. "Maggioritario: scrutinio di lista" . "

Con la riforma elettorale del 1882, fu notevolmente ampliato il numero degli elettori, concedendo il diritto di voto a tutti i cittadini che avessero seguito almento il corso di studi elementare. La nuova normativa la nuova normativa introdusse ancora, in luogo del sistema uninominale maggioritario a doppio turno chiuso, una forma di sistema plurinominale a doppio turno, basato sullo scrutinio di lista in collegi plurinominali. Condizione per l'elezione al primo scrutinio era che il candidato ottenesse, nel limite dei seggi assegnati al collegio, il maggior numero di voti, purché superiore ad 1/8 degli aventi diritto.

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Al termine di un complesso iter parlamentare il sistema elettorale del Regno d'Italia fu interessato da una complessiva riforma, con la legge 22 gennaio 1882, n. 593, relativa soprattutto ai requisiti per l'elettorato attivo, la legge 7 maggio 1882, n. 725, relativa all'introduzione dello scrutinio di lista, ed e il r.d 13 giugno 1882, n. 796, che ridefinì la mappa dei collegi.
La nuova normativa fu poi trasfusa nel Testo unico approvato con r.d. 24 settembre 1882, n. 999.
La riforma elettorale del 1882, strettamente connessa al passaggio del timone del paese dalla Destra alla Sinistra storica, realizzò diverse importanti innovazioni.
Sul piano del diritto all'elettorato attivo, il limite di età previsto dalla previgente legislazione fu abbassato da 25 a 21, mentre fu mantenuto il requisito dell'alfabetismo. Il criterio del censo non costituì più il titolo principale per l'elettorato attivo, perché questo fu concesso, indipendentemente dal censo, a tutti gli alfabeti che avessero superato le prove del corso elementare obbligatorio (o equivalenti), o fossero in possesso del titolo di studio superiore, agli impiegati pubblici (tranne gli uscieri e gli operai), a coloro che avessero tenuto per un anno l'ufficio di consigliere comunale o provinciale, di giudice conciliatore, di presidente o direttore di società commerciali, agli ufficiali e sottufficiali in servizio o in congedo. In tal modo, la platea degli elettori crebbe da 621.896 a 2.049.461
Sul piano dei meccanismi di formazione della rappresentanza, la nuova normativa introduceva, in luogo del sistema uninominale maggioritario a doppio turno chiuso, una peculiare forma di sistema plurinominale a doppio turno, basato sullo scrutinio di lista in collegi plurinominali.
In base alla nuova normativa il Regno fu diviso, accorpando i collegi esistenti, in 135 collegi plurinominali, che eleggevano 508 deputati. Ciascun collegio eleggeva 2,3,4 o 5 deputati, a seconda delle sue dimensioni. Gli elettori potevano scrivere sulla scheda 4 nomi, nel caso di collegi di 4 o 5 deputati, oppure tanti nomi quanti erano i deputati da eleggere, nel caso di collegi a 2 o 3 deputati.
Condizione per l'elezione al primo scrutinio era che il candidato ottenesse, nel limite dei seggi assegnati al collegio, il maggior numero di voti, purché superiore ad 1/8 degli aventi diritto. Nel caso che non tutti i seggi disponibili fossero stati assegnati si procedeva ad un ballottaggio tra i candidati con il maggior numero dei voti (in numero doppio dei deputati da eleggere).
Preparata da ampi dibattiti politici ed accademici, la nuova legislazione elettorale fu varata con il fine di allargare le basi rappresentative del sistema, consentendo anche ad ampie aree della popolazione urbana e dei ceti piccolo e medio borghesi di godere dell'elettorato attivo, e con il fine di stemperare fenomeni di clientelismo elettorale attivando una competizione di tipo partitico all'interno dei collegi. Se il primo obiettivo fu conseguito, nel caso del secondo si diffuse, già tra i contemporanei, una certa insoddisfazione per i risultati del nuovo sistema elettorale, che tendeva a sovra-rappresentare le aree urbane senza garantire, a causa del carattere non cogente dello scrutinio di lista, l'attivazione di una moderna dinamica partitica.
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