dallo Stato. (3-00827)
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SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 
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