"BARBATO FRANCESCO (ITALIA DEI VALORI)" . "PALOMBA FEDERICO (ITALIA DEI VALORI)" . . . . "DI GIUSEPPE ANITA (ITALIA DEI VALORI)" . "ORLANDO LEOLUCA (ITALIA DEI VALORI)" . . "PALADINI GIOVANNI (ITALIA DEI VALORI)" . . . . . . "20120319-20120328" . "MESSINA IGNAZIO (ITALIA DEI VALORI)" . . "DI STANISLAO AUGUSTO (ITALIA DEI VALORI)" . . "EVANGELISTI FABIO (ITALIA DEI VALORI)" . "FORMISANO ANIELLO (ITALIA DEI VALORI)" . "PALAGIANO ANTONIO (ITALIA DEI VALORI)" . "MOZIONE 1/00935 presentata da FORMISANO ANIELLO (ITALIA DEI VALORI) in data 20120319"^^ . . "MOZIONE 1/00935 presentata da FORMISANO ANIELLO (ITALIA DEI VALORI) in data 20120319" . "1/00935" . "1"^^ . . "Atto Camera Mozione 1-00935 presentata da ANIELLO FORMISANO testo di lunedi' 19 marzo 2012, seduta n.606 La Camera, premesso che: nel corso di una recente audizione del presidente della Svimez in Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, sono stati illustrati, da un lato, lo scenario che si sta delineando a partire dalla crisi del 2008 fino al 2011 e, dall'altro, la proiezione per i prossimi anni, alla luce delle manovre di finanza pubblica del 2011, in termini di sviluppo dell'economia e, quindi, di crescita del Nord e del Sud del Paese; per il 2011 le previsioni a livello nazionale, a consuntivo, sono dello 0,5-0,6 per cento, il che conferma un ritardo di crescita rispetto a Paesi come la Germania, la Francia e la Spagna: si conferma ancora una differenza tra il Mezzogiorno - che rimane allo 0,1 per cento di crescita del prodotto interno lordo - e il Nord che, rispetto all'1,7 per cento del 2010, rallenta allo 0,8 per cento nel 2011; per il 2012 le previsioni sono di una flessione generalizzata del prodotto interno lordo dell'1,5 per cento, che si aggiunge al 6 per cento circa dei due anni di crisi piu' intensa, e con un Centro-Nord anch'esso in flessione dell'1,3 per cento. I divari si accentuano, dunque, sia in crescita sia in riduzione; se il Mezzogiorno continuasse, all'interno del sistema, a registrare variazioni negative di questo genere, potrebbe tornare a raggiungere i livelli del 2007 tra trenta o quarant'anni. Il sistema italiano, invece, li raggiungerebbe in sette o otto anni; il quadro che emerge e', dunque, quello di una forte debolezza del sistema italiano - al Nord come al Sud - che si sta aggravando nel senso di un deterioramento delle parti piu' deboli del sistema, ma che lo coinvolge nel suo insieme. L'idea, che tuttora circola, che il Nord sia relativamente forte e viva una crisi per cosi' dire «congiunturale», mentre il Sud sia debole e abbia problemi strutturali e' un'idea estremamente pericolosa; il presidente della Svimez ha ribadito che l'approccio al «problema Mezzogiorno» deve essere un approccio radicalmente diverso da quello degli ultimi anni. Bisogna considerare, cioe', quali siano gli elementi che possono rendere il Mezzogiorno - che, a parole, e' riconosciuto come il comparto dell'economia che ha piu' potenzialita' di crescita - un attore della ripresa e della crescita a livello nazionale; questo non avverra' spontaneamente. Ad avviso della Svimez, tutte le misure che passano sotto l'etichetta di «liberalizzazioni» sono genericamente coerenti con una razionalizzazione del contesto e quindi, indirettamente, sono elementi promotori di una potenziale accelerazione della crescita, ma, certamente, non inducono la stessa e, soprattutto, non rimuovono quei fattori strutturali che bloccano il sistema almeno da quindici anni. Non e' facendo una bella cornice che il quadro cambia: occorre cambiare il quadro; e' necessaria, dunque, una sollecitazione a identificare forti elementi di potenzialita' di crescita sui quali puntare, per passare, poi, alla seconda fase di cui si parla: il rilancio della crescita del sistema Italia. Peraltro, il pareggio di bilancio sara' veramente complicato da raggiungere se la crescita non riprende; per quando riguarda la produttivita' del lavoro in Italia, la sua dinamica molto lenta e tutto cio' che e' ad essa correlato, secondo la Svimez, molto dipende da un aspetto strutturale, cioe' la specializzazione italiana e meridionale, che e' particolarmente sfavorevole alla dinamica della produttivita' nel Mezzogiorno. Dunque, occorre puntare su settori nuovi, maggiormente capaci di produrre una dinamica di