INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00268 presentata da BOLOGNESI PAOLO (PARTITO DEMOCRATICO) in data 06/08/2013

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Atto Camera Interrogazione a risposta orale 3-00268 presentato da BOLOGNESI Paolo testo presentato Martedì 6 agosto 2013 modificato Martedì 3 marzo 2015, seduta n. 384 BOLOGNESI . — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che: suscita dubbi la procedura attraverso la quale Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati ad almeno 7 ergastoli per vari delitti, tra i quali la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, hanno ottenuto il beneficio della liberazione condizionale; dubbi in proposito furono sollevati nell'immediatezza dall'Associazione tra i familiari delle vittime della strage in cui persero la vita 85 persone, per il fatto che non risultavano essersi realizzati i presupposti previsti dalla legge, essendosi nel relativo provvedimento dato atto dell'intervenuto perdono di una sola delle parti offese della strage e tacendosi in proposito la mancata consultazione della predetta associazione, degli altri familiari delle vittime della strage e degli altri omicidi di cui i due terroristi furono ritenuti responsabili. E non avendo dato essi segno ad alcuna resipiscenza; la prova dell'avvenuto ravvedimento fu basata solo su un appello di varie personalità in relazione all'attività prestata dagli interessati a favore dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», i cui promotori e molti dei cui sottoscrittori erano gli stessi che, a seguito di una campagna mediatica di disinformazione, secondo l'interrogante, abilmente orchestrata, precedentemente avevano sottoscritto l'appello «E se fossero innocenti» sempre a favore dei medesimi; attraverso questa identità di ruoli si sono poste le fasi di una confusione di motivazioni che, per quanto possa non essere stata colta dai giudici e da alcuni dei sottoscrittori degli appelli, oggettivamente determinava effetti gravemente distorsivi per la commistione tra i motivi di merito che avevano portato alla condanna e la strumentalizzazione dei mezzi di informazione e dell'istituto della liberazione condizionale, le cui logiche devono essere riferibili esclusivamente all'esecuzione della pena; successivamente le perplessità sembrano aver trovato altri supporti oggettivi, quando si è appreso che nel corso del processo penale a carico di Gennaro Mokbel, già componente della stessa banda dei Nar che aveva fatto capo a Valerio Fioravanti, sarebbero emerse a seguito di intercettazioni telefoniche le seguenti circostanze: a) che il Mokbel aveva affermato di avere speso un milione e duecento mila euro per la liberazione dei due terroristi Fioravanti e Mambro, facendo carico della relativa spesa alla cassa comune dell'associazione criminale formata dai proventi delle attività illecite per le quali era stato avviato il procedimento penale rg gip/gup n.6429/2006; b) l'entità della spesa certamente eccedeva il semplice costo delle spese legali di assistenza nella procedura relativa all'esecuzione della pena; è possibile supporre che questa erogazione potesse essere giustificata da un obbligo di solidarietà che alcuni degli associati ritenevano di dover manifestare nei confronti dei due ex sodali, anche se probabilmente non condivisa da tutti; è inevitabile per l'interrogante il sospetto che questa dazione possa essere stata rivolta anche a compensare il silenzio sempre mantenuto dal Fioravanti e dalla Mambro in ordine ai mandanti della strage; in altre intercettazioni si afferma che il Mokbel si sarebbe fatto carico anche di altre consistenti spese e della latitanza in Africa dell'ex Nar Antonio D'Inzillo, che sarebbe stato già in precedenza arrestato nel maggio 1994 a casa dello stesso Mokbel; il Mokbel, per mantenere inalterato il proprio prestigio all'interno dell'associazione criminale, insidiato da un'iniziativa dell'associato Augusto Murri, aveva ricordato agli associati – nel corso di una conversazione – di essersi reso già responsabile di una decina di omicidi («c'ho dieci omicidi sulla coscienza e non mi hanno mai beccato»), con evidente riferimento all'attività svolta allorché faceva parte del sodalizio egemonizzato dal Fioravanti; il rapporto della polizia giudiziaria evidenziava che egli sarebbe stato associato con altre persone in un'associazione a delinquere che affondava le sue radici nell'esperienza pregressa di alcuni degli associati che negli anni Ottanta già avevano