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Il sistema elettorale plebiscitario
Pochi mesi dopo le elezioni del 1924, fu promossa una nuova riforma elettorale, con la legge 15 febbraio 1925, n. 122, poi recepita nel Testo unico 17 gennaio 1926, n. 118, che reintrodusse il collegio uninominale. La riforma elettorale non ebbe però applicazione perché, con il consolidarsi del regime fascista, maturarono altri modelli di rappresentanza, che, ormai, escludevano una reale competizione tra partiti contrapposti. Con la legge 17 maggio 1928 n. 1029 ed il Testo Unico 2 settembre 1928, n. 1993, fu dunque introdotto un nuovo sistema elettorale di tipo plebiscitario, come già allora lo si definì.
La nuova legge elettorale prevedeva un Collegio unico nazionale chiamato a votare o a respingere una lista precostituita di 400 deputati, lista formata dal Gran Consiglio del Fascismo a partire da una rosa di 850 candidati proposti dalle confederazioni corporative nazionali, 200 candidati proposti da associazioni ed enti culturali ed assistenziali ed ulteriori candidati scelti dal Gran Consiglio stesso. Gli elettori potevano esprimersi con un \"sì\" o un \"no\" sul complesso della lista, esprimendo il proprio voto su schede recanti l'emblema del fascio littorio. Nel caso in cui la lista non fosse stata approvata dal corpo elettorale, era previsto che la consultazione si ripetesse con il concorso di liste concorrenti, presentate da associazioni ed organizzazioni che avessero almeno 5.000 soci elettori. La lista che avesse ottenuto il maggior numero dei voti, avrebbe avuto tutti i propri candidati eletti.
La legge conteneva alcune modifiche in materia di elettorato attivo, che veniva riconosciuto ai maschi di età superiore ai 21 anni (o ai 18 se ammogliati con prole), purché pagassero i contributi sindacali o fossero amministratori di società ed enti, o percepissero uno stipendio a carico dello Stato o una pensione, o pagassero almeno 100 lire di imposte dirette o detenessero una certa quota di titoli del debito pubblico o infine fossero membri del clero cattolico regolare e secolare. Questa norma, insieme che l'esclusione dall'elettorato attivo dei membri dei corpi militari, portò ad una significativa contrazione degli aventi diritto da 11.939.552 a poco più di 9.500.000.
I due plebisciti del 1929 e del 1934 videro una partecipazione al voto particolarmente consistente (89,63% e 96,25%) ed un numero estremamente alto di voti favorevoli alla lista proposta (nel 1929: 8.519.559 sì e 135.761 no; nel 1934 10.025.513 sì e 15.625 no), anche a causa dell'occhiuta vigilanza esercitata dalle amministrazioni pubbliche sulle procedure di voto.
Nel corso degli anni '30 anche gli ultimi residui della concezione liberaldemocratica della rappresentanza politica furono cancellati e, con la legge istitutiva della Camera dei fasci e delle corporazioni (legge 19 gennaio 1939, n. 129), l'organo legislativo cessò di essere eletto.
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Dopo la reintroduzione, nel 1925, del collegio uninominale (mai applicato), nel 1928 il Fascismo, ormai divenuto regime, introdusse un sistema elettorale plebiscitario, che prevedeva un Collegio unico nazionale chiamato a votare o a respingere in blocco una lista precostituita di 400 deputati, lista formata dal Gran Consiglio del Fascismo a partire da una rosa di 850 candidati proposti dalle confermazioni corporative nazionali, 200 candidati proposti da associazioni ed enti culturali ed assistenziali ed ulteriori candidati scelti dal Gran Consiglio stesso.

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