competitivita' nel complesso favorevole; contemporaneamente, bisogna tener conto del fatto che oggi si ha un mercato del lavoro anche eccessivamente flessibile, prodotto da leggi che a partire dal 1998 e passando per la «legge Biagi», sono state fatte per garantire una maggiore flessibilita' del mercato del lavoro. Tuttavia, la scelta di rincorrere il recupero di produttivita' con quei metodi non ha dato risultati, se non quello di far emergere una componente dell'economia sommersa, che necessariamente porta a contenere la dinamica della produttivita'; occorre, dunque, avere alcune idee strategiche sulle quali puntare. Il Mezzogiorno e' in prima fila per essere protagonista di questa svolta strategica, sia direttamente - con gli operatori locali - sia, soprattutto, come responsabilita' di un Esecutivo che dovrebbe dare queste indicazioni; ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Mezzogiorno e' stato, nella sostanza, dimenticato dall'azione del Governo precedente. Sono state anche «contro» il Sud le scelte sbagliate di politica industriale e il cattivo utilizzo delle risorse registrato in tutti questi anni; viceversa, serve una politica che affronti i problemi delle imprese e dell'occupazione, che ne rafforzi il tessuto, ma che, al contempo, agisca sul contesto. Lo Stato deve garantire nel Mezzogiorno innanzitutto legalita', sicurezza, una giustizia adeguata e tutte le forze politiche devono porsi come vera e propria priorita' quella della riforma etica della politica e dello smantellamento delle reti clientelari veicoli della corruzione e dell'infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle istituzioni; la previsione del 2012, per quello che riguarda il prodotto interno lordo, e' di una diminuzione del 2 per cento nel Mezzogiorno, dell'1,3 per cento al Centro-Nord e dell'1,5 per cento per l'intera Italia. Le unita' di lavoro evidenziano un'ulteriore caduta, con una flessione pari all'1,6 per cento al Sud, allo 0,7 per cento al Centro-Nord, quindi di nuovo una caduta quasi doppia del Sud, e allo 0,5 per cento nell'intero Paese. Gli investimenti segnalano una previsione di caduta dell'8 per cento al Sud e del 6 per cento in media in Italia. Tenendo conto che si tratta di investimenti fissi lordi, se ne evince che il sistema sta «decumulando» capitale ben al di la' dell'8 per cento, perche' gli investimenti netti, cioe' l'incremento di capitale, sarebbero negativi di ben piu' dell'8 per cento o del 6 per cento citati; e' un sistema bloccato in cui, su circa 600 mila posti di lavoro persi tra il 2008 e il 2010, oltre il 50 per cento sono unita' di lavoro perse nel Mezzogiorno, il quale contribuisce al totale dell'occupazione nazionale con meno del 30 per cento. Si sta intaccando, quindi, la parte piu' debole del Paese, con conseguenze facilmente comprensibili, anche in termini di equilibri sociali che si stanno deteriorando; facendo un computo della disoccupazione esplicita, ossia di quella rilevata formalmente dall'Istat, dei disoccupati impliciti, cioe' quelli che non si presentano per l'effetto scoraggiamento, e di quelli in cassa integrazione guadagni, nel Mezzogiorno si raggiungono tassi di disoccupazione del 25-26 per cento, mentre il medesimo tasso nel Centro-Nord e' del 10 per cento circa. A livello femminile, giovanile e cosi' via, questi tassi sono molto diversificati tra Nord e Sud, con cifre negative estremamente piu' rilevanti nel Mezzogiorno; rispetto al capitale umano, ad un Sud giovane in un Paese che invecchia, il Meridione rappresenta l'area in cui il potenziale di crescita sarebbe maggiore, in cui gli spazi di specializzazione, proprio nei settori innovativi, la mancanza dei quali rende meno competitivo il Paese, permetterebbero di affrontare e risolvere, finalmente insieme, i problemi dell'Italia e quelli del suo Mezzogiorno; si deve considerare la necessita' di soluzioni innovative, di nuove aziende, di nuovi prodotti, di un nuovo stimolo, di una «frustata» all'economia che non sia - non puo' esserlo, date le condizioni della finanza pubblica - un'iniezione di pura spesa pubblica, ma la visione di una strategia che nel medio periodo riporti il sistema alla crescita; sarebbero necessari interventi che aprano a una strategia mirante ad alcuni grandi obiettivi che non possono essere conseguiti nell'immediato, ma che darebbero una prospettiva di modifica della debolezza italiana da un punto di vista strutturale: a) vi sarebbe un'urgenza e un'ampia possibilita' di avere risposte positive dal sistema sul terreno del contenimento dei costi dell'energia e, quindi, dell'avvio di un comparto produttivo nuovo e rilevante, che, curiosamente, e' piu' presente al Sud che al Centro-Nord; b) occorrerebbe intervenire sul tema della gestione delle risorse naturali, a partire dall'acqua, che e' una risorsa da valorizzare, che comporta investimenti, razionalizzazioni ed effetti sulla produttivita', sul reddito a livello locale e cosi' via; c) infine, e' necessaria una razionale politica logistica del sistema, partendo dalla premessa che l'Italia dovrebbe essere il nucleo piu' rilevante, all'interno dell'Unione europea, di una politica rivolta al Mediterraneo, nel senso ampio, dalla Turchia al Nord Africa. Il Mezzogiorno puo', invece, rappresentare la grande opportunita' italiana, anche per la sua centralita' geopolitica in un Mediterraneo destinato a divenire nei prossimi anni area di libero scambio ed economia sempre piu' integrata. L'Italia deve essere in prima linea nel processo di ridefinizione delle reti che collegheranno le due sponde; anche gli interventi sul settore culturale, intesi come valorizzazione dei molteplici beni culturali e come sostegno ed qualificazione delle universita' e degli istituti di ricerca presenti nel Mezzogiorno, possono costituire stimolo al decollo di imprese innovative e rilanciare il turismo. Si tratta di dotare il Mezzogiorno delle infrastrutture culturali che oggi mancano, determinando arretratezza e impoverimento; con riferimento alle energie rinnovabili - soprattutto dopo l'esito del recente referendum sul nucleare, che ha cancellato il precedente obiettivo del 25 per cento di energia prodotta da fonte nucleare - c'e' un vuoto che non e' stato ancora colmato da un'ipotesi di una qualche strategia. Guardando anche a competitori come la Germania, che gia' producono il 40 per cento della loro energia attraverso fonti rinnovabili e che stanno abbandonando anche loro il settore energetico nucleare, l'Italia ha un ampio spazio di intervento in questo campo e questo ampio spazio fisicamente si colloca in tutto il Mezzogiorno continentale, soprattutto nella parte tirrenica, che implica interventi in tecnologia, investimenti, ricerca di attrazione di capitali, tutte cose che possono essere messe in atto abbastanza rapidamente; occorrono, pero', politiche attive: le energie rinnovabili non partono da sole o hanno grosse difficolta' a partire da sole, sebbene gia' ora il Sud sia il produttore piu' rilevante di energie rinnovabili. Si pensi, in particolare, alla valorizzazione della fonte geotermica, sfruttata in America latina e negli Stati Uniti, di cui l'Italia in Europa e, probabilmente, nel mondo e' il piu' grande re'servoir non sfruttato, tenendo conto che al Nord e al Sud il costo dell'energia per le imprese e' di oltre il 30 per cento superiore ai competitori stranieri. La Sardegna vede una deindustrializzazione nel settore dell'alluminio, proprio perche' tali industrie sono ad alta intensita' energetica; si deve agire sulle infrastrutture: il Sud registra un deficit infrastrutturale rispetto al Centro-Nord stimato intorno al 50 per cento. Gli investimenti in opere pubbliche sono assenti. L'infrastrutturazione del Mezzogiorno deve essere pesante e pensante: ferrovie, acque, strade, aeroporti e porti, ma anche fibre ottiche, telecomunicazioni, ricerca e sviluppo; l'intervento «aggiuntivo» per le infrastrutture a favore del Mezzogiorno ha spesso, infatti, sostituito l'intervento ordinario. La spesa in conto capitale per il Mezzogiorno e' rimasta praticamente costante negli ultimi anni: ad un aumento dei finanziamenti europei (compreso il cofinanziamento nazionale) ha corrisposto una diminuzione di circa il 20 per cento delle altre fonti; la logistica comporta un ragionamento su aspetti esistenti da razionalizzare, che facciano sistema, e, chiaramente, occorre avere delle priorita'. Se la priorita' e' la proiezione in modo nuovo sul Mediterraneo e non solo verso l'Est Europa o verso l'Est, il Mezzogiorno diventa centrale. La Svimez ha individuato sette filiere territoriali logistiche per il Sud, sette aree che mostrano potenzialita' di sviluppo come filiere territoriali logistiche rivolte all'internazionalizzazione delle produzioni e alla maggiore apertura ai mercati esteri: area vasta dell'Abruzzo meridionale; area vasta del basso Lazio e dell'alto casertano; area vasta torrese-stabiese; area vasta pugliese Bari-Taranto-Brindisi; area vasta della piana di Sibari; area vasta catanese (Sicilia orientale); area vasta della Sardegna settentrionale; con un compiuto sistema dei trasporti nel Mezzogiorno e una strategia di sviluppo basata su piattaforme logistiche «di filiera» a larga scala, nelle quali offrire servizi completi di cui necessitano le attivita' produttive e distributive per affrontare il mercato globale, sara' possibile innescare la ripresa, a partire proprio dal Sud; la miopia culturale ed economica di una politica di tagli nei settori della formazione e della ricerca e' stata denunciata gia' nel «Manifesto per la ricerca in Europa», promosso nel 1996 dall'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli; l'Italia possiede il piu' importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura nel nostro Paese contribuisce per poco piu' del 2 per cento al prodotto interno lordo, meno della meta' di Francia e Germania. Il potenziale di crescita e' enorme, ma mancano progetti, capacita' e fondi; per «cultura» si deve intendere una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica e conoscenza; in questo senso il rapporto dialettico tra sviluppo economico e culturale rappresenta un volano per la crescita produttiva e sociale; un fattore essenziale che concorre, inoltre, a formare il ritardo di sviluppo del Sud e' il divario nella qualita' della formazione scolastica. Si deve, dunque, promuovere la qualita' delle risorse umane attraverso un'offerta formativa all'altezza, migliorando in questo senso la capacita' di spesa delle regioni e degli enti locali; la strategia di crescita deve essere attivata con urgenza, anche con politiche pubbliche capaci di rimettere in moto questo protagonismo; ad esempio, la Svimez ha prospettato un'analisi sulla gestione delle acque. Su indicazione dell'Unione europea, l'Italia ha organizzato una rivisitazione della gestione delle acque in due grandi comprensori, Nord e Mezzogiorno continentale. Anche in virtu' del passato ruolo che la Cassa del Mezzogiorno ha avuto proprio in questo settore, il Mezzogiorno ha pronti progetti estremamente articolati, con costi ben definiti, immediatamente attivabili, a condizione che le regioni del Sud con le risorse dei fondi strutturali si diano da fare in questa direzione; anche per la geotermia vale la stessa considerazione: le risorse ci sono, manca uno schema di programmazione, non indicativa in questo caso, in quanto si tratta di risorse pubbliche, su cui occorre riparametrare le priorita' e le esigenze e calibrare l'intensita' di questi interventi; per quanto riguarda acque ed energia, pur non essendo risolutiva, se si mette in moto la valorizzazione del geotermico, non ci sara' necessita' di finanziamenti statali dopo aver concesso le autorizzazioni e fissato i regolamenti, condizioni assolutamente assenti in questo momento. La regione Campania potrebbe essere paragonata ad un hub di questa questione, ma non c'e' un regolamento, ci sono richieste di autorizzazione mai evase da anni e il capitale finanziario di tutto il mondo e' perfettamente disponibile a entrare in un business di quel genere a certe condizioni, con certi regolamenti, per dare una risposta. Le risorse, infatti, si possono attrarre, oltre a quelle che si mettono a disposizione come risorse pubbliche; la fiscalita' di sviluppo e' il complemento di queste cose, anche se il Governo - come ha rilevato il presidente della Svimez - e' guidato da un tecnico che ha sempre duramente negato ogni forma di fiscalita' differenziata a favore del Mezzogiorno quando era alla Commissione europea, ma che una volta al Governo ha cominciato con la differenziazione dell'applicazione dell'imposta irap e, quindi, ha abbandonato una posizione che e' stato il credo e che per anni ha penalizzato il Sud, con l'inconsistente argomento che vi fosse una violazione dalla concorrenza, quando invece l'Italia e' in un'unione monetaria dove esistono politiche fiscali diverse, con buona pace della concorrenza; la collocazione derivante dall'insularita', che coinvolge un'ampia porzione del territorio meridionale, incide profondamente su tutti gli aspetti - siano essi economici o sociali - e ne rende «diversi» le comunita' ed i territori, diversita' che ha avuto un riconoscimento giuridico particolare; in ambito europeo, anche se non c'e' ancora stato un provvedimento comune, alcune realta' sono riuscite a ottenere benefici, come la Corsica e le isole britanniche. La questione dell'insularita' e' stata affrontata piu' volte nel Parlamento europeo, che, infatti, nel 1997 adotto' una risoluzione per avviare «una politica integrata adeguata alla specificita' delle regioni insulari dell'Ue» e poi, nel 1998, con il trattato di Amsterdam, con il quale l'Europa riconobbe il principio «che e' necessario ridurre il divario esistente tra i livelli di sviluppo dei vari territori e colmare il ritardo delle regioni meno favorite, come le isole». Oltre non si e' andati, nell'arco di oltre dieci anni; l'Europa tiene conto delle variabili nel concedere politiche destinate ad aiutare le isole, proprio seguendo il principio del trattato di Amsterdam, ma cio' non basta, non e' bastato agli Stati membri, quando gli stessi hanno deciso di soccorrere, con aiuti e provvedimenti specifici, i territori isolani svantaggiati, a non incappare nelle maglie dei veti in materia di aiuti di Stato; gli svantaggi strutturali di tali territori sono evidenti - la dipendenza dai trasporti marittimi e aerei con i sovraccosti del tempo perso anche durante i processi produttivi - e l'economia insulare risente sempre della ristrettezza del mercato locale e di una scarsa diversificazione economica, che la rende vulnerabile alle fluttuazioni dei mercati; occorre, dunque, trovare una soluzione in grado di superare tutti gli ostacoli di natura giuridico-legislativa, in particolare con riguardo ai principi del diritto comunitario; non si tratterebbe, peraltro, di fiscalita' differenziata. Oggi, data la condizione delle finanze pubbliche, si deve fare una fiscalita' di attrazione, del tipo irlandese degli anni '90, cioe' il greenfield, nuovi investimenti, zero tasse, in cui non si perde nulla, ma si guadagna in prospettiva; quindi, quel tipo di vantaggio fiscale non e' un costo per le finanze pubbliche; il presidente della Svimez, a questo proposito, ha ricordato che nella legge finanziaria per il 2010 ci sono due disposizioni che prevedono che chi fa investimenti, curiosamente aziende che vengono dall'estero, possa scegliere il regime fiscale che considera piu' appropriato nell'ambito dell'intera Unione europea. Opportunamente, e' stato detto che occorre un regolamento, perche' cio' sarebbe micidiale. Questo evidenzia come oggi il principio della fiscalita' di vantaggio si possa declinare in molti modi; infine, l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e' un obiettivo molto ambizioso e potrebbe essere difficile da conseguire, se il sistema non manifesta una reattivita' adeguata in termini di crescita. I dati forniti dalla Svimez dimostrano che le scelte fatte per conseguire il pareggio non devono infierire sull'economia, come invece e' stato fatto per mezzo delle ultime cinque manovre, in quanto determinano - guardando alle dinamiche del prodotto interno lordo e dell'occupazione per il 2011 e per il 2012, per il quale si hanno gia' delle stime abbastanza consolidate - una divergenza tra le aree del Paese; il conseguimento del pareggio di bilancio e gli avanzi primari necessari per il pareggio del bilancio hanno, dal punto di vista italiano, in un sistema dualistico, una forte conseguenza redistributiva, che penalizza proprio le aree piu' deboli. Cio' richiede politiche di compensazione. A prescindere da tutto, la situazione di una previsione di lungo periodo di forti avanzi primari equivale a dire che ci sara' una redistribuzione finanziaria dal Sud verso il Nord molto rilevante, tanto piu' rilevante quanto piu' il debito italiano sara' in mano ai residenti, impegna il Governo: a valutare l'opportunita' di porre in essere iniziative che favoriscano e incentivino il consolidamento di un tessuto imprenditoriale meridionale, creando un contesto favorevole allo sviluppo economico ed alla crescita dell'occupazione, rifinanziando in maniera adeguata il credito d'imposta, in particolare nelle regioni meridionali, a favore dei datori di lavoro che trasformano in contratti a tempo indeterminato quelli che non lo sono ed a sostegno degli investimenti nelle medesime regioni, utilizzando a tale fine anche le somme derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale per l'utilizzo dei fondi strutturali da parte dell'Unione europea; ad assumere iniziative per il reintegro delle somme sottratte al fondo per le aree sottoutilizzate dai provvedimenti promossi dal precedente Governo; a valutare l'opportunita' di attuare pienamente le norme relative all'istituzione delle zone franche urbane; a valutare l'opportunita' di predisporre, per quanto di competenza, iniziative per aumentare l'efficienza dei servizi pubblici nel Mezzogiorno, con specifico riferimento all'Inps, ai centri per l'impiego ed agli organi ispettivi per il contrasto del lavoro sommerso e per il controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro; ad assumere, nel rispetto delle prerogative delle regioni, iniziative volte alla razionalizzazione e all'orientamento della spesa per la formazione professionale, troppo spesso fonte di sprechi e clientelismo e non sempre finalizzata all'effettiva qualificazione per l'inserimento nel mondo del lavoro; a valutare l'opportunita' di assumere una posizione chiara, netta ed univoca riguardo alla necessita' di salvaguardare i siti produttivi presenti sul territorio meridionale; a valutare l'opportunita' di assumere concrete e rapide iniziative normative volte a vincolare i finanziamenti pubblici stanziati in favore delle imprese alla presentazione e realizzazione di piani per lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei siti produttivi e dei livelli di occupazione, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno; a promuovere, attraverso un confronto nelle sedi dell'Unione europea, una revisione della normativa comunitaria in merito agli aiuti di Stato; a elaborare, finanziare e realizzare progetti di rilancio dei poli museali nel Sud, intesi come azione di valorizzazione dei territori e come fattori di attrazione di investimenti, nonche' un piano pluriennale di restauro e recupero dei beni culturali presenti nel Mezzogiorno, intesi come «attrattori culturali», fissando le dovute priorita', ad iniziare dal sito archeologico di Pompei, programmazione alla quale associare finanziamenti congrui e certi, nonche' un piano straordinario di manutenzione ordinaria; a valutare l'opportunita' di programmare la costruzione - con particolare riguardo al Sud del nostro Paese - di un sistema integrato e trasversale, che coinvolga formazione, universita', nuove tecnologie e linguaggi plurimediali, biblioteche, editoria, eventi, musei, valorizzazione del patrimonio artistico, start-up, turismo, infrastrutture, trasporti e comunicazione; a valutare l'opportunita' di coordinare e selezionare con le universita', i centri di ricerca, le imprese del Mezzogiorno, i progetti di ricerca prioritari nei settori nei quali l'Italia puo' diventare leader e sui quali concentrare le risorse finanziarie ed umane, ed a favorire l'insediamento nei territori, anche sulla base dei risultati conseguiti da tali ricerche, di imprese innovative, con capitali reperiti sul mercato; a valutare l'opportunita' di operare, partendo dall'esigenza di tutelare e valorizzare le produzioni tipiche del Mezzogiorno, per l'affermazione di una filiera agricola tutta italiana, che parta proprio dalla specifica vocazione del territorio e che voglia investire sulle positivita', per garantire i livelli occupazionali e dare ai produttori la giusta remunerazione; a sostenere le innovazioni in agricoltura e le produzioni tipiche, con particolare attenzione all'economia del Mezzogiorno, mettendo in evidenza i riferimenti culturali dei territori, per portare valore aggiunto alle stesse produzioni, aiutando la commercializzazione internazionale dei prodotti italiani di qualita'. (1-00935) «Aniello Formisano, Leoluca Orlando, Barbato, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini, Palagiano, Palomba, Messina, Zazzera, Di Giuseppe, Di Stanislao»." . . "ZAZZERA PIERFELICE (ITALIA DEI VALORI)" . "BORGHESI ANTONIO (ITALIA DEI VALORI)" . "2014-05-14T23:12:57Z"^^ . . . . "DONADI MASSIMO (ITALIA DEI VALORI)" . "MOZIONE" .