militato nei Nar e nella Banda della Magliana; dalle stesse intercettazioni emergevano riferimenti anche ad altro appartenente ai Nar, Marco Iannilli e ad esponenti della «’ndrangheta» e della banda della Magliana, uno dei quali esplicitamente indicato nelle telefonate intercettate con «Nicoletti» che avrebbero ancora mantenuto una sorta di signoraggio sul gruppo criminale; desta perplessità che il Mokbel e lo Iannilli, nonostante i loro gravi precedenti penali e la natura delle relazioni mantenute, abbiano potuto intrattenere rapporti con società a partecipazione pubblica, tanto da ingenerare a parere dell'interrogante il sospetto che tali rapporti possano aver costituito una sorta di riconoscimento per l'attività precedentemente svolta nell'ambito dei gruppi eversivi di estrema destra; proprio in forza di tali rapporti essi avrebbero ricevuto mano libera da parte di soggetti responsabili di settori di tali società per costruire il castello dell'attività illecita loro contestata; da varie fonti e dalla stessa ordinanza di rinvio a giudizio sono state poste in evidenza le relazioni che gli associati tentarono di stabilire anche con la Lega Nord, le cui basi risultano essere state già poste agli inizi degli anni Novanta da Stefano Delle Chiaie e Licio Gelli, con il coinvolgimento anche del fratello di Francesca Mambro; risulta da varie indagini che già agli inizi degli anni Ottanta Stefano Delle Chiaie si era prestato a mettere a disposizione di Fioravanti e Mambro un rifugio all'estero prima che essi fossero arrestati; un rifugio fu procurato tramite Elio Massagrande in Paraguay a Paolo Marchetti e Rita Stimamiglio (vedasi la missiva di costoro sequestrata dalla polizia tedesca a Bad Nauheim nel giugno 1984). Licio Gelli fu condannato in relazione ad un depistaggio posto in atto nel corso delle indagini sulla strage di Bologna rivolto ad allontanare l'attenzione degli inquirenti dai citati Fioravanti e Mambro, mentre proprio il Marchetti e la Stimamiglio si erano adoperati per procurare un rifugio a Fioravanti e la Mambro in un appartamento di via Liberi 6 di Padova, ove il Fioravanti a febbraio del 1981 fu poi arrestato; il medesimo rapporto nel corso di un servizio del programma televisivo Report ha riferito anche di incarichi, analoghi a quelli attribuiti a Mokbel e Iannilli, o rapporti economici stabiliti direttamente o tramite società controllate dalla ex-amministrazione comunale di Roma a favore di altri soggetti gravitanti nell'area dei Nar o della banda della Magliana, tra i quali Riccardo Mancini, già incriminato nel processo ad Avanguardia Nazionale, e Massimo Carminati, che fu complice insieme a Fioravanti di numerosi delitti nonché di rapporti tra Massimo Carminati, Ernesto Diotallevi ed Enrico Nicoletti, tra questi e il boss Carmine Fasciani, e tra questi e Gennaro Mokbel; è inevitabile trarre dall'insieme di tali fatti la necessità di verificare che i vari Nicoletti, Gelli e gli ambienti di cui essi erano espressione, avessero l'esigenza di assicurarsi il silenzio degli ex Nar al fine di evitare loro coinvolgimenti nei delitti ascritti a Fioravanti ed alla Mambro; del pari sarà necessario verificare se quel milione e duecentomila euro, comunque risultante dal reato, sia stato utilizzato solo per attività di assistenza legale nella procedura di esecuzione della pena di Fioravanti e Mambro, ovvero per altre spese di cui dovrà essere accertata la natura; tali circostanze evidenziano la persistenza di rapporti del Fioravanti e della Mambro con ambienti criminali (nelle intercettazioni si fa riferimento a loro contatti diretti con Gennaro Mokbel e Giorgia Ricci) e pongono seri dubbi circa la fondatezza dell'affermazione dell'intervenuto perdono delle parti offese nonché sulla sussistenza di tutte le altre condizioni per l'applicazione dell'articolo 176 del codice penale («il condannato (...) che durante il tempo di esecuzione della pena abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale. (...)»)–: di quali elementi il Ministro interrogato disponga sui fatti esposti in premessa anche con riferimento alle procedure amministrative che possono aver creato progressivamente nel tempo una situazione di copertura dei citati terroristi fino a determinarne l'attribuzione loro di incarichi che presupponevano ben altri requisiti morali e di affidabilità; se il Ministro interrogato non intenda avviare iniziative ispettive, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza. (3-00268)
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