INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12517 presentata da URSO ADOLFO (ALLEANZA NAZIONALE) in data 19970917

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Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per la funzione pubblica e gli affari regionali, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro. - Per sapere - premesso che: il quotidiano Il Messaggero del 13 settembre 1997 pubblicava un articolo dal titolo "Secondo il presidente della Confindustria regionale Abete, il sistema produttivo si sta meridionalizzando. L'emorragia di imprese e addetti e' ormai strutturale. In un anno Roma ha perso quarantamila posti di lavoro. Grave crisi dell'industria e dell'edilizia nel Lazio. Nella capitale, tra il 1991 e il 1996, sono sparite 5.000 aziende"; secondo quanto riporta l'articolo vi sono "scene di deindustrializzazione postbellica nell'economia produttiva del Lazio. E innanzitutto a Roma e in provincia, dove - tra il 1991 e il 1996 - sono scomparse 5.000 aziende industriali e sono stati cancellati centomila posti di lavoro (quarantamila dei quali solo l'anno scorso)"; il Governo Prodi e' riuscito ad ottenere dei veri risultati disastrosi laddove neanche una bomba atomica o un ciclone caraibico avrebbero potuto fare di piu'; l'epicentro del sisma e' stato il settore edile: a livello regionale, esso ha perduto nei sei anni 2.788 imprese (il 43,1 per cento) e qualcosa come 35.303 addetti (il 53,5 per cento) mentre a Roma e provincia e' stato praticamente dimezzato: da 50.394 addetti distribuiti in 4.625 aziende e' passato a 22.735 addetti per 2.625 aziende; tale situazione emerge dai dati che sono stati elaborati in base alle cifre ufficiali dell'Inps, che si riferiscono ai versamenti previdenziali delle aziende e che quindi non includono il lavoro nero; proseguendo si legge nell'articolo che "al pur misurato ottimismo espresso dal presidente del Medio-credito del Lazio Corcione, ha fatto riscontro, infatti, il pur non disperato pessimismo dei sindacalisti Stefano Bianchi (segretario regionale della Cgil) e Mario Ajello (della Cisl) che hanno evidenziato i rischi crescenti dei dati (alternativi a quelli dell'Inps) occupazionali sintetizzati dall'assessore Lucisano "Quelli dell'Istat - ha spiegato infatti l'assessore al lavoro della regione - sono meno drammatici. Segno, che si espande l'area dell'evasione e dell'elusione previdenziale, del lavoro nero ed illegale"" -: se non ritengano opportuno intervenire al fine di verificare se si sia di fronte ad una nuova "questione Lazio", causata dai fenomeni della deindustrializzazione e della inoccupazione; se i "brillanti" risultati ottenuti e sopra evidenziati siano la diretta conseguenza della politica dell'attuale Governo volta ad intervenire sulla domanda, per facilitare la creazione di nuove opportunita' imprenditoriali e per stimolare la domanda di lavoro da parte delle imprese, cosi' come si legge testualmente nel programma dell'Ulivo; se non ritengano opportuno intervenire al fine di accertare se corrisponde al vero che in Italia vi e' un disperato bisogno di lavoro: infatti ci sono due milioni e ottocentomila persone in cerca di un posto: e tra loro il 60 per cento e' a caccia del primo impiego; se non ritengano che si configurino al riguardo fatti lesivi degli interessi del Paese che dovrebbe tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, cosi' come stabilisce l'articolo 35 della Costituzione; se non ritengano opportuno far emergere le diffuse attivita' irregolari, magari rimuovendo le cause che frenano gli investimenti pubblici e privati; se il Governo sia a conoscenza del notevole incremento del numero di lavoratori che svolgono la loro attivita' in nero e come intendano fattivamente porre fine a questo triste fenomeno che viola palesemente la legge ed e' contrario alle norme costituzionali; se tale situazione sia la conseguente prova della pessima politica governativa in materia occupazionale; se il Governo non ritenga opportuno intervenire attraverso provvedimenti legislativi volti ad escogitare forme contrattuali nuove e flessibili, rivalutando l'interesse nei confronti dell'istituto dell'apprendistato e del contratto di formazione e lavoro; se il Governo non ritenga doveroso rendere meno costoso il mercato del lavoro regolare, attraverso provvedimenti di esenzione e di riduzione degli oneri fiscali e previdenziali sul costo del lavoro; come il Governo intenda rimuovere gli ostacoli che hanno finora impedito l'utilizzo dei rilevanti fondi e finanziamenti disponibili anche in sede europea. (4-12517)
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