INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/03221 presentata da GNECCHI MARIALUISA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20100714

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Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-03221 presentata da MARIALUISA GNECCHI mercoledi' 14 luglio 2010, seduta n.352 GNECCHI, MATTESINI, MIOTTO, LENZI, CODURELLI, BELLANOVA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunita'. - Per sapere - premesso che: l'articolo 4 della Costituzione, riconosce i seguenti principi fondamentali: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilita' e la propria scelta, una attivita' o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societa'.»; l'Italia ha un buon livello di legislazione a favore della parita' e contro le discriminazioni fra i sessi, ma nonostante i buoni principi giuridici, sia nell'accesso al lavoro, sia in termini di occupazione in generale, le disuguaglianze fra uomini e donne sono ancora notevoli, come sono ancora significative le differenze retributive e di possibilita' di carriera. La pensione e' la sintesi del percorso lavorativo, dimostra in modo evidente la durata e la consistenza della contribuzione versata durante tutta la propria attivita' produttiva. È risaputo che l'integrazione al trattamento minimo sia un fenomeno tipicamente femminile come altrettanto le pensioni di anzianita' siano tipicamente maschili. Purtroppo anche verificando gli importi delle pensioni di nuova liquidazione, si confermano i dati storici: mediamente le donne hanno pensioni che corrispondono alla meta' dell'importo medio degli uomini. I motivi sono storicamente purtroppo sempre gli stessi, il percorso lavorativo delle donne registra molte interruzioni, lavoro a tempo parziale, poca carriera, retribuzioni piu' basse. In compenso pero' la societa' gode di tanto lavoro gratuito delle donne. Le baby pensionate del pubblico per anni hanno garantito un'economia di servizi parallela a quella istituzionale. I mille lavori invisibili delle donne hanno sostenuto di fatto il sistema di welfare. Purtroppo il lavoro in famiglia non viene rilevato dalle statistiche ufficiali e se non fossero le donne ad occuparsi della pulizia della casa, della cura dei bambini e degli anziani e di tutte quelle mansioni invisibili, ma indispensabili all'interno della famiglia, questi servizi dovrebbero essere acquistati sul mercato e quindi assumerebbero un preciso valore economico quantificabile (dal libro di Alberto Alesina e Andrea Ichino: «L'Italia fatta in casa»); l'attuale sistema di servizi alla famiglia lascia vuoti che in particolare le donne si vedono costrette a colmare, sostituendosi all'offerta dei servizi per la cura dei figli, degli anziani e dei disabili. Si pensi, infatti, che solo per quanto riguarda i servizi di supporto alla prima infanzia (0-3 anni), l'Italia offre una copertura in media del 10 per cento contro il 33 per cento richiesto dall'Unione Europea. In tal senso, «la scelta» delle donne di star fuori dal mondo del lavoro o di ripiegare forzatamente sul part time o altre forme di lavori atipici, che consentano loro di conciliare al meglio l'impegno del lavoro di cura, risulta quindi quasi una decisione obbligata, che pero' non corrisponde sicuramente al progetto di ideale lavorativo cui le donne avrebbero aspirato. se prendiamo a riferimento gli altri Paesi europei, prescindendo dalla tutela della gravidanza maternita' (cioe' il periodo a ridosso della nascita) che esiste in tutti i Paesi europei, e' presente una generosa forma di contribuzione figurativa per la crescita dei figli. In Francia, alle lavoratrici madri sono riconosciuti 2 anni di contribuzione figurativa a figlio e fino a tre anni (a scelta tra madre e padre), oltre ad un eventuale supplemento di pensione (pari al 10 per cento in piu') per chi abbia avuto almeno tre figli. La Francia e' uno dei Paesi con tasso di fecondita' piu' elevato in Europa. In Grecia, sono riconosciuti da uno ad un massimo di quattro anni di contribuzione figurativa, in relazione al numero di figli avuti; la scelta quasi obbligata delle donne di assenza dal mercato del lavoro, piu' o meno per brevi o lunghi periodi comporta una ulteriore penalizzazione sulle donne, soprattutto per quanto attiene l'aspetto previdenziale. A differenza degli uomini, sono molte di piu' le donne che arrivano alla pensione di vecchiaia perche' per la scarsita' di contributi accumulati nel corso degli anni, sono poche le donne che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento per anzianita' contributiva; va considerato inoltre che sono ben 4,5 milioni le pensioni integrate al trattamento minimo, con un importo medio di integrazione di circa 3100 euro annui per pensione. Su 4,5 milioni di pensioni integrate, ben 3,5 milioni sono pensioni di donne (dati del Ministero dell'economia e finanze - ragioneria dello Stato anno 2005). Si consideri, come detto sopra, che per le pensioni liquidate con il sistema contributivo, non esistera' piu' l'integrazione al trattamento minimo e cio' comportera' un ulteriore reale peggioramento, per le donne in particolare; la distribuzione per classi di anzianita' contributiva nel territorio nazionale delle pensioni dirette INPS di vecchiaia e invalidita' (circa 8.439.000 pensioni - Isfol 2003 su dati INPS), evidenzia che il 52 per cento delle pensioni erogate a donne, e' liquidato con una contribuzione fino a 20 anni (in particolare fino a 15 anni il 25 per cento delle pensioni e da 15 a 20 anni il 27 per cento delle pensioni «femminili» e solo il 9,9 per cento delle titolari donne raggiungono la fascia di contributi fra 35 e 40 anni; fino al 1992 si poteva realmente pensare che esistesse una condizione di favore per la pensione delle donne: nel pubblico impiego potevano cessare il lavoro dopo 14 anni 6 mesi e un giorno e percepire una pensione, anche se bassa, dai 19 anni 6 mesi e un giorno, mentre nel privato 15 anni di contribuzione e 55 anni di eta' per la pensione di vecchiaia, e come detto sopra, la stragrande maggioranza delle pensioni delle donne veniva integrata al trattamento minimo. l'integrazione al trattamento minimo esiste dal 1952 (articolo 10 legge 218/52) ed ha diritto solo chi non possiede redditi assoggettabili all'irpef per un importo lordo annuo superiore a 2 volte l'ammontare della pensione minima, pero' dal 1994 ha rilievo anche il reddito del coniuge. I redditi cumulati non devono superare il quadruplo della pensione minima Inps, nel 2010 pari a 23.970,44 euro; tutte le riforme e le modifiche che si sono attuate negli ultimi 18 anni hanno pesantemente modificato i requisiti e le condizioni in particolare per le donne, tutti i risparmi fatti avrebbero dovuto essere investiti per aumentare l'occupazione femminile e restituire, quindi, alle donne cio' che veniva loro tolto in modo da favorire la loro autonomia e la realizzazione di un progetto di vita anche nel lavoro -: quante fossero le donne titolari di pensione integrata al trattamento minimo, specificando anche il costo complessivo di integrazione e, se possibile, specificando le quote di integrazione al 31 dicembre 1993 sull'universo femminile di titolari di pensione e quante siano e con relativi importi e costi ad oggi al fine di verificare quanto abbia inciso il cumulo di reddito con il coniuge per ridurre le pensioni delle donne e valutare il conseguente risparmio posto che tali dati sono ritenuti dagli interroganti indispensabili per «quantificare» il credito che le donne hanno maturato in questi anni rispetto alle pensioni e per poter affrontare con cognizione di causa gli interventi sulle pensioni di cui si va parlando. (5-03221)
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INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/03221 presentata da GNECCHI MARIALUISA (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20100714 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 
BELLANOVA TERESA (PARTITO DEMOCRATICO) 
CODURELLI LUCIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
LENZI DONATA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MATTESINI DONELLA (PARTITO DEMOCRATICO) 
MIOTTO ANNA MARGHERITA (PARTITO DEMOCRATICO) 
SCHIRRU AMALIA (PARTITO DEMOCRATICO) 
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GNECCHI MARIALUISA (PARTITO DEMOCRATICO) 